Di seguito gli interventi pubblicati in questa sezione, in ordine cronologico.
Nel giro di poche settimane l'emergenza terrorismo in Francia è diventata l'emergenza molestie sessuali in Germania. Dato che tra le forme di fanatismo ammesse in Occidente, oltre quella del Dio Mercato, c'è anche l'islamofobia, il governo slovacco ha vietato l'ingresso sul proprio territorio agli immigrati mussulmani, sempre con la motivazione di evitare stupri e molestie. Una strana forma di doppiopesismo, dato che, a quanto pare, il Sacro Occidente neanche scherza quanto ad emergenze stupri del tutto endogene. Nell'aprile dell'anno scorso il governo federale USA ha messo sotto accusa cinquantuno Università dipendenti dai fondi federali (ma non erano tutte private?), per aver insabbiato casi di stupro ai danni di studentesse. Magari anche questo caso era stato enfatizzato in modo strumentale e per secondi fini non ancora chiari, ma dimostra come sia facile e pretestuoso legare la questione stupri all'immigrazione.
Come sempre noi Italiani dimostriamo di saper fare di meglio, dato che nel 2007, sempre a proposito di immigrazione, fummo capaci addirittura di inventare un'emergenza lavavetri a Firenze; un'emergenza, per di più, lanciata da un sindaco di "sinistra". La creatività italica ne esce sempre vittoriosa.
I legittimi timori contro l'immigrazione di massa non trovano certamente una rassicurazione nella parodia del "politically correct", in base alla quale occorrerebbe rassegnarsi al dovere dell'accoglienza ed al presunto carattere "epocale" del fenomeno migratorio. Grazie ad un corto circuito logico, veicolato da un'intensa opera di propaganda, quei legittimi timori vengono fatti però diventare ostilità contro gli immigrati, cioè verso altre vittime. Anche essere contro la povertà dovrebbe essere cosa molto diversa dall'essere contro i poveri, ma la propaganda ufficiale riesce nel miracolo. Qualche anno fa il settimanale tedesco "Die Zeit" riuscì a spacciare la crisi statunitense dei "subprime", dei prestiti ad alto rischio, scoppiata nel 2006, come l'effetto di un "troppobuonismo" verso i poveri, ai quali si sarebbero elargiti prestiti senza garanzie in nome di una malintesa solidarietà. Che questi poveri, in seguito alla crisi, abbiano dovuto cedere alle banche le proprie case, rimane un piccolo dettaglio insignificante. Il farti indebitare per poi poterti spolpare, può essere fatto passare per generosità. Se controlli i media è fatta, come diceva Gore Vidal.
Se la crisi è colpa dei poveri, anche l'immigrazione è colpa degli immigrati. L'ex ministro della Difesa, Ignazio La Russa, attualmente esponente del partito "Fratelli d'Italia", ha organizzato una manifestazione contro il sindaco di Milano per protestare nei confronti delle misure di accoglienza a favore dei rifugiati.
Che si sia scelto proprio questo squallido personaggio per alimentare l'ostilità verso gli immigrati, ha anche il senso di un test nei confronti della passività dell'opinione pubblica. Nel 2011 infatti La Russa era a capo del Ministero della Difesa, e fu nel governo l'uomo che più si impegnò per coinvolgere l'aviazione italiana negli attacchi della NATO contro le infrastrutture sul territorio libico. L'enorme entità, e l'efferatezza, di quelle millenovecento incursioni e di quei quattrocentocinquantasei bombardamenti a suo tempo furono nascoste all'opinione pubblica, e solo da poco sono state rivelate.
La propaganda occidentale dell'epoca ci presentava Gheddafi solo come un gendarme anti-immigrazione, ma la realtà era che la Libia faceva lavorare sul proprio territorio oltre un milione di immigrati africani. La propaganda della NATO fece passare quegli immigrati come militari mercenari al soldo di Gheddafi, con la conseguenza di legittimare la caccia all'uomo nei loro confronti. Quelle stragi, ed anche la distruzione delle infrastrutture libiche operata dalla NATO, hanno avuto la conseguenza di spingere quell'ondata migratoria verso l'Europa. La Russa ha contribuito a cacciare gli immigrati dalla Libia, ed ora si dà da fare per perseguitarli anche qui. Un luminoso esempio di coerenza.
