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"Se la pace fosse un valore in sé, allora chi resistesse all'aggressore, anche opponendosi in modo non violento, sarebbe colpevole di lesa pace quanto l'aggressore stesso. Perciò il pacifismo è impotente contro la prepotenza colonialistica che consiste nel fomentare conflitti locali, per poi presentarsi come pacificatrice."

Comidad
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Di seguito gli interventi pubblicati in questa sezione, in ordine cronologico.

Di comidad (del 22/02/2024 @ 00:06:37, in Commentario 2024, linkato 7497 volte)
È davvero commovente lo zelo con il quale i nostri media ed i nostri politici cercano di convincerci che Putin è un tipo poco raccomandabile. Magari i suoi supporter ancora credono che Putin abbia preso il potere in Russia, e lo abbia mantenuto per quasi un quarto di secolo, grazie alla sua qualità di essere il più lesto ad aiutare le vecchiette ad attraversare la strada. In realtà nessuno pensa che Putin sia uno stinco di santo e sono altri i motivi per cui è diventato popolare tra i cosiddetti “populisti” o “sovranisti”.
Le attuali oligarchie euro-americane sono sempre più sradicate e ostili nei confronti delle proprie popolazioni, che trattano come cavie e immondizia. Si parte da questo dato oggettivo, ma poi scatta nuovamente il senso di gerarchia, la reverenza culturale nei confronti delle classi superiori. Invece di constatare che queste bolle oligarchiche sono composte da cleptocrati parassiti e pupazzi animati dal movimento dei soldi, si prendono sul serio le distopie globaliste e transumaniste dei vari Forum di Davos, che sono in realtà prodotti dei loro addetti alle pubbliche relazioni, cioè pubblicità confezionata con materiali eterogenei. Allo stesso tempo si sogna l’avvento di un messia del nazionalismo e del tradizionalismo, e lo si identifica con Putin a causa della criminalizzazione di cui è fatto oggetto dai media occidentali. Lo stesso Putin però fa di tutto per deludere coloro che lo ritengono una cima ed un avversario dell’Occidente; infatti nelle ultime interviste ha più volte confessato di essersi fidato e di essere stato preso per i fondelli dalla Merkel e da Hollande nella vicenda degli accordi di Minsk, e di essere stato ancora raggirato nel 2022 da Macron durante le trattative di Istanbul. Ma probabilmente Putin non ha capito come funziona da noi. I leader politici nostrani non sono in grado di porsi il problema di ingannare o meno, poiché hanno la stessa capacità di comprensione e interlocuzione di un dispositivo automatico; persino la propaganda è una cosa troppo complessa per loro, per cui comunicano attraverso gli slogan sconnessi che gli vengono forniti dagli spin doctor.
In un discorso del 2021 la presidente della Corruzione Europea (pardon, Commissione Europea), Ursula von der Leyen, ha addirittura dichiarato di aver adottato il motto “I care” di don Lorenzo Milani come motivo ispiratore dell’Unione Europea. Secondo la von der Leyen infatti l’UE sarebbe stata l’unica a non tenere i mirabolanti vaccini soltanto per sé ma ad esportarli anche verso i paesi poveri. La von der Leyen ovviamente non sapeva neppure chi fosse don Milani, e la sua icona le era stata fornita come testimonial pubblicitario per i vaccini. Ci fu qualcuno che commentò sarcasticamente che, dopo aver fatto trenta, tanto valeva che la von der Leyen facesse trentuno, e come spot lanciasse direttamente il Discorso della Montagna nella nuova versione Bergoglio: beati i poveri perché saranno vaccinati. Come ulteriore dimostrazione della sua benevolenza, la von der Leyen dichiarò che si sarebbe potuto discutere dell’ipotesi di sospendere i brevetti dei vaccini perché ognuno potesse produrseli a basso costo. Ovviamente non era vero nulla, ma faceva bello dirlo. L’oligopolio farmaceutico multinazionale ha salvato così i suoi profitti; ed era anche giusto, visto quello che Pfizer dichiara sul proprio sito internet, cioè che è costretta a spendere un sacco di soldi in lobbying per supportare quei politici che si dimostrino sensibili al verbo della “scienza”. In gergo questa forma di lobbying si chiama “partenariato politico”; solo per chiarire le idee a quei trogloditi retrogradi che, di fronte a questo traffico di soldi, potrebbero definirlo come corruzione legalizzata. Pfizer avrebbe potuto essere ancora più generosa e farci i nomi di chi sta sul suo libro-paga; ma è pretendere troppo dalla vita.

