"
""Napoli" è una di quelle parole chiave della comunicazione, in grado di attivare nel pubblico un'attenzione talmente malevola da congedare ogni senso critico, per cui tutto risulta credibile."

Comidad
"
 
\\ Home Page : Archivio : Commentario 2023 (inverti l'ordine)
Di seguito gli interventi pubblicati in questa sezione, in ordine cronologico.

Di comidad (del 23/11/2023 @ 00:12:08, in Commentario 2023, linkato 7959 volte)
Il grande reset rimarrà probabilmente uno spot pubblicitario dei fumatori d’oppio di Davos; in compenso non ci si fa mancare i piccoli reset, soprattutto della memoria. Il dibattito sull’istituzione della commissione parlamentare d’inchiesta sulla gestione del Covid è stato l’occasione per la riscrittura di pagine di storia recente. In questa circostanza non è stata semplicemente una parte politica a cambiare la sua versione dei fatti, ma si è costituito un gioco di ruolo per cui si può litigare sui dettagli meschini ma non sulla trama della vicenda. In particolare suona strano l’entusiasmo inquisitorio della Lega nel salutare l’istituzione della commissione parlamentare sul Covid, dato che la versione italiana della pandemia da Covid è partita dalla Regione Lombardia, governata da una giunta guidata dal leghista Attilio Fontana. L’evidenza di questo dato storico è oscurata dal solito pregiudizio che considera la bistrattata Italietta inevitabilmente subordinata a poteri stranieri, come se non fosse fin troppo capace di provocare danni in proprio.
In questi anni si è instaurato un politicamente corretto in base al quale la cosiddetta “sinistra” si è intestata la gestione del Covid, a partire dalla scelta del lockdown, mentre alla destra sarebbe spettato il ruolo critico o disfattistico. La Procura di Bergamo ha addirittura impostato la sua indagine sulla gestione Covid sulla ricerca delle responsabilità nel ritardare la scelta del lockdown in Lombardia. Alla fine dell’anno scorso spuntava persino una presunta “mail segreta” di Attilio Fontana, la quale avrebbe provato che il presidente della Regione Lombardia, pur sottolineando la drammaticità del livello dei contagi, si sarebbe limitato a chiedere la conservazione delle misure preventive già esistenti. In realtà le espressioni contestate a Fontana nella presunta mail segreta erano tutte molto generiche.
Il dato di fatto è che nelle sue dichiarazioni pubbliche nel marzo del 2020 era Attilio Fontana a rivendicare l’iniziativa delle chiusure, arrivando ad invocare l’intervento dell’esercito per costringere le persone a rimanere a casa. Quando Fontana all’epoca disse di essere stato proprio lui a presentare queste richieste al governo Conte, nessuno si è mai premurato di smentirlo. Il modello generalmente adottato di gestione pandemica, compreso il micidiale protocollo terapeutico, è partito dalla Regione Lombardia e porta il marchio di una giunta a guida leghista.
Tanto per non farsi (e non farci) mancare niente, Fontana è stato anche il primo uomo politico occidentale a presentarsi con la mascherina in pubblico, dapprima affrontando spavaldamente il dileggio, poi imponendo un look che sarebbe stato santificato dai virologi mainstream. Dopo aver combinato tutto il casino, oggi la Lega può presentarsi nel ruolo del giudice delle malefatte altrui. Si sa già che la commissione parlamentare sul Covid si risolverà in una farsa e che si finirà a parlare di banchi a rotelle e di soldati russi, ma è comunque significativo che si permetta ogni volta alla destra di recitare tutte le parti in commedia.

