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"Propaganda e guerra psicologica sono concetti distinti, anche se non separabili. La funzione della guerra psicologica è di far crollare il morale del nemico, provocargli uno stato confusionale tale da abbassare le sue difese e la sua volontà di resistenza all’aggressione. La guerra psicologica ha raggiunto il suo scopo, quando l’aggressore viene percepito come un salvatore."

Comidad (2009)
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ISRAELE È UNA PROIEZIONE DELLA CLEPTOCRAZIA STATUNITENSE
Di comidad (del 01/02/2024 @ 00:08:55, in Commentario 2024, linkato 7834 volte)
Fanpage è una testata giornalistica online che può essere considerata la Radio Maria della religione del politicamente corretto. Nella scorsa settimana Fanpage si è occupato del modo in cui le comunità ebraiche hanno affrontato mediaticamente la questione del confronto tra la Giornata della Memoria dell’Olocausto con quanto sta avvenendo a Gaza per opera delle bombe sganciate da Israele e pagate dal contribuente americano. Fanpage ci fa sapere che criticare quei massacri commessi da Israele a Gaza non è antisemitismo, quindi non si fa peccato contro il politicamente corretto; cosa che ci permetterà finalmente di dormire la notte. Ma forse quando si parla di Israele, “quella” Giornata della Memoria c’entra poco o nulla, mentre sarebbe il caso di coltivare la memoria di tutti i soldi statunitensi che mantengono artificiosamente gonfia una bolla sionista che da sola si affloscerebbe all’istante.
Per tutto il suo mandato Barack Obama è stato considerato uno dei presidenti statunitensi più critici nei confronti di Israele, perciò nel 2016, quando stava proprio lì per lasciare la Casa Bianca, il poverino pensò bene di redimersi e decise di riscattarsi da quella brutta fama. L’amministrazione Obama fece infatti approvare uno dei più sostanziosi pacchetti di aiuti finanziari e militari ad Israele. Nei 38 (trentotto) miliardi di dollari elargiti al governo israeliano c’era anche il finanziamento di un programma missilistico che avrebbe dovuto svolgere l’ulteriore funzione di scudo contro eventuali attacchi dall’aria. Si tratta dello stesso “scudo” che, sebbene ricco e costoso, ha miseramente fallito il 7 ottobre scorso contro i razzetti artigianali di Hamas.
Qualche mente cinica e prosaica avrebbe potuto farsi venire il meschino dubbio che quei soldi non siano stati spesi in base al criterio dell’efficacia bensì del massimo costo, in modo da riversarsi nelle tasche giuste. Fortunatamente dopo il 7 ottobre l’afflato ideale ha avuto il sopravvento su questi ingiusti sospetti, quindi Biden, con l’approvazione del congresso e del senato, è riuscito a far pervenire ad Israele altri 14 (quattordici) miliardi di dollari per scongiurare la mortale minaccia di Hamas. Si tratta di un bel po’ di soldi extra, se si considera che Israele è già armatissimo, mentre Hamas è solo una milizia e non l’esercito di uno Stato; ma non è il caso di fossilizzarsi su questi dettagli.

Quel che è certo è che i soldi di Biden sono stati una mano santa per Israele, se si considera che l’attacco del 7 ottobre è arrivato ad inasprire una situazione economica e finanziaria che era già compromessa dagli anni precedenti, allorché si era registrato un drastico calo degli investimenti esteri in Israele, un po’ a causa del Covid ed un po’ per effetto della guerra tra NATO e Russia. C’era quindi tutto l’interesse a drammatizzare ed esagerare gli effetti dell’attacco di Hamas, poiché più la si presentava nera e più soldi sarebbero arrivati da Washington. Ciò spiega le storie infondate sugli stupri e sgozzamenti di Hamas ed anche la disinvoltura con la quale i militari israeliani sono autorizzati a sparare indistintamente a tutto ciò che hanno davanti, senza preoccuparsi che possano essere loro concittadini o commilitoni.
Questi pacchetti di aiuti militari e finanziari sono soltanto degli extra rispetto ad un finanziamento da parte statunitense che risulta costante e decisivo dal 1948, per cui Israele è il paese in testa alla lista degli aiuti, con largo margine su tutti gli altri. Al secondo e distanziatissimo posto nella graduatoria degli aiuti finanziari statunitensi c’è l’Egitto, il quale rappresentava l’unica minaccia militare seria, “esistenziale” per Israele; una minaccia che perciò è stata opportunamente sedata con la corruzione, in modo da potersi concentrare sulle milizie come Hamas, più funzionali alle pseudo-emergenze.
Gli Stati Uniti hanno però la coscienza tranquilla, infatti possono dire di aver cercato di indurre i governi israeliani a fermare gli insediamenti coloniali nei territori occupati nel 1967. All’inizio del 2011, l’allora segretario di Stato USA Hillary Clinton, prima di aggredire la Libia, decise di fare un tour in Israele per ammonirlo severamente di cessare gli insediamenti illegali in Cisgiordania. Si può immaginare il trauma emotivo inferto da quelle clintoniane rampogne al governo israeliano.
In realtà il vero destinatario di quelle rampogne non avrebbe dovuto essere il governo israeliano, bensì la stessa Clinton; infatti i soldi per gli insediamenti coloniali illegali in Cisgiordania provengono soprattutto dagli Stati Uniti. Si potrebbe obiettare che il governo statunitense non è in grado di far nulla per fermare quei finanziamenti poiché si tratta di fondi privati, raccolti e gestiti dall’AIPAC (American Israel Public Affairs Committee) e da associazioni sioniste di cristiani evangelici, che sono numericamente ed elettoralmente molto più rilevanti di quelle ebraiche. Si tratterebbe però di un‘obiezione doppiamente falsa, poiché anzitutto si tratta di finanziamenti ad un’attività illegale e quindi potrebbero essere fermati a norma di legge. Ma c’è di molto peggio, dato che i finanziamenti agli insediamenti coloniali in Cisgiordania si avvalgono dell’immunità fiscale garantita dal non profit, come se si trattasse di beneficenza. Se esistesse davvero quella chimera detta “Stato”, si sarebbe avviata un’indagine da parte del dipartimento del Tesoro di Washington per capire i motivi di tutto quell’amore per Israele e stabilire se per caso quei finanziamenti con etichetta “non profit” comportino un’evasione fiscale mascherata. Potrebbe darsi infatti che una parte di quei soldi ritorni nelle tasche del donatore, ovviamente “lavata”.
Va anche chiarito che il passaggio di denaro non avviene soltanto in modo sommerso, dato che negli Stati Uniti la pratica della corruzione è in gran parte legalizzata, poiché è del tutto lecito che una lobby finanzi direttamente le campagne elettorali dei candidati. Un congressman perciò può votare per approvare una legge che stanzia finanziamenti per Israele, e poi ricevere una parte di quegli stessi soldi in contributi elettorali da parte della lobby. Tutto a spese del contribuente americano e tutto legale; persino se il grosso di quei contributi avanzasse dalla campagna elettorale e diventasse patrimonio personale dei candidati. A qualcuno potrebbe persino sorgere il dubbio che Israele non sia mai stato un’entità indipendente, e neppure autonoma, ma soltanto una sponda estera, una proiezione esterna della cleptocrazia americana.
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FEDERALISTI ANARCHICI:
il gruppo ed il relativo bollettino di collegamento nazionale si é formato a Napoli nel 1978, nell'ambito di una esperienza anarco-sindacalista.
Successivamente si é evoluto nel senso di gruppo di discussione in una linea di demistificazione ideologica.
Aderisce alla Federazione Anarchica Italiana dal 1984.


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