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""Napoli" è una di quelle parole chiave della comunicazione, in grado di attivare nel pubblico un'attenzione talmente malevola da congedare ogni senso critico, per cui tutto risulta credibile."

Comidad
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Di seguito gli interventi pubblicati in questa sezione, in ordine cronologico.

Di comidad (del 11/02/2016 @ 01:19:12, in Commentario 2016, linkato 2903 volte)
A chi gli domandava se avesse paura del “diverso”, qualcuno rispose che gli facevano molta più paura i suoi simili. Le invarianze, le costanti, possono essere molto più significative delle differenze. Cos’hanno in comune Auschwitz, Maastricht e “Striscia la Notizia”? Il filo conduttore è la svalutazione del lavoro.
Che la trasmissione di un’emittente privata, per quanto inserita in un network di enormi dimensioni, possa davvero affrontare i tempi, i costi e gli ostacoli legali di un’inchiesta sull’assenteismo dei dipendenti pubblici, con tanto di video-appostamenti, appare un evento alquanto improbabile. Molto più realistica appare l’eventualità che la cosiddetta “inchiesta” sia stata compiuta da chi ne aveva i mezzi materiali, ed anche i privilegi legali per aggirare la legge, e che poi i video siano stati “affidati” ad una trasmissione pseudo-satirica di largo ascolto. L’intrattenimento si pone così come uno dei principali veicoli di guerra psicologica.
Pezzi dello Stato avrebbero quindi lavorato contro l’immagine dello Stato? Si sarebbe trattato di un’operazione di propaganda, anzi di psywar interna, per attuare un “aggiotaggio sociale”? L’aggiotaggio è quel reato che consiste nel diffondere notizie false e tendenziose allo scopo di deprimere il valore di una merce; in questo caso la merce-lavoro, presentata come strutturalmente inaffidabile e parassitaria.
L’ipotesi può sconcertare solo chi si attiene rigidamente alla solite coppie di finti opposti: Stato e privato, legale ed illegale. In realtà gli Stati sono in gran parte in mano a lobby che operano per le privatizzazioni, e spesso la legge è confezionata in funzione dell’elusione della legge. Se così non fosse, non potrebbero esistere le multinazionali.
Di recente si è svolta la solita “Giornata della Memoria”, ed ancora una volta l’informazione ufficiale si è dimenticata del ruolo decisivo svolto nel genocidio da multinazionali come la IBM, la Bayer e Deutsche Bank. Ma anche se qualcuno se ne fosse ricordato, la notizia sarebbe stata comunque digerita dall’opinione pubblica secondo la banalizzazione per la quale anche “interessi economici” sarebbero dietro lo sterminio. In effetti, visto che gli esseri umani non sono fatti di puro spirito, non può esistere nessun fenomeno umano che non sia inquadrabile economicamente. Anche parlare di “logica del profitto” non porta lontano, poiché ogni attività economica deve rendere per avere un senso. Che fine farebbe il “non profit” se non costituisse un modo legalizzato per eludere il fisco?
In realtà i campi di sterminio hanno rappresentato uno specifico modo di concepire l’economia, cioè l’assistenzialismo per ricchi; ciò portando forzosamente, attraverso la deportazione, il lavoro al suo valore di mercato più basso possibile. In sé il capitalismo è solo un’astrazione giuridica, il principio per il quale il potere in un’azienda si stabilisce in base alla quote di capitale. Ciò che rende il capitalismo un vero sistema di dominio sociale è la svalutazione preventiva del lavoratore come cittadino e come persona. Il lavoratore viene presentato sempre come un “fannullone”, o, quantomeno, come un malato di rigidità che si oppone al progresso.
In questo senso il Trattato di Maastricht, che ha dato vita alla moneta unica europea, si pone come l’erede di Auschwitz: rendere fisso il valore della moneta per poter svalutare il lavoro. In base all’euro-assistenzialismo per ricchi non si svaluta più la moneta per rendersi competitivi, ma si fa “dumping sociale”, termine tecnico ed eufemistico per indicare la guerra mondiale dei ricchi contro i poveri. Con strumenti di coercizione politica si abbassa il costo del lavoro sino alla soglia di sopravvivenza.
Ma l’euro costituisce solo uno dei tanti strumenti di svalutazione del lavoro. Esistono le merci, ma non il “mercato”, nel quale le “regole” ci sono solo per permettere ai potenti di barare. Il sedicente “liberismo” non consente infatti che il lavoratore possa vendere liberamente la propria merce-lavoro; ed i mezzi per impedirglielo sono sempre extra-legali o illegali. Il lavoratore è continuamente il bersaglio di una guerra, tanto più aspra e virulenta quanto non dichiarata apertamente; anzi, dissimulata attraverso i più vari espedienti propagandistici.
Le deportazioni di massa dall’Africa e dall’Asia rientrano nel “dumping sociale” poiché inaspriscono la concorrenza tra lavoratori, contribuendo ad abbassare ancora di più il costo del lavoro. La guerra è sempre guerra contro il lavoro, in quanto pone le condizioni per attuare le deportazioni. Quel deportato (pardon, immigrato) che si è fatto entrare in nome di una presunta “accoglienza”, se non serve più, lo si può sempre buttare fuori come sospetto terrorista, magari col pretesto che smanetta troppo su internet. Anche l’allarme-terrorismo rientra nell’aggiotaggio sociale, nella svalutazione del lavoro.
 
