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"Ridurre l'anarchismo alla nozione di "autogoverno", significa depotenziarlo come critica sociale e come alternativa sociale, che consistono nella demistificazione della funzione di governo, individuata come fattore di disordine."

Comidad
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Di seguito gli interventi pubblicati in questa sezione, in ordine cronologico.

Di comidad (del 03/10/2024 @ 00:05:08, in Commentario 2024, linkato 6432 volte)
In questi ultimi decenni è cresciuta, anche negli ambienti più insospettabili, l’insofferenza verso la cosiddetta “sinistra”, ritenuta foriera di pulsioni totalitarie. Sebbene le motivazioni di tanta insofferenza siano perfettamente comprensibili e condivisibili, l’approccio al problema appare invece completamente fuorviante. Per quanto l’astio tra “destra” e “sinistra” sia autentico e sincero, addirittura parossistico, ciò non toglie che le due sponde opposte facciano insieme sistema, o gioco delle parti, poiché si avviano dalle stesse premesse, cioè dalle stesse gerarchie antropologiche. La mitologia di destra si basa sul culto della forza, magari ribattezzata eufemisticamente “merito”, che andrebbe lasciata libera di esprimersi anche a scapito dei deboli, ma in definitiva a loro vantaggio, poiché ne verrebbero indirizzati e disciplinati. La “sinistra” pretenderebbe invece di porre alla “forza” dei limiti morali, da imporre attraverso la legge o l’educazione, o entrambe. La diatriba tra liberismo e socialismo si appunta su questo schema, che comunque non scalfisce il mito della “forza”.
Il successo delle fiabe pseudo-economiche “neoliberiste” di Milton Friedman è stato dovuto alla loro completa aderenza a questo schema mitologico. Stranamente (ma neanche tanto) i più accaniti “bevitori” delle dottrine neoliberiste stanno proprio a “sinistra”, dove si prende sul serio ogni sillaba di Friedman, in modo da potersene scandalizzare. A “sinistra” è bersaglio di particolare indignazione morale la tesi di Friedman secondo la quale l’impresa è responsabile solo verso i suoi azionisti e quindi non verso la società. Il problema di questa affermazione non consiste nel suo irresponsabile egoismo e nella sua immoralità, ma semplicemente nel fatto che non ha nessuna attinenza con la pratica effettiva delle imprese quotate in Borsa. Nessuna bolla azionaria crea valore di per sé, bisogna riempirla con qualcosa; tanto per cominciare si diminuiscono le tasse per le imprese, e il vuoto nel bilancio lo si copre aumentando le tasse sui consumi. Anche Reagan, come già la Thatcher, era andato al potere promettendo una diminuzione delle tasse; in realtà le ha diminuite solo ai ricchi, mentre anche lui, come già la Thatcher, ai poveri ha regalato un aumento delle tasse sulla benzina. La mitologia di Friedman afferma che l’inflazione sarebbe dovuta alla troppa moneta che si appunta su troppo pochi beni, e si dimentica dell’effetto inflazionistico delle tasse sui consumi; così quando l’inflazione sale i governi hanno il pretesto per tagliare i salari. A “sinistra” che si fa? Si smaschera la falsa retorica anti-fiscale della destra? Per niente; al contrario, si fa l’elogio delle tasse. Gioco delle parti.
Ronald Reagan ce l’aveva a morte con quei poveri che egli chiamava gli scrocconi del welfare, ma non ha mai detto niente contro il welfare a favore delle aziende, cioè l’assistenzialismo per ricchi. Negli Stati Uniti poco meno di mille aziende avevano ricevuto nel 2014 oltre cento miliardi in sussidi. Un miliardo era andato ad un’azienda di Warren Buffet, che è diventato un idolo della sinistra perché ha chiesto un aumento delle tasse. Intanto avrebbe dovuto cominciare a restituire quel miliardo. La Meloni si adegua al trend: dice che toglie il reddito di cittadinanza perché non vuole buttare i soldi dalla finestra, ma decide di darli alle imprese “perché così assumono”. Vabbè.

