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"Propaganda e guerra psicologica sono concetti distinti, anche se non separabili. La funzione della guerra psicologica è di far crollare il morale del nemico, provocargli uno stato confusionale tale da abbassare le sue difese e la sua volontà di resistenza all’aggressione. La guerra psicologica ha raggiunto il suo scopo, quando l’aggressore viene percepito come un salvatore."

Comidad (2009)
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Di seguito gli interventi pubblicati in questa sezione, in ordine cronologico.

Di comidad (del 25/07/2024 @ 00:11:08, in Commentario 2024, linkato 6292 volte)
Secondo la stampa israeliana il drone yemenita piombato su Tel Aviv il 19 luglio scorso sarebbe stato “monitorato” dal sistema di difesa per sei minuti prima di colpire la città. Il motivo del mancato abbattimento del drone, secondo la versione ufficiale dell’autorità militare israeliana, sarebbe un “errore umano”; infatti pare che per quel giorno Dio abbia potuto esibire un alibi di ferro.
La locuzione “errore umano” è pleonastica, in quanto anche i dispositivi tecnici sono l’effetto di scelte umane, soprattutto per ciò che riguarda la decisione di investire denaro e risorse in una tecnologia invece che in un’altra. Il sistema che avrebbe dovuto difendere i centri urbani in Israele è il cosiddetto “Iron Dome”, costruito dalla multinazionale israeliana Rafael, che è a capitale controllato dal ministero delle Finanze. In realtà il sistema “Iron Dome” è talmente costoso che Israele non può permettersi di sostenerlo da solo, quindi a pagare il conto sono gli Stati Uniti. Da bravo oste che dice che il vino è buono, il sistema “Iron Dome” vanta una percentuale di successi del 90%; la cifra però è da considerarsi controversa poiché il sistema non considera gli attacchi contro bersagli diversi dai centri urbani. L’ultimo fallimento è anche più clamoroso che nel caso dell’attacco iraniano dell’aprile scorso, dato che in questa ultima circostanza il drone ha colpito direttamente, senza neppure aver bisogno di una preventiva saturazione del sistema di difesa con bersagli di disturbo.
Non soltanto gli USA sono i principali finanziatori dei sistemi di difesa antimissile israeliani, ma c’è anche uno stretto rapporto di collaborazione dell’israeliana Rafael con la sua omologa statunitense, la Raytheon; quella che produce l’antimissile “Patriot”, che ha in comune con “Iron Dome” l’efficacia incerta, con il rischio di perdere il controllo e di auto-bersagliarsi, ed i costi abissali.
Fortuna vuole che a garantire la qualità dei prodotti di Raytheon ci sia il segretario alla Difesa in persona, Lloyd Austin, che proviene proprio dal consiglio di amministrazione di Raytheon. L’oste ed il cliente quindi sono la stessa persona che fa porta girevole tra i due ruoli e i due stipendi, perciò gli si può credere sulla parola quando dice che il vino è buono; oltretutto Austin e gli altri squadroni di portagirevolisti sono talmente onesti che non passano mai alle multinazionali informazioni riservate che permetterebbero di fare insider trading e manipolazione del mercato borsistico (o no?). La commistione e l’intreccio tra multinazionali e apparati pubblici consente alle lobby d’affari di acquisire posizioni di potere praticamente feudale e con un paravento legale. D’altra parte, proprio perché il capitalismo è una forma economica così composita e mistificata, occorre un surplus di trucchi retorici per sostenere la narrativa. Prima ci si dice che il capitalismo è “anarchico”, poi invece ci si racconta che il principio unificante e ordinatorio c’è, dato che il capitalismo sarebbe in grado di operare una “sussunzione”, cioè di assorbire in un quadro generale forme particolari e arcaiche di dominio e di rendita. Sennonché in questo marasma capitalistico l’unica costante, l’unico filo conduttore, è sempre l’assistenzialismo per ricchi.