Di comidad (del 04/02/2016 @ 00:33:23, in Commentario 2016, linkato 2566 volte)
Nel suo discorso di Ventotene del 30 gennaio, Matteo Renzi ha paventato la fine di un'Europa nella quale sia disatteso o abbandonato il Trattato di Schengen sulla migrazione. Qualche anno fa era di moda irridere al "benaltrismo", cioè al rifiutarsi di affrontare i problemi sul tavolo prospettandone ogni volta di più gravi. Oggi si dovrebbe ricorrere invece al "benoltrismo", nel senso che in molti casi la realtà è già andata ben oltre la rappresentazione che se ne vorrebbe offrire. La questione del rispetto del Trattato di Schengen è già superata dai fatti dopo la decisione del parlamento danese, laburisti compresi, di sequestrare i beni dei migranti a beneficio delle "spese del loro sostentamento". Il provvedimento danese ricorda un po' la pratica nazista di strappare i denti d'oro ai deportati. Roba da far apparire il tanto vituperato muro ungherese come una misura umanitaria.
A proposito di reminiscenze naziste, in Francia infuria una campagna mediatica anti-ISIS/Daesh che ripropone i toni e i temi della propaganda antisemita nella Germania della seconda metà degli anni '30. Ai bambini ed ai ragazzini vengono somministrati fogli di propaganda così assurdamente faziosi, in un Paese con sei milioni di mussulmani, da riabilitare il leader della Corea del Nord, per non dire di quella del Sud. I fumetti riportano gli orridi islamisti mentre picchiano donne e distruggono templi. Poi c'è la parte didattica: le vostre domande/ le nostre risposte. Chi è il Daesh? Qual è il suo scopo finale? Come si finanzia? Perché ci attacca? Immaginate le risposte.
Che dopo l'ubriacatura retorica dell'accoglienza di qualche mese fa si piombasse poi in una spirale forcaiola, era pressoché scontato; ma rimane il dato oggettivo di una ondata migratoria che dovrebbe essere affrontata all'origine, nelle cause immediate che la scatenano, che non consistono semplicemente nella povertà, che ormai è ovunque, bensì in politiche di destabilizzazione che hanno una base di partenza ben precisa, cioè le aggressioni della NATO e dei suoi alleati esterni, Qatar ed Arabia Saudita.
Renzi aveva sfiorato il vero problema nel momento in cui aveva posto all'attenzione i paradossi della scelta dell'Unione Europea di versare tremila miliardi ad un governo turco che rappresenta oggi uno degli attori principali della destabilizzazione nell'area del Vicino Oriente. Renzi però è già rientrato all'ovile con la coda tra le gambe dopo la visita alla Merkel. I toni di Renzi si sono così ulteriormente annacquati, tanto da anticipare il totale cedimento di lunedì scorso alle direttive della Commissione circa il versamento alla Turchia. Tutta la polemica si è ora spostata su una questione collaterale, e cioè la possibilità per l'Italia di slegare dai vincoli europei di bilancio tutte le spese per l'emergenza migratoria e non solo quelle per contributo alla Turchia. Ed i toni di Renzi erano stati, peraltro, neppure tanto incisivi sin dall'inizio, nonostante che il clamore mediatico li avesse enfatizzati. C'era sempre il timore da parte del nostro governo di irritare il vero padrone. In Europa c'è un solo Dio, la NATO; e la Merkel, per ora, è il suo profeta.
Di ritorno dal pellegrinaggio alla corte della Merkel, Renzi ha compiuto un altro pellegrinaggio a Ventotene, una sorta di ritorno simbolico alle origini del cosiddetto "ideale europeo", con tanto di fiori sulla tomba di Altiero Spinelli, il quale, secondo la propaganda ufficiale, sarebbe il padre di quell'ideale. A Spinelli si attribuisce infatti la redazione, insieme con altri, del mitico "Manifesto di Ventotene" per un'Europa libera e unita.
