Di seguito gli interventi pubblicati in questa sezione, in ordine cronologico.
Un recente rapporto dell'OCSE (Organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo Economico) scopre l'acqua calda, e cioè che l'unica "crescita" che non conosce pause da trenta anni a questa parte è il divario tra ricchi e poveri, con un 1% della popolazione che assorbe sempre più risorse dal restante 99%. In effetti è già dal 2011 che l'OCSE pubblica rapporti di questo genere, non cessando di ammonire che ciò avrà "ripercussioni negative sull'economia", e raccomandando di adottare politiche fiscali che consentano un prelievo "più equo" sui redditi più alti. L'OCSE non va confusa con l'OSCE (Organizzazione per la Sicurezza e la Cooperazione in Europa), oggi molto attiva nella provocazione anti-russa in Ucraina; sebbene le due organizzazioni abbiano in comune la filiazione dai due grandi centri di potere del Sacro Occidente, cioè la NATO ed il Fondo Monetario Internazionale. Alcuni commentatori, come quello de "il Manifesto", si stupiscono del fatto che sia proprio un'organizzazione internazionale come l'OCSE, da sempre portatrice del punto di vista dei ricchi, a spremere una lagrimuccia sui poveri che diventano sempre più poveri, ed a lanciare una "denuncia" a riguardo.
A proposito di scoperte dell'acqua calda, può essere utile riportare all'attenzione alcune ovvietà in grado di spiegare stranezze del genere. Tutti i poteri hanno una vocazione all'assolutismo, perciò è del tutto normale che essi tendano ad occupare ogni "nicchia" a disposizione, cercando di interpretare tutte le parti in commedia. Anche una magistratura del tutto addomesticata può essere considerata un ingombro, e vediamo governi come quello statunitense che si arrogano poteri giudiziari, anzi, il trattamento completo: accusa, giudice, giuria e boia. Sono stati i governi degli USA, e non le loro magistrature, a fornire le versioni ufficiali sull'uccisione di Kennedy e sull'11 settembre; ma anche le molte contestazioni di queste versioni si sono appuntate sul merito delle ricostruzioni dei fatti, e non sulla legittimità della pretesa di un governo di espropriare il potere giudiziario.
L'assolutismo si esercita anche sul piano ideologico, perciò, mentre il potere si consolida in un establishment reazionario, nel frattempo esso pretende anche di rappresentare il progresso. Sin dai primi anni dell'800 la propaganda ufficiale ha sempre presentato il capitalismo come una liberazione dalle tenebre e dai vincoli del medioevo, etichettando come "resistenza corporativa", come rifiuto del progresso, ogni lotta operaia. Non deve stupire nemmeno che un establishment riesca ad impadronirsi anche dell'opposizione, sottoponendola ad un processo di integrazione e colonizzazione. L'attuale illusorietà della contrapposizione tra destra e "sinistra" costituisce un riscontro di questo semplice assunto.
Risulta del tutto ovvio quindi che l'establishment si arroghi spesso anche il ruolo della denuncia e dell'utopia, e magari persino della "rivoluzione", ovviamente depistandone il senso. Persino un massoncino arrivista al servizio delle lobby finanziarie, come Matteo Renzi, è stato accreditato per anni dai media come un outsider e come un avversario dell'establishment. Per non parlare di uno dei maggiori esponenti del professionismo della denuncia, quel Roberto Saviano che nel 2006 fu investito dall'allora Ministro degli Interni, Giuliano Amato, del massimo status symbol conferito dall'establishment, cioè la scorta. Se lo stesso Saviano non avesse personalmente confessato le sue predilezioni per ideologi di destra, egli probabilmente sarebbe ancora un punto di riferimento per i comunisti elettoralisti; e forse, indirettamente, lo è ancora, visto che Rifondazione ed i Comunisti Italiani non osano più presentarsi alle elezioni come tali, ma candidano dei giudici come capilista, adottando la bandiera della "legalità" invece che quella della lotta di classe.
