Di seguito gli interventi pubblicati in questa sezione, in ordine cronologico.
Il cardinale vicario Ruini ha dato l'annuncio che verrà avviato il processo di beatificazione per il commissario Luigi Calabresi. Sarebbe riduttivo inquadrare questa notizia nell'attrazione fatale per il ridicolo di cui Ruini fornisce quotidianamente esempio.
Sebbene l'assassinio di Calabresi sia stato attribuito da sentenza definitiva agli ex di Lotta Continua Sofri, Bompressi e Pietrostefani, i sospetti che in realtà l'assassinio sia maturato nell'ambiente dello stesso commissario sono sorti subito, e si sono rafforzati nel corso degli anni. Nessuna prova materiale è ovviamente disponibile per suffragare questa tesi, né lo sarà mai, dato che in questo caso i colpevoli sarebbero fra gli stessi che dovrebbero fare le indagini.
D'altra parte vi sono una serie di indizi indiretti che vanno a rafforzare l'argomento del "cui prodest?", secondo il quale i maggiori interessati alla morte del commissario sarebbero stati proprio quelli che rischiavano di essere da lui coinvolti nelle responsabilità per l'assassinio di Giuseppe Pinelli negli uffici della questura di Milano.
L'accanimento dimostrato in questi anni contro Sofri costituisce uno di questi indizi indiretti. Nella campagna di aggressione morale contro Sofri si è distinto, da parecchi anni a questa parte, proprio il quotidiano vaticano "L'Osservatore romano", una campagna gestita da cattofascisti legati all'ambiente della Polizia.
Le accuse a Sofri hanno giocato in modo ambiguo sulla confusione tra le presunte responsabilità materiali di Sofri nell'assassinio del commissario, e le sue responsabilità morali, per aver egli creato le condizioni dell'attentato con gli articoli contro Calabresi sul giornale "Lotta continua", articoli in cui lo si indicava come responsabile della morte di Pinelli. Questa ambiguità è rivelatoria del fatto che gli accusatori di Sofri non hanno mai realmente creduto nella sua colpevolezza, ma volevano individuare in lui un capro espiatorio funzionale ad una mistificazione più vasta.
In quanto ad ambiguità anche Adriano Sofri non ha mai avuto nulla da imparare da nessuno. Già negli anni '70 i suoi toni da aristocratico prestato alla rivoluzione anticipavano la sua svolta in senso "neocons", di apologeta del colonialismo statunitense sul pianeta. Le ambiguità di Sofri sono poi risultate evidenti in sede processuale, dove alla protesta di innocenza per ciò che riguardava l'attentato, è corrisposta una sua ammissione di responsabilità rispetto alle accuse lottacontinuiste a Calabresi che avrebbero determinato il clima in cui è maturato l'assassinio del commissario. In definitiva, Sofri ha accettato il ruolo di colpevole morale che la campagna de "L'Osservatore romano" gli attribuiva.
Eppure le accuse a Calabresi che Sofri lanciava dal quotidiano "Lotta Continua" erano sostenibili anche da un punto di vista strettamente legalitario, data l'evidenza di tutte le irregolarità commesse dalla Polizia nel corso del fermo di Pinelli. La santificazione della memoria di Calabresi, avallata da Sofri, è diventata quindi la santificazione di tutte le illegalità commesse da lui e/o dai suoi colleghi poliziotti.
La prossima beatificazione di Calabresi giunge quindi come ultimo atto di questa offensiva propagandistica che sancisce la superiorità della Polizia nei confronti della legge che dovrebbe far rispettare. Il sacrificio del singolo poliziotto Calabresi si è perciò risolto in una sorta di assunzione nell'alto dei cieli dell'Istituzione di cui faceva parte.
A proposito di un "servo della legge", così scriveva Kafka ne "Il processo": "… appartiene alla Legge e sfugge al nostro giudizio". Ma c'è da aggiungere che sfugge anche al giudizio della legge. I "servitori della legge" sono in effetti i padroni della legge.
