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"L'elettoralismo risulta così euforizzante perché è una forma di pornografia, attiene cioè al desiderio puro, magari con quella dose di squallore che serve a conferire un alone di realismo alla rappresentazione. Ma i desideri, i programmi e le promesse elettorali non sono la realtà, che è invece scandita dalle emergenze. L'emergenza determina un fatto compiuto che azzera ogni impegno precedente, ed a cui ogni altra istanza va sacrificata, come ad un Moloc. Carl Schmitt diceva che è sovrano chi può decidere sullo stato di eccezione. Ma nella democrazia occidentale vige uno stato di emergenza cronica, cioè uno stato di eccezione permanente, l'eccezione diventa la regola."

Comidad
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Di seguito gli interventi pubblicati in questa sezione, in ordine cronologico.

Di comidad (del 25/01/2024 @ 00:15:04, in Commentario 2024, linkato 7784 volte)
Ci sono testi di legge talmente sconclusionati da non essere assolutamente in grado di prospettare un assetto istituzionale preciso, per cui il loro vero senso va cercato oltre la lettera, cioè nei margini di abuso, e nei relativi alibi, che si aprono nello spazio tra le righe. Lo abbiamo sperimentato nel caso della famosa Legge 107, la “Buona Scuola” di Renzi; come nel caso del “superpreside”, il cui potere reale non consiste nelle procedure ma nella possibilità di fare mobbing nell’assoluta garanzia di impunità, per cui al dipendente non rimane che l’alternativa di essere vittima oppure complice. Il superpreside ricattatore, che può fare il despota nel suo feudo, risulta poi a sua volta ricattabile dal dirigente provinciale, quello che una volta si chiamava provveditore. La cosiddetta “autonomia scolastica” del ministro Berlinguer avviava la “aziendalizzazione”, cioè una gestione privatistica degli istituti scolastici e poneva le condizioni per l’ipertrofia dirigenziale che tracima nei margini di illegalità/impunità offerti dal sedicente “ordinamento”; ma la “Buona Scuola” ha rotto gli argini al dilagare dei deliri di onnipotenza ed all’ebbrezza dell’impunità. La vecchia Scuola pubblica non era immune dalla corruzione, e infatti venivano derubati persino i supplenti; il punto sta nel cambio completo di ragione sociale, che non è più l’istruzione, bensì i business della formazione dei docenti, dell’alternanza Scuola-lavoro e dei gadget digitali.
Lo stesso discorso vale per l’attuale progetto governativo della cosiddetta “autonomia differenziata”. Il fatto stesso che la legge sia stata scritta da Roberto Calderoli rappresenta una garanzia di caos. Ponendo la questione delle prestazioni minime che ciascuna Regione dovrebbe offrire ai suoi cittadini/utenti, il testo di legge già si delegittima da solo, poiché non è in grado di precisare le fonti di finanziamento; ma il senso vero del testo sta nell’ammiccare ai malintenzionati, facendogli capire che c’è abbastanza nebbia e ambiguità da potersi ritagliare i propri feudi, trovando ovviamente le opportune sponde di complicità. Non esistono le condizioni giuridiche e materiali per un’autonomia differenziata in ambito legalitario.
Non tutti si ricordano che l’emergenza Covid è nata all’inizio del 2020 in Lombardia come esperimento “informale” di autonomia differenziata. Non era necessario entrare nelle recondite intenzioni di Attilio Fontana per scoprirlo, dato che ce l’ha detto proprio lui. Dopo essersi preso tutti i poteri possibili, poi Fontana ha commentato che se avesse avuto ancora più autonomia, allora sì che avrebbe salvato il mondo. I protocolli terapeutici stragisti messi in atto dalla Regione Lombardia hanno gonfiato l’emergenza al punto da consentire al ministro Speranza di appropriarsene; così si è visto che i mitici “lumbard” si sono fatti scavalcare e fregare da un lucano qualsiasi. Ma anche questo non è casuale.

