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""Napoli" è una di quelle parole chiave della comunicazione, in grado di attivare nel pubblico un'attenzione talmente malevola da congedare ogni senso critico, per cui tutto risulta credibile."

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Di seguito tutti gli interventi pubblicati sul sito, in ordine cronologico.

Di comidad (del 01/02/2024 @ 00:08:55, in Commentario 2024, linkato 7696 volte)
Fanpage è una testata giornalistica online che può essere considerata la Radio Maria della religione del politicamente corretto. Nella scorsa settimana Fanpage si è occupato del modo in cui le comunità ebraiche hanno affrontato mediaticamente la questione del confronto tra la Giornata della Memoria dell’Olocausto con quanto sta avvenendo a Gaza per opera delle bombe sganciate da Israele e pagate dal contribuente americano. Fanpage ci fa sapere che criticare quei massacri commessi da Israele a Gaza non è antisemitismo, quindi non si fa peccato contro il politicamente corretto; cosa che ci permetterà finalmente di dormire la notte. Ma forse quando si parla di Israele, “quella” Giornata della Memoria c’entra poco o nulla, mentre sarebbe il caso di coltivare la memoria di tutti i soldi statunitensi che mantengono artificiosamente gonfia una bolla sionista che da sola si affloscerebbe all’istante.
Per tutto il suo mandato Barack Obama è stato considerato uno dei presidenti statunitensi più critici nei confronti di Israele, perciò nel 2016, quando stava proprio lì per lasciare la Casa Bianca, il poverino pensò bene di redimersi e decise di riscattarsi da quella brutta fama. L’amministrazione Obama fece infatti approvare uno dei più sostanziosi pacchetti di aiuti finanziari e militari ad Israele. Nei 38 (trentotto) miliardi di dollari elargiti al governo israeliano c’era anche il finanziamento di un programma missilistico che avrebbe dovuto svolgere l’ulteriore funzione di scudo contro eventuali attacchi dall’aria. Si tratta dello stesso “scudo” che, sebbene ricco e costoso, ha miseramente fallito il 7 ottobre scorso contro i razzetti artigianali di Hamas.
Qualche mente cinica e prosaica avrebbe potuto farsi venire il meschino dubbio che quei soldi non siano stati spesi in base al criterio dell’efficacia bensì del massimo costo, in modo da riversarsi nelle tasche giuste. Fortunatamente dopo il 7 ottobre l’afflato ideale ha avuto il sopravvento su questi ingiusti sospetti, quindi Biden, con l’approvazione del congresso e del senato, è riuscito a far pervenire ad Israele altri 14 (quattordici) miliardi di dollari per scongiurare la mortale minaccia di Hamas. Si tratta di un bel po’ di soldi extra, se si considera che Israele è già armatissimo, mentre Hamas è solo una milizia e non l’esercito di uno Stato; ma non è il caso di fossilizzarsi su questi dettagli.