L’emergenza pandemica era stata inventata come prova tecnica di autonomia differenziata, ovvero come esibizione della superiorità etnica dei “Lumbard”; e, da quel punto di vista, si era risolta in una colossale figura di merda, il classico passo più lungo della gamba. Del resto era scontato che una volta imposto arbitrariamente che una polmonite non potesse essere più curata come una polmonite, il sistema sanitario sarebbe andato al collasso. Ma qui è subentrato quello schema già illustrato da Togliatti, quando diceva che toccava al proletariato raccogliere le bandiere che la borghesia aveva lasciato cadere nella polvere; come a dire che l’abito dismesso dalla destra deve diventare la livrea della sinistra. Inventata da una giunta di destra, in poche settimane l’emergenza pandemica è diventata una bandiera della “sinistra”; anzi, per dirla come il ministro Roberto Speranza, addirittura una “occasione” per la cosiddetta sinistra di riconquistare un’egemonia culturale.
La psicopandemia è stata riciclata: da che era una prova tecnica di superiorità etnica è diventata una prova tecnica di socialismo, perciò è stata accolta senza resistenze anche dalla sinistra più “antagonista”, in taluni casi come una palingenesi morale, per cui chiudere le fabbriche sarebbe stata un'affermazione della priorità della salute sulla logica del profitto. Persino l’imposizione del green pass, per quanto considerato una “pezza” ad errori precedenti, era accettata da esponenti della cosiddetta “sinistra antagonista” come un modo per castigare il presunto individualismo dei “liberisti”.
Evidentemente qualcuno è rimasto al liberismo delle fiabe e degli slogan, senza mai rendersi conto che il liberismo reale è un sistema di assistenzialismo per ricchi, cioè un intreccio inestricabile tra capitale privato e denaro pubblico. Probabilmente non esiste un fenomeno più documentato a livello ufficiale di quello dei sussidi governativi alle imprese private. Il politicamente corretto però insiste a raccontarci che i soldi delle tasse servono per l’assistenza sanitaria e per i servizi pubblici. In realtà è vero solo in minima parte, mentre il grosso va in assistenzialismo per ricchi.
Coltivando il politicamente corretto la “sinistra” carica l’arma con la quale la destra può rioccupare ogni volta il piedistallo del giudice. Invece di essere un argine contro la destra, il politicamente corretto le fa da trampolino di lancio. Il politicamente corretto sposta l’attenzione dall’oggetto al soggetto, non si guarda la cosa in sé bensì la motivazione che c’è dietro. La morale non consiste più nel discernere il bene e il male, ma nel separare buoni e cattivi, quindi stabilire delle gerarchie antropologiche, per le quali ai “buoni” sarà permesso qualsiasi crimine. Lo abbiamo sperimentato di nuovo quando ci è stato detto che l’Ucraina ha il diritto di difendersi e che noi abbiamo il dovere di aiutarla mandandole le armi. Campioni di altruismo. Visto che quelli di destra quando gli fa comodo adottano il politicamente corretto e si scoprono anche loro anime belle, allora si potrebbe opporgli una motivazione di destra, di quelle egoistiche: l’Ucraina ha il diritto di difendersi, ma non con i miei soldi, perciò non pago le tasse. Il punto è che le guerre possono avere le cause più remote e intricate nella storia degli odi reciproci, ma non durano se non vengono gonfiate continuamente con armi e finanziamenti. Si tratta di un’osservazione di buon senso ma riconfermata dai dati empirici illustrati dal professor Jeffrey Sachs nella sua recente testimonianza davanti al Consiglio di Sicurezza dell’ONU. Non si tratta perciò di distribuire torti e ragioni, oppure di inseguire riconciliazioni, bensì di sgonfiare le bolle militar-finanziarie.
Quando Renato Brunetta esibisce la faccia sadica e ghignante della “destra liberista” e dileggia la “sinistra” trattando il salario minimo come roba da anime belle, svolge il suo ruolo da maschera della Commedia dell’Arte; cioè personifica il fondo oscuro del politicamente corretto, l’esito estremo del moralismo, che è quello di dare addosso ai deboli, che non sono mai “perfettini” come dovrebbero e sono colpevoli di non voler lavorare o di non voler vaccinarsi. Non a caso il personaggio di Brunetta fu lanciato nel 2008 dal quotidiano “la Repubblica”, che ci narrava entusiasticamente della mitica “cura Brunetta” contro gli assenteisti. I politicamente corretti trovano Brunetta spregevole ma non riescono ad evitare di dargli ragione perché usa gli stessi argomenti. In realtà Brunetta è un baro e un mentitore, e i suoi trucchi sono di una banalità elementare. I buoni sentimenti del politicamente corretto non c’entrano nulla, poiché si potrebbe approvare il salario minimo, e pure per il reddito di cittadinanza, anche per la cinica motivazione di non voler trovare barboni che dormono sotto il portone di casa propria. Non esiste economia senza assistenzialismo, ed il trucco sta nel chiamarla assistenza quando riguarda i poveri, e nel trovare invece nomi pomposi quando i sussidi assistono i ricchi: “riconversione industriale”, “Transizione 4.0”, eccetera. Nel lavoro, come in qualsiasi fattore della produzione, entrano in gioco altre variabili oltre la domanda e l’offerta, altrimenti a fronte di certi salari troppo bassi sarebbe molto più conveniente non lavorare affatto. Molti invece accettano salari non remunerativi solo per il timore di rimanere tagliati fuori dal mercato del lavoro, e si impoveriscono per eccessive spese di trasporto; mentre altri sperperano quel poco che hanno non solo in spese di trasporto, ma anche per corsi di formazione, sperando in un’occupazione che non troveranno. Spesso è il lavorare a tutti i costi che fa precipitare nell’indigenza assoluta.
 
