Di seguito tutti gli interventi pubblicati sul sito, in ordine cronologico.
Sembra passato un secolo, eppure era solo a marzo di quest’anno che la Meloni giocava a calcio balilla con i soldati della missione ONU in Libano siglata Unifil; e, tra una partita e l’altra, Giorgia ci ammoniva severamente, sentenziando che la pace non si fa dal divano, bensì si costruisce con la “deterrenza”. Qualcuno forse si ricorderà degli accesi dibattiti su pace e deterrenza che quella esibizione meloniana scatenò. Ogni volta che si cerca di trascinarci in queste discussioni astratte, occorre sempre ricordarsi di quel proverbio “alla cinese”: quando indichi la Luna, l’uomo sciocco guarda il dito, mentre l’uomo saggio guarda cosa stai facendo con l’altra mano. Che abbia ragione l’uomo saggio, oppure l’uomo sciocco, la cosa certa è che la Luna non ti deve distrarre.
Si può infatti discutere all’infinito sulla domanda se l’Unifil abbia costruito o meno la pace e la deterrenza; c’è invece una cosa che l’Unifil ha sicuramente costruito, cioè una linea di basi militari, composta da varie fortificazioni e bunker a protezione delle truppe ONU, tutto ciò occupando una discreta porzione di territorio libanese, di cui di fatto gli “indigeni” sono stati espropriati. Da quando è iniziata l’invasione israeliana del Libano le truppe ONU passano gran parte del tempo in quei bunker che, oltre che ben corazzati, hanno (a quanto si spettegola) interni sfarzosi da far invidia ad un albergo a cinque stelle.
I nostri commentatori ora ci dicono che Israele è stato un po’ birichino a sparare sulle basi Unifil, tra cui quella italiana; però bisogna capirlo. L’Israeli Defence Force ha infatti esibito prove schiaccianti, che inchiodano l’Unifil alle sue responsabilità: le foto e i video indicano senza ombra di dubbio che accanto alle basi ONU allignavano i tunnel di Hezbollah, chiaramente colpevole di nascondersi sotto terra per non farsi massacrare dalle bombe israeliane. Chi oserebbe mai dubitare della parola dell’IDF? Si sa che non mente mai. La missione Unifil si è quindi rivelata inutile; anzi, i nostri soldati stanno facendo da scudi umani ai terroristi. I patrioti con doppio passaporto (americano e israeliano), cioè i vari Capezzone, Sechi e Porro che nel marzo scorso inneggiavano alla deterrenza della Meloni, ora reclamano a gran voce il ritiro delle truppe Unifil. E il costoso sistema di fortificazioni messo su dall’Unifil nel corso di decenni? Quei bunker Unifil sono diventati una preda in sé, dei preziosi punti d’appoggio per qualsiasi azione militare da ambo le parti del fronte. Se la missione Unifil si fosse ritirata qualche mese fa, ora quei bunker sarebbero oggetto di disputa armata tra l’esercito libanese, Hezbollah e Israele. Oggi invece quei bunker se li erediterebbe gratis Israele: una bella linea di fortificazioni in confezione regalo, il tutto impacchettato e pronto per passare di mano; uno dei tanti casi di parassitismo israeliano nei confronti dell’ONU. E poi l’ONU sarebbe “inutile”?
L’inutilità dell’ONU è uno di quei mantra ingannevoli di cui nessuna discussione può fare più a meno. Non c’è “occidentalista” puro e duro che non ostenti il massimo disprezzo per questa istituzione che, a detta dei media mainstream, sarebbe compromessa con terroristi e dittatori. Sta di fatto che già in passato l’ONU si è rivelata funzionale alle aggressioni da parte delle “Democrazie”. Nel marzo del 2011 il Consiglio di Sicurezza dell’ONU, con l’astensione della Russia, adottò una risoluzione su una “no fly zone” in Libia contro presunti attacchi del regime nei confronti della sua popolazione civile. Tra una “no fly zone” ed un attacco vero e proprio, il passetto è davvero breve, ed infatti di lì a poco Francia e Regno Unito cominciarono abusivamente i bombardamenti, presto seguiti dagli USA e persino dall’Italietta. Il Consiglio di Sicurezza fece finta che fosse tutto regolare; del resto tre dei paesi aggressori sono membri permanenti del Consiglio.