Sennonché il mitico "Manifesto di Ventotene" è appunto un mito, cioè non è mai esistito. E chi lo dice? Ce lo dicono loro.
Il cosiddetto "manifesto" infatti è stato pubblicato nel 1944, con una prefazione che retrodata l'inizio della sua redazione al 1941, cioè al confino dei suoi redattori a Ventotene. Ma quando mai si è visto che un documento prenda la data dei suoi appunti preparatori? Si è visto solo in questo specifico caso.
Ma c'è di più, in quanto, leggendo il testo, si scopre, sin dal titolo, che si tratta di un "progetto" per un manifesto per un'Europa libera e unita. Il documento, seppure era esistito prima, era circolato solo fra pochi intimi, e la sua pubblicazione effettiva risale a dopo che il movimento federalista europeo di Spinelli e soci era stato costituito. E ciò lo si può ricostruire in base alle dichiarazioni dei suoi stessi autori.
Quel documento che sembrerebbe concepito durante il periodo iniziale della seconda guerra mondiale, in realtà fu confezionato per una situazione in cui l'Europa occidentale era ormai sotto occupazione USA. La retrodatazione consentiva però di glissare su quell'occupazione e sulle fondamentali questioni che comportava. Del resto che il movimento federalista europeo di Spinelli fosse finanziato dagli USA, costituisce una notizia ufficiale.
Un manifesto paneuropeo era stato davvero pubblicato, e ben venti anni prima di quello fasullo di Spinelli. Nel 1923 il conte austro-ungherese Kalergi pubblicò un libro-manifesto, "Paneuropa", che costituì la prima proposta articolata di "Unione Europea". Le iniziative di Kalergi riscossero molte adesioni prestigiose, e persino lauti finanziamenti dai soliti banchieri, entusiasmati dalla prospettiva di una moneta unica. Sebbene la "Paneuropa" di Kalergi somigli davvero molto all'attuale Unione Europea pseudo-tecnocratica, occorre non perdere di vista il fatto che sono state la sconfitta militare e l'occupazione militare della seconda guerra mondiale a porre le "basi" concrete dell'unificazione europea (basi NATO, per intenderci).
Se non è mai esistito un Manifesto di Ventotene, esiste però una "sindrome di Ventotene", che consiste nel far risalire lo sfascio attuale all'abbandono di presunti ideali; ideali che, ovviamente, andrebbero rilanciati. Una sindrome che può sfornare perfetti piddini o rifondacomunisti. In realtà quegli ideali non c'erano, e sono solo alibi confezionati a posteriori. Ma come si può continuare a sostenere una tale mistificazione?
Qui la sindrome di Ventotene trova il suo coronamento nella disciplina dell'auto-disinformazione attraverso l'approssimazione comunicativa. Tra "manifesto" e "progetto di manifesto" c'è un abisso semantico, ma ci si può allegramente sorvolare in nome degli "ideali". L'ignoranza non è più un accidente da superare acquisendo informazioni, ma, per dirla alla Adler, diventa uno "stile di vita", un programmatico rifiuto di riconoscere le evidenze.
 
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FEDERALISTI ANARCHICI:
il gruppo ed il relativo bollettino di collegamento nazionale si é formato a Napoli nel 1978, nell'ambito di una esperienza anarco-sindacalista.
Successivamente si é evoluto nel senso di gruppo di discussione in una linea di demistificazione ideologica.
Aderisce alla Federazione Anarchica Italiana dal 1984.


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