Di comidad (del 16/11/2023 @ 00:05:00, in Commentario 2023, linkato 7776 volte)
Lo strafalcione di Bruno Vespa sugli ignoti presidenti della Repubblica di Spagna e Inghilterra è diventato indirettamente l’occasione per veicolare un’idea distorta sul ruolo di questo personaggio; come se il suo appoggio alle iniziative del governo Meloni sul premierato e sullo spostamento di migranti in Albania rientrasse nel consueto servilismo dei giornalisti nei confronti del potente di turno. Non si deve invece confondere Vespa con un Tommaso Cerno qualsiasi, e neppure travisare l’effettivo rapporto gerarchico tra lui e la Meloni. Mentre Vespa è un vero oligarca, la Meloni è solo una precaria con contratto a tempo determinato.
Se si osserva quel video che ha suscitato tanti sarcasmi e si prescinde per un attimo dalle gaffe, si riconosce immediatamente lo schema narrativo con il quale Vespa prima delle elezioni ha confezionato nel suo salottino/laboratorio l’ologramma della Meloni come Presidente del Consiglio in pectore. Ci è stata narrata la fiaba di una ragazza di umili origini che è arrivata ai vertici grazie al suo impegno, al suo lavoro ed alla sua buona volontà. A completare il quadretto, alla Cenerentola Meloni infatti è stata contrapposta una sorellastra invidiosa, la figlia di papà Elly Schlein. Nel video Vespa ci offre l’immagine di un governo che si dà da fare e cerca di risolvere i problemi, mentre l’opposizione fa inutilmente casino. In realtà il casino lo sta facendo proprio Vespa, dato che l’opposizione non è assolutamente in grado di impedire o ritardare l’azione di un governo che dispone di una maggioranza parlamentare schiacciante. Questo eccesso di difesa dà adito al dubbio che lo scopo di certe iniziative di governo sia esclusivamente quello di suscitare critiche in modo da potere spacciare la solita fiaba vittimistica dei benefattori ostacolati dai disfattisti. Insomma, prove tecniche di fintocrazia.
Non ci sarà mai il rischio di sopravvalutare l’importanza della narrativa vittimistica del potere nella riproduzione delle gerarchie sociali. Il vittimismo dei potenti non è semplice ideologia, è uno schema manipolatorio e relazionale che può dar luogo ad automatismi comportamentali. La narrativa vittimistica è uno spazio nel quale si consuma la complicità, o il gioco di sponda, dell’opinione pubblica col potere. L’opinione pubblica infatti si relaziona come un bambino che vuole farsi raccontare sempre la stessa fiaba su un potente che avrebbe potuto compiere mirabilie, su un Salvatore che avrebbe potuto salvarci tutti, ovviamente se non fosse stato circondato da ingrati che gli hanno legato le mani. Questo schema narrativo è stato reso popolare dai nostalgici del Duce, poi da quelli del Buffone di Arcore; ma di recente lo abbiamo visto riproporre anche con Draghi. In questa fase storica il potere reale è esercitato da lobby trasversali tra il capitale privato e le burocrazie pubbliche che si scambiano i ruoli attraverso le porte girevoli. Si tratta di uno schema che riproduciamo, seppure in scala minore rispetto agli USA, anche nella nostra Italietta; per cui, ad esempio, ai vertici di Leonardo- ex Finmeccanica abbiamo visto ex dirigenti dei servizi segreti come De Gennaro e Carta, ed anche politici di destra e sinistra, senza discriminazione, come Minniti e Crosetto. I governi perciò contano sempre meno, e la loro funzione si è spostata sul piano comunicativo, pubblicitario, in modo da coltivare nelle masse il bisogno di gerarchia. Il potere attuale quindi accentua la propria schizofrenia, in quanto le lobby si pongono esclusivamente in termini di affari, senza problemi di prospettiva o di modelli politico-sociali, mentre i governi si spendono in una retorica palingenetica assolutamente inconcludente ma comunque funzionale alle pubbliche relazioni. I governi esistono solo in funzione dei media, vivono esclusivamente in quel mondo virtuale, perciò il pathos che mettono nei loro psicodrammi assume una autenticità esistenziale. La polemica tra destra e sinistra oggi è solo una pantomima, ma, come diceva Diderot, è tipico dei pessimi attori immedesimarsi troppo nella parte, tanto da arrivare a crederci.

