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"Un'idea che non sia pericolosa non merita affatto di essere chiamata idea."

Oscar Wilde
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Di seguito gli interventi pubblicati in questa sezione, in ordine cronologico.

L’evidenza è che l’accettazione del prestito del MES ha il sostegno di un’agguerrita lobby interna. Mentre l’ex direttore del “Corriere della Sera”, Ferruccio De Bortoli, profetizza che alla fine i 5 Stelle “ingoieranno il rospo”, un esponente italiano di un fondo di investimento internazionale, Muzinich, già invita il governo a “spendere bene” i fondi del MES, dando quindi per scontato che a questi prestiti si finirà per accedere.
In base alla regola logica secondo la quale per riconoscere senso ad un’affermazione, questa dovrebbe averlo anche nel suo contrario, l’esortazione dell’esponente di Muzinich risulta quantomeno superflua. Sarebbe stato infatti strano consigliare al governo di “spendere male” i fondi del MES. Il punto però è che si tratta di spaccio di banalità a scopo propagandistico, cioè di sfacciato lobbying, e i “disinteressati consigli” corrispondono agli interessi di un fondo di investimenti come Muzinich, che avrebbe tutto il vantaggio a lucrare sul declassamento dei titoli del debito pubblico italiano che la sottomissione al MES automaticamente comporterebbe. Essere “assistiti” dal MES certifica infatti lo stato di indigenza e di bisogno di uno Stato e quindi consente ai sedicenti “Mercati” di imporre tassi di interesse più alti.
La mitica Europa non riesce a mettersi d’accordo su una nozione di Recovery Fund; neppure gli altrettanto mitici Coronabond hanno trovato un minimo di definizione accettata. Il cosiddetto “europeismo” dimostra ancora una volta di coincidere semplicemente con la lobby della deflazione, cioè con il paradiso dei creditori che possono confidare nel fatto che il valore dei loro crediti non sarà eroso dall’inflazione.
Non a caso il Trattato di Maastricht proclama come sua priorità la “stabilità dei prezzi”, cioè l’assenza di inflazione. Il tutto poi è condito di ipocrisie. La Banca Centrale Europea dichiara, ad esempio, che il suo obbiettivo è un’inflazione al 2%, un tasso di inflazione non tale da erodere il valore dell’euro ma, nello stesso tempo, non suscettibile di scoraggiare i consumi a causa dell’attesa che i prezzi calino ancora.
Quest’inflazione che dovrebbe allo stesso tempo esserci e non esserci, sa molto di alibi propagandistico. Perseguire l’obbiettivo di un’inflazione zero o prossima allo zero, implica tenere bassa la domanda di beni di consumo quindi bassi salari. Per imporre bassi salari la via maestra è quella di creare disoccupazione, che abbatte il potere contrattuale dei lavoratori. Ma neppure questo basta.
Le maggiori consumatrici sono infatti le aziende produttive, che per produrre devono continuamente acquistare materie prime e macchinari ed anche tanti altri beni minori come il vestiario da lavoro. In parole povere, l’inflazione zero o prossima allo zero si ottiene solo con la deindustrializzazione. Dato che non tutti i Paesi vogliono o possono deindustrializzarsi, si tratta di individuare alcune colonie deflazionistiche, cioè Paesi che blocchino il proprio sviluppo economico per impedire all’euro di perdere valore.
Questo ruolo dell’Italia come colonia deflazionistica dell’Unione Europea trova da noi molti sostenitori interni, che ovviamente puntano più alla rendita finanziaria che al profitto industriale. Nella Storia italiana era stato il Meridione a svolgere il ruolo di colonia deflazionistica. A metà degli anni ’60 e poi alla metà degli anni ’70 le massicce importazioni di petrolio portarono ad un deficit della bilancia commerciale e della bilancia dei pagamenti, determinando una caduta del valore della lira. In entrambi i casi il rimedio fu trovato nel tagliare l’industria meridionale. Nell’Europa pseudo-unita questo ruolo di colonia deflazionistica da deindustrializzare si è esteso all’intera Italia. La sottomissione al MES è un decisivo tassello per formalizzare la condizione dell’Italia come Paese in via di sottosviluppo.