Se un potere riesce a monopolizzare anche la "denuncia" dei propri stessi misfatti, ottiene il risultato di distorcere la visione della realtà di quel tanto che basta a fuorviare l'attenzione dai veri problemi. Non a caso la "denuncia" dell'OCSE ripropone sempre la stessa soluzione utopica dell'equità fiscale come panacea del divario tra ricchezza e povertà, guardandosi bene dal richiamare i veri fattori dell'impoverimento di massa e dell'arricchimento di pochi. Questi fattori l'OCSE deve conoscerli bene, poiché questa organizzazione è perennemente sulla breccia per raccomandarli - anzi, imporli - ai governi. Si sta parlando, ovviamente, della "flessibilità" del lavoro e delle privatizzazioni dei pubblici servizi, i due temi che costituiscono il pallino dell'OCSE, ed anche della sua organizzazione-madre, il FMI. Questi moniti dell'OCSE ai governi vengono rilanciati sempre con molto entusiasmo dal quotidiano confindustriale, "Il Sole-24 ore".
All'OCSE non serve negare che cresca l'abisso tra ricchezza e povertà, poiché le basta continuare ad imporre la menzogna sociale secondo cui la disoccupazione sarebbe dovuta alle eccessive garanzie e "rigidità" del lavoro, per cui basterebbe la piena licenza di licenziare per far piovere posti di lavoro: una pretesa che i fatti hanno già pienamente smentito. All'OCSE non occorre neppure negare che le tasse sulla ricchezza siano irrisorie, poiché le basta nascondere il fatto che le privatizzazioni non solo non restituiscono i servizi pubblici ad un'inesistente mercato e ad una chimerica concorrenza, ma addirittura costituiscono esse stesse una tassa versata a favore dei ricchi, un regalo da parte dello Stato.
Ma il depistaggio ottiene il massimo dell'effetto quando riesce a coinvolgere la "creatività" delle sue vittime. L'OCSE ci vuole infatti far credere di essere preoccupata per le sorti di un'economia sempre più bloccata dal divario eccessivo tra ricchezza e povertà, che determina un calo dei consumi e della produzione. L'esca lanciata dall'OCSE può accalappiare più di un oppositore, disposto magari a lanciarsi in approfondite analisi sul rischio-povertà per le sorti del capitalismo, credendo davvero che i capitalisti siano "preoccupati", se non per umana sensibilità, almeno per senso degli interessi in prospettiva.
Ma la cosiddetta "economia" è solo un'astrazione, mentre la concretezza è il business; e la povertà costituisce il più grosso dei business, poiché aumenta la ricattabilità dei poveri e la loro dipendenza da "servizi" finanziari poco rischiosi per chi li eroga, ma molto remunerativi. Un clamoroso prelievo ai danni dei poveri è stato quello di imporre a tutti i pensionati indistintamente - anche ai più poveri - di aprire un conto corrente per riscuotere la pensione. Il vantaggio non è stato solo per le banche, poiché immediatamente è stata elevata la tassazione sui conti correnti. Tutti! Così si è prelevato pochi euro in più per ogni pensionato, ma il poco, moltiplicato per molti, diventa un affare.
Inoltre, già nel 2005 uno studio effettuato in Gran Bretagna, rilanciato dal quotidiano "The Guardian", rilevava che i giovani senzatetto costituivano per le banche uno dei più importanti target per l'offerta di carte di credito. I giovani così allettati vengono fatti cadere in una spirale di indebitamento che ripropone l'antico schiavismo per debiti.
Sino all'anno scorso affermare che la NATO ed il Fondo Monetario Internazionale sono i veri padroni dell'Unione Europea, poteva apparire come una sbrigativa semplificazione. La crisi ucraina ha costretto invece ad affrontare questo dato come un'evidenza. In tutta la vicenda ucraina, la NATO ha dettato l'agenda militare e il FMI quella economica finanziaria, e la UE si è posta ogni volta come docile strumento dell'una e dell'altra. Per tutti coloro che, anche nelle prossime elezioni europee, vorrebbero continuare ad affrontare la prospettiva di un'uscita dall'euro come questione a sé stante, si tratta di una pietra d'inciampo non facile da aggirare, poiché ormai non si può fare più finta che il problema sia solo quello del "rigorismo" tedesco. In più, per l'anno prossimo si prepara anche la scadenza del Transatlantic Trade and Investment Partnership (TTIP), cioè la "NATO economica", che prospetta tanti nuovi guai, da far impallidire molte diatribe attuali sull'euro. E intanto la stessa UE, così com'è ancora adesso, si è già rivelata come una prima forma di "NATO economica".
