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"Un'idea che non sia pericolosa non merita affatto di essere chiamata idea."

Oscar Wilde
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Di seguito gli interventi pubblicati in questa sezione, in ordine cronologico.

Di comidad (del 27/06/2024 @ 00:10:52, in Commentario 2024, linkato 6482 volte)
Quando ti hanno già sfondato il culo a calci, ma che senso ha chiederti di calarti pure le brache? I media nostrani purtroppo non dimostrano nessuna empatia e nessuna comprensione per quel difficile mestiere che è il fingere di governare. Come al solito il più spietato è il “Corriere della Sera”, che, dopo tutte le vessazioni, umiliazioni ed esclusioni che hanno sopportato Giorgia e Giorgetti in sede europea, ora pretende persino da loro che ratifichino la riforma del Meccanismo Europeo di Stabilità. Il Corriere punta sui reprobi il dito accusatore: per colpa vostra gli altri paesi europei non potranno “godere” (sic!) dei vantaggi del MES in nuova versione. Ma come? Questo governo ha tagliato tutto quello che si poteva tagliare, ha ratificato una riformulazione del Patto di Stabilità che fa sembrare la stesura precedente il quarto d’ora di ricreazione; ora da Bruxelles è partita addirittura una procedura d’infrazione per eccesso di spesa e Giorgetti sarà costretto a rientrare nei parametri. E allora lasciate al governicchio Meloni almeno il contentino, un osso da lanciare ai propri follower.
Tra l’altro questa ossessione del MES non ha riscontro in altri paesi europei, in quanto nessuno all’estero ha intenzione di ricorrervi, mentre da noi invece lo scopo è proprio quello. Soltanto da noi sembra che il MES sia una questione di vita o di morte, ciò a causa della passione nostrana per il “vincolo esterno” e del proposito di rafforzarlo ulteriormente. Riguardo al “vincolo esterno”, si fronteggiano due narrazioni, che sono solo apparentemente opposte, in realtà complementari. Da una parte ci sono quelli che lo presentano come un’imposizione di potenze straniere intenzionate ad impedire all’Italia di esprimere le sue potenzialità; mentre dall’altra ci sono quelli che individuano i veri problemi dell’Italia nelle sue storiche arretratezze che non si ha il coraggio di affrontare, quindi il vincolo esterno deve essere il benvenuto, perché almeno ci costringe a fare qualche riforma. In quest’ultima narrazione si distinguono alcuni “economisti”, come ad esempio Michele Boldrin. Costui è un vero personaggio, ha una comunicativa da attore delle fiction, ed esibisce un aspetto da energumeno perennemente incazzato, che ricorda un esattore del pizzo. In questo senso Boldrin ha un’affinità antropologica anche con altri cantori/esattori del vincolo esterno, come Luigi Marattin.