Sul potere c’è una rappresentazione ingenua e/o opportunistica (i due atteggiamenti non sono in contraddizione) che ce lo propone in termini puramente geometrici, come un centro o un vertice, un alto contro il basso. In realtà il potere può riprodursi anche dal basso e nei contesti più insospettabili, e chiunque può crearsi un carisma ed un seguito da salvatore della patria attraverso una comunicazione insolente e provocatoria, in modo da presentare eventuali critiche alla stregua di attentati e sabotaggi a progetti che altrimenti avrebbero prodotto nuovi Eden. Questi micro-poteri che nascono dal basso, per quanto effimeri, svolgono comunque un ruolo “educativo”, cioè si finisce sempre per vedere il mondo nell’ottica del potente tanto generoso, che potrebbe regalarci il paradiso se non arrivasse ogni volta un diavolo a disturbare. L’importante è avere un cattivo a cui dare la colpa. Sulla cresta dell’onda oggi ci sono Putin e Hamas, ma in futuro ci sarà spazio per tanti altri mostri.
Come mai questi cattivi esistono ancora? La risposta è ovvia: in passato siamo stati troppo buoni. Alcuni giorni fa, il ministro della cultura israeliano ha proposto una soluzione per il problema di Gaza: sganciare un ordigno nucleare sulla Striscia per indurre gli irrequieti palestinesi a più miti propositi. Una proposta così ragionevole è stata discussa dal parlamento israeliano; le poche immagini che ci giungono da quel parlamento fanno sembrare le adunate degli ultras del calcio un ritiro spirituale per penitenti. Ma pare che Netanyahu si sia opposto fermamente a quella brillante idea. Ma com’è umano lei. In effetti, la puttanata di Amichai Eliyahu (così si chiama il ministro della cultura che ha avuto l’idea) ha svolto la funzione di mostrare come è giudizioso, come è generoso il governo israeliano a massacrare solo alcune migliaia di palestinesi mentre avrebbe potuto già farli fuori tutti da tanto tempo; e d’altro canto ricordare che loro comunque la bomba ce l’hanno. Il feticismo dell’atomica fa dimenticare che oggi una tecnologia missilistica ipersonica è a disposizione di molti paesi e che un banale gas nervino ha effetti devastanti quanto il nucleare.
Ma il delirio di onnipotenza è fondamentale per alimentare lo psicodramma fintocratico. Qualcuno si ricorderà che nel 2022 la vittoria ucraina era scontata e che l’unico problema era la sorte da riservare a Putin: se impiccarlo direttamente o consegnarlo al tribunale penale dell’Aja. Hillary Clinton favoleggiava di un’Ucraina che diventasse per la Russia un nuovo Afghanistan, come se, insieme con le armi, gli USA potessero fornire agli ucraini anche montagne e caverne. Dall’iperbole pubblicitaria al pensiero magico il passo è breve. Il “Washington Post” ci rivela (era ora!) che a far saltare il gasdotto North Stream erano stati gli ucraini, magari arrivando nel Mar Baltico col pattino, giusto per non dare nell’occhio. Era persino più credibile la storia che a far saltare il gasdotto fossero stati i russi.
In attesa di uccidere tutti i militanti di Hamas l’onnipotenza del Sacro Occidente può tenersi in forma dando la caccia a terroristi raccogliticci. L’allarme riguarda le moschee, dove pare succeda di tutto, infatti pare, nientemeno, che ci si gridi “Allah Akbar”. La nuova ordalia, il nuovo giudizio di Dio per riconoscere la minaccia passa da una prova irrefutabile: la frase “Allah Akbar”. Se questa espressione viene detta, urlata, sussurrata, accennata, indica l’orribile metamorfosi di un semplice arabo in qualcosa di indicibile: un radicalizzato, un fanatico, un terrorista, un fiancheggiatore o un simpatizzante di estremisti tagliagole. A questo punto scattano le misure per eradicare il bubbone. A Parigi, la polizia ha ferito gravemente una donna che urlava Allah Akbar. Dopo la sparatoria i poliziotti hanno raccontato che minacciava di farsi saltare in aria. La donna era disarmata, ma per il pensiero magico il dettaglio è irrilevante. A Milano hanno arrestato un algerino che avrebbe pensato Allah Akbar, e secondo alcuni l’avrebbe persino urlato, chissà; ma la polizia non è sicura e sono in corso accertamenti, forse era già un ricercato. Pare facesse addirittura il venditore ambulante.
 