Si dice spesso, e giustamente, che i paragoni storici sono da evitare, perché le variabili sono tante ed ogni caso va trattato a sé. D’altra parte molti schemi di potere rappresentano relazioni sociali ricorrenti e ripetitive. Il bullismo si configura infatti non come una patologia individuale ma come una patologia di gruppo, nel quale le figure più insidiose sono proprio coloro che si pongono come falsi mediatori. I teppisti da strada si organizzano spontaneamente in aggressori palesi ed in finti pacieri, che si interpongono impedendo ad uno di colpire ma all’altro no. Non c’entrano la buona fede o la mala fede dei singoli attori, poiché l’ONU svolge oggettivamente, per sua struttura, questa funzione di finto paciere, persino a spese di chi è in prima linea. A questo riguardo, l’ONU ha sacrificato la vita di molti dei suoi funzionari, ovviamente dimenticati, come Folke Bernadotte e André Serot, uccisi nel 1948 dai terroristi israeliani del gruppo Lehi (meglio conosciuto come Stern Gang) mentre stavano negoziando un cessate il fuoco ed un ritorno dei palestinesi che erano stati oggetto di pulizia etnica nei mesi precedenti. Anche Bernadotte e Serot evidentemente facevano da scudi umani, come oggi i soldati e paramedici dell’Unifil. Nonostante l’assassinio di Bernadotte e Serot, Israele fu tranquillamente ammesso all’ONU, strabica come sempre. Un’interposizione quella dell’ONU che, storicamente, funziona solo da un lato, infatti non ha mai fermato i proiettili e le bombe delle “Democrazie”.
Ne sa qualcosa l’Iraq, che nel 2003 venne invaso dagli USA nonostante da anni si sottoponesse ad ispezioni dell’ONU per essere disarmato. Gli USA poterono agire grazie a quel disarmo negoziato dall’ONU, e non subirono dall’ONU alcuna sanzione per la loro invasione illegale. A proposito di falsa interposizione. L’effetto pratico della legge non è imporre legalità, bensì creare uno spazio di privilegio e vantaggio per quei pochi a cui è concesso in esclusiva di violarla.
I trucchi del bullismo da strada purtroppo non bastano più, perché il colonialismo della NATO e di Israele si basa sulla finzione narrativa di vivere ancora ai bei tempi in cui le “Democrazie” detenevano la superiorità industriale e tecnologica sui barbari assetati di dittatura. Domenica scorsa i droni di Hezbollah hanno aggirato le difese israeliane e colpito una base militare dell’IDF ad Haifa, in risposta ai bombardamenti contro i civili libanesi. Gli USA invieranno un altro sistema di difesa antiaereo in Israele, il Thaad, ed anche un centinaio di militari per gestirlo; ma ovviamente per fare pure da “scudi umani” contro attacchi dell’Iran. Forse anche il nuovo sistema antiaereo si rivelerà inefficace, ma certamente è costato moltissimo, ed infatti è costruito dalla voracissima Lockheed Martin. La “Democrazia” è ancora in pericolo, ma fortunatamente la cleptocrazia è salva.
La data del 7 ottobre è assurta ai fasti della religione ufficiale con un nuovo significato, sfrattando la celebrazione dell’obsoleta Madonna del Rosario; ciò ad ennesima smentita del luogo comune secondo cui vivremmo in una società secolarizzata che avrebbe perso il senso del sacro. Spacciando gli israeliani per ebrei, si è trasformato un evento bellico in oggetto di culto sacrificale, estorcendo all’opinione pubblica la sottomissione al mistero, doloroso ma anche glorioso, del Popolo Eletto che si scontra col Male Assoluto. Si tratta di una vera e propria diffida, di una sfacciata intimidazione nei confronti di chi voglia porre troppe domande, ammonendolo a non incorrere nella blasfemia. A distanza di un anno dall’attacco di Hamas e di altre formazioni palestinesi, l’Israeli Defence Force infatti non ha ancora pubblicato i risultati dell’inchiesta che avrebbe dovuto spiegare i motivi della debacle del sofisticato e costoso sistema elettronico di protezione militare al confine di Gaza. La BBC ha pubblicato una ricostruzione parziale degli eventi del 7 ottobre in base a presunte testimonianze di militari israeliani, i quali avrebbero condizionato le loro dichiarazioni alla garanzia di rimanere nell’anonimato. Da quel poco che si capisce, pare che un attacco da Gaza fosse atteso ma che, nonostante le numerose segnalazioni nei giorni precedenti, la sua portata fosse stata gravemente sottostimata dagli alti comandi; mentre, al contrario, erano assolutamente sovrastimate le capacità della barriera di protezione. La vicenda del 7 ottobre quindi va oltre la questione delle balle sugli stupri e sgozzamenti, e persino al di là del famigerato Protocollo Hannibal che impone ai militari israeliani di impedire la presa di ostaggi anche a costo di uccidere commilitoni e concittadini.