1 marzo 2007
L'ennesima strage di civili da parte dalle forze NATO si è consumata in Afganistan e, nel frattempo, alcune forze della maggioranza del governo italiano hanno avanzato la proposta di acquistare l'oppio afgano per sottrarlo al traffico di stupefacenti e utilizzarlo per la produzione legale di farmaci antidolorifici.
La proposta dovrebbe essere un modo per venire incontro alla popolazione civile afgana e consentirle di acquisire un reddito stabile. Questa ipotesi però si scontra con una obiezione ovvia, e cioè che l'utilizzo terapeutico dell'oppio non potrà mai impiegare l'intera quantità della produzione afgana dello stesso oppio. È ovvio che questi livelli di produzione hanno senso soltanto in una prospettiva di uso consumistico della droga e di diffusione della tossicodipendenza.
Per quanto sia vero che la morfina e gli altri derivati dell'oppio nella terapia del dolore siano molto più efficaci e molto meno costosi di altri farmaci che li hanno in parte sostituiti in questi ultimi decenni, questa pur giusta osservazione non elimina la precedente obiezione sulla sproporzione esistente tra i livelli di una produzione a fini legali ed una a fini illegali.
Sembra quindi che i parlamentari di Rifondazione Comunista, che si sono accodati a questa proposta pannelliana, non abbiano riflettuto sul fatto che in tal modo avrebbero dato spazio a quella propaganda che dipinge la cosiddetta "sinistra radicale" come mossa da motivazioni ideologiche astratte, che non tengono conto degli effettivi problemi.
Rifondazione Comunista sostiene con convinzione il suo ruolo di partito di lotta e di governo, e c'è stata in queste ultime settimane da parte sua un'offensiva propagandistica nei confronti di chi segue invece una linea di astensionismo elettorale e di non collaborazione con i governi. Secondo molti compagni lottagovernisti soltanto tenendo sia un piede nei movimenti sia un piede nel governo, può essere possibile contrastare l'invadenza della NATO sul nostro territorio e nell'intero pianeta. È una posizione criticabile, ma che sarebbe comunque rispettabile, se però almeno non si risolvesse in una copertura - o addirittura in una omertà - nei confronti della propaganda della NATO.
È evidente infatti che l'enormità della produzione afgana di oppio non è spiegabile con le esigenze di sopravvivenza del popolo afgano, e neppure con l'autofinanziamento dei cosiddetti Talebani. Questa produzione è stata diretta conseguenza della presenza della NATO e non potrebbe realizzarsi senza la copertura e la collaborazione della stessa NATO. Questo legame tra la NATO e l'oppio costituisce una constatazione obiettiva che risulta dalla lettura dei dati ufficiali dell'ONU.
Offrirsi di comprare l'oppio afgano non sazierebbe l'appetito delle cosche affaristico-criminali che agiscono tramite la NATO, però finisce per offrire loro uno scudo propagandistico a carattere umanitario per le loro attività illegali. Il problema è che nessuna delle scelte della NATO degli ultimi anni è spiegabile da un punto di vista militare.
Non ha senso in una strategia militare una presenza di oltre cinque anni in Afganistan che non ha mai lasciato intravedere alcuna prospettiva di vittoria. Non ha senso in una logica strettamente militare ampliare la base di Vicenza togliendo personale e funzionalità alle altre basi, senza peraltro chiuderle. Non ha senso in quella stessa ottica dilatare a dismisura la NATO verso Est, inglobando Paesi come la Repubblica Ceca o la Slovacchia, che sono privi di un proprio potenziale bellico e presentano una geografia ideale per subire invasioni. Non è infatti un caso che il governo russo non si scomponga più di tanto per questo apparentemente minaccioso avvicinamento della NATO ai suoi confini.
Ormai è evidente che la NATO è una alleanza militare che serve soltanto da copertura per operazioni affaristiche, uno strumento di colonialismo commerciale. Stare nel governo per recitarvi la parte degli idealisti astratti o dei pacifisti pregiudiziali, significa soltanto permettere alla propaganda della NATO di rovesciare i termini del buon senso ed a far apparire normale l'assurdo.
8 marzo 2007
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