Di seguito gli interventi pubblicati in questa sezione, in ordine cronologico.
Il 7 novembre ultimo scorso si è svolta al Quirinale una riunione del Consiglio Supremo di Difesa, presieduta da Giorgio Napolitano. Gli organi d'informazione si sono adoperati per non farcene sapere assolutamente nulla, cercando anzi di attirare l'attenzione su vicende veramente decisive per le sorti dell'umanità, come le telefonate della ministra Cancellieri o le persecuzioni antisemite contro i figli del Buffone di Arcore.
Perché tanto mistero? Quali terribili decisioni erano state prese dal Consiglio Supremo di Difesa a nostra insaputa? La soluzione dell'arcano per fortuna si poteva trovare su quei siti nei quali a nessuno viene in mente di cercare, come, ad esempio, quello del ministero della Difesa.
In parte la soluzione del mistero era scontata, poiché all'ordine del giorno della riunione c'era la questione del rifinanziamento delle missioni militari all'estero, dato che in questo settore non ci sono spending review che tengano ed i soldi si trovano sempre. Poi il Consiglio Supremo di Difesa (già il nome incute timore) ha elaborato un comunicato a sua volta reperibile sul sito della Presidenza della Repubblica.
Dal comunicato si apprende che occorrerà prepararsi ad un'altra di quelle svolte epocali a cui l'Europa ci ha assuefatto, cioè starebbe per concretizzarsi quella politica militare comune dell'Unione Europea, che va sotto il nome di Common Security Defense Policy, e che sarebbe comunque integrata nella NATO.
I supremi difensori della Patria si sono quindi riuniti per celebrare i riti del culto di Maastricht, pregando i colonizzatori di colonizzarci un po' di più. Un Consiglio Supremo di Collaborazione con l'Occupante. Dal comunicato si capisce infatti che a Roma non si decide nulla e che lo zelo andrà profuso solo per mettersi a disposizione. Per mostrarsi preparati, si dovrà però elaborare un bel "libro bianco" sulle forze armate, giusto per far vedere che l'attesa viene vissuta con compunta trepidazione.
Che progresso dai tempi in cui Alessandro Manzoni scriveva che la nostra parte era "servire e tacer"! Adesso invece bisogna servire riversandoci sopra un cumulo di chiacchiere e scartoffie.
Si può tranquillamente scommettere che l'avvio della Common Security Defence Policy verrebbe spacciato all'opinione pubblica come un'occasione di risparmio, come un modo per evitare sprechi ed inutili doppioni in campo militare. Ma altrettanto certo è che lo slogan ricattatorio del "ce lo chiede l'Europa" verrebbe poi usato nei fatti per aumentare a dismisura le spese militari. Intanto su organi di stampa insospettabili come "Il Fatto Quotidiano" appare qualche anticipazione di quelle fallaci promesse di risparmio che l'integrazione della difesa europea sarebbe in grado di consentire.
L'alone di silenzio delle prime pagine di giornali e telegiornali di fronte alla prospettiva concreta di integrazione europea delle forze armate, però attualmente continua; e potrebbe apparire persino eccessivo, dato che sono già in atto da tempo ben altre integrazioni, come quella con la NATO. Ma una notizia del genere arriverebbe al vasto uditorio nel momento in cui ci si rende conto di aver un po' esagerato mettendo sullo scranno di Presidente del Consiglio uno come Enrico Letta, una tale nullità che non si fa scrupolo di farci sapere di annoverare come suo massimo ideologo nientemeno che il pesce Nemo.
Cominciano perciò ad affacciarsi commentatori come Curzio Maltese, il quale, sul "Venerdì di Repubblica" del primo novembre, ammette che ormai la politica è soltanto una vuota rappresentazione ad uso dei talk-show per colonizzati, e che è in realtà la Troika FMI-UE-BCE a costituire il vero governo. In queste ammissioni però c'è ancora il trucco di far apparire la colonizzazione come effetto inevitabile delle nostre passate marachelle, in particolare il folle ventennio del Buffone di Arcore. L'autorazzismo di queste conclusioni serve quindi a riconfermare il destino di subordinazione coloniale, e rimane in linea con il culto di Maastricht.
I commenti forse si faranno più interessanti quando si comincerà a considerare anche il regime del Buffone come una conseguenza logica del Trattato di Maastricht. Forse sarebbe persino il caso di cominciare ad affrancare il nome del Comune di Arcore dal peso del suo più famigerato residente, cominciando a chiamarlo "Buffone di Maastricht".
Nel 1992 Maastricht aveva infatti liquidato il ruolo tradizionale di mediazione che era assegnato alle politiche nazionali. Maastricht non ha eliminato una sovranità che già non c'era più; ha invece congedato, insieme con gli ammortizzatori sociali del welfare, anche gli ammortizzatori politici, per passare ad un colonialismo diretto, in cui la "politica" è solo distrazione.
Mentre in Italia il governo Letta annuncia una nuova ondata di privatizzazioni, il "capitalismo" statunitense continua tranquillamente a fondarsi sulle partecipazioni statali. I ministeri delle partecipazioni statali di marca USA sono addirittura due: il Pentagono e la National Security Agency.
