Di seguito gli interventi pubblicati in questa sezione, in ordine cronologico.
Per tutti coloro che sono stati licenziati in questi anni, deve essere stato un po' sconfortante scoprire di aver vissuto finora in un Paese fatato, dove c'era un mitico articolo18 che bloccava la "libertà di licenziare". Dato definitivamente per morto già nel 2010 e poi nel 2012, l'articolo 18 risorge ciclicamente dalle proprie ceneri per le esigenze propagandistiche dei vari governi. Tutta la propaganda, ed il relativo "dibattito", che si sono sviluppati attorno al "Jobs Act" del governo Renzi, hanno lo scopo di alzare la solita cortina fumogena, chiamando l'opinione pubblica ad un "divertissement" collettivo, nel quale schierarsi pro o contro ipotesi inesistenti. Da ultimo è scoppiata anche la polemica sull'applicabilità o meno del "Jobs Act" ai lavoratori statali; una polemica ormai anacronistica, dato che non solo i lavoratori statali sono soggetti ad un contratto privatistico dal 1993, ma anche perché oggi lo Stato è il maggior datore di lavoro precario. In questo contesto di precarizzazione a tappeto, quello delle "tutele crescenti" è uno slogan che non ha nessun terreno solido su cui poggiare, ma il contraddirsi non è mai un problema per la propaganda.
Queste mistificazioni non richiedono nessuna particolare abilità, poiché è il meccanismo stesso dell'opinione pubblica ad essere intrinsecamente manipolabile. Tutta la scienza propagandistica del dottor Goebbels si riduceva a nozioni abbastanza ovvie: è più facile prendersela con i deboli che con i potenti, ed è molto più facile credere a ciò che si sente in continuazione, piuttosto che a ciò che non si è mai sentito prima. Il vittimismo dei ricchi presenta sempre gli intellettuali come critici severi ed instancabili; ma gli intellettuali invece hanno imparato sin troppo bene che l'unica critica che i ricchi sono disposti ad accettare, è quella di essere troppo buoni ed accondiscendenti con quegli avidi/ingrati dei poveri. Che chi fabbrica le opinioni preferisca seguire il denaro piuttosto che le briciole di Pollicino, non dovrebbe costituire ogni volta una sorpresa.
A spiegarci la vera natura del "Jobs Act", per fortuna è arrivata l'agenzia di rating Moody's, che ha profetizzato trionfalmente tempi d'oro per i profitti delle agenzie di lavoro "interinale", cioè temporaneo/precario. Pare che in questo Paese arretrato ed irriconoscente, solo una minima parte del rapporto di lavoro passi per le agenzie di lavoro interinale, ma col "Jobs Act" finalmente la musica dovrebbe cambiare. Almeno così ci rassicura Moody's.
In realtà il termine "interinale", un ispanismo dal suono cacofonico e vagamente osceno, è stato superato grazie all'attuale ministro del Lavoro, Giuliano Poletti, che mesi fa ha ribattezzato queste agenzie di intermediazione, come agenzie di "somministrazione" del lavoro. Il business del caporalato istituzionalizzato ha assunto quindi i contorni carezzevoli del soccorso, come se queste agenzie somministrassero farmaci salva-vita, o il metadone ai tossici in via di disintossicazione. C'è da ricordare che Poletti, in quanto dirigente della Lega delle Cooperative, era direttamente coinvolto nella "somministrazione". La Lega delle Cooperative controlla infatti una delle maggiori agenzie di lavoro interinale, "Obiettivo Lavoro", che vanta persino un'annessa fondazione, di cui, manco a dirlo, Poletti era consigliere. Ma Poletti ha rassegnato ufficialmente le dimissioni sia dalla Lega delle Cooperative che dalla fondazione "Obiettivo Lavoro", perciò ogni conflitto di interessi sarebbe svanito per incanto; anzi, non è mai esistito.
Leonardo Sciascia affermava che la definizione tecnica di mafia sarebbe "intermediazione parassitaria", perciò le agenzie di lavoro interinale potrebbero rientrare nel novero della mafia legalizzata. Ma, come forma di criminalità comune, il capitalismo è un po' meno ingenuo della mafia, in quanto esso si basa proprio sulla consapevolezza che, in definitiva, non c'è crimine che non sia legalizzabile. La società per azioni è un'associazione a delinquere finalizzata alla frode, eppure è perfettamente legale. Il capitalismo, in un certo senso, consiste in una continua "educazione alla legalità"; ma vallo a spiegare agli insegnanti.
Le agenzie di lavoro interinale non si limitano ad intermediare il lavoro dei precari, ma sono funzionali ad un quadro generale di finanziarizzazione del rapporto di lavoro. Altro che "Obiettivo Lavoro"; il vero obiettivo è l'indebitamento dei precari. La precarietà rende il lavoratore più vulnerabile non solo sul luogo di lavoro, ma anche nei confronti dell'usura, ovviamente legalizzata. Le agenzie di lavoro interinale infatti concedono generosamente ai loro "assistiti" la possibilità di accedere a dei prestiti da parte delle banche. In queste transazioni finanziarie i precari non risultano come dipendenti delle varie aziende in cui sono assunti temporaneamente, ma come dipendenti dell'agenzia di lavoro interinale a cui fanno riferimento, che costituisce così il loro filo di continuità nello sfruttamento.