Quel che è certo è che i soldi di Biden sono stati una mano santa per Israele, se si considera che l’attacco del 7 ottobre è arrivato ad inasprire una situazione economica e finanziaria che era già compromessa dagli anni precedenti, allorché si era registrato un drastico calo degli investimenti esteri in Israele, un po’ a causa del Covid ed un po’ per effetto della guerra tra NATO e Russia. C’era quindi tutto l’interesse a drammatizzare ed esagerare gli effetti dell’attacco di Hamas, poiché più la si presentava nera e più soldi sarebbero arrivati da Washington. Ciò spiega le storie infondate sugli stupri e sgozzamenti di Hamas ed anche la disinvoltura con la quale i militari israeliani sono autorizzati a sparare indistintamente a tutto ciò che hanno davanti, senza preoccuparsi che possano essere loro concittadini o commilitoni.
Questi pacchetti di aiuti militari e finanziari sono soltanto degli extra rispetto ad un finanziamento da parte statunitense che risulta costante e decisivo dal 1948, per cui Israele è il paese in testa alla lista degli aiuti, con largo margine su tutti gli altri. Al secondo e distanziatissimo posto nella graduatoria degli aiuti finanziari statunitensi c’è l’Egitto, il quale rappresentava l’unica minaccia militare seria, “esistenziale” per Israele; una minaccia che perciò è stata opportunamente sedata con la corruzione, in modo da potersi concentrare sulle milizie come Hamas, più funzionali alle pseudo-emergenze.
Gli Stati Uniti hanno però la coscienza tranquilla, infatti possono dire di aver cercato di indurre i governi israeliani a fermare gli insediamenti coloniali nei territori occupati nel 1967. All’inizio del 2011, l’allora segretario di Stato USA Hillary Clinton, prima di aggredire la Libia, decise di fare un tour in Israele per ammonirlo severamente di cessare gli insediamenti illegali in Cisgiordania. Si può immaginare il trauma emotivo inferto da quelle clintoniane rampogne al governo israeliano.
In realtà il vero destinatario di quelle rampogne non avrebbe dovuto essere il governo israeliano, bensì la stessa Clinton; infatti i soldi per gli insediamenti coloniali illegali in Cisgiordania provengono soprattutto dagli Stati Uniti. Si potrebbe obiettare che il governo statunitense non è in grado di far nulla per fermare quei finanziamenti poiché si tratta di fondi privati, raccolti e gestiti dall’AIPAC (American Israel Public Affairs Committee) e da associazioni sioniste di cristiani evangelici, che sono numericamente ed elettoralmente molto più rilevanti di quelle ebraiche. Si tratterebbe però di un‘obiezione doppiamente falsa, poiché anzitutto si tratta di finanziamenti ad un’attività illegale e quindi potrebbero essere fermati a norma di legge. Ma c’è di molto peggio, dato che i finanziamenti agli insediamenti coloniali in Cisgiordania si avvalgono dell’immunità fiscale garantita dal non profit, come se si trattasse di beneficenza. Se esistesse davvero quella chimera detta “Stato”, si sarebbe avviata un’indagine da parte del dipartimento del Tesoro di Washington per capire i motivi di tutto quell’amore per Israele e stabilire se per caso quei finanziamenti con etichetta “non profit” comportino un’evasione fiscale mascherata. Potrebbe darsi infatti che una parte di quei soldi ritorni nelle tasche del donatore, ovviamente “lavata”.
Va anche chiarito che il passaggio di denaro non avviene soltanto in modo sommerso, dato che negli Stati Uniti la pratica della corruzione è in gran parte legalizzata, poiché è del tutto lecito che una lobby finanzi direttamente le campagne elettorali dei candidati. Un congressman perciò può votare per approvare una legge che stanzia finanziamenti per Israele, e poi ricevere una parte di quegli stessi soldi in contributi elettorali da parte della lobby. Tutto a spese del contribuente americano e tutto legale; persino se il grosso di quei contributi avanzasse dalla campagna elettorale e diventasse patrimonio personale dei candidati. A qualcuno potrebbe persino sorgere il dubbio che Israele non sia mai stato un’entità indipendente, e neppure autonoma, ma soltanto una sponda estera, una proiezione esterna della cleptocrazia americana.
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Di comidad (del 25/01/2024 @ 00:15:04, in Commentario 2024, linkato 7689 volte)
Ci sono testi di legge talmente sconclusionati da non essere assolutamente in grado di prospettare un assetto istituzionale preciso, per cui il loro vero senso va cercato oltre la lettera, cioè nei margini di abuso, e nei relativi alibi, che si aprono nello spazio tra le righe. Lo abbiamo sperimentato nel caso della famosa Legge 107, la “Buona Scuola” di Renzi; come nel caso del “superpreside”, il cui potere reale non consiste nelle procedure ma nella possibilità di fare mobbing nell’assoluta garanzia di impunità, per cui al dipendente non rimane che l’alternativa di essere vittima oppure complice. Il superpreside ricattatore, che può fare il despota nel suo feudo, risulta poi a sua volta ricattabile dal dirigente provinciale, quello che una volta si chiamava provveditore. La cosiddetta “autonomia scolastica” del ministro Berlinguer avviava la “aziendalizzazione”, cioè una gestione privatistica degli istituti scolastici e poneva le condizioni per l’ipertrofia dirigenziale che tracima nei margini di illegalità/impunità offerti dal sedicente “ordinamento”; ma la “Buona Scuola” ha rotto gli argini al dilagare dei deliri di onnipotenza ed all’ebbrezza dell’impunità. La vecchia Scuola pubblica non era immune dalla corruzione, e infatti venivano derubati persino i supplenti; il punto sta nel cambio completo di ragione sociale, che non è più l’istruzione, bensì i business della formazione dei docenti, dell’alternanza Scuola-lavoro e dei gadget digitali.
Lo stesso discorso vale per l’attuale progetto governativo della cosiddetta “autonomia differenziata”. Il fatto stesso che la legge sia stata scritta da Roberto Calderoli rappresenta una garanzia di caos. Ponendo la questione delle prestazioni minime che ciascuna Regione dovrebbe offrire ai suoi cittadini/utenti, il testo di legge già si delegittima da solo, poiché non è in grado di precisare le fonti di finanziamento; ma il senso vero del testo sta nell’ammiccare ai malintenzionati, facendogli capire che c’è abbastanza nebbia e ambiguità da potersi ritagliare i propri feudi, trovando ovviamente le opportune sponde di complicità. Non esistono le condizioni giuridiche e materiali per un’autonomia differenziata in ambito legalitario.
Non tutti si ricordano che l’emergenza Covid è nata all’inizio del 2020 in Lombardia come esperimento “informale” di autonomia differenziata. Non era necessario entrare nelle recondite intenzioni di Attilio Fontana per scoprirlo, dato che ce l’ha detto proprio lui. Dopo essersi preso tutti i poteri possibili, poi Fontana ha commentato che se avesse avuto ancora più autonomia, allora sì che avrebbe salvato il mondo. I protocolli terapeutici stragisti messi in atto dalla Regione Lombardia hanno gonfiato l’emergenza al punto da consentire al ministro Speranza di appropriarsene; così si è visto che i mitici “lumbard” si sono fatti scavalcare e fregare da un lucano qualsiasi. Ma anche questo non è casuale.