La NATO ha destabilizzato la Libia e la Siria ed ha creato le condizioni per una migrazione di massa da quelle aree. Paesi come l'Egitto e la Tunisia vedono messa in crisi la loro industria turistica dagli attentati attribuiti all'ISIS, con l'effetto di veder aumentare la propria disoccupazione interna. In tal modo si esporta da noi questa destabilizzazione. Non bastava l'euro.
La NATO ha dichiarato guerra ai suoi stessi popoli e prefigura un'Europa a popolazione intercambiabile. Il fatto che il "Jobs Act" abbia abolito l'obbligo per chi cerca lavoro di iscriversi alle liste ufficiali di disoccupazione, è certamente un trucco per cancellare i disoccupati dalle statistiche e per alimentare il business privato delle agenzie di "somministrazione del lavoro" (quelle che una volta si chiamavano agenzie di lavoro "interinale"). Ma non c'è soltanto questo aspetto, dato che in tal modo il governo stabilisce un principio giuridico che svincola il concetto di disoccupazione da un preciso territorio e da una precisa popolazione. Non c'è solo la precarizzazione del lavoro, ma anche il suo sradicamento.
Certo comunque che è più facile prendersela con dei poveri disgraziati che prefigurano il nostro stesso futuro, che con la NATO che li ha spinti qui. Ed è altrettanto certo che le emergenze servono, eccome, anche per distrarre dalle manovre del piccolo business di casa nostra. L'anno scorso il governo ha sfornato un'altra legge contro il terrorismo. A parte il paradosso di fare delle leggi contro il terrorismo, come se fare attentati prima fosse legale, la legge si presenta come il solito guscio vuoto. Uniche misure concrete sono il solito terrorismo di Stato contro l'informazione libera in rete, ed una misura di rifinanziamento delle attuali missioni militari italiane in Europa (sic!). Si trattava quindi di una legge di spesa camuffata.
Tra i filoni mediatici più praticati, e più fortunati, c'è quello dei commenti falsamente critici nei confronti dell'establishment. La situazione in Libia è talmente confusa e disastrata che non si può certo fingere di ritenere salvifica l'aggressione della NATO del 2011 che ha dato il via alla destabilizzazione del Paese, perciò, in un articolo su "Il Fatto Quotidiano", dai toni irriverenti e sbarazzini, l'economista Loretta Napoleoni non esita a parlare di "fiasco" della NATO, e si spinge a considerare del tutto strumentale agli interessi economici dell'Occidente l'accordo fatto firmare ai due governi in guerra tra loro in Libia, quello di Tripoli e quello di Tobruk. La Napoleoni conclude il suo commento esprimendo scetticismo nei confronti delle posizioni del governo di Tobruk, il quale non chiede interventi militari esterni per stabilizzare il Paese, ma solo di potersi dotare di armamenti più adeguati.
Se la Napoleoni fosse contraria per principio alle vendite di armi, la sua posizione avrebbe un senso, ma, per come si presenta, non fa altro che adagiarsi nei paradossi della posizione occidentale. Il governo di Tobruk è infatti quello ufficialmente riconosciuto dai governi occidentali, con l'eccezione della Turchia, la quale invece rifornisce di armi il governo di Tripoli, il più legato alle formazioni sedicenti jihadiste. La Napoleoni avrebbe potuto cercare di spiegarci che senso abbia riconoscere un governo e poi tenerlo sotto embargo di fornitura di armi, tanto più che l'altro governo le armi le riceve, eccome; per di più da Paesi nostri "alleati", come la Turchia, il Qatar e l'Arabia Saudita. Certo, gli embarghi e le sanzioni sono anche un business, perciò almeno una parte di quelle armi che non si potrebbero vendere, poi arriva lo stesso, magari per farsela pagare dieci volte tanto. Sta di fatto però che il business è a spese del governo di Tobruk, cioè il governo ufficialmente considerato come "amico" dall'Occidente.