Il cosiddetto “economista” è una specie di elfo o folletto, cioè egli stesso è un personaggio delle fiabe che racconta. Nel racconto dell’economista astrazioni giuridiche come “Stato” e “Mercato” diventano personaggi di una rappresentazione: “Stato” si decide a fare un “passo indietro” per dar modo a “Mercato” di esibire le sue mirabilie; ma immediatamente c’è un intoppo e “Mercato” va a frignare da “Stato”, dicendo che dei tipi brutti e cattivi, chiamati “Arretratezze Storiche” e “Resistenze Corporative” lo hanno bullizzato. “Mercato” chiama “Economista” a dargli man forte, e questi si presenta aggressivo, digrignante e assetato del sangue dei nemici del progresso; quindi “Stato” è costretto a ritornare in campo per dar man forte a “Mercato”. La realtà è infatti più cruda e violenta, quindi la storia della formazione di un “vincolo esterno” è spesso una scia di sangue. Nel settembre del 1955 ci fu in Argentina il colpo di Stato che rovesciò il regime di Juan Domingo Perón; ma i fatti più gravi erano avvenuti nel giugno precedente, quando aerei della Marina e dell’Aviazione argentine avevano bombardato la Plaza de Majo e il palazzo presidenziale. Il bombardamento causò centinaia di morti e si accanì particolarmente sulla manifestazione sindacale indetta dalla CGT. D’altra parte i militari stavano sparando sugli operai, cioè su “Arretratezze Storiche” e “Resistenze Corporative”, quindi erano spari di progresso. Non per niente tra i golpisti argentini c’era anche quell’altra forza di progresso che è la Chiesa Cattolica.
Il primo atto politico rilevante dei militari golpisti avvenne nel 1956, quando l’Argentina aderì al Fondo Monetario Internazionale. Così si formano i vincoli esterni; sono il risultato di una guerra civile, di una guerra di classe in cui l’oligarchia ha scatenato la violenza per stroncare le istanze del lavoro e le garanzie sindacali, e cerca poi di consolidare l’oppressione di classe ponendosi sotto un ombrello imperialistico. L’auto-colonialismo diventa il garante dell’esclusione degli interessi dei lavoratori e dei poveri in genere. Il FMI in Argentina è diventato la sponda estera, il vincolo esterno con cui giustificare l’oppressione interna.
Il vero bersaglio del golpe del’55 e dei tanti altri golpe successivi non era il peronismo, ma i sindacati. Una certa propaganda tenta di presentare l’elezione dell’attuale presidente argentino Xavier Milei come una naturale reazione agli sperperi ed alle dissolutezze dei governi peronisti. Fortunatamente lo stesso Milei si è incaricato di smentire questa narrativa demenziale, quando ha rivendicato la propria continuità con un altro presidente, cioè il peronista Carlos Menem, in carica dal 1989 al 1999. Milei ha celebrato Menem come “il miglior presidente degli ultimi quarant’anni”. In Argentina, come ovunque, i partiti sono solo cartelli elettorali, gusci vuoti da riempire come si vuole.
Anche Menem fu acclamato dal FMI e dai media mondiali per le sue riforme “liberiste”, cioè le privatizzazioni e lo spostamento della tassazione dai ricchi sui poveri attraverso l’aumento delle imposte indirette sui consumi di prima necessità; carburanti in primis. Sfrondando le fiabe e le fesserie sul “libero mercato” (però a “sinistra” c’è ancora chi se le beve), a questo si riduce il sedicente liberismo: tagliare l’assistenzialismo per i poveri e stra-finanziare l’assistenzialismo per i ricchi. La “mano invisibile del mercato” di Adam Smith è il mitico fantasma con il quale distrarre dalla mano visibile che deruba i contribuenti poveri. I campioni del liberismo, da Reagan a Menem, hanno sempre lasciato le finanze pubbliche peggio di come le hanno trovate. Ma il cosiddetto “economista” ha sempre la rispostina pronta, e ci spiega che purtroppo i liberisti non sono stati “abbastanza” liberisti. Il “giochetto del mai abbastanza” ormai si è capito: le liberalizzazioni non liberalizzano mai abbastanza, le riforme strutturali non sono mai abbastanza strutturali, e così via.
 