Nel libro “Marcia su Roma e dintorni” Emilio Lussu raccontava delle sue vicissitudini con una squadraccia di fascisti. In un tafferuglio uno di quegli squadristi aveva rubato a Lussu il portafogli e, quando questi tentava di riaverlo indietro, i fascisti si compattavano gridando: “A chi l’Italia? A noi!”. Inutilmente Lussu cercava di chiarire che non si trattava dell’Italia ma solo del suo portafogli. Allo stesso modo, nel caso dei vaccini il grido “A chi la scienza? A noi!” è stato usato per tacitare e umiliare chiunque cercasse di precisare che non c’entrava l’immunologia ma solo di capire come sono distribuiti i soldi. È un fatto che oltre trent’anni di tagli di spesa alle strutture sanitarie durevoli hanno coinciso con le crescenti spese in prodotti effimeri come i vaccini, infilando nella categoria “vaccino” anche altri farmaci. Per vendere il prodotto la pubblicità ha solleticato il senso di superiorità di una parte dell’opinione pubblica, quella che si crede in confidenza con la “scienza”. Tra l’altro gli idolatri della scienza e dei vaccini vivono di pensiero magico e non sanno neppure distinguere tra vaccino e campagna vaccinale. Il fatto che un vaccino, o cosiddetto tale, risulti efficace nella sperimentazione di laboratorio, non vuol dire che lo sia se riprodotto a miliardi di dosi. Più il processo produttivo è incrementato, accelerato e allargato, più è difficile garantire che lo standard del prodotto sia lo stesso. Non è un caso che nei talk show a parlare di vaccini siano stati sempre chiamati virologi, immunologi, infettivologi e persino “costituzionalisti”; mai ingegneri. Mica vorrai contagiare gli spettatori con un po’ di pensiero concreto?
Da una parte quindi ci sono quelli che hanno dalla loro la scienza, la benevolenza, la legge e per questo possono gestire i soldi senza renderne conto; mentre dall’altra parte ci sono coloro che devono fidarsi, pagare e basta, altrimenti sono degli ignoranti, dei terrapiattisti e dei complottisti. La stessa von der Leyen ha riproposto questo schema asimmetrico e squilibrato anche in altre circostanze, come nel caso dell’attuale attacco israeliano a Gaza. La von der Leyen ha infatti dichiarato che Israele ha il diritto di difendersi dopo quello che è accaduto il 7 ottobre, raccomandandosi però di non ammazzare troppi civili palestinesi.
La “versione israeliana” sui fatti del 7 ottobre viene quindi presa per buona acriticamente, senza verifica; poi si affida la sorte dei civili palestinesi alla benevolenza israeliana. D’altra parte una “versione israeliana” dei fatti del 7 ottobre non esiste neppure, dato che si tratta di pura narrativa mediatica e non è stata avviata nessuna inchiesta da parte di autorità israeliane. A distanza di mesi solo un quotidiano straniero, il “New York Times”, ha cominciato una raccolta di testimonianze sui presunti stupri e sgozzamenti da parte di Hamas; un’inchiesta non molto rigorosa, poiché da un lato dà preventivamente per scontata e indiscutibile la narrativa sui crimini di Hamas, dall’altro lato però ammette che prove a riguardo, a tutt’oggi, non ce ne sono.
Anche coloro che inorridiscono davanti ai massacri perpetrati dagli israeliani a Gaza però non osano mettere in dubbio la narrativa sul presunto “pogrom” del 7 ottobre. Si vede che c’è qualcosa in Israele che ispira fiducia anche oltre le evidenze contrarie. Sarà per questa fiducia che tutti sentono l’irresistibile bisogno di mandare soldi. Secondo il quotidiano “Times of Israel” dal 2014 l’Unione Europea ha supportato la ricerca tecnologica in Israele finanziando centinaia di progetti con oltre un miliardo e trecento milioni di dollari.
Per la famosa “Israel Lobby” americana, l’AIPAC (American Israel Public Affairs Committee), il 7 ottobre è stato una grande occasione per incentivare la raccolta di fondi e per estorcere altro denaro pubblico statunitense da inviare in Israele. Sul sito dell’AIPAC una delle cose più interessanti da notare è la capacità di autopromuoversi da parte di questa cosca d’affari, La lobby AIPAC dichiara infatti di essere riuscita a far eleggere il 98% dei candidati che ha sostenuto elettoralmente con donazioni ed anche con attività propagandistiche, che consistono nell’affibbiare l’etichetta infamante di antisemita a chiunque non voglia finanziare Israele. L’AIPAC è una lobby talmente danarosa e potente che potrebbe sorgere un dubbio, e cioè che essa non sia una longa manus israeliana, bensì che Israele sia in realtà solo una colonia dell’AIPAC. I veri attori in campo oggi non sono gli Stati ma le lobby d’affari, che tengono gli Stati solo come impalcatura per mungere denaro pubblico.
 