La legge criminogena può sembrare un ossimoro, ma non lo è, se si considera che lo Stato è soltanto un simulacro giuridico che copre un potere trasversale tra il pubblico e il privato, e tra il legale e l’illegale; ciò senza nessuna regia occulta, poiché i corrotti fanno sempre massoneria, senza bisogno nemmeno di grembiulini e gran maestri. In base ad una concezione puramente geometrica del potere la mistificazione deve essere per forza l’effetto di una macchinazione che parte da un centro o da un vertice; in realtà ogni mistificazione, compreso l’emergenzialismo, è una dinamica sociale che si alimenta della competizione tra poteri e dell’effetto di sponda con l’opinione pubblica.
Nella mistificazione istituzionale alla base della costruzione italiana l’autonomia differenziata è sempre esistita, da molto prima di chiamarsi così. I fondi che dovrebbero essere spesi nel Meridione rimangono sospesi in un limbo, finché i governi non li adoperano come bancomat per coprire altre esigenze. Il sottosviluppo meridionale è un alibi coloniale già pronto a giustificare qualsiasi dirottamento della spesa. Persino l’annessione del Sud nel 1860 venne giustificata con l’arretratezza meridionale, il che è un’ammissione esplicita che c’era un intento coloniale e non unitario: io sono più civile ed evoluto e quindi ho il diritto/dovere di sottometterti. Non a caso i coloni israeliani in Cisgiordania giustificano i loro insediamenti dicendo che i palestinesi sono troppo arretrati e non sanno coltivare la terra. Il meccanismo coloniale però non potrebbe funzionare se non venisse gestito anche a livello locale e da oligarchi locali. In altri termini, le oligarchie meridionali si specializzano nell’auto-colonialismo, nella capacità di maltrattare i concittadini privandoli di prestazioni e diritti altrove scontati. Il problema è che gli schemi di dominio elaborati al Sud poi possono essere applicati anche contro i biondi ariani del Nord. Con la sua faccetta da santarellino Roberto Speranza è cresciuto alla durissima scuola del colonialismo meridionale, perciò anche se Fontana è un gangster senza scrupoli, comunque è troppo viziato dalla vita comoda per potercela fare contro di lui.
Il livello di umiliazione che si può infliggere alle popolazioni meridionali non ha limiti. Attualmente gli operai della Stellantis di Melfi, sono costretti a trasferirsi dalla Basilicata a Pomigliano d’Arco per non perdere il posto di lavoro. Gli Elkann ed il loro sicario Tavares usano questi stabilimenti come arma di ricatto occupazionale. In realtà i posti sono talmente pochi che il ricatto non dovrebbe sussistere, ma il ministro delle Imprese Urso fa finta di crederci perché lo hanno messo lì apposta. Con i finanziamenti che il governo elargisce a vuoto agli Elkann persino il più sprovveduto degli ingegneri potrebbe allestire due o tre fabbriche di camion e macchine agricole ed assicurare qualche migliaio di posti di lavoro. Si potrebbe farlo persino salvando la finzione del privato.
Quando la Meloni battibecca con gli Elkann sta facendo solo scena, dato che per ridimensionarli le basterebbe bloccargli i finanziamenti pubblici. Non serve stabilire se il “primum movens” sia il censo o il rango, il denaro oppure la gerarchizzazione sociale, visto che nella pratica coincidono. Per capire dove stiano le vere priorità occorre guardare la destinazione dei soldi; altrimenti, come dicono alla Garbatella, le chiacchiere stanno a zero. Anche nella vicenda dei presunti “vaccini”, se si fosse davvero creduto alla loro capacità di salvare il genere umano, allora l’abolizione dei brevetti non sarebbe stata una meta ideale, bensì la precondizione per parlare seriamente. Il problema è che nessuna cleptocrazia può redimersi e fare gli interessi dei poveri, perciò rientra nel sistema il fatto che ciò che viene rubato ai semplici cittadini sia riciclato in assistenzialismo per ricchi.
 
