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"La distruzione di ogni potere politico è il primo dovere del proletariato. Ogni organizzazione di un potere politico cosiddetto provvisorio e rivoluzionario per portare questa distruzione non può essere che un inganno ulteriore e sarebbe per il proletariato altrettanto pericoloso quanto tutti i governi esistenti oggi."

Congresso Antiautoritario Internazionale di Saint Imier, 1872
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Di seguito gli interventi pubblicati in questa sezione, in ordine cronologico.

Di comidad (del 24/07/2008 @ 08:53:17, in Commentario 2008, linkato 1484 volte)
Per fine anno sono ufficialmente attesi gli effetti della crisi finanziaria statunitense sull’economia europea, ed una parte dei commentatori paventa il pericolo di un “nuovo ‘29”, una depressione analoga a quella degli anni ’30. Posta così, la questione appare viziata da un falso storico.
Gli anni ’30, in Europa, costituirono il primo decennio della storia del capitalismo in cui lo sviluppo economico si espresse anche in un effettivo aumento del benessere sociale. In particolare furono estesi a gran parte della popolazione i vantaggi della elettrificazione, ma vi fu anche una politica delle infrastrutture e delle case popolari, molte delle quali sopravvissero alle devastazioni della seconda guerra mondiale. Ciò accadde in tutta Europa: in Germania, in Francia, in Gran Bretagna, in Italia, in Cecoslovacchia, ecc., quindi aldilà delle connotazioni ideologiche dei regimi.
La politica economica di intervento pubblico attuata dal fascismo negli anni ’30 viene spesso considerata una caratteristica specifica di quel regime, ma anche questo è un falso. Mussolini prese il potere nel 1922 all’insegna della parola d’ordine del liberismo, e infatti uno dei suoi primi provvedimenti fu quello di abolire il monopolio statale delle assicurazioni sulla vita, assegnato per legge all’Istituto Nazionale delle Assicurazioni. Il monopolio delle assicurazioni sulla vita era stato istituito da un governo Giolitti antecedente alla prima guerra mondiale, ma voluto e messo in atto dal ministro della Agricoltura e dell’Industria di quel governo, Francesco Saverio Nitti.
Non a caso, per attuare la politica economica di intervento statale, Mussolini negli anni ’30 si rivolse proprio ad un ex-collaboratore di Nitti, cioè Alberto Beneduce, di posizioni social-riformiste (quindi più a sinistra di quelle dello stesso Nitti), ed ex dirigente dell’INA. Nitti, che negli anni ’30 era in esilio, non perdonò Beneduce per la sua collaborazione con il fascismo e non rispose mai alle sue lettere; ma sta di fatto che Beneduce, con l’istituzione dell’IRI (Istituto per la Ricostruzione Industriale) e con la nuova legge bancaria del 1936, applicò principi e metodi di intervento pubblico in economia che erano stati teorizzati dallo stesso Nitti, e che avevano fatto diventare quest’ultimo una bestia nera della borghesia italiana, che nel 1922 decise di puntare tutte le sue carte su Mussolini, allora alfiere del liberismo.
D’altro canto, l’offensiva liberistica di Mussolini negli anni ’20 non ebbe a disposizione il tempo materiale per bruciarsi tutti i ponti alle spalle - come invece sta accadendo ora -, perciò alla scoppio della crisi del ’29 vi erano ancora forze sufficienti per fare pressioni sul regime fascista ed indurlo a cambiare politica economica. Negli anni ’30, in Italia, e nel resto d’Europa, la grande crisi del ‘29 costituì perciò la grande occasione per sganciarsi dalla dipendenza finanziaria dagli Stati Uniti. Le Corporation statunitensi continuarono ad investire i loro capitali in Europa, e soprattutto nella Germania nazista, ma il precedente stato di dipendenza dell’economia europea sembrava ormai cessato.