Purtroppo per la Rafael e la Raytheon ci sono osservatori neutrali, come i militari indiani, che rilevano il fatto che i vari sistemi antimissile israeliani sono stati aggirati nell’attacco iraniano del 13/14 aprile e che i bersagli designati dagli iraniani sono stati centrati. D’altra parte è meschina e provinciale questa pretesa di valutare un sistema antimissile in base alla protezione effettiva dagli attacchi. Sarebbe invece molto più “europeo” valutare in base agli enormi costi e quindi agli enormi profitti per le multinazionali del settore e per i loro lobbisti nella politica e negli apparati pubblici; infatti in ambito europeo il 13/14 aprile è stato salutato come un successo, dato che si è speso un miliardo e mezzo di dollari in una sola notte. Di fronte a questo argomento così europeo, la multinazionale tedesca Rheinmetall ha deciso di copiare i sistemi israeliani e si propone come capocordata di un consorzio di affari europeo. Non sono neanche egoisti, c’è da mangiare per tutti.
Tra l’altro il CEO di Rheinmetall è un eroe a denominazione di origine controllata. La CNN ha riportato che, grazie all’intelligence americana (che stavolta non si è distratta come col North Stream ma ha tempestivamente avvertito le autorità tedesche), è stato sventato un complotto di Putin per assassinare il CEO di Rheinmetall. Il CEO ha anche un nome eroico, infatti si chiama Armin, come il condottiero che guidò i germani alla vittoria contro i romani a Teutoburgo. Peccato che quel suo cognome cacofonico di origine svedese, Papperger, rovini tutto l’incanto.
Comunque la cosa importante è che l’entusiasmo di Papperger per i sistemi di difesa antimissile israeliani abbia trovato la sponda giusta, cioè la presidente della Commissione Europea Ursula von der Leyen. Nell’aprile scorso la von der Leyen ha espresso pubblicamente interesse e ammirazione per i sistemi di difesa antimissile israeliani, apprezzando la loro performance in occasione dell’attacco iraniano. In quanto esponente di spicco della cleptocrazia europea, la von der Leyen ha immediatamente riconosciuto che è più “performante” ciò che le consente di rubare di più; come col siero Pfizer: se avesse funzionato non ci sarebbe stato il pretesto per imporre la quarta e quinta dose. e quindi di raddoppiare i profitti.
Una delle maggiori barriere ideologiche a difesa dei sistemi di potere è rappresentata dalle finte critiche che in realtà sono apologie. Mentre i sistemi antimissile fanno cilecca spesso e volentieri, le finte critiche svolgono egregiamente il proprio lavoro di confondere le opposizioni. Quando si descrive l’Unione Europea come una “tecnocrazia”< si crea un’apparenza di obiezione alludendo ad una mancanza di democrazia; mentre in effetti si sta celebrando e legittimando l’UE in nome di una sua presunta gerarchia della “competenza”, che sarebbe da auspicare “in tempi di crisi” (come a dire sempre). Va riconosciuto però che anche il saccheggio del denaro pubblico può essere considerato una competenza o una tecnica; perciò, una volta ascesa al vertice della società, è ovvio che la delinquenza comune percepisca se stessa come un’aristocrazia del merito.
 
