Il 5 febbraio scorso
Sergio Mattarella era all’Università di Marsiglia ad intrattenere l’uditorio sul pericolo costituito dalle politiche di “appeasement”. Paragonando la situazione attuale a quella precedente alla seconda guerra mondiale, Mattarella ha affermato che l’accordo firmato a Monaco nel 1938, che riconosceva ad Hitler il controllo dei Sudeti, fu un’illusione di pace, mentre un atteggiamento di fermezza avrebbe “probabilmente” evitato la guerra. Un “probabilmente” che ha una funzione puramente retorica e poggia sul nulla, dato che proprio nulla indica che nel 1938 la Francia e il Regno Unito fossero in posizione di forza nei confronti della Germania e neppure dell’Italia. Ambrose Bierce diceva che Dio ha inventato le guerre per costringere gli uomini a studiare la geografia, ed in effetti il mito dell’appeasement di Monaco si dissolve osservando la carta geografica e consultando un po’ una cronologia degli eventi storici.
Mussolini svolse il ruolo di mediatore dell’accordo di Monaco, che fu firmato nel settembre del 1938. In quel periodo l’Italia occupava militarmente l’isola di Maiorca con truppe, navi e aerei; e da quella posizione geografica non soltanto bombardava le posizioni repubblicane in Spagna, ma era anche in grado di minacciare il transito per Gibilterra, cioè la principale roccaforte della potenza britannica nel Mediterraneo. La guerra di Spagna si concluse nell’aprile del 1939, e solo allora le forze armate italiane e tedesche si ritirarono dal suolo spagnolo, cessando di insidiare Gibilterra. Non ci fu quindi nessun appeasement ma solo uno scambio. L’unica a rimetterci fu l’Italia di Mussolini. Con il Duce già ridotto ad alleato subalterno di Hitler, l’Italietta si ritrovò ad essersi svenata nella guerra di Spagna senza ricavarne nessun guadagno territoriale. Fu un esempio classico di passo più lungo della gamba o, come si dice adesso, del caso di una media potenza che va in overstretching.
Nel settembre del 1939 la Germania invase la Polonia, perciò Francia e Regno Unito entrarono ufficialmente in guerra contro Hitler, pur senza avviare operazioni militari. Nel frattempo, grazie alla opportunistica disponibilità del regime franchista, Londra era anche riuscita a garantirsi la neutralità della Spagna nel conflitto, quindi svanì ogni preoccupazione per Gibilterra.
Il primo ministro britannico Chamberlain aveva siglato un accordo per lui vantaggioso a Monaco, poiché era riuscito a prendere tempo per rimuovere uno dei maggiori elementi di debolezza strategica per il Regno Unito. Successivamente però la figura di Chamberlain fu sacrificata alle esigenze della propaganda di guerra, infatti tutte le ricostruzioni storiche sulla politica di presunta pacificazione a Monaco evitano accuratamente di parlare della guerra di Spagna, di Gibilterra e di Maiorca. Forse Chamberlain non sarebbe stato d’accordo ad essere sacrificato e messo alla berlina, ma sta di fatto che fu costretto a dimettersi nel maggio del 1940 e morì nel novembre dello stesso anno. Ufficialmente la morte di Chamberlain fu attribuita a cause naturali, e tutti mostrarono di crederci, perché si era in Inghilterra, mica in Russia.
Il presunto appeasement di Monaco rappresenta uno dei miti pseudo-storiografici più importanti della narrativa anglo-americana e sionista; si tratta di un tipico richiamo auto-celebrativo: noi siamo i buoni ed il nostro unico difetto è di essere a volte troppo buoni, accordando fiducia a chi non lo merita, come appunto a Monaco nel 1938. Il problema è che, al di là dell’infondatezza storica dello schema propagandistico del presunto appeasement di Monaco, c’è anche da rilevare che proprio nel caso del conflitto russo-ucraino il richiamarsi a quello schema narrativo risulta del tutto arbitrario e fuori luogo, poiché non vi è mai stato alcun cedimento nella “fermezza” della NATO, la quale si è sempre rifiutata di trattare con la Russia la questione dell’adesione o meno dell’Ucraina alla NATO stessa. La “fermezza” non ha affatto impedito che il 24 febbraio del 2022 le truppe russe invadessero l’Ucraina.
Mattarella non è nuovo al ricorso a questo pretestuoso richiamo propagandistico al mito di Monaco, dato che nel luglio scorso, durante la cerimonia del ventaglio, aveva già citato il caso di Chamberlain come esempio di falsa pacificazione. Il discorso di Mattarella aveva suscitato allora l’entusiasmo del direttore del “Foglio”, Claudio Cerasa, secondo il quale le parole del presidente costituivano
una lezione per i “pacifinti” e gli “utili idioti” di Putin. Con questo “elogio”, Cerasa metteva in evidenza il carattere “divisivo” del discorso di Mattarella, che tendeva a squalificare come una forma di collaborazionismo col nemico tutta una serie di perplessità e dissensi che circolano nel paese. Il mito di Monaco si rivela così strategicamente vuoto ma funzionale ad una sorta di guerra civile strisciante, una caccia al traditore e al disertore. Un approccio comunicativo così estremo è più consono ad uno youtuber, che ha bisogno di trasformare il confronto di opinioni in guerra di opinioni, di enfatizzare le divisioni per euforizzare le tifoserie in modo da strappare like e inserti pubblicitari. Ma ciò che è comprensibile e legittimo se fatto da uno youtuber, che sbarca così il lunario, risulta meno appropriato da parte di un “capo dello Stato”, da cui ci si aspetterebbe ingenuamente che andasse a “correggere” i dissenzienti (o presunti tali) senza criminalizzarli troppo.
Il punto è che Mattarella non è nuovo a queste drammatizzazioni artificiose del dibattito pubblico e neppure è recente il suo ricorso alla sfacciata retorica catastrofista.
Nel maggio del 2018 Mattarella negò a Paolo Savona la nomina a ministro dell’Economia. In quella circostanza un uomo di establishment come Paolo Savona, introdotto in tutti i consigli di amministrazione, venne fatto passare da Mattarella come una pericolosa testa calda, come un anti-euro che avrebbe destabilizzato i cosiddetti “mercati”; e ciò semplicemente per aver parlato di un “piano B” in caso di trattative infruttuose con la commissione europea. Nel settembre del 2021 analoghi
toni esasperati furono usati contro chi invocava la libertà di non vaccinarsi. La stranezza non sta nel fatto che Mattarella e Draghi abbiano mentito riguardo alla capacità dei “sieri” di bloccare i contagi (la menzogna rientra nella routine dell’esercizio di qualsiasi potere), bensì nella criminalizzazione di una parte della società, presentata come una minaccia mortale per l’altra parte. Un vero e proprio programma di guerra civile, che ha determinato le condizioni per un caso unico nel mondo, cioè il fatto che l’Italia sia stata il solo paese a negare il diritto al lavoro ai non vaccinati.
Va detto però che Mattarella non ha inventato nulla, in quanto si tratta di uno schema di potere strutturale alla storia italiana, infatti l’oligarchia nostrana affida le sue aspirazioni di grandeur e di status internazionale all’esibizione della capacità di sottomettere e umiliare la propria popolazione. Allo scopo si enfatizza a dismisura una presunta minaccia di sedizione per accreditare l’indispensabilità del proprio ruolo di castigamatti e dei relativi eccessi.