I movimenti che si stanno verificando non solo oggi, ma da molti anni indicano che il colonialismo statunitense vuole evitare che la crisi americana divenga un’altra occasione di sganciamento da parte dell’Europa. Il sistema di potere economico creato da Beneduce in Italia sopravvisse a lui stesso, alla seconda guerra mondiale ed alla caduta del fascismo, ma fu smantellato da Romano Prodi, presidente dell’IRI negli anni ’80, famoso per aver letteralmente regalato l’Alfa Romeo alla FIAT. Il sistema pubblico però aveva già subito colpi decisivi ad opera di colui che era considerato in origine il delfino di Beneduce, il suo genero Enrico Cuccia.
Cuccia aveva sposato la figlia di Beneduce, che si chiamava Idea Socialista, così che all’epoca si disse maliziosamente che ”Cuccia aveva avuto una buona idea”. Cuccia fu l’uomo che, dall’interno dell’apparato dell’economia pubblica, operò come agente del colonialismo statunitense e della ri-privatizzazione dell’economia e della finanza. A questo scopo creò e diresse una istituzione finanziaria che funzionasse da protezione delle grandi famiglie del capitalismo privato: Mediobanca.
Lo smantellamento dell’economia pubblica in Italia non è stato quindi effetto di esplicite scelte politiche di governo, ma è avvenuto dall’interno.
Questo è il modo in cui agisce il colonialismo, perciò ci si ritrova di colpo in realtà già cambiate, che la propaganda ufficiale si incarica di celebrare.
Anche la privatizzazione della Pubblica Amministrazione non viene oggi annunciata in quanto tale, ma introdotta dal governo in modo subdolo, attraverso il ricorso a categorie astratte e fumose come il “merito”.
Condizionare gli aumenti di stipendio al merito ed alla produttività viene fatto apparire come un toccasana per stanare le aree di parassitismo interne alla Pubblica Amministrazione, ma ciò non ha senso se si considera che ogni posizione di privilegio non si costituisce spontaneamente, ma per impulso dall’alto. Non a caso, il massimo accusatore dei “nullafacenti” del Pubblico Impiego, l’ex sindacalista della CGIL Pietro Ichino, è un nullafacente autorizzato dallo Stato, un professore universitario che non mette mai piede in aula, perché utilizzato per fare propaganda privatistica nei media.
Di fronte all’ipotesi del “merito” i sindacati confederali mettono su la solita messinscena, accettando di recitare nei media la consueta parte dei “cattivi” che vogliono impedire il progresso ed il risanamento. In realtà, i dirigenti dei sindacati confederali stanno da tempo contrattando - in cambio di vantaggi personali - con i governi di destra e di “sinistra” i termini del prossimo ingresso delle aziende private nella Pubblica Amministrazione, dapprima come agenzie di controllo della produttività, poi come ditte appaltatrici e subappaltatrici. Se l’affarismo privato, attraverso il trucco del “federalismo fiscale” previsto dalla prossima Legge Finanziaria, riuscirà a coinvolgere anche l’esazione fiscale regionale, è ovvio che non rimarrà più nessuno strumento per poter fare marcia indietro e tornare ad una gestione pubblica dell’economia.
Non era scritto in nessun destino ed in nessuna ineluttabilità economica che la crisi statunitense dovesse coinvolgere e travolgere l’economia europea in generale e italiana in particolare, ma tutto ciò è l’effetto di una politica coloniale, che ha mirato alla meticolosa distruzione a tappeto di qualsiasi possibile strumento di gestione autonoma dell’economia da parte dei governi nazionali.
24 luglio 2008
 