Di comidad (del 01/08/2024 @ 00:06:13, in Commentario 2024, linkato 6163 volte)
Per fortuna non tutti gli osservatori si sono lasciati distrarre dal demenziale discorso pronunciato il 24 luglio dal primo ministro israeliano Netanyahu di fronte al Congresso USA; anzi buona parte dell’attenzione si è rivolta al vero evento, cioè alla rappresentazione coreografica della cleptocrazia offerta dai congressmen, i quali si sono mossi all’unisono per far scattare gli applausi e le standing ovation sotto la sorveglianza dei loro “baby sitters” dell’AIPAC (American Israel Public Affairs Committee). La condizione di assoluta dipendenza psico-finanziaria dei deputati statunitensi nei confronti della lobby israeliana è stata rivelata nei dettagli un mese fa proprio da un parlamentare, il repubblicano Thomas Massie.
Il fatto strano non è che esista un’organizzazione che si occupa per conto di Israele di pubbliche relazioni negli USA, bensì che questa operazione a favore di uno stato straniero avvenga raccogliendo contributi esentasse, sotto l’ombrello della legislazione che assicura vantaggi fiscali alle organizzazioni “non profit”. Il contribuente americano (il contribuente vero, quello che paga le imposte indirette sui consumi e non può rivalersi su nessuno) però è fregato due volte, poiché l’azione dell’AIPAC è mirata a convogliare denaro pubblico americano per finanziare Israele, costantemente sotto minaccia da parte dei suoi vicini.
Il lobbying non è uno strumento neutro, non potrebbe essere usato con efficacia a favore di politiche di pace, poiché soltanto le minacce incombenti possono smuovere grandi masse di denaro pubblico in brevi lassi di tempo. Per un lobbista essere bellicista ed emergenzialista è una questione di sopravvivenza; così come la corruzione è inevitabilmente a fondamento del sistema del lobbying; perciò l’esito politico del lobbying non può essere che la cleptocrazia. D’altra parte “emergenzialismo”, “lobbying”, “cleptocrazia” sono nomi, mentre la cosa consiste in un flusso di denaro pubblico che attraversa ed anima la politica, le agenzie governative, le corporation e le società non profit. Le persone prive di fantasia sono quindi una grave minaccia per il lobbying: invece di discettare sulla questione ebraica, guardano l’AIPAC che raccoglie denaro tramite l’evasione fiscale legalizzata, ed usa quel denaro per influenzare le scelte di spesa del Congresso; poi un’affiliata dell’AIPAC, l’AIEF, organizza viaggi “educativi” di congressmen in Israele. La persona senza fantasia si limita a fare due più due e si figura che l’AIPAC sia un’organizzazione di riciclaggio di denaro (“money laundering” come dicono gli anglofoni), quindi pensa che quei viaggi in Israele servano per dare modo ai congressmen di riscuotere la tangente lontano dai possibili controlli. Negli USA le agenzie abilitate ad operare intercettazioni sono decine, quindi ogni tangente rischia di essere decurtata per tacitare altri funzionari che volessero partecipare all’affare. In Israele questi inconvenienti non avvengono e si può andare tranquillamente a prendere valigie di contanti, oppure trasferire la tangente in conti numerati in banche estere, o anche acquistare immobili alle Maldive.