La sudditanza psicologica nei confronti della “forza” si riscontra persino in molti di quelli che si considerano oppositori all’establishment ed all’imperialismo. Si condanna il bombardamento israeliano su Beirut (peraltro con bombe americane) che ha ucciso un migliaio di persone, tra cui anche il leader politico di Hezbollah, ma poi si ammirano le presunte capacità di “intelligence” di Israele e la sua potenza. Nasrallah non era un capo militare ma il leader di un partito politico rappresentato in parlamento, che non aveva come unica priorità quella di combattere l’occupazione israeliana del Libano (una parte del territorio libanese è ancora occupata da Israele), ma anche quella di prevenire una guerra civile nel proprio paese. Per tenere i contatti con gli altri partiti libanesi, Nasrallah era quindi costretto a rimanere nella capitale già sotto bombardamento e ad esporsi al rischio che i suoi movimenti venissero tracciati; e infatti aveva già designato il suo successore in caso di “martirio”. Dove sarebbe la capacità di “intelligence” da parte di Israele? C’è solo la certezza storica della propria impunità. Nel 1948 i terroristi sionisti della banda Stern uccisero l’inviato dell’ONU, lo svedese Folke Bernadotte; e non solo i sionisti la fecero franca, ma uno degli assassini, Shamir, divenne primo ministro di Israele qualche decennio dopo.
Lo stesso delirio celebrativo ha invaso i più insospettabili antisionisti nel caso dei cercapersone esplosivi, che erano semplici oggetti truccati con esplosivo e telecomandati, come fa Cosa Nostra con le auto-bomba. L’operazione quindi non consisteva nel mettere in campo capacità tecnologiche, bensì nel ricorrere al consueto espediente dei servizi segreti, cioè creare ditte fantasma per intermediare la vendita dei cercapersone. Nessun servizio segreto può agire all’estero esponendo la propria insegna e quindi si creano queste società fittizie di import-export. Ogni servizio segreto che abbia i mezzi finanziari per agire all’estero crea di queste ditte; ma, al tempo stesso, opera una ricognizione su quelle che nascono, in modo da capire cosa fanno gli altri servizi. Se davvero l’operazione del Mossad durava da più di un anno, è difficile credere che gli altri servizi non lo sapessero e non abbiano garantito la propria connivenza. Il Regno Unito, gli Stati Uniti, ma anche altri paesi europei e, per un certo tempo, persino l’Unione Sovietica, hanno concepito Israele come una zona franca di impunità in cui concentrare gli affari sporchi. Se non ci fossero stati a disposizione gli ebrei, si sarebbero inventati qualche altra etnia. L’impunità non è un accessorio ma è il senso stesso della nascita di Israele. Il rapporto organico tra imperialismo britannico e sionismo era cominciato molto prima della Dichiarazione di Balfour del 1917. Chaim Weizmann era un chimico, fu fondatore della Commissione Sionista, poi diventata Agenzia Ebraica. Weizmann fu il primo presidente dello Stato di Israele e nel corso della sua vita aveva sempre intrattenuto rapporti politici strettissimi con Winston Churchill.
Il sionismo fu allevato e protetto dall’imperialismo britannico, ma tra il 1938 ed il 1945 il timore che la Palestina potesse essere occupata dall’Italia e dalla Germania, spinse il Regno Unito a sospendere il processo di costruzione dell’entità sionista autonoma. Ciò irritò la destra sionista ed in particolare Shamir che nel 1944 fece uccidere da due suoi sicari il Segretario di Stato per le Colonie, lord Moyne, che era sostenitore politico e amico personale di Churchill. La responsabilità dell’omicidio fu confermata e rivendicata dallo stesso Shamir in un’intervista a “Times of Israel”, con motivazioni fumose che denotano non solo una personalità da criminale psicopatico (il che sarebbe ovvio), ma soprattutto una vena di quell’inesauribile cialtroneria che è alla base della comunicazione sionista (vedi l'appello di Netanyahu al popolo iraniano). Nonostante l’affronto dell’uccisione di un proprio ministro, il Regno Unito ha chiuso un occhio su questo ed altri omicidi eccellenti. Si sbaglia chi pensa che la licenza di uccidere di Israele sia limitata agli arabi, perché gli interessi in gioco sono troppo alti per non passare sopra a certe trasgressioni.
Il dottor Jekyll ha creato il suo mister Hyde, un alter ego delegato a delinquere impunemente; un “doppio” non del tutto gestibile ma sempre prezioso. Israele è un posto in cui non c’è nemmeno una vera e propria legge, non ha una Costituzione o una gerarchia delle fonti giuridiche; ma c’è una gerarchia antropologica. Così tutte le imprese del mondo possono aprire una propria filiale in Israele, che, ad onta delle continue guerre, è un posto “tranquillo” per gli affaristi, dove puoi riciclare soldi senza essere intercettato e dover pagare la tangente ad una miriade di poliziotti, giudici e costituzionalisti. Secondo i dati dell’ambasciata USA, Israele ospita ben duemilacinquecento imprese americane, e inoltre si registra un viavai di politici e amministratori locali statunitensi per ogni genere di giro di soldi. Un paradiso dei cleptocrati.
 