Ci sono quindi tutti gli elementi per ritenere che l'intervento della NATO del 2011 non sia stato affatto un "fiasco", ma abbia raggiunto tutti i suoi obiettivi, che non consistevano soltanto nella caduta di Gheddafi, ma soprattutto nella destabilizzazione della Libia. La NATO ha applicato, e sta continuando ad applicare, alla Libia, come alla Siria, il "modello Congo", cioè la colonizzazione diretta di un territorio, le cui istituzioni abbiano solo un ruolo di facciata, ed i cui governi non estendano il loro effettivo potere oltre il quartiere di residenza. Si tratta di trasformare questi Paesi in paradisi delle multinazionali, che possono così rinverdire i fasti delle Compagnie Commerciali del XVII secolo. Le Compagnie Commerciali gestivano direttamente i territori in cui si insediavano, finanziando ed allevando milizie mercenarie locali. Un vecchio film, ma è tornato in prima visione.
Nel 2011 il dibattito della sinistra si impantanò in termini come "diritti umani", "democrazia" e "dittatura", rimuovendo completamente il concetto di colonialismo. Si fu quindi costretti ad assistere allo spettacolo di una "sinistra" entusiasticamente, o talvolta tiepidamente, interventista, in nome dell'appoggio alle cosiddette "primavere arabe".
Il fatto è che il razzismo si è dimostrato un'ideologia molto duttile, e con un altissimo potenziale mistificatorio. Quello che lo scrittore inglese Rudyard Kipling, in una sua poesia del 1899, chiamava "il fardello dell'Uomo Bianco", ora è diventato il tema dei "diritti umani", con un proliferare di ONG che fanno da battistrada alle aggressioni della NATO. La retorica sui "popoli minorenni" dell'altro grande cantore del colonialismo britannico, il filosofo John Stuart Mill, si è riciclata come orrore nei confronti dei "dittatori" che opprimono i popoli inferiori; popoli che vedrebbero nelle cosiddette "libertà occidentali" il loro faro, peraltro sempre irraggiungibile, appunto a causa della loro irrimediabile inferiorità.
Il sistema occidentale è maestro di dissimulazione, ed i suoi popoli vivono beatamente inconsapevoli del grado di militarizzazione della propria vita. Ci si ricorda del militarismo quando ci sono le guerre, e si ignora che è militarizzata la pace. L'Unione Europea e l'euro sono stati creati per esigenze di disciplina NATO, in base all'articolo 2 del Patto Atlantico, che impone l'integrazione economica dei suoi membri. Intanto le tecnologie elaborate dal Pentagono vengono commercializzate dai grandi prestanome, i Bill Gates, gli Steve Jobs ed i Mark Zuckerberg, con tutto il contorno di fiabe che avvolge questi nuovi santini. In fondo chi sta più inguaiato? Chi crede alla capanna di Betlemme, o chi crede al garage di Steve Jobs?
L'Occidente "filantropico" ed "umanitario" ci fa anche credere di andare alla guerra sempre controvoglia, per rispondere al "grido di dolore" dei popoli bisognosi. La retorica del soccorso occidentale nei confronti dei "popoli minorenni" ha le sue implicazioni sfacciatamente militari, ma anche quelle diplomatiche. Visto che il governo di Tobruk dimostra crescenti simpatie verso la Russia, e dato che la stessa Russia ha cominciato a fare sul serio in Siria, decidendosi a restituire stabilità al regime di Assad, ecco che la NATO, tramite l'ONU, dà il via all'ipocrita balletto diplomatico degli "accordi" in Libia, simulando un senso di responsabilità che in realtà non ha, e non ha mai avuto. Ma l'opzione dell'aggressione militare diretta rimane sempre sul tavolo, e se non c'è un "grido di dolore", ce lo si inventa. Visto che il governo di Tobruk non è d'accordo, adesso ci si fa credere che sia la compagnia petrolifera libica ad invocare soccorso contro l'ISIS.
In questa situazione ai governi italiani è riservato il consueto ruolo del fantoccio che si dà importanza. I giornali titolano, nientemeno, che l'Italia guiderà una coalizione per un nuovo intervento in Libia, ufficialmente contro l'ISIS, ma poi si precisa che le truppe non saranno italiane. E allora a chi obbediranno? A Renzi e alla Pinotti?
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