Il separatismo lombardo ha alimentato la psicosi da Covid cercando di imporre un protocollo terapeutico basato sulla terapia intensiva, probabilmente ritenendo di poterlo sostenere; ciò con l’obbiettivo di rimarcare il “divario di civiltà” con le altre Regioni. Il risultato è stato invece un disastro che ha finito per “meridionalizzare” il Nord Italia agli occhi del mondo. Un bel regalo per la lobby della deflazione. Se si fossero adottati i normali criteri terapeutici seguiti per l’influenza, è probabile che non si sarebbe cascati in un’emergenza ingestibile.
A proposito di banalità, il ministro degli Interni esorta le sedicenti forze dell’ordine a tenere alta la guardia contro il pericolo che il crimine organizzato si impadronisca a prezzi stracciati di una miriade di imprese prostrate dal lockdown giustificato con l’emergenza Covid. La cosa sembrerebbe ovvia ma si deve invece assistere allo spettacolo contrario: le sedicenti forze dell’ordine sono strenuamente impegnate nella repressione e nell’intimidazione nei confronti di attività economiche legali.
I bravi poliziotti che, secondo la vigente oleografia deamicisiana, si tasserebbero per comprare la benzina per le proprie auto di servizio, sono diventate bande di carnefici che impediscono agli onesti cittadini di lavorare, cioè bracci armati della lobby della deflazione, il che è molto poco deamicisiano. Il fenomeno della persecuzione poliziesca nei confronti di esponenti del pacifico ceto medio ha dei precedenti con la criminalizzazione operata da anni nei confronti dei dipendenti pubblici e degli insegnanti, con l’alibi politicorretto della lotta alla corruzione. Finché si colpivano i pubblici dipendenti, il plauso dell’opinione pubblica era incondizionato; ma adesso la criminalizzazione del ceto medio da proletarizzare è arrivata a colpire anche il lavoro autonomo, ricorrendo ad un altro alibi politicorretto, quello dell’emergenza sanitaria. Il fatto che per queste nuove operazioni intimidatorie sia stata ora usata addirittura la Digos, dà la misura della determinazione di criminalizzare ciò che sino a poco tempo fa era ritenuto lecito.
La lobby della deflazione ha in antipatia il ceto medio benestante poco incline a indebitarsi, mentre non teme il crimine organizzato, perché questo rientra a pieno titolo nel circuito finanziario. Inoltre in periodi di deindustrializzazione è al crimine organizzato che si affida l’incarico di controllare il territorio, come è accaduto alla metà degli anni ’70 nel Meridione. Un ex camorrista ucciso nel 2005 in circostanze ancora non chiarite, Nunzio Giuliano, raccontava che in quel periodo i detenuti per crimine organizzato si erano trovati improvvisamente, e in modo apparentemente inspiegabile, da una condizione di totale costrizione ad un riconoscimento di un ruolo di comando nel carcere. Ciò vuol dire che il carcere viene usato come una sorta di valvola, di regolatore, per alimentare o ridimensionare, a seconda delle esigenze affaristiche e militari del momento, il potere del crimine organizzato.

Ringraziamo i compagni Mario C. “Passatempo” e Claudio Mazzolani per la collaborazione.
 
Di comidad (del 14/05/2020 @ 00:22:38, in Commentario 2020, linkato 6106 volte)
Lo scrittore Honoré de Balzac faceva dire ad un suo personaggio, papà Goriot, che come ciarlatani i Tedeschi non li batte nessuno. Questa sentenza di papà Goriot avrebbe dovuto seppellire la sentenza della Corte Costituzionale tedesca che ha espresso dubbi sulla costituzionalità del Quantitative Easing della Banca Centrale Europea.
Ma forse non era necessario papà Goriot e bastavano le evidenze. Nel 2016 il quotidiano confindustriale “Il Sole 24 Ore” riconosceva una tantum che i maggiori vantaggi della politica di inondazione di liquidità e di acquisto indiretto di titoli pubblici operati dalla BCE erano andati alla Germania, compresi i suoi Lander.
Il Quantitative Easing è a costo zero per la Germania poiché si tratta di denaro creato dalla BCE ad hoc e inoltre è sempre la Germania ad avere i maggiori problemi bancari di credito in “sofferenza”. Deutsche Bank ha visto infatti regolarmente fallire i suoi tentativi di risolvere la questione dei crediti non riscuotibili con lo strumento della “bad bank”.
Per fortuna c’è il “Quantitative Easing”, che si è ulteriormente allargato, al punto da aggirare la questione delle garanzie sui titoli. Oggi la BCE lancia programmi di acquisto di obbligazioni “spazzatura” non solo degli Stati ma soprattutto di imprese. Ancora una volta è la Germania a giovarsene maggiormente.
Per non ridurre il tutto a questione di psicologia dei popoli, occorre però chiedersi il motivo di tanti commenti gravi e pensosi sulla sentenza della Corte tedesca, invece di scoprire tranquillamente il bluff della Germania. A sostenere indirettamente il bluff è arrivata persino la presidente della Commissione Europea, Ursula von der Leyen, la quale, a soddisfazione degli eurocorretti, ha proferito una ridicola minaccia di procedura di infrazione per la Germania a causa della sentenza. Il punto vero però è che al gioco delle parti, alla messinscena della severa e accigliata Germania che striglia gli Stati scavezzacolli del Sud Europa, partecipano anche le oligarchie dei Paesi del Sud.
Come si fa a conciliare un’inondazione di liquidità senza precedenti nella Storia con la persistenza di quel paradiso per creditori (e inferno per debitori) che è la deflazione? Come convincere i popoli che “non ci sono i soldi” anche a fronte di una pioggia di miliardi continuamente creati dal nulla?
Occorre appunto un’operazione di pubbliche relazioni, una simulazione, uno psicodramma che giustifichi le politiche restrittive di bilancio. Le istituzioni tedesche recitano la loro parte ma anche gli altri lo fanno, poiché ciò consente alle varie oligarchie di ridefinire a proprio vantaggio i rapporti di classe all’interno dei propri Paesi. La povertà fa gerarchia, crea dipendenza, consolida la piramide sociale col cemento dell’indebitamento di massa. La povertà è un grande business, stimola il credito ai consumi e, quando poi i debitori non possono pagare, vedono pignorarsi le case, cioè ricchezza reale. Si possono persino abbindolare i potenziali debitori invogliandoli con bassi tassi di interesse, tanto ci pensa la deflazione a tenere inalterato il valore dei crediti, anzi, a farlo aumentare.

