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"Se la pace fosse un valore in sé, allora chi resistesse all'aggressore, anche opponendosi in modo non violento, sarebbe colpevole di lesa pace quanto l'aggressore stesso. Perciò il pacifismo è impotente contro la prepotenza colonialistica che consiste nel fomentare conflitti locali, per poi presentarsi come pacificatrice."

Comidad
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Di seguito gli interventi pubblicati in questa sezione, in ordine cronologico.

Di comidad (del 23/01/2014 @ 01:06:58, in Commentario 2014, linkato 1910 volte)
Nella vicenda dell'incontro di sabato scorso fra il segretario del PD, Matteo Renzi, ed il Buffone di Arcore, reinvestito del titolo di "leader del centrodestra", è stato notevole l'atteggiamento dei media ufficiali, tutti tesi a conferire all'evento un alone di straordinarietà. Sei anni sono davvero pochi, quindi era difficile che i giornalisti non notassero che il mitico incontro di sabato costituiva un plagio dell'incontro del novembre 2007 dell'allora segretario del PD, Veltroni, con il sempiterno Buffone. Persino l'agenda dell'incontro fu identica: legge elettorale e riforme istituzionali; e tra le riforme auspicate non mancava neppure quella rilanciata oggi, cioè la riforma del Senato nel senso di una Camera delle Regioni. Il "Corriere della Sera" del 7 novembre 2007 pubblicava la notizia dell'incontro con un'enfasi ed un trionfalismo del tutto analoghi a quelli adoperati adesso per l'iniziativa di Renzi. Se si sostituisse il nome di Veltroni con quello di Renzi, l'articolo sembrerebbe scritto oggi.
In casi del genere sembra quasi d'obbligo una parafrasi del famoso aforisma di Marx del saggio "Il 18 Brumaio di Luigi Bonaparte", quell'aforisma secondo il quale la Storia si ripeterebbe due volte, la prima come tragedia, la seconda come farsa. Nel caso dei mitizzati incontri dei segretari del PD col Buffone, la storiella si è ripetuta invece la prima volta come farsa, e la seconda come farsaccia. Anche Renzi, come già Veltroni sei anni fa, sta riciclando infatti come "leader del centrodestra" un Buffone ormai agonizzante ed in via di liquidazione politica da parte del suo stesso partito. La lotta per la successione è stata così messa d'un colpo fuori gioco, sebbene il Buffone attuale appaia, anche fisicamente, ancora più "cotto" di quello di sei anni fa.
La storia si ripeterà probabilmente anche nel registrare la proverbiale ingratitudine del Buffone, il quale, dopo aver incassato il favore da Veltroni, lo etichettò come "comunista", e non solo per tutta la campagna elettorale, ma persino dopo aver riconquistato il governo nel 2008. Anche il presidente Napolitano, nonostante abbia anch'egli contribuito a salvare e riciclare il Buffone in innumerevoli circostanze, per la stampa di destra rimane un "comunista", e l'uomo che approvò nel '56 l'invasione sovietica dell'Ungheria. Gran parte della stampa cerca oggi di alimentare l'impressione di un conflitto tra Renzi e Napolitano sulla questione dei rapporti col Buffone e sulle sorti del governo Letta. Ma l'ipotesi di un Renzi "stratega" appare troppo giornalistica e troppo poco realistica. Di fatto l'incontro tra Renzi ed il presidente Napolitano, avvenuto al Quirinale il 13 gennaio scorso, suonava invece molto di più come un viatico per l'attuale segretario del PD e per le sue iniziative.
Anche in questo caso la storia si ripete, poiché nel gennaio del 2008 proprio da Napolitano arrivò un avallo esplicito e formale alle iniziative di Veltroni per un compromesso col Buffone sulla legge elettorale e sulle altre riforme istituzionali. Napolitano non si fece nessuno scrupolo di concedere la sua benedizione a Veltroni, nonostante tutti gli evidenti rischi che ciò comportava per la stabilità del governo Prodi, che infatti cadde di lì a poco. La circostanza dell'endorsement di Napolitano a Veltroni fu rilevata con compiacimento dalla stampa di destra, ed in particolare dal quotidiano "Il Foglio".