Salutata con accenti di gioia barbarica dai media "occidentali", la crisi economica russa non ha commosso neppure il Consiglio Europeo della scorsa settimana, che, sotto le direttive della cancelliera Merkel (cioè della NATO e del FMI), ha riconfermato le sanzioni contro la Russia. In realtà è tutto da dimostrare che le sanzioni "occidentali" abbiano qualcosa a che vedere con l'attuale crisi russa, per cui le sanzioni probabilmente rientrano nel capitolo dell'ingerenza imperialistica degli Usa in Europa in vista del suo inglobamento nel TTIP. Nella crisi russa risulta sicuramente molto più determinante la caduta del prezzo del petrolio innescata dall'Arabia Saudita. Quel che appare certissimo, è che le sanzioni europee stiano danneggiando seriamente l'export europeo; prova ne sia l'atteggiamento tiepido, seppure allineato, del presidente francese Hollande; ed anche i piagnistei di Renzi, il quale, pur riconfermando l'adesione italiana alle attuali sanzioni, ha pietito che almeno non se ne decidano altre.
Altrettanto da dimostrare è che un'eventuale dissoluzione del regime Gazprom-putiniano a seguito della caduta del prezzo del petrolio, abbia come sbocco l'instaurazione di un regime più filo-"occidentale" a Mosca. In Russia vi sono solo due poteri che contano: Gazprom, che è in gran parte espressione dell'ex KGB, e le forze armate. Sinora colui che i media occidentali hanno presentato come uno "zar" o come un "dittatore", cioè Putin, ha svolto in effetti un ruolo di mediazione tra questi due poteri, sebbene in modo sempre sbilanciato a favore degli affari di Gazprom. Date queste premesse, lo scenario più realistico a seguito di una caduta di Putin, dovrebbe consistere nell'emergere dell'altro potere che conta in Russia, quindi un regime militare. In quel caso la Russia uscirebbe dall'attuale atteggiamento meramente difensivo, ed allora davvero si potrebbe parlare di nuova guerra fredda. L'atteggiamento aggressivo del dipartimento di Stato Usa apparirebbe perciò piuttosto avventuristico; ma potrebbero esserci altre variabili in gioco.
La forza dell'imperialismo USA infatti non è mai consistita nella sua sagacia, e neppure nella sua intrinseca potenza. Non si comprende nulla dell'imperialismo, se non si tiene conto del fatto che esso funziona soprattutto per l'attrazione che esercita su tutti i gruppi affaristico-criminali in loco, che scorgono nell'aggressore imperiale un potenziale alleato per le loro losche operazioni. L'affarismo criminale determina sempre delle condizioni di guerra civile latente, ed è proprio questa guerra civile la vera risorsa dell'imperialismo. L'invasione NATO dell'Afghanistan nel 2001 fu possibile solo grazie al sostegno sul terreno da parte della cosiddetta "alleanza del Nord", cioè le milizie dei trafficanti di oppio, desiderosi di sbarazzarsi dei Talebani.
L'imperialismo USA è solo in parte un'espressione dell'oligarchia statunitense, e per molti versi è invece un prodotto delle oligarchie del resto del mondo. L'imperialismo non è solo americano, ma anche "filoamericano". Le mitiche "borghesie nazionali" non sono mai esistite; esistono invece gruppi affaristici, più o meno criminali, che agiscono a livello locale; gruppi che trovano la loro identità e la loro coscienza di classe nel collaborazionismo con l'ingerenza imperialistica. Persino dal punto di vista ideologico, l'americanismo ha trovato fuori degli USA apologeti e cantori spesso molto più efficaci - e subdoli - di quelli americani DOC; basti pensare all'austriaco Joseph Schumpeter.
Nel 1991 la prima Guerra del Golfo si risolse in un mezzo disastro per la coalizione guidata dagli USA. Gli Iracheni poterono concludere in modo ordinato il ritiro delle truppe dal Kuwait; un ritiro che avevano già cominciato prima della guerra, che era quindi priva di qualsiasi legittimità in base al diritto internazionale. Inoltre l'invasione del suolo iracheno fu bloccata in battaglie di carri che dimostrarono l'incapacità statunitense di superare avversari tecnologicamente meno attrezzati. I tecnici balistici russi che assistevano Saddam Hussein, riuscirono a colpire con i loro missili Scud (in pratica dei V2 della seconda guerra mondiale) sia Israele che l'Arabia Saudita. Nell'ultimo giorno di guerra un missile si abbatté su una caserma americana di fronte all'albergo dei giornalisti "occidentali", che, almeno per quella volta, non poterono fare a meno di riferirlo.
Eppure l'impennata dei prezzi del petrolio dovuta alla guerra risultò mortale per l'Unione Sovietica, poiché la neonata Gazprom, grazie agli introiti ed alle prospettive di nuovi affari, riuscì a disfarsi di Gorbaciov.
Le politiche attuali dell'imperialismo USA si basano dunque sulla speranza che oggi in Russia il partito degli affari, pur di salvare gli affari, sia disposto a liquidare la stessa Russia come Paese unitario, per spezzettarlo in tante "Arabie Saudite" gestite da cleptocrazie locali. Il regolamento di conti tra Gazprom e le forze armate non sarebbe così scontato, e potrebbe assumere i contorni di una guerra civile.
Dal 2007 infatti Gazprom è una vera forza militare. Nel 2010 questo esercito privato era già pervenuto a dimensioni e ad un livello di armamenti considerevoli. La notizia della militarizzazione di Gazprom è pressoché assente nei media occidentali, forse perchè il fatto implica una conflittualità latente tra la stessa Gazprom e la ex Armata Rossa; una circostanza che contrasterebbe con l'immagine fasulla del Putin "zar" plenipotenziario che i media "occidentali vorrebbero imporre. I dati sull'evoluzione di Gazprom in esercito privato sono invece reperibili su siti di centri specializzati in studi militari.
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