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"Se la pace fosse un valore in sé, allora chi resistesse all'aggressore, anche opponendosi in modo non violento, sarebbe colpevole di lesa pace quanto l'aggressore stesso. Perciò il pacifismo è impotente contro la prepotenza colonialistica che consiste nel fomentare conflitti locali, per poi presentarsi come pacificatrice."

Comidad
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Di seguito gli interventi pubblicati in questa sezione, in ordine cronologico.

Di comidad (del 26/03/2008 @ 12:39:12, in Commentario 2008, linkato 1592 volte)
Poco più di due settimane fa, nell’oleodotto che rifornisce le basi di Aviano e Vicenza si è verificata una perdita che ha inquinato i fiumi Astichello e Bacchiglione, con le falde acquifere ed i terreni agricoli connessi a questi fiumi. Sul fatto è stata anche aperta un’inchiesta dalla Procura di Vicenza, che però ha immediatamente precisato che non ci sono indagati. L’anno scorso lo stesso oleodotto era stato oggetto di lavori di ampliamento che ne hanno rafforzato la portata, e nessuna spiegazione è stata fornita ai sindaci dei Comuni interessati, in quanto il tutto è coperto dal segreto militare. Appena un mese fa, il comando USA aveva comunicato che non sarebbero più stati assunti lavoratori italiani nella base aerea di Aviano. Di fronte alle proteste delle autorità regionali e comunali, il comando Usa ha detto che il comunicato in questione non era stato sufficientemente chiaro, ma ad oggi non risultano altre disposizioni che smentiscano in concreto quella discriminazione.

È da notare che lo scorso anno vi erano state proteste da parte della CGIL per la discriminazione di cui erano fatti oggetto i suoi iscritti nell’assunzione nelle basi USA e NATO. Quanto siano state efficaci quelle proteste è indicato dal fatto che, a distanza di meno di un anno, la discriminazione nelle assunzioni si è estesa a tutti i lavoratori italiani. L’unica iniziativa concreta contro queste decisioni discriminatorie è quella del sindaco di Pordenone, che ha annunciato che non parteciperà più a cerimonie ufficiali che riguardino la base di Aviano. L’entità della ritorsione annunciata dal sindaco può far sorridere, ma le cose stanno esattamente così: non c’è null’altro che egli possa fare. Le basi militari USA e NATO sono del tutto extraterritoriali, sfuggono alla legislazione civile e penale del Paese che deve subirne la presenza, non sono tenute inoltre a dare nessuna informazione o spiegazione sulle loro attività. I trattati internazionali creano quindi una zona di extraterritorialità e di extralegalità, che non riguarda soltanto l’area delle basi militari, ma l’intero territorio nazionale nel momento in cui sia attraversato da infrastrutture o da operazioni che riguardino le basi stesse. L’oleodotto dislocato dal molo militare di Livorno sino alle basi di Vicenza e di Aviano, attraversa varie Regioni e innumerevoli Comuni, non solo terreni demaniali, ma anche terreni privati di aziende agricole. Tutti i territori limitrofi all’oleodotto possono quindi considerarsi fuori della giurisdizione italiana. Se si tiene conto del fatto che le basi NATO e USA in Italia sono centotredici e che ognuna di esse è servita da una rete di infrastrutture, si può capire che in pratica non esiste più in Italia un solo territorio che si possa dire italiano. Dato che questa occupazione militare riguarda l’Italia e non un Paese straniero, la stampa italiana non ce ne dà nessuna notizia. Nel dopoguerra divenne famosa una vignetta dello scrittore Giovannino Guareschi, in cui due comunisti facevano questo scambio di battute: uno diceva “Piove.”, e l’altro rispondeva: “No, compagno, l’Unità non lo dice”. Quindi Guareschi attribuiva ai comunisti quella che è invece un’attitudine al conformismo tipica di ogni opinione pubblica. A causa dell’anticomunismo mediatico, l’opinione pubblica ha finito per attribuire solo al comunismo quelli che sono i crimini e i disastri riconoscibili in ogni forma di potere. Anzi, nell’attitudine mistificatoria, la democrazia ha dimostrato di eccellere anche nei confronti del comunismo. Se la perdita dalle condutture ed il relativo inquinamento, avessero avuto origini diverse da quelle dell’oleodotto statunitense, a quest’ora i giornali e telegiornali sarebbero pieni di titoli sul disastro ecologico, ma, visto che i responsabili sono gli USA, allora si può far finta di nulla, anche considerando che la Procura di Vicenza non ha nulla su cui indagare, a causa del segreto militare. Il problema è che le già incredibili dimensioni dell’oleodotto, e gli ulteriori ampliamenti di cui viene fatto oggetto, non sono spiegabili con esigenze di carattere puramente militare. La versione ufficiale secondo cui l’oleodotto trasporterebbe il cherosene che servirebbe da carburante per gli aerei militari è perciò diventata insostenibile, ecco perché ufficialmente il fatto non può esistere. L’importazione ed il traffico in Italia della merce più strategica di tutte - il petrolio -, sono affari gestiti direttamente dagli Stati Uniti, che aggirano qualsiasi normativa commerciale e fiscale tramite l’extraterritorialità ed il segreto loro garantiti dai trattati di “alleanza” militare. Espulsa dai media, questa verità non potrà diffondersi neanche per voce di popolo, dato che non vi saranno nemmeno più lavoratori italiani che possano in qualche modo farla trapelare dalle basi USA.