Israele è una proiezione della cleptocrazia americana, la sponda estera che permette all’AIPAC di giustificare la sua esistenza e la sua funzione di riciclaggio per la quale una gran parte dei finanziamenti che Israele riceve dagli USA ritorna a casa sotto forma di tangenti. Come è noto Israele non ha una forma giuridica precisa, non si autodefinisce una repubblica, ma genericamente uno Stato. Israele non ha neppure una vera Costituzione ma un insieme di leggi fondamentali privo di una gerarchia delle fonti, perciò è costretto a vivere in una revisione costituzionale perenne in cui sono le emergenze e le minacce esterne a dettare i comportamenti. Questo stato di grazia Israele lo può vantare sin dalle sue origini, mentre da noi è un risultato che si è raggiunto attraverso un lavoro lungo e faticoso.
Lo Stato di Diritto è una chimera, però c’è sempre il rischio che in un regime di legislazione stabile e perennemente uguale a se stessa si finisca per conformarsi al dettato della legge per abitudine e pigrizia. Il lobbying spinge automaticamente nella direzione opposta, quella dell’incertezza del Diritto, quindi delle continue “riforme” e della revisione costituzionale permanente. In una delle prime stesure della Costituzione italiana ipotizzate nel 1947, si prevedeva all’articolo 54 addirittura il diritto dei cittadini a resistere e a ribellarsi ai poteri pubblici in caso di violazione dei principi costituzionali. Avvenne invece che la “Costituzione nata dalla Resistenza” non riconoscesse il diritto alla resistenza, quindi l’ANPI sarebbe incostituzionale. D’altra parte la prudenza dei padri costituenti aveva un senso, dato che i testi costituzionali proclamano principi spesso opposti, perciò si rischierebbe di legittimare una ribellione permanente. Ciò era vero già nel 1948, figuriamoci dopo che ci sono stati la riforma del Titolo V e l’inserimento dell’obbligo di pareggio di bilancio.
Le Costituzioni hanno completamente mancato alla loro promessa storica di garantire ai cittadini un quadro di regole chiare che vincolasse il potere al rispetto della legalità. L’effetto pratico del costituzionalismo è stato invece di creare una nuova categoria accademico/antropologica di ciarlatani professionisti, la categoria dei “costituzionalisti”, che sono dei missionari dell’incertezza del Diritto. L’argomentazione dei costituzionalisti è quasi sempre all’insegna della superficialità e dell’estemporaneità, ma soprattutto della faccia tosta. Giuliano Amato e Sabino Cassese nel 2016 presero posizione a favore della conferma referendaria della revisione costituzionale promossa dal governo Renzi. Secondo Amato era da considerarsi positivo il semplice fatto che ci fosse una riforma costituzionale approvata e da discutere nel merito. Secondo Cassese, le Costituzioni non vanno considerate immutabili, il che di per sé dimostra che bisogna cambiarle. Amato e Cassese considerano entrambi come un valore in sé il cambiamento della legge fondamentale dello Stato.
Negli Stati Uniti non vi sono mai stati veri progetti di revisione costituzionale, per cui il “lavoro sporco” è stato fatto dalla giurisprudenza della Corte Suprema, che, con “motivazioni” molto approssimative, ha esteso alle corporation, ed anche alle società non profit, tutti i diritti costituzionali riconosciuti all’individuo, rendendole però immuni dalle responsabilità. Secondo la valutazione di giuristi accademici, questa giurisprudenza considerata “pro business” in realtà non ha affatto favorito l’economia ma soltanto l’incertezza e l’abuso. Infatti anche da noi oggi le vere revisioni costituzionali le fanno i costituzionalisti, cioè le Corti Costituzionali, che svolgono un ruolo “creativo”. Nel 2017 la Consulta, in una sentenza in cui apparentemente si limitava a dichiarare incostituzionali alcuni contenuti della legge elettorale detta giornalisticamente “Italicum”, in realtà elevava a principi di “rango costituzionale” la stabilità dei governi e la rapidità dei processi decisionali, tutta roba che nella Costituzione non c’è. Il cambiamento perciò è positivo se riguarda le Costituzioni, ma non lo è per i governi, che invece dovrebbero essere stabili, poiché solo un governo stabile può rendere più rapido il cambiamento. Non soddisfatti di questa esibizione dialettica da cinepanettone, i giudici costituzionali in quella sentenza del 2017 riformarono persino l’aritmetica, stabilendo che la maggioranza non si raggiunge più col 50% più uno, bensì col 40%.
L’Italietta è comunque “fortunata”, poiché in questo generale spappolamento costituzionale a livello internazionale, rimane pur sempre da noi il punto fermo dell’onnipresenza del Presidente della Repubblica ogni volta che si tratta di nominare ministri, giudici costituzionali e governatori della Banca d’Italia; ed anche quando ci sia da presiedere il Consiglio Superiore della Magistratura ed il Consiglio Supremo di Difesa. I nostri padri costituenti sono stati quindi i soli a dimostrarsi davvero previdenti, preveggenti e sgamati nei confronti di una possibile deriva emergenzialista, tracciando una Costituzione repubblicana con un sistema monarchico latente. Si è fatto quindi in modo che, anche quando fosse saltato tutto, comunque un re non ce lo si facesse mancare. Solo gli incontentabili potrebbero obiettare che questo re starebbe sempre a parlarci di emergenze.

Ringraziamo Cassandre
 
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FEDERALISTI ANARCHICI:
il gruppo ed il relativo bollettino di collegamento nazionale si é formato a Napoli nel 1978, nell'ambito di una esperienza anarco-sindacalista.
Successivamente si é evoluto nel senso di gruppo di discussione in una linea di demistificazione ideologica.
Aderisce alla Federazione Anarchica Italiana dal 1984.


19/09/2024 @ 03:00:57
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