Un altro scrittore francese, Guy de Maupassant, ci ha dimostrato nel romanzo sociologico “Bel Ami” che per comprendere cosa sia, e come funzioni, il giornalismo, bisogna considerarlo una vera e propria forma di criminalità comune, connessa a quell’altra forma di criminalità comune che è la finanza. La “libera stampa” nacque in funzione delle Borse, per diffondere quelle false informazioni che avrebbero permesso di speculare sui titoli: i giornali come associazioni a delinquere finalizzate all’aggiotaggio.
Ma i media moderni possono spingersi oltre, fare aggiotaggio sociale, cioè fare in modo di speculare sul “valore” dei popoli. In Italia c’è un ceto medio (che comprende anche una parte degli operai) che possiede contanti, titoli e soprattutto immobili. Convincere un popolo di essere povero è funzionale ad impoverirlo davvero. Dall’aristocratico Massimo Giannini al gaglioffo Vittorio Feltri, tutti i giornalisti gridano all’unisono che “non ci sono i soldi”.
Bloccando per mesi ogni attività economica, il governo ha innescato la più brusca spirale deflazionistica della Storia: Questo regalo alle lobby finanziarie il governo lo ha fatto violando esplicitamente la legislazione vigente, la quale consentirebbe sì di sospendere le attività economiche per causa di forza maggiore, ma solo prevedendo contestualmente un risarcimento per le perdite subite dai cittadini e non lasciando questo risarcimento come ipotetica eventualità futura legata alla disponibilità finanziaria. Un governo che agisce dispoticamente, come un padrone assoluto dei corpi e della vita dei cittadini, può giustificare qualsiasi abuso in nome delle due finte emergenze, quella sanitaria e quella finanziaria. L’emergenza Covid ha ribadito platealmente ciò che, per la verità, era già evidente da tempo: il costituzionalismo è definitivamente tramontato. Le Corti Costituzionali (quella tedesca in primis) sono ridotte al ruolo di filodrammatiche, mentre i governi, ostaggi delle lobby e dei loro media, diventano alfieri dell’illegalità di Stato.

A emergenza Covid finita, si dovrà fare un elenco di tutte le nefandezze commesse dai governi all’ombra di quell’emergenza. C’è Macron che, mentre teneva i Francesi chiusi in casa, gli imponeva la “riforma” delle pensioni. C’è anche Conte che, approfittando dell’impossibilità di attuare proteste, disseminava l’Italia dei germi di una nuova e più pericolosa epidemia, le antenne 5G, concedendo indiscriminatamente licenze contro ogni norma di sicurezza.
Il fascismo non era riuscito a distruggere l’idea di cittadinanza, intesa non come semplice appartenenza ad una nazione ma come vera e propria funzione di controllo del governo. C’è riuscito invece il politicorretto, con la sua criminalizzazione della fisiologica diffidenza che si deve nei confronti di ogni potere; per cui il cittadino “perfettino” non deve indulgere a “complottismi” ma affidarsi agli “esperti”. Ovviamente sono ”esperti” per i media solo quelli favorevoli al business, specialmente se il business ha risvolti militari come il 5G; mentre possono essere tranquillamente ignorati e ridicolizzati ricercatori titolati come quelli utilizzati dall’Istituto Ramazzini di Bologna, colpevoli di basarsi su riscontri sperimentali che non fanno affatto stare tranquilli circa l’incidenza tumorale della nuova tecnologia.
L’emergenza Covid consentirà anche di convincere gli Italiani dell’opportunità di accedere ai prestiti “senza condizioni” del MES. La condizionalità in effetti c’è, visto che i trentasei miliardi a cui l’Italia può accedere sono vincolati esclusivamente a “spese sanitarie”. Ciò comporta automaticamente controlli sulla spesa pubblica. Ma il vero risultato è che l’accesso ai prestiti del MES, modifica lo status di un Paese, ne certifica ufficialmente la condizione di “povertà”, quindi di totale sottomissione. La povertà infatti fa gerarchia, crea dipendenza ed è anche il più grosso business che i ricchi abbiano mai inventato.

Ringraziamo i compagni Mario C. Passatempo e Claudio Mazzolani per la collaborazione.
 
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FEDERALISTI ANARCHICI:
il gruppo ed il relativo bollettino di collegamento nazionale si é formato a Napoli nel 1978, nell'ambito di una esperienza anarco-sindacalista.
Successivamente si é evoluto nel senso di gruppo di discussione in una linea di demistificazione ideologica.
Aderisce alla Federazione Anarchica Italiana dal 1984.


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