Di comidad (del 10/10/2024 @ 00:08:05, in Commentario 2024, linkato 6242 volte)
La data del 7 ottobre è assurta ai fasti della religione ufficiale con un nuovo significato, sfrattando la celebrazione dell’obsoleta Madonna del Rosario; ciò ad ennesima smentita del luogo comune secondo cui vivremmo in una società secolarizzata che avrebbe perso il senso del sacro. Spacciando gli israeliani per ebrei, si è trasformato un evento bellico in oggetto di culto sacrificale, estorcendo all’opinione pubblica la sottomissione al mistero, doloroso ma anche glorioso, del Popolo Eletto che si scontra col Male Assoluto. Si tratta di una vera e propria diffida, di una sfacciata intimidazione nei confronti di chi voglia porre troppe domande, ammonendolo a non incorrere nella blasfemia. A distanza di un anno dall’attacco di Hamas e di altre formazioni palestinesi, l’Israeli Defence Force infatti non ha ancora pubblicato i risultati dell’inchiesta che avrebbe dovuto spiegare i motivi della debacle del sofisticato e costoso sistema elettronico di protezione militare al confine di Gaza. La BBC ha pubblicato una ricostruzione parziale degli eventi del 7 ottobre in base a presunte testimonianze di militari israeliani, i quali avrebbero condizionato le loro dichiarazioni alla garanzia di rimanere nell’anonimato. Da quel poco che si capisce, pare che un attacco da Gaza fosse atteso ma che, nonostante le numerose segnalazioni nei giorni precedenti, la sua portata fosse stata gravemente sottostimata dagli alti comandi; mentre, al contrario, erano assolutamente sovrastimate le capacità della barriera di protezione. La vicenda del 7 ottobre quindi va oltre la questione delle balle sugli stupri e sgozzamenti, e persino al di là del famigerato Protocollo Hannibal che impone ai militari israeliani di impedire la presa di ostaggi anche a costo di uccidere commilitoni e concittadini.
In questo marasma di domande ancora senza risposta ufficiale, c’è infatti una certezza, cioè il miliardo e cento milioni di dollari che è costato il muro di protezione israeliano. Lungo sessantacinque chilometri, il muro era stato completato nel dicembre del 2021 ed era dotato di modernissimi sensori e sistemi anti-tunnel. Un’altra certezza è che la questione del fallimento del muro anti-Gaza e dei suoi costi è scomparsa dal dibattito; e ciò appunto grazie all’operazione di consacrazione degli eventi del 7 ottobre, nella loro trasformazione in “pogrom” o addirittura in appendice dell’Olocausto. In altri termini, più sacro e più culti misterici ci metti, meno devi rendere conto di quanto hai speso e di quanto hai “mangiato” per vendere al pubblico una pericolosa illusione di invulnerabilità.

