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NON È POSSIBILE AUTONOMIA DIFFERENZIATA SENZA ILLEGALITÀ ISTITUZIONALIZZATA
Di comidad (del 25/01/2024 @ 00:15:04, in Commentario 2024, linkato 7782 volte)
Ci sono testi di legge talmente sconclusionati da non essere assolutamente in grado di prospettare un assetto istituzionale preciso, per cui il loro vero senso va cercato oltre la lettera, cioè nei margini di abuso, e nei relativi alibi, che si aprono nello spazio tra le righe. Lo abbiamo sperimentato nel caso della famosa Legge 107, la “Buona Scuola” di Renzi; come nel caso del “superpreside”, il cui potere reale non consiste nelle procedure ma nella possibilità di fare mobbing nell’assoluta garanzia di impunità, per cui al dipendente non rimane che l’alternativa di essere vittima oppure complice. Il superpreside ricattatore, che può fare il despota nel suo feudo, risulta poi a sua volta ricattabile dal dirigente provinciale, quello che una volta si chiamava provveditore. La cosiddetta “autonomia scolastica” del ministro Berlinguer avviava la “aziendalizzazione”, cioè una gestione privatistica degli istituti scolastici e poneva le condizioni per l’ipertrofia dirigenziale che tracima nei margini di illegalità/impunità offerti dal sedicente “ordinamento”; ma la “Buona Scuola” ha rotto gli argini al dilagare dei deliri di onnipotenza ed all’ebbrezza dell’impunità. La vecchia Scuola pubblica non era immune dalla corruzione, e infatti venivano derubati persino i supplenti; il punto sta nel cambio completo di ragione sociale, che non è più l’istruzione, bensì i business della formazione dei docenti, dell’alternanza Scuola-lavoro e dei gadget digitali.
Lo stesso discorso vale per l’attuale progetto governativo della cosiddetta “autonomia differenziata”. Il fatto stesso che la legge sia stata scritta da Roberto Calderoli rappresenta una garanzia di caos. Ponendo la questione delle prestazioni minime che ciascuna Regione dovrebbe offrire ai suoi cittadini/utenti, il testo di legge già si delegittima da solo, poiché non è in grado di precisare le fonti di finanziamento; ma il senso vero del testo sta nell’ammiccare ai malintenzionati, facendogli capire che c’è abbastanza nebbia e ambiguità da potersi ritagliare i propri feudi, trovando ovviamente le opportune sponde di complicità. Non esistono le condizioni giuridiche e materiali per un’autonomia differenziata in ambito legalitario.
Non tutti si ricordano che l’emergenza Covid è nata all’inizio del 2020 in Lombardia come esperimento “informale” di autonomia differenziata. Non era necessario entrare nelle recondite intenzioni di Attilio Fontana per scoprirlo, dato che ce l’ha detto proprio lui. Dopo essersi preso tutti i poteri possibili, poi Fontana ha commentato che se avesse avuto ancora più autonomia, allora sì che avrebbe salvato il mondo. I protocolli terapeutici stragisti messi in atto dalla Regione Lombardia hanno gonfiato l’emergenza al punto da consentire al ministro Speranza di appropriarsene; così si è visto che i mitici “lumbard” si sono fatti scavalcare e fregare da un lucano qualsiasi. Ma anche questo non è casuale.

La legge criminogena può sembrare un ossimoro, ma non lo è, se si considera che lo Stato è soltanto un simulacro giuridico che copre un potere trasversale tra il pubblico e il privato, e tra il legale e l’illegale; ciò senza nessuna regia occulta, poiché i corrotti fanno sempre massoneria, senza bisogno nemmeno di grembiulini e gran maestri. In base ad una concezione puramente geometrica del potere la mistificazione deve essere per forza l’effetto di una macchinazione che parte da un centro o da un vertice; in realtà ogni mistificazione, compreso l’emergenzialismo, è una dinamica sociale che si alimenta della competizione tra poteri e dell’effetto di sponda con l’opinione pubblica.
Nella mistificazione istituzionale alla base della costruzione italiana l’autonomia differenziata è sempre esistita, da molto prima di chiamarsi così. I fondi che dovrebbero essere spesi nel Meridione rimangono sospesi in un limbo, finché i governi non li adoperano come bancomat per coprire altre esigenze. Il sottosviluppo meridionale è un alibi coloniale già pronto a giustificare qualsiasi dirottamento della spesa. Persino l’annessione del Sud nel 1860 venne giustificata con l’arretratezza meridionale, il che è un’ammissione esplicita che c’era un intento coloniale e non unitario: io sono più civile ed evoluto e quindi ho il diritto/dovere di sottometterti. Non a caso i coloni israeliani in Cisgiordania giustificano i loro insediamenti dicendo che i palestinesi sono troppo arretrati e non sanno coltivare la terra. Il meccanismo coloniale però non potrebbe funzionare se non venisse gestito anche a livello locale e da oligarchi locali. In altri termini, le oligarchie meridionali si specializzano nell’auto-colonialismo, nella capacità di maltrattare i concittadini privandoli di prestazioni e diritti altrove scontati. Il problema è che gli schemi di dominio elaborati al Sud poi possono essere applicati anche contro i biondi ariani del Nord. Con la sua faccetta da santarellino Roberto Speranza è cresciuto alla durissima scuola del colonialismo meridionale, perciò anche se Fontana è un gangster senza scrupoli, comunque è troppo viziato dalla vita comoda per potercela fare contro di lui.
Il livello di umiliazione che si può infliggere alle popolazioni meridionali non ha limiti. Attualmente gli operai della Stellantis di Melfi, sono costretti a trasferirsi dalla Basilicata a Pomigliano d’Arco per non perdere il posto di lavoro. Gli Elkann ed il loro sicario Tavares usano questi stabilimenti come arma di ricatto occupazionale. In realtà i posti sono talmente pochi che il ricatto non dovrebbe sussistere, ma il ministro delle Imprese Urso fa finta di crederci perché lo hanno messo lì apposta. Con i finanziamenti che il governo elargisce a vuoto agli Elkann persino il più sprovveduto degli ingegneri potrebbe allestire due o tre fabbriche di camion e macchine agricole ed assicurare qualche migliaio di posti di lavoro. Si potrebbe farlo persino salvando la finzione del privato.
Quando la Meloni battibecca con gli Elkann sta facendo solo scena, dato che per ridimensionarli le basterebbe bloccargli i finanziamenti pubblici. Non serve stabilire se il “primum movens” sia il censo o il rango, il denaro oppure la gerarchizzazione sociale, visto che nella pratica coincidono. Per capire dove stiano le vere priorità occorre guardare la destinazione dei soldi; altrimenti, come dicono alla Garbatella, le chiacchiere stanno a zero. Anche nella vicenda dei presunti “vaccini”, se si fosse davvero creduto alla loro capacità di salvare il genere umano, allora l’abolizione dei brevetti non sarebbe stata una meta ideale, bensì la precondizione per parlare seriamente. Il problema è che nessuna cleptocrazia può redimersi e fare gli interessi dei poveri, perciò rientra nel sistema il fatto che ciò che viene rubato ai semplici cittadini sia riciclato in assistenzialismo per ricchi.