Di comidad (del 15/02/2024 @ 00:10:28, in Commentario 2024, linkato 7663 volte)
In molti hanno ritenuto di liquidare l’intervista rilasciata da Putin a Tucker Carlson come propaganda. Certo che si tratta di propaganda, e non si capisce cos’altro avrebbe dovuto essere. Ciò non esimerebbe però i nostri governi dal replicare a delle specifiche dichiarazioni piuttosto imbarazzanti. In particolare Putin ha riconfermato quanto già si era detto immediatamente dopo l’attentato al gasdotto North Stream, e cioè che il pur grave sabotaggio non aveva del tutto compromesso la possibilità di approvvigionamento di gas russo, in quanto un tubo è rimasto funzionante, perciò la Germania, se volesse, potrebbe ancora servirsene; cosa che invece non sta facendo. La carenza energetica, dovuta al mancato approvvigionamento di gas russo, ha determinato in Germania un drammatico incremento dei costi di produzione, con la conseguente chiusura di numerosi impianti di aziende come Basf, Michelin, Ford, Goodyear, ed ora anche Volkswagen. Secondo alcuni commentatori il partito dei Verdi, ora al governo a Berlino, non considera la deindustrializzazione un problema; anzi, essa andrebbe nel senso di un’auspicabile decrescita. In realtà nulla assicura che la decrescita sia “felice”, poiché la deindustrializzazione e la carenza energetica comportano il rilancio di produzioni obsolete e maggiormente inquinanti; infatti il governo tedesco ha lasciato in funzione centrali a carbone che avrebbero dovuto essere già dismesse.
Anche la rigassificazione in appositi impianti del GNL o del GPL comporta un notevole spreco di energia e molto inquinamento in più. Si farà così almeno contenta la "Democrazia"? Neanche quello, dato che le forniture di gas liquefatto (sia gas naturale, sia gas di petrolio) dalla Norvegia e dagli USA non sono sufficienti. Gli USA non hanno aumentato la loro produzione poiché per farlo dovrebbero spendere per nuovi investimenti, che nel fracking sono particolarmente onerosi; mentre invece la minore produzione comporta una comoda situazione di prezzi più alti e maggiori profitti. La cosa più ridicola è che la Germania risulta costretta a continuare a rifornirsi di gas liquefatto di produzione russa, però attraverso l’intermediazione di imprese indiane, quindi con un sovrapprezzo da pagare.