Anche la divisione e la gerarchia tra Nord e Sud all'interno della UE, risultano in una luce diversa se si tiene conto che la vera sudditanza europea si esprime nei confronti del FMI. Ci si chiedeva come mai il Paese/salotto del Nord Europa, l'Olanda, si fosse ridotto a fare da paradiso fiscale, alla stregua degli Stati-isoletta del Centro-America. Andando sul sito del FMI, ci si accorge che anche l'Olanda è trattata come una colonia, con istruzioni e compiti a casa da eseguire. Le lodi maggiori allo scolaro riguardano però proprio il sistema fiscale olandese a pro dell'elusione fiscale delle multinazionali.
L'unica argomentazione che questo Occidente, allineato e gerarchizzato sotto la direzione NATO-FMI, riesce a produrre nella crisi ucraina, riguarda la personalizzazione della questione, tutta e sempre centrata sulla impresentabilità del personaggio Putin. La propaganda sulla presunta arroganza di Putin deve però scontrarsi con la realtà di un segretario di Stato USA che si comporta da padrone in Europa. Kerry ha infatti ammutolito i governanti europei, che aspettano i suoi cenni per eseguire gli ordini.
Ma anche mettendo da parte la protervia di Kerry, e tralasciando persino Guantanamo, Abu Ghraib e la Kill-List, rimarrebbe il fatto che questa propaganda ad personam costituisce di per sé la più grave auto-delegittimazione che il cosiddetto Occidente potesse mai esprimere. Nel 1989 la caduta del Muro di Berlino era stata spacciata come l'alba di una nuova era di pace, libertà e sviluppo, mentre i venticinque anni successivi non hanno fatto altro che riproporre il continuo affacciarsi di effigi di dittatori da abbattere, come in un macabro luna-park. I fanatici integralisti islamici ed i "nuovi Hitler" hanno rappresentato però un pessimo surrogato della minaccia comunista, poiché costituiscono la prova che l'unico ed autentico potenziale espansivo del mitico Occidente rimane quello dell'aggressione militare.
Inoltre si deve assistere al paradosso di un integralismo islamico che è ritornato utile per aggredire Gheddafi ed Assad, mentre il neonazismo dei nostalgici dello Hitler originale è risultato decisivo per abbattere i regimi dell'Est sgraditi al Sacro Occidente. Il neonazismo filo-occidentale infatti prospera non soltanto in Ucraina, ma anche in Croazia e nei Paesi baltici, mettendo in mora persino la equiparazione tra nazismo e comunismo proclamata dall'OSCE (Organizzazione per la Sicurezza e la Cooperazione in Europa) a Vilnius nel luglio 2009. La dichiarazione OSCE suscitò a suo tempo le rimostranze della Russia, che si era trovata inopinatamente ad essere considerata responsabile alla pari della Germania per lo scoppio della seconda guerra mondiale. Non c'è quindi da stupirsi che gli "osservatori" dell'OSCE siano stati riconosciuti dai russo-ucraini come spie, o quantomeno provocatori, della NATO.
Equiparare nazismo e stalinismo in base al loro comune carattere criminale, costituisce chiaramente un'operazione ideologica tendente ad assolvere preventivamente le "democrazie occidentali" dal sospetto di svolgere a loro volta un ruolo criminale e guerrafondaio. Ma dall'assoluzione si passa automaticamente alla santificazione, che consente alle sacre democrazie occidentali addirittura di rivendicare doti taumaturgiche, facendo assurgere a piacimento chiunque, persino i demoni del neonazismo, all'Olimpo dei "combattenti per la libertà e la democrazia". Che l'eroe del 1989 sia stato il drammaturgo ceco Vàclav Havel, proveniente da una famiglia di collaboratori del nazismo, avrebbe dovuto costituire già un'avvisaglia di ciò che sarebbe accaduto in futuro, e che costringe ora a rileggere tutto l'89 dell'Est europeo come la prima grande "rivoluzione colorata" allestita dalla NATO.
La rilettura degli eventi potrebbe spingersi ancora più indietro, ricordandosi che almeno sino al 1944 rimase in piedi l'ipotesi del "cambio di fronte", cioè che gli alleati anglo-americani rivolgessero le armi contro l'Unione Sovietica accogliendo i nazifascisti come cobelligeranti della crociata anticomunista. Fu solo la rapida avanzata dell'Armata Rossa nel corso del 1944 a far tramontare definitivamente l'ipotesi del "cambio di fronte". In caso contrario il nazifascismo si sarebbe potuto ritrovare arruolato a pieno titolo nella "democrazia occidentale" con molti decenni di anticipo.
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