La legge criminogena può sembrare un ossimoro, ma non lo è, se si considera che lo Stato è soltanto un simulacro giuridico che copre un potere trasversale tra il pubblico e il privato, e tra il legale e l’illegale; ciò senza nessuna regia occulta, poiché i corrotti fanno sempre massoneria, senza bisogno nemmeno di grembiulini e gran maestri. In base ad una concezione puramente geometrica del potere la mistificazione deve essere per forza l’effetto di una macchinazione che parte da un centro o da un vertice; in realtà ogni mistificazione, compreso l’emergenzialismo, è una dinamica sociale che si alimenta della competizione tra poteri e dell’effetto di sponda con l’opinione pubblica.
Nella mistificazione istituzionale alla base della costruzione italiana l’autonomia differenziata è sempre esistita, da molto prima di chiamarsi così. I fondi che dovrebbero essere spesi nel Meridione rimangono sospesi in un limbo, finché i governi non li adoperano come bancomat per coprire altre esigenze. Il sottosviluppo meridionale è un alibi coloniale già pronto a giustificare qualsiasi dirottamento della spesa. Persino l’annessione del Sud nel 1860 venne giustificata con l’arretratezza meridionale, il che è un’ammissione esplicita che c’era un intento coloniale e non unitario: io sono più civile ed evoluto e quindi ho il diritto/dovere di sottometterti. Non a caso i coloni israeliani in Cisgiordania giustificano i loro insediamenti dicendo che i palestinesi sono troppo arretrati e non sanno coltivare la terra. Il meccanismo coloniale però non potrebbe funzionare se non venisse gestito anche a livello locale e da oligarchi locali. In altri termini, le oligarchie meridionali si specializzano nell’auto-colonialismo, nella capacità di maltrattare i concittadini privandoli di prestazioni e diritti altrove scontati. Il problema è che gli schemi di dominio elaborati al Sud poi possono essere applicati anche contro i biondi ariani del Nord. Con la sua faccetta da santarellino Roberto Speranza è cresciuto alla durissima scuola del colonialismo meridionale, perciò anche se Fontana è un gangster senza scrupoli, comunque è troppo viziato dalla vita comoda per potercela fare contro di lui.
Il livello di umiliazione che si può infliggere alle popolazioni meridionali non ha limiti. Attualmente gli operai della Stellantis di Melfi, sono costretti a trasferirsi dalla Basilicata a Pomigliano d’Arco per non perdere il posto di lavoro. Gli Elkann ed il loro sicario Tavares usano questi stabilimenti come arma di ricatto occupazionale. In realtà i posti sono talmente pochi che il ricatto non dovrebbe sussistere, ma il ministro delle Imprese Urso fa finta di crederci perché lo hanno messo lì apposta. Con i finanziamenti che il governo elargisce a vuoto agli Elkann persino il più sprovveduto degli ingegneri potrebbe allestire due o tre fabbriche di camion e macchine agricole ed assicurare qualche migliaio di posti di lavoro. Si potrebbe farlo persino salvando la finzione del privato.
Quando la Meloni battibecca con gli Elkann sta facendo solo scena, dato che per ridimensionarli le basterebbe bloccargli i finanziamenti pubblici. Non serve stabilire se il “primum movens” sia il censo o il rango, il denaro oppure la gerarchizzazione sociale, visto che nella pratica coincidono. Per capire dove stiano le vere priorità occorre guardare la destinazione dei soldi; altrimenti, come dicono alla Garbatella, le chiacchiere stanno a zero. Anche nella vicenda dei presunti “vaccini”, se si fosse davvero creduto alla loro capacità di salvare il genere umano, allora l’abolizione dei brevetti non sarebbe stata una meta ideale, bensì la precondizione per parlare seriamente. Il problema è che nessuna cleptocrazia può redimersi e fare gli interessi dei poveri, perciò rientra nel sistema il fatto che ciò che viene rubato ai semplici cittadini sia riciclato in assistenzialismo per ricchi.
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FEDERALISTI ANARCHICI:
il gruppo ed il relativo bollettino di collegamento nazionale si é formato a Napoli nel 1978, nell'ambito di una esperienza anarco-sindacalista.
Successivamente si é evoluto nel senso di gruppo di discussione in una linea di demistificazione ideologica.
Aderisce alla Federazione Anarchica Italiana dal 1984.


17/05/2024 @ 07:37:07
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