Di comidad (del 18/01/2024 @ 00:02:28, in Commentario 2024, linkato 8254 volte)
Sono apparse un po’ arzigogolate le motivazioni addotte in parlamento dal ministro Crosetto per giustificare l’ennesimo invio di armi all’Ucraina. Forse avrebbe potuto cavarsela con un più lapidario: “Se non mando le armi non guadagno”. Bisogna comunque riconoscere che ci sono nell’intervento del ministro anche non trascurabili passaggi di umorismo involontario; come quando afferma di non capire come l’azione diplomatica possa fermare missili e droni. In realtà l’azione diplomatica dovrebbe servire per convincere a fermarsi quel governo che ordina ai suoi militari di lanciare missili e droni. D’altra parte davanti ad un ragionamento con tanti passaggi, la mente di Crosetto non poteva che vacillare.
Il problema semmai è che oggi gli spazi per un’azione diplomatica non ci sono più, dato che tra aprile e maggio del 2022 furono boicottate tutte le ipotesi di accordo. Il quotidiano “La Stampa” ci faceva sapere che il fronte dei falchi era guidato dal primo ministro britannico Boris Johnson e che la strada da scegliere per la NATO non era arrivare ad un compromesso, bensì di aiutare l’Ucraina a sconfiggere la Russia. Nel 2022 si spacciava come realistica l’ipotesi di una vittoria della NATO e dell’Ucraina ed una disfatta della Russia. Quella era la narrativa pubblicitaria imposta dalla lobby delle armi.
Pare che Mattarella ad ottant’anni abbia scoperto che il mondo è cattivo. Nel novembre scorso egli ci avvisò che stavano riemergendo i fantasmi dell’imperialismo. Secondo il nostro superpresidente l’imperialismo va contrastato con la cooperazione ed il dialogo, cioè mandando armi all’Ucraina che, grazie a quelle, ci ha già rimesso mezzo milione di cittadini morti, altrettanti invalidi e oltre dieci milioni scappati dal paese. La Russia è un impero e, di solito, gli imperi sono imperialisti, per cui non c’era da sorprendersi che Mosca pretendesse di avere una zona cuscinetto ai suoi confini. Ancora una volta il problema riguarda il delirio di onnipotenza della narrativa del Sacro Occidente, per il quale non esistono rapporti di forza. L’unico problema di USA e NATO starebbe invece nel rischio di essere troppo buoni, cioè nella preoccupazione di evitare escalation dei conflitti. Come dicono i Neocon americani e nostrani: estendiamo il conflitto finché non abbiamo imposto a tutti i paesi i regimi che ci piacciono; costi quello che costi. Ma questa non è strategia, e neppure ideologia, semmai uno spot per le armi che ammicca all’adolescente/bullo annidato nell’animo di ognuno, quello che si racconta di poter risanare il mondo umiliando i deboli.