La deindustrializzazione della Germania rende poco attendibili certi proclami bellicosi del governo Scholz, il quale strombazza i suoi propositi di sempiterna ostilità con la Russia; come se le guerre si combattessero a bordate di parolacce, invece che con le fabbriche di missili, cannoni e proiettili. La decrescita però non risulta infelice proprio per tutti, dato che in questi ultimi anni la Germania ha visto uno sviluppo della microfinanza a livello di paesi in via di sviluppo. Nella grande Germania, nota per i suoi salari più alti della media europea, sembra strano che il microcredito si espanda a livelli da Bangladesh, trovando un target sia nei residenti, sia negli immigrati. Anche in Germania la deindustrializzazione ha comportato la finanziarizzazione sociale, cioè la necessità di integrare salari bassi e aleatori accedendo a piccoli prestiti. Ben poca felicità per gli indebitati, moltissima invece per le multinazionali del credito. Nella relazione creditore-debitore il denaro si identifica tout court con la gerarchia sociale, cioè il denaro diventa l’unica socialità; perciò ogni opposizione concreta, volente o nolente, deve ripartire dalla redistribuzione del reddito.
Dato che i consigli di amministrazione delle società per azioni devono presentare profitti ogni anno, non c’è nulla di strano che le imprese “industriali” conservino soltanto una facciata di produzione, con l’esclusivo scopo di riscuotere sussidi dai governi con il pretesto di tutelare posti di lavoro che in realtà tendono a scomparire comunque. Ogni riferimento a Stellantis è puramente casuale. Intanto gli Elkann, tramite la loro finanziaria Exor, spostano il business verso la sanità privata. Si tratta del grande business del futuro, in quanto lo smantellamento della sanità pubblica, accelerato drasticamente dalla psicopandemia, costringe adesso anche i meno abbienti a ricorrere al privato; ovviamente tramite assicurazioni, o a credito, oppure a microcredito, a seconda dei casi. Si tratterebbe comunque di business finanziari.
Nelle ultime settimane negli USA si è assistito al confronto tra il governatore del Texas col governo Federale. Il governatore ha schierato la guardia nazionale al confine con il Messico per bloccare l’ondata migratoria. Ma siamo sicuri che sia proprio necessario chiudere il confine e non ci siano altri strumenti per evitare la migrazione di massa? Ci sono infatti dei dati che spiazzano la visione comune del problema migratorio. La fonte della notizia è uno di quei giornalacci complottisti che sono il bersaglio preferito del nostro “Open”. Il giornalaccio in oggetto è il “Washington Post”, il quale nel 2019 pubblicava un articolo, peraltro documentatissimo, in cui si illustrava il ruolo di finanziatore della migrazione svolto dall’agenzia governativa statunitense per lo sviluppo internazionale, l’Usaid, fondata nel 1961 da John Kennedy. Insieme con la Banca Mondiale, l’Usaid ha finanziato in Guatemala la nascita di un istituto finanziario specializzato in microcredito per facilitare lo sviluppo e l’uscita dalla povertà. A questo proclama di belle intenzioni corrisponde però un’altra realtà, e cioè che i prestiti vanno a finanziare la migrazione clandestina negli USA; infatti il Guatemala è uno dei paesi da cui parte il maggiore numero dei migranti che passano il confine del Texas “illegalmente” (negli USA solo la corruzione è pienamente legalizzata). Si innesca un ciclo finanziario per il quale l’indebitamento porta alla migrazione, e poi la migrazione comporta l’accesso ad altri servizi finanziari. Anche la migrazione rientra nel generale fenomeno della finanziarizzazione sociale. La semplice povertà non può essere infatti un movente per la migrazione, poiché migrare ha un costo e comporta spese immediate per chi debba migrare; e per quelle spese ad un guatemalteco servono ad hoc i dodicimila dollari del prestito. Oggi l’Usaid afferma di essere fuori dall’affare almeno da dieci anni, mentre la Banca Mondiale dice di esserci entrata soltanto l’anno scorso; intanto il business è partito con i soldi dell’Usaid, anche se attualmente ci sono altri finanziatori privati. Il governatore Abbott ha taciuto per anni su queste losche commistioni tra denaro pubblico e finanza privata, a riprova del fatto che anche in quei casi in cui la stampa mainstream riferisce i fatti, bisogna poi far di tutto per dimenticare e tornare ai soliti luoghi comuni. Ora Abbott si esibisce in questa prova muscolare, che ovviamente ha riscosso l’ammirazione dei soliti fascistoidi nostrani che non vedono l’ora di fare anche loro la caccia al migrante. I leader politici si adeguano alla fintocrazia, evitando di mettere in discussione la gerarchia del denaro, cioè la spirale dei debiti, ed offrono invece all’opinione pubblica una serie di occasioni di rifugiarsi nella psicodrammatica. La falsa politica si concentra così sull’alternativa illusoria tra controllo/repressione sui corpi oppure controllo/educazione delle menti, distraendo dagli effetti devastanti di quei flussi di denaro pubblico privatizzato che nel gergo economico vengono chiamati movimenti di capitali.
 
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FEDERALISTI ANARCHICI:
il gruppo ed il relativo bollettino di collegamento nazionale si é formato a Napoli nel 1978, nell'ambito di una esperienza anarco-sindacalista.
Successivamente si é evoluto nel senso di gruppo di discussione in una linea di demistificazione ideologica.
Aderisce alla Federazione Anarchica Italiana dal 1984.


17/05/2024 @ 08:21:14
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