Pagine: 1 2 3 4 5 6 7 8 9 10 11 12 13 14 15 16 17 18 19 20 21 22 23 24 25 26 27

Cerca per parola chiave
 

Titolo
Aforismi (5)
Bollettino (7)
Commentario 2005 (25)
Commentario 2006 (52)
Commentario 2007 (53)
Commentario 2008 (53)
Commentario 2009 (53)
Commentario 2010 (52)
Commentario 2011 (52)
Commentario 2012 (52)
Commentario 2013 (53)
Commentario 2014 (54)
Commentario 2015 (52)
Commentario 2016 (52)
Commentario 2017 (52)
Commentario 2018 (52)
Commentario 2019 (52)
Commentario 2020 (54)
Commentario 2021 (52)
Commentario 2022 (53)
Commentario 2023 (53)
Commentario 2024 (19)
Commenti Flash (61)
Documenti (30)
Emergenze Morali (1)
Falso Movimento (11)
Fenêtre Francophone (6)
Finestra anglofona (1)
In evidenza (33)
Links (1)
Manuale del piccolo colonialista (19)
Riceviamo e pubblichiamo (1)
Storia (9)
Testi di riferimento (9)



Titolo
Icone (13)


Titolo
FEDERALISTI ANARCHICI:
il gruppo ed il relativo bollettino di collegamento nazionale si é formato a Napoli nel 1978, nell'ambito di una esperienza anarco-sindacalista.
Successivamente si é evoluto nel senso di gruppo di discussione in una linea di demistificazione ideologica.
Aderisce alla Federazione Anarchica Italiana dal 1984.


17/05/2024 @ 09:18:32
script eseguito in 46 ms