Successivamente la stampa di destra ha fatto finta di dimenticarsi di quell'ennesimo favore; ma, mettendo in fila i fatti, si ricava la sensazione che in questi anni Napolitano abbia svolto la funzione di gruccia, di insegnante di sostegno e di Lord Protettore del Buffone; ed anche il presunto "colpo di Stato" della fine del 2011, da cui sortì il governo Monti, appare come un espediente per ibernare il cadavere già putrefatto del Buffone, per poi scongelarlo alla prima occasione. Per quanto possa oggi apparire inverosimile, i precedenti lasciano comunque prevedere che, quando il riciclaggio del Buffone sarà compiuto e consolidato, la stampa di destra troverà il modo di riallestire la solita messinscena dello scontro ideologico con la "sinistra", dando del comunista persino a Renzi.
D'altra parte il vittimismo e l'irriconoscenza costituiscono la consueta e metodica rappresentazione della destra nel gioco delle parti con quel suo prezioso ed indispensabile partner, anzi tutore, che è la fintosinistra. Non si tratta della presunta "anomalia" italiana, dato che oltreoceano le cose non vanno diversamente, come dimostra l'attuale pantomima dello "scontro" tra il presidente democratico USA, Obama, ed i repubblicani per la questione della "riforma sanitaria" che va sotto il nome di "Medicare".
I repubblicani presentano Medicare come una ingerenza statale ed una forma di socialismo sanitario, un attentato all'iniziativa privata. Al contrario, Obama ha realizzato il programma repubblicano di privatizzare ulteriormente l'assistenza sanitaria; infatti, grazie a Medicare, il governo federale può versare quasi cento miliardi di dollari all'anno alle compagnie di assicurazione private, le quali però non coprono in un anno neppure la metà dei costi medi di una malattia, che sono di circa venticinquemila dollari. Persino tra i critici più severi di Medicare, c'è ancora però chi si ostina a considerare la "riforma" comunque un passo avanti. Il timore di essere confuso con i repubblicani e con i loro attacchi sguaiati può forse spiegare questa posizione; anche perché, vista a sé stante, la riforma Medicare potrebbe essere spacciata come un "meglio che niente".
In realtà Medicare sta riempiendo le tasche delle compagnie assicurative private, e perciò rafforza il loro lobbying e la loro capacità di deformare i fatti e di corrompere la politica. Oggi i media fanno volutamente confusione, attribuendo il titolo di lobby anche ai tassisti ed ai farmacisti; ma il vero lobbying non si fa con le promesse di voti, bensì col denaro e con quel "revolving door" che consente ai politici ed ai loro parenti di andare ad occupare posti ben remunerati nella dirigenza delle compagnie private. Le compagnie di assicurazione statunitensi infatti piangono miseria ed hanno già ottenuto una serie di "tagli" all'assistenza sanitaria reale; tagli che hanno già colpito inesorabilmente all'inizio di quest'anno, mentre molti si attendevano ingenuamente un rafforzamento del programma assistenziale.
Il "Segreto Più Nascosto" non è quello dei Rettiliani, o degli Illuminati, o della Fratellanza Babilonese, ma il fatto che la cosiddetta "spesa sociale" è in effetti una copertura per l'assistenzialismo a favore dei ricchi. Mentre i ricchi recitano sempre la parte delle vittime e si lamentano delle troppe tasse, gli investimenti per la spesa sociale vanno intanto a compagnie private. In Massachusetts un programma di assistenza agli "homeless" si è risolto di fatto in un versamento di denaro pubblico ad una corporation privata.
 