I media oggi ci narrano dei colossi dell'informatica che si mettono in posa da accusatori contro gli eccessi spionistici della NSA, ma rimane il fatto che le fortune di Silicon Valley dipendono a tutt'oggi dai contratti delle agenzie governative, e della NSA in particolare.
Le ricadute civili delle tecnologie sviluppate in ambito militare e spionistico generano un business che viene fatto gestire ad appositi prestanome, come i Steve Jobs o i Mark Zuckerberg, attorno ai quali sono costruite le fiabe dei "miliardari per caso", che avrebbero spiccato il volo da umili garage. I "miliardari per caso" sono personaggi della più generale fiaba del "capitalismo per caso", come appunto il modello "anarchico" di Silicon Valley. Di fatto la spesa annuale della NSA per Silicon Valley viene valutata ad un minimo di otto o dieci miliardi di dollari l'anno. C'è poi da considerare il fenomeno delle "revolving doors", per il quale i funzionari delle agenzie governative lasciano il loro posto statale per andare a percepire stipendi milionari nei colossi privati dell'high-tech.
Ma c'è anche il percorso inverso, come dimostra il caso di Max Kelly, il massimo dirigente per la sicurezza di Facebook, che nel giugno scorso è andato a lavorare proprio per la NSA. La vicenda ha fatto sorgere il legittimo sospetto che Kelly fosse già un agente NSA anche nelle vesti di dirigente di Facebook, e che oggi egli sia tornato alla casa madre per porsi sotto la protezione legale del governo e del segreto di Stato in caso di controversie legali. Ovviamente la notizia su Kelly non è stata ritenuta di tale importanza da essere ripresa dai media italiani, ed è stata sottovalutata dagli stessi media anglosassoni; eppure la vicenda di Kelly pone dubbi più che fondati sulla stessa genesi e funzione di Facebook.
C'è chi ritiene che Facebook non possa interessare agenzie come la NSA o la CIA, data la scarsa qualità delle informazioni che vi circolano, cioè per lo più pettegolezzi. In realtà Facebook è in grado di ovviare a quello che per le agenzie spionistiche costituisce un difetto radicale di internet, cioè il trovarsi di fronte a miliardi di informazioni, senza però alcuna possibilità di classificazione e di individuazione dei target di ricerca. Al contrario, Facebook consente una mappatura a catena delle relazioni umane, e quindi di sapere su quale rete di persone concentrare di volta in volta lo spionaggio.
Quando si parla dello spionaggio della NSA, lo si considera unicamente dal punto di vista della violazione della privacy, senza coglierne le evidenti implicazioni per ciò che riguarda il mega-business dello spionaggio industriale all'ombra del pretesto dell'antiterrorismo. Vi sono oggi prove che lo spionaggio industriale della NSA abbia colpito una delle principali aziende brasiliane, la Petrobras; ma è difficile credere che si tratti di un caso isolato.
Sempre bravissimi ad interpretare la parte delle vittime, gli USA si danno da fare per elaborare legislazioni ad hoc per difendersi dallo spionaggio industriale, in particolare contro la minaccia dei cattivissimi Cinesi. Ovviamente queste leggi anti-spionaggio industriale potranno costituire un ulteriore pretesto ed un avallo legale per aumentare le attività spionistiche ai danni degli altri.
Se davvero qualcuno avesse sviluppato nuove tecnologie nei garage, avrebbe avuto ben poche possibilità di non vedersi trafugate le sue invenzioni da parte della NSA. Forse è per l'impossibilità di soffermarsi su questi insignificanti dettagli che la trasposizione delle fiabe capitalistiche dei "miliardari per caso" in narrazioni cinematografiche ha prodotto storie prive di senso. I film sull'argomento non hanno soddisfatto del tutto la critica, e neppure le torme dei pur creduli fans; quelli convinti che a qualunque sfigato basti smanettare sul computer indossando felpa e t-shirt per partecipare alle opportunità di accesso all'olimpo capitalistico. Così è accaduto che abbia deluso quasi tutti il film biografico sul più mitico dei presunti maghi dell'high-tech, il defunto Steve Jobs.
Nel caso di Zuckerberg neanche il diretto interessato si è dichiarato entusiasta del film che lo riguardava. Ma era inevitabile, poiché, quando la narrazione scende nel dettaglio, vengono alla luce crepe logiche insormontabili, che si cerca di reincollare con forzature sempre più grossolane, da cui diventa urgente prendere le distanze per non alimentare ulteriori scetticismi.
Non è un caso che anche i film e le serie televisive sul terrorismo abbiano sofferto dei medesimi problemi, in quanto è nei dettagli narrativi che alla fine si scopre l'assunto fiabesco. La narrazione del capitalismo ha quindi assoluto bisogno di vaghezza, perciò è sempre bene che rimanga confinata nel limbo dei talk-show. In quanto ad auto-narrazione, il capitalismo non riesce mai a diventare adulto, perciò ha assoluto bisogno di infantilizzare anche il proprio pubblico.
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