Di comidad (del 02/08/2008 @ 00:00:45, in Commentario 2008, linkato 1189 volte)
Nella scorsa settimana si è potuto assistere allo spettacolo di un governo composto da criminali comuni che organizzava una campagna mediatica di criminalizzazione dei lavoratori del Pubblico Impiego, in modo da creare il clima di confusione adatto a favorire uno dei più giganteschi saccheggi di denaro pubblico della Storia, spacciato nella prossima Legge Finanziaria sotto la denominazione di “federalismo fiscale”.
Nello stesso periodo, un cittadino della ex Jugoslavia veniva arrestato da uno Stato che si autodefinisce sovrano, per essere consegnato ad una sorta di banda di sequestratori, che, a sua volta, si autodefinisce pomposamente “Tribunale Internazionale dell’Aia”. Questa entità paradossale costituisce un tribunale coloniale, il quale è adibito a processare i nemici degli Stati Uniti; questo tribunale però non ha nessun potere sugli stessi Stati Uniti, dato che questi non lo riconoscono.
Nel 2001 il tribunale coloniale ebbe la faccia tosta di pretendere la consegna dalla Serbia del suo ex presidente Milosevic, con la motivazione che in Serbia non vi sarebbero state le condizioni di sicurezza e di imparzialità per garantire un processo equo. Una volta però che ebbe ottenuto Milosevic in consegna, il tribunale, sebbene non riuscisse a dimostrarne la colpevolezza, ha continuato a tenerlo sotto sequestro, finché una provvidenziale morte “naturale” dell’imputato non ha risolto definitivamente il problema.
Nonostante questo precedente, pare che proprio nulla possa impedire la consegna di Karadzic al Tribunale dell’Aia, dato che, con quelli che la propaganda ufficiale definisce criminali, non è necessario fornire garanzie procedurali o prove, basta la parola; il che è la stessa posizione del governo Berlusconi nella guerra psicologica che ha sferrato contro i lavoratori pubblici: dimostrino loro di non essere dei fannulloni, se ci riescono.
In questo contesto di guerra di classe e di guerra coloniale, si riuniva a Chianciano il Congresso di Rifondazione Comunista, il quale si è spaccato su una questione davvero urgente: quale sia il modo migliore per farsi perdonare di essere comunisti. A Chianciano una nuova ideologia, di cui da tempo si intravedevano le linee teoriche e programmatiche, ha quindi trovato posto nell’atlante ideologico: il Perdonacomunismo.
Il grande problema di questa nuova ideologia è di tipo identitario: perché siamo comunisti? O meglio: perché ci ostiniamo ad essere comunisti?
Alle domande senza senso non si può trovare risposta, e perciò c’è sicuramente materia per tanti altri congressi sulla questione.
Anzi, l’ideologia può anche generare percorsi collaterali, una serie infinita di nuovi perché. Ad esempio: perché siamo pacifisti?
Perché ci opponiamo al fatto che milioni di tonnellate di bombe vengano lanciati su popolazioni civili inermi?
Perché ci opponiamo al fatto che il contribuente paghi questi milioni di tonnellate di bombe con tasse da versare poi al complesso affaristico-militare?
Perché ci opponiamo a basi militari che sequestrano e intossicano il territorio, e diventano centri di riferimento dell’affarismo criminale?
E ancora: perché ci rifiutiamo di pagare tasse per finanziare delle costose privatizzazioni, da cui potranno derivare solo altre tasse?
Mah! Chissà?
È chiaro che una sinistra moderna ed europea non può lasciare in sospeso simili interrogativi. Il perdonacomunista, in particolare, ha da farsi perdonare due secoli di odio di classe, due secoli di apologia della violenza, due secoli in cui ha voluto vedere dall’altra parte non dei leali avversari o concorrenti, ma dei nemici.
Non basta essere contro la violenza per motivi pratici, dato che questa farebbe proprio il gioco di coloro che vogliono criminalizzare la resistenza dei lavoratori in modo da coprire i propri crimini. Non basta essere contro la violenza dato che costituisce l’ambito in cui la provocazione e l’infiltrazione poliziesca possono esercitarsi meglio.
No, è necessario che il rifiuto della violenza sia morale, assoluto, ma al tempo stesso astratto e generico, al punto che una scazzottata e un bombardamento con milioni di morti rientrino nello stesso calderone, ed una valga l’altro.
In fondo Nichi Vendola e Bertinotti hanno ragione: in questo mondo - a parte quelli che non stanno bene agli USA - sono tutti buoni, e se sbagliano è per eccesso di buone intenzioni; i comunisti invece sono stati cattivi, e debbono farsi perdonare.
31 luglio 2008
 
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FEDERALISTI ANARCHICI:
il gruppo ed il relativo bollettino di collegamento nazionale si é formato a Napoli nel 1978, nell'ambito di una esperienza anarco-sindacalista.
Successivamente si é evoluto nel senso di gruppo di discussione in una linea di demistificazione ideologica.
Aderisce alla Federazione Anarchica Italiana dal 1984.


21/11/2024 @ 17:00:38
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