In questo marasma di domande ancora senza risposta ufficiale, c’è infatti una certezza, cioè il miliardo e cento milioni di dollari che è costato il muro di protezione israeliano. Lungo sessantacinque chilometri, il muro era stato completato nel dicembre del 2021 ed era dotato di modernissimi sensori e sistemi anti-tunnel. Un’altra certezza è che la questione del fallimento del muro anti-Gaza e dei suoi costi è scomparsa dal dibattito; e ciò appunto grazie all’operazione di consacrazione degli eventi del 7 ottobre, nella loro trasformazione in “pogrom” o addirittura in appendice dell’Olocausto. In altri termini, più sacro e più culti misterici ci metti, meno devi rendere conto di quanto hai speso e di quanto hai “mangiato” per vendere al pubblico una pericolosa illusione di invulnerabilità.
C’è anche un altro aspetto da mettere in ombra grazie alle nebbie del sacro, e cioè i bidoni che hai rifilato. Lo scorso anno Israele è riuscito a vendere alla Germania il suo sistema antimissile Arrow 3, costruito in collaborazione con la multinazionale americana Boeing, un nome che già da solo garantiva che si trattasse di un bidone. Il sistema dovrebbe essere consegnato alla Germania entro il 2025. Nello stesso periodo Israele ha firmato un accordo per la vendita di un altro suo sistema antimissile, il David’s Sling, costruito in collaborazione con la multinazionale americana Raytheon. Stavolta il pollo (pardon, l’acquirente) è stato la Finlandia, che ha così celebrato alla grande il suo ingresso nella NATO. Il sistema antimissile Iron Dome, finanziato dagli USA ma costruito interamente dall’azienda israeliana Rafael, è stato invece meno fortunato, infatti allo stato attuale l’unico compratore pare sia il governo di Cipro. Ma, in quanto finanziatori fin dall’inizio del progetto, anche gli USA dovrebbero dotarsi del sistema Iron Dome.
A “protezione” di Israele c’era anche un quarto sistema, il famoso Patriot della multinazionale Raytheon, i cui fallimenti risultano agli atti del Congresso americano fin dal 1992; cosa che non ha mai impedito di continuare a spenderci denaro pubblico. Si può prendersela con quell’infame della Guida Suprema Khamenei, e magari far fuori anche lui, ma ciò non sposta i termini del problema delle scarse prestazioni dei sistemi anti-missile israelo-americani in rapporto ai loro costi esorbitanti.
La scorsa settimana l’IDF ha ammesso che nella serata del primo di ottobre scorso ventitré missili iraniani hanno colpito delle basi aeree israeliane, in particolare la base di Nevatim. Secondo l’IDF sono stati colpiti solo edifici amministrativi e i danni sarebbero irrilevanti. Anche se il resoconto israeliano sui danni fosse vero, sta di fatto che i missili sono passati e si può intuire ciò che sarebbe accaduto se avessero avuto come bersaglio aree residenziali o centrali elettriche, oppure portato testate chimiche. La morale della favola alla fine è sempre che, nonostante i loro costi stratosferici, i sistemi antimissile non risultano efficaci. Proprio come era accaduto al Muro di Ferro al confine di Gaza, anche le frecce, le fionde e le cupole sono state funzionali esclusivamente al sistema della cleptocrazia militare. Assistiamo anche ad un ulteriore paradosso per la logica ma non per gli affari: oggi le multinazionali delle armi possono fare ancora più soldi proprio perché le armi da loro prodotte in passato non hanno funzionato.
L’Israel lobby, l’AIPAC, organizza “viaggi di istruzione” in Israele per i parlamentari americani, repubblicani e democratici; e vediamo poi questi “legislatori”, allineati come scolaretti, accettare lo stato di sudditanza psicologica e la conseguente umiliazione. Certo, i “legislatori” vanno in fila a riscuotere la loro tangente sui finanziamenti pubblici che gli USA inviano a Israele ma, per comprendere pienamente tutto ciò, occorre tener conto che la potenza del lobbying non sta solo nel comprare i politici; sta anche nel diventare il loro modello esistenziale. Israele realizza compiutamente l’ossimoro dell’emergenza permanente e quindi catalizza automaticamente l’attività di lobbying, il quale non è uno strumento neutro. Il lobbying non può promuovere allo stesso modo affari bellicisti o affari che richiedano un contesto pacifico, affari del tutto legali oppure affari loschi che necessitino di un margine di illegalità. Il lobbying batte sempre la politica e la domina poiché la politica richiederebbe una valutazione ragionata delle opzioni in campo; mentre il lobbying segue per riflesso condizionato tutto ciò che conferisce più massa, più velocità e minore trasparenza ai flussi di denaro pubblico, quindi guerre ed emergenze sanitarie; che consentono di fare affari velocemente e criminalizzando chiunque si azzardi a chiedere spiegazioni. Il lobbista è più diretto, non ha incertezze e ripensamenti, sa sempre quello che deve fare, perciò alla fine sarà il politico ad ammirare il lobbista, ad esserne sedotto e ad imitarlo. Se la si mette in termini di fisica sociale, si può dire che non è Israele ad avere una sua lobby, bensì è il lobbying ad aver creato Israele.
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