C’è anche un altro aspetto da mettere in ombra grazie alle nebbie del sacro, e cioè i bidoni che hai rifilato. Lo scorso anno Israele è riuscito a vendere alla Germania il suo sistema antimissile Arrow 3, costruito in collaborazione con la multinazionale americana Boeing, un nome che già da solo garantiva che si trattasse di un bidone. Il sistema dovrebbe essere consegnato alla Germania entro il 2025. Nello stesso periodo Israele ha firmato un accordo per la vendita di un altro suo sistema antimissile, il David’s Sling, costruito in collaborazione con la multinazionale americana Raytheon. Stavolta il pollo (pardon, l’acquirente) è stato la Finlandia, che ha così celebrato alla grande il suo ingresso nella NATO. Il sistema antimissile Iron Dome, finanziato dagli USA ma costruito interamente dall’azienda israeliana Rafael, è stato invece meno fortunato, infatti allo stato attuale l’unico compratore pare sia il governo di Cipro. Ma, in quanto finanziatori fin dall’inizio del progetto, anche gli USA dovrebbero dotarsi del sistema Iron Dome.
A “protezione” di Israele c’era anche un quarto sistema, il famoso Patriot della multinazionale Raytheon, i cui fallimenti risultano agli atti del Congresso americano fin dal 1992; cosa che non ha mai impedito di continuare a spenderci denaro pubblico. Si può prendersela con quell’infame della Guida Suprema Khamenei, e magari far fuori anche lui, ma ciò non sposta i termini del problema delle scarse prestazioni dei sistemi anti-missile israelo-americani in rapporto ai loro costi esorbitanti.
La scorsa settimana l’IDF ha ammesso che nella serata del primo di ottobre scorso ventitré missili iraniani hanno colpito delle basi aeree israeliane, in particolare la base di Nevatim. Secondo l’IDF sono stati colpiti solo edifici amministrativi e i danni sarebbero irrilevanti. Anche se il resoconto israeliano sui danni fosse vero, sta di fatto che i missili sono passati e si può intuire ciò che sarebbe accaduto se avessero avuto come bersaglio aree residenziali o centrali elettriche, oppure portato testate chimiche. La morale della favola alla fine è sempre che, nonostante i loro costi stratosferici, i sistemi antimissile non risultano efficaci. Proprio come era accaduto al Muro di Ferro al confine di Gaza, anche le frecce, le fionde e le cupole sono state funzionali esclusivamente al sistema della cleptocrazia militare. Assistiamo anche ad un ulteriore paradosso per la logica ma non per gli affari: oggi le multinazionali delle armi possono fare ancora più soldi proprio perché le armi da loro prodotte in passato non hanno funzionato.
L’Israel lobby, l’AIPAC, organizza “viaggi di istruzione” in Israele per i parlamentari americani, repubblicani e democratici; e vediamo poi questi “legislatori”, allineati come scolaretti, accettare lo stato di sudditanza psicologica e la conseguente umiliazione. Certo, i “legislatori” vanno in fila a riscuotere la loro tangente sui finanziamenti pubblici che gli USA inviano a Israele ma, per comprendere pienamente tutto ciò, occorre tener conto che la potenza del lobbying non sta solo nel comprare i politici; sta anche nel diventare il loro modello esistenziale. Israele realizza compiutamente l’ossimoro dell’emergenza permanente e quindi catalizza automaticamente l’attività di lobbying, il quale non è uno strumento neutro. Il lobbying non può promuovere allo stesso modo affari bellicisti o affari che richiedano un contesto pacifico, affari del tutto legali oppure affari loschi che necessitino di un margine di illegalità. Il lobbying batte sempre la politica e la domina poiché la politica richiederebbe una valutazione ragionata delle opzioni in campo; mentre il lobbying segue per riflesso condizionato tutto ciò che conferisce più massa, più velocità e minore trasparenza ai flussi di denaro pubblico, quindi guerre ed emergenze sanitarie; che consentono di fare affari velocemente e criminalizzando chiunque si azzardi a chiedere spiegazioni. Il lobbista è più diretto, non ha incertezze e ripensamenti, sa sempre quello che deve fare, perciò alla fine sarà il politico ad ammirare il lobbista, ad esserne sedotto e ad imitarlo. Se la si mette in termini di fisica sociale, si può dire che non è Israele ad avere una sua lobby, bensì è il lobbying ad aver creato Israele.
 
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FEDERALISTI ANARCHICI:
il gruppo ed il relativo bollettino di collegamento nazionale si é formato a Napoli nel 1978, nell'ambito di una esperienza anarco-sindacalista.
Successivamente si é evoluto nel senso di gruppo di discussione in una linea di demistificazione ideologica.
Aderisce alla Federazione Anarchica Italiana dal 1984.


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