27 marzo 2008
 
Di comidad (del 20/03/2008 @ 11:54:38, in Commentario 2008, linkato 1949 volte)

In uno dei suoi discorsi elettorali, Berlusconi ha parlato della crisi che sta arrivando dagli Stati Uniti ed ha proposto come soluzione "lavorare di più", tanto per cominciare una ulteriore defiscalizzazione degli straordinari che rischia di portare la giornata lavorativa a quattordici ore, e le morti sul lavoro a cifre ora inimmaginabili. Un ambiente politico sempre pronto a gettarsi sulle gaffe di Berlusconi, ha accettato senza protestare l'assurdità insita nel suo discorso: visto che gli Stati Uniti ci hanno messo nei guai, allora continuiamo a fare quello che ci dicono.

C'è la tentazione da parte di molti critici del sedicente "liberismo", di considerare l'incombente crisi economica come un imminente Giorno del Giudizio, un'occasione per una collettiva presa di coscienza che consenta di superare almeno gli aspetti più biechi dell'attuale assetto economico mondiale. Il punto è però che l'economia costituisce un'astrazione, un concetto di sintesi, mentre gli affari sono cose concrete, che portano nomi, cognomi, indirizzi e numeri di telefono.

L'affarismo non si fa fermare dalla crisi economica in sé, perché ogni affare mobilita denaro; un denaro che è in grado di produrre, attraverso i media, anche una realtà virtuale pronta a giustificare ulteriori incursioni affaristiche nella spesa pubblica.

Non è un caso quindi che le cosche affaristiche anglo-americane, che ci hanno condotto alla situazione attuale, vengano ancora una volta riconosciute come la leadership che ci dovrebbe guidare tra i marosi dell'inflazione, della depressione, della miseria e della disoccupazione. Ognuno di questi mali può essere occasione di nuovo sfruttamento e nuovo business, e l'opinione pubblica può essere ogni volta convinta che la migliore soluzione del male è di affidarsi a chi l'ha provocato.

L'attuale dibattito sulla crisi deve anche mettere sull'avviso coloro che si illudono che il raggiungimento della verità sull'11 settembre possa distruggere il mito su cui si fonda l'attuale sistema di dominio sovra-nazionale.  La cosa più probabile è invece che una caduta della versione ufficiale sull'11 settembre venga salutata dai media come un'ennesima vittoria della democrazia americana. Allo stesso modo in cui la scoperta che Saddam Hussein non possedeva armi di distruzione di massa, non ha delegittimato l'invasione dell'Iraq, così la scoperta che Bin Laden non c'entra nulla con l'11 settembre, non servirebbe a delegittimare l'attuale occupazione dell'Afghanistan. Il dominio coloniale sugli Iracheni e sugli Afgani non ha nessuna difficoltà ad essere giustificato dai media con la necessità di educare alla democrazia delle popolazioni che, senza la illuminata guida dell'Occidente, ritornerebbero all'originario oscurantismo.

Persino la rivelazione che oggi è la NATO in prima persona a gestire in Afghanistan il traffico di droga ed in Campania il traffico di rifiuti tossici, in sé non cambierebbe nulla. Una rivelazione del genere farebbe la fine di quelle sulle torture nella prigione di Abu Ghraib: gli Stati Uniti dimostrano ancora una volta di essere capaci di superare i propri errori.