Il cattivissimo imperialismo russo è stato ridotto per decenni sulla difensiva, eppure ha continuato a ragionare in termini imperiali, infatti non ha mai smantellato la sua industria militare e ne ha preservato il carattere interamente pubblico. Gli imperialisti buoni (o troppo buoni) di USA e NATO appaiono invece un po’ più schizofrenici, dato che mescolano troppo la guerra imperialista con la guerra di classe interna. Proprio il conflitto in atto in Ucraina ha messo in evidenza che i paesi della NATO si sono deindustrializzati, per cui non riusciranno ad inviare a Kiev il milione di munizioni promesso entro il prossimo marzo. Per produrre mine e proiettili ci vogliono tantissime fabbrichette metalmeccaniche del vecchio tipo, che purtroppo rendono poco; mentre i veri affaroni si fanno con le produzioni ipertecnologiche ad altissimo valore aggiunto per fabbricare giocattoli talmente sofisticati e costosi da risultare inutilizzabili, come il caccia F-35.
Lo sviluppo industriale di base non consente profitti paragonabili per entità e rapidità ai profitti della finanza, per cui si è visto in questi ultimi decenni che privatizzare equivaleva a deindustrializzare. La cosa non ha turbato più di tanto; anzi, i due alfieri della privatizzazione/deindustrializzazione italiana, cioè i banchieri Guido Carli e Mario Draghi, sono stati addirittura santificati. Era giusto così, dato che Carli e Draghi hanno liberato il nostro establishment da quel fastidioso intralcio rappresentato dalla forza delle grandi concentrazioni operaie. Abbiamo visto come il draghiano “Whatever it takes” sia stato applicato soprattutto alle privatizzazioni, attuate ad ogni costo ed in pura perdita per il bilancio statale. La fine dei regolari approvvigionamenti energetici dalla Russia ha persino accelerato la deindustrializzazione dell’Europa e della mitica Germania; ma anche questa constatazione non ha rappresentato un motivo per raffreddare gli ardori bellicisti ed anti-russi.
Una delle domande più frequenti (e più stupide) è se la guerra abbia o meno motivazioni economiche. Il dilemma è assolutamente privo di senso, poiché quello di economia è un concetto vago e astratto, che può comprendere interessi assolutamente opposti; perciò i soggetti concreti in campo sono le lobby d’affari. Per ottenere un cessate il fuoco e l’ingresso di aiuti umanitari a Gaza, i guerriglieri Houti stanno attaccando nel Mar Rosso le navi di paesi occidentali, quelli che supportano Israele. La risposta angloamericana è stata di estendere il conflitto attaccando presunti siti dei guerriglieri nello Yemen. In realtà il bombardamento era stato ampiamente annunciato, quindi gli Houti hanno avuto tutto il tempo di nascondere o dislocare le proprie postazioni, per cui, come al solito, i bersagli sono state le città ed i civili. Rappresaglie del genere hanno anche il fiato corto, dato che i missili da lanciare costano milioni di dollari l’uno; inoltre le scorte non sono infinite, ed infatti si prospettano altri bei contratti per le multinazionali del settore. L’escalation militare ha contribuito a far lievitare ancora di più le tariffe assicurative ed a scoraggiare ulteriormente il passaggio per il Mar Rosso. Molte produzioni industriali si stanno fermando, a causa del conflitto, oppure prendendo a pretesto il conflitto; comunque sia, l’effetto dello spot militarista nel Mar Rosso è lo stesso della guerra in Ucraina, cioè la deindustrializzazione dell’Europa e dell’Occidente in generale.
Oggi prevalgono lobby finanziarie e lobby militari, spesso tra loro intrecciate. Sono lobby, cosche d’affari, e quindi non hanno una visione strategica ma agiscono per riflessi condizionati, perciò non percepiscono la deindustrializzazione come un problema; anzi per loro rappresenta uno stimolo che le fa salivare, poiché promette di aumentare la loro ricchezza e i loro privilegi. Lo abbiamo verificato in epoca Covid, quando i lockdown hanno determinato un macello di piccole imprese industriali, artigianali e commerciali. La psicopandemia è stata condotta all’insegna della metafora bellica, e gli effetti sono stati analoghi, cioè la deindustrializzazione e la pauperizzazione. I lockdown hanno aumentato la povertà e favorito la concentrazione della ricchezza in un’oligarchia ristretta e la concentrazione dei capitali in poche multinazionali finanziarie. Si è trattato di un grande trasferimento di reddito dai poveri ai ricchi; si è accertato infatti che c’è stato un drastico aumento delle disuguaglianze. Il concetto di economia quindi non è soltanto astratto ma anche interclassista.
 
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FEDERALISTI ANARCHICI:
il gruppo ed il relativo bollettino di collegamento nazionale si é formato a Napoli nel 1978, nell'ambito di una esperienza anarco-sindacalista.
Successivamente si é evoluto nel senso di gruppo di discussione in una linea di demistificazione ideologica.
Aderisce alla Federazione Anarchica Italiana dal 1984.


03/12/2024 @ 18:47:15
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