Di comidad (del 30/01/2014 @ 03:23:35, in Commentario 2014, linkato 2353 volte)
Mentre si prospetta addirittura una privatizzazione della Banca d'Italia, il governo Letta/Saccomanni ha già avviato una privatizzazione delle Poste, e soprattutto del suo nocciolo pregiato, cioè BancoPosta. Dato che BancoPosta produce utili che vanno al suo azionista unico, lo Stato, appare del tutto logico e trasparente che il governo decida di privarsi di questa fonte di entrate, con la motivazione ufficiale di "fare cassa".
Il decreto del governo prevede che circa il 40% delle azioni venga messo sul "mercato". Come era avvenuto per la privatizzazione dell'Enel ai tempi del secondo governo Amato, una quota attorno al 5% delle azioni dovrebbe essere venduta a dipendenti delle Poste, in modo da poterli turlupinare delle loro liquidazioni. Il decreto prevede inoltre che la quota più consistente, un 50/60% delle azioni in vendita, sia riservato a "investitori istituzionali", cioè banche. Sarebbe interessante valutare la credibilità di questi "investitori istituzionali", verificando quali siano oggi le loro effettive capacità di "investire" senza ricevere aiuti sottobanco da parte dello Stato. Il principale partner di BancoPosta per la commercializzazione di prodotti finanziari è Deutsche Bank, che poco più di una settimana fa ha subito un tonfo borsistico, in seguito alla pubblicazione dei suoi bilanci in rosso.
La stessa Deutsche Bank risulta esposta per titoli derivati per una cifra di settantremila miliardi di euro. La messinscena dell'emergenza del debito pubblico e dello "spread" ha costituito uno dei più giganteschi depistaggi della Storia per distrarre dall'emergenza vera, quella della voragine dei titoli derivati; infatti mentre il Meccanismo Europeo di Stabilità, nato nel 2012, si fa chiamare "Fondo Salva-Stati", in realtà è un fondo salva-banche. Il sito ufficiale dell'Unione Europea ci assicura che il MES potrà ricapitalizzare direttamente le banche.
Attualmente Deutsche Bank in fatto di derivati risulta la banca più esposta di tutte, persino più di JP Morgan. La voragine dei derivati incombe sul sistema bancario europeo e su quello mondiale, tanto che dovrebbe mettere in liquidazione una buona volta la mitologia sulla "virtuosa" finanza tedesca.
Sennonché l'opinione pubblica non viene tenuta al corrente della fragilità del sistema finanziario tedesco, né della sua conseguente ricattabilità da parte di soggetti sovranazionali con sede a Washington, come il Fondo Monetario Internazionale. Sarà una coincidenza, ma all'ombra della mitologia delle virtù finanziarie tedesche, è proprio il FMI ad aver stabilito saldamente il suo dominio sulla UE, in base all'articolo 13 del Trattato del Meccanismo Europeo di Stabilità. Se le notizie sul verminaio del dissesto della finanza tedesca circolassero un po' di più, sarebbe più difficile per il FMI defilarsi come riesce a fare ora.
Il quotidiano confindustriale "Il Sole-24 ore" del 27 gennaio ultimo scorso, ha riportato la notizia di una proposta della banca centrale tedesca, la Bundesbank, in base alla quale i Paesi in crisi debitoria dovrebbero, prima di accedere ad aiuti e prestiti, dimostrare la loro buona volontà istituendo una severa tassa patrimoniale una tantum. Bundesbank sta chiaramente facendo da sponda ad una vecchia idea del FMI, da sempre ansioso di mettere le mani su immobili e risparmi del ceto medio italiano, sino a qualche anno fa uno dei più benestanti del mondo. Queste proposte sono lanciate anche per creare confusione nella fintosinistra, da tempo convertita al vangelo fiscale, in base al falso dogma che il fisco rappresenti un mezzo di redistribuzione della ricchezza. Ecco quindi che la "rivolta fiscale" è diventata un alibi ed una bandiera della destra in modo da lasciare alla fintosinistra il lavoro sporco. La visione redistributiva ed egualitaria del fisco in realtà è soltanto una proiezione propagandistica del pretestuoso vittimismo dei ricchi, dato che l'esperienza storica dice proprio il contrario, e cioè che il fisco costituisce uno strumento per togliere a chi ha di meno per dare a chi ha di più. La vera linfa del Capitale non è lo spirito imprenditoriale, ma il denaro pubblico.
L'articolista de "Il Sole-24 ore" ovviamente si nega all'evidenza, ed intona una litania a proposito del proverbiale moralismo tedesco. Parrebbe infatti che, in tedesco, debito e colpa si dicano con la stessa parola; cosa che, peraltro, non risulta al traduttore Google, che quindi andrebbe aggiornato ai fasti della morale teutonica. Con queste pseudo-patenti culturali, che prendono a prestito reminiscenze scolastiche sul Max Weber dell'etica protestante e lo spirito del capitalismo, si riesce a distrarre dai dati di cronaca ed a veicolare il solito razzismo.
Le follie finanziarie tedesche nell'ultimo decennio si sono impersonate nel volto e nel nome del mitico CEO di Deutsche Bank, lo svizzero Josef Ackermann, che è stato più volte coinvolto in indagini giudiziarie, e sempre accanitamente sostenuto dalla cancelliera Angela Merkel. Con inflessibile moralismo protestante, la cancelliera ha costantemente dipinto Ackermann come una vittima di magistrati faziosi e inconsapevoli del funzionamento del sistema degli affari. La Merkel usa argomenti che ci si aspetterebbe dal Buffone di Arcore, e non certo da alfieri delle virtù germaniche.
Alla fine però Ackermann ha dovuto lasciare il suo posto di super-manager di Deutsche Bank per ritirarsi nella natia Svizzera, accontentandosi di dirigere uno dei più grandi gruppi assicurativi del mondo, Zurich Insurance. La sfortuna e l'incomprensione però hanno continuato a perseguitare l'ex banchiere, poiché uno dei dirigenti del gruppo assicurativo è morto per uno strano "suicidio", la cui responsabilità è stata ingenerosamente attribuita ad Ackermann. Solo di recente un'inchiesta interna alla compagnia assicurativa ha scagionato Ackermann dall'accusa di aver suicidato quel dirigente. Non c'è dubbio che quell'inchiesta sia stata condotta con lo stesso rigore morale che contraddistingue tutte le vicende finanziarie germaniche. Purtroppo Ackermann era stato già costretto ad abbandonare la sua carica in Zurich Insurance, quindi ora è libero di andare a far danni da qualche altra parte.
 
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FEDERALISTI ANARCHICI:
il gruppo ed il relativo bollettino di collegamento nazionale si é formato a Napoli nel 1978, nell'ambito di una esperienza anarco-sindacalista.
Successivamente si é evoluto nel senso di gruppo di discussione in una linea di demistificazione ideologica.
Aderisce alla Federazione Anarchica Italiana dal 1984.


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