La stessa NATO venti anni fa si giustificava come alleanza necessaria a fronteggiare la minaccia sovietica, ma ora che questa minaccia non c'è più, nemmeno la cosiddetta "sinistra radicale" si azzarda a proporre l'uscita dell'Italia dalla NATO, e ciò per puro timore delle accuse di antiamericanismo, che comporterebbero una vera e propria morte civile.

In realtà l'11 settembre non è stato un mito fondante, ma una messinscena funzionale ad uno scopo specifico del momento, cioè consentire alla cosca Bush-Cheney-Rumsfeld di mettere le mani sul denaro pubblico americano, superando ogni opposizione delle altre cosche. Il vero mito fondante del dominio coloniale non sta in questo o quell'episodio, ma in una ideologia onnipresente che non concede mai pause né sconti: il razzismo.

Nella puntata di Report di domenica 16 marzo 2008, la comunicazione razzistica ha raggiunto livelli di sofisticazione tali da far passare Goebbels per un dilettante. Immagini iconografiche di un Robert Kennedy mistico e ispirato hanno preceduto il solito servizio sullo sfacelo amministrativo e antropologico di Napoli. L'accostamento del tutto arbitrario tra una evocazione mitologica ed una rappresentazione tendenziosa di dettagli grotteschi, costituisce un messaggio subliminale di razzismo, tanto più efficace perché si imprime nella mente come immagine invece che come concetto. Persone che rifiuterebbero la superiorità e l'inferiorità razziale come idee, poi le condividono come  presunti "dati di fatto", proprio perché credono di "vederle" quotidianamente nella rappresentazione mediatica.

Se si va ad analizzare tutta la comunicazione politica di Walter Veltroni, essa si riduce a mero culto della superiorità razziale delle èlite americane; ma non potrebbero risultare credibili i miti di superiorità senza l'analoga rappresentazione dell'inferiorità, perciò il culto americanistico risulta inscindibile dal razzismo antimeridionale.  Il cosiddetto "Occidente" è appunto una gerarchia razziale, che ha al suo vertice gli anglo-americani ed alla sua base i popoli meridionali.  Il razzismo funziona sempre in modo bilaterale, perciò se ci si sente superiori a qualcuno, è automatico che poi ci si possa sentire anche inferiori a qualcun altro. Se, ad esempio, si è antimeridionali, è molto difficile che non si sia parallelamente dediti al culto della superiorità anglosassone.  Nel "Mein Kampf", Hitler parlava in termini celebrativi degli Anglosassoni e, al tempo stesso, descriveva gli Italiani meridionali come una specie degenerata e inferiore: le stesse tesi di Milena Gabanelli, ma espresse in modo meno insinuante.

Il razzismo non regola soltanto i rapporti etnici e nazionali, ma anche e soprattutto quelli di classe. Le classi vengono cioè fatte percepire inconsciamente come razze, ed i mitici "imprenditori" - che poi non "imprendono" nulla, ma si limitano a "prendere" il denaro pubblico - si propongono non come un gruppo sociale, ma come una razza superiore, dotata di capacità miracolistiche. Bakunin ha messo più volte in evidenza la immediata disponibilità delle borghesie nazionali al collaborazionismo con la colonizzazione straniera; ciò è logico se si considera che i cosiddetti "imprenditori" non si sentono in relazione sociale col resto della popolazione, ma percepiscono se stessi come una razza a parte.

Il razzismo costituisce quindi una falsa coscienza generalizzata, a cui l'affarismo può sempre fare appello. La superiorità "occidentale" è  data per scontata, quindi non si sospetta mai che dietro la rappresentazione razzistica che i media costruiscono contro altri popoli, possa esservi ogni volta un fine affaristico. Anche quando ciò viene dimostrato per il passato, questa esperienza non viene mai utilizzata come cautela per i messaggi mediatici del presente. Il rapporto con i media rimane ingenuo, cioè non li si coglie per quello che sono: un'arma di distruzione di massa.

20 marzo 2008

 
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FEDERALISTI ANARCHICI:
il gruppo ed il relativo bollettino di collegamento nazionale si é formato a Napoli nel 1978, nell'ambito di una esperienza anarco-sindacalista.
Successivamente si é evoluto nel senso di gruppo di discussione in una linea di demistificazione ideologica.
Aderisce alla Federazione Anarchica Italiana dal 1984.


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