Di comidad (del 04/07/2024 @ 00:10:46, in Commentario 2024, linkato 7209 volte)
Non c’è nulla di strano nel fatto che oggi la gran parte della gioventù preferisca radicalizzarsi politicamente a destra invece che a sinistra. L’essere di destra consente infatti di recitare tutte le parti in commedia, di dichiararsi anti-establishment e di agire a difesa dell’establishment, di dire tutto ed il suo contrario. In questa ebbrezza di libertà illimitata, le destre si sono messe a cavalcare anche il politicamente corretto ed a processare Ilaria Salis dall’alto del pulpito della moralità e della legalità. Ma, come si è visto già in Ungheria, alla destra il prendersela con la Salis non porta fortuna, poiché, a furia di atteggiarti a campione del politicamente corretto, poi rischi di ritrovarti in casa gli esattori del politicamente corretto, cioè gli infiltrati di Fanpage, che si precipitano a scoprire l’acqua calda, cioè che sei fascio-nostalgico e antisemita. Comunque niente di grave.
La sinistra infatti se la passa molto peggio, poiché gli esattori del politicamente corretto vi si infiltrano senza alcun bisogno di avere mandanti; sono infiltrati autoprodotti ed autogestiti, agenti di una colonizzazione ideologica che si investono da soli della missione di scrutarti per capire se, sotto sotto, sei un cospirazionista, o un rossobrunista, o un dogmatico, o un sessista, o uno specista, o, meglio ancora, un antisemita. In questi mesi le destre si sono schierate senza esitazioni con Israele e si sono messe a caccia di antisemiti nella sinistra; cosa che ha consentito a Fanpage di rilevare la presunta contraddizione tra i proclami sionisti di Fratelli d’Italia e l’acrimonia antiebraica dei suoi militanti. In realtà a sbagliarsi è Fanpage, dato che non esiste alcuna contraddizione tra antisemitismo e filosionismo. L’antisemitismo politico nasce nella prima metà dell’800 come tentativo di critica del cosmopolitismo finanziario, sulla base dell’icona dell’ebreo internazionale Rothschild che schiavizza gli Stati nazionali con il debito. Ma, proprio perché identifica l’ebraismo con il cosmopolitismo, l’antisemita non è affatto disturbato dal sionismo, tutt’altro; poiché, diventando nazione, gli ebrei devono concentrarsi in una guerra di conquista a spese dei popoli vicini. All’antisemita va benissimo che arabi ed ebrei si ammazzino tra loro.
A rilanciare l’antisemitismo come critica dell’usurocrazia finanziaria fu l’industriale Henry Ford, con una serie di articoli, poi riuniti e ripubblicati col titolo “L’Ebreo Internazionale”. In quegli scritti Ford propinava l’epopea di un capitalismo “buono” e produttivo che conduceva l’eterna lotta contro un capitalismo “cattivo”, finanziario e speculativo, in mano agli ebrei. Per reggere questa rappresentazione deve giocare continuamente sulla confusione semantica, per cui l’ebreo è, a seconda delle esigenze retoriche del momento, un’etnia, o una cultura o un simbolo, o tutte e tre le cose insieme. Il banchiere Rothschild è ebreo, ma, visto che ci sono anche tanti banchieri cristiani, allora evidentemente il capitalismo finanziario è un ebraismo che funziona anche senza ebrei.

L’altro punto debole della pur veritiera rappresentazione della schiavitù del debito è infatti che il creditore è nulla senza l’esattore, cioè i governi. Si torna quindi al famoso “Stato nazionale”, quello che si incarica del lavoro sporco di riscuotere i sospesi. Va chiarito che non tutti gli antisemiti usano argomenti razzisti e cospirazionisti; anzi, all’epoca di Pino Rauti si portava il discorso tutto sul piano culturale, spiegando come l’ebraismo - in quanto apolide, materialista e privo di trascendenza - fosse intrinsecamente congeniale al dominio della finanza internazionale. Se sei uno che si affeziona alle astrazioni, ti sembra pure un discorso che fila; poi però, quando devi spiegare come mai la circolazione dei capitali l’abbiano inventata i Cavalieri Templari con la lettera di cambio e le banche siano nate a Firenze e Genova, allora devi ricorrere ad un ebreo metafisico che sta in cielo, in terra e in ogni luogo. Per un ovvio riflesso di autodifesa la cultura liberale ha sempre valorizzato mediaticamente solo le “critiche” che in realtà non criticano, che non mettono in discussione i miti fondanti della narrazione liberale, cioè la separazione tra pubblico e privato, ed anche la separazione tra legale ed illegale. Nel caso di un George Soros è grazie all’antisemitismo che puoi invertire il rapporto causa-effetto ed attribuire il suo ruolo al fatto che sia ebreo. In realtà la formazione del personaggio era quella di un informatore dei nazisti, quindi un soggetto servile e ricattabile. Niente di più logico che un tipo del genere venisse reclutato dalla CIA per fare da prestanome e sponda privata per manipolazioni del mercato borsistico che sono alla portata solo di agenzie governative. Ma la stessa operazione di sponda esterna la CIA l’ha fatta anche con l’arianissimo Jeff Bezos, e ciò spiega la porta girevole delle carriere tra apparati governativi e Amazon. Ogni potere comporta automaticamente un margine di abuso, per cui è ovvio che qualcuno ne approfitti e si formino delle lobby d’affari, trasversali tra pubblico e privato, e tra legale ed illegale. Il problema è la fiaba liberale, che ci narra di un mondo idilliaco dove la funzione pubblica e l’impresa privata non dovrebbero intrecciarsi perché non sta bene; ma è talmente scontato che invece accada, che il super-complotto ci vorrebbe semmai per impedirlo. In questo senso l’antisemitismo è la “critica” più comoda per l’establishment, dato che l’antisemitismo continua a idealizzare lo Stato e l’impresa privata ed attribuisce la loro corruzione alla pervasiva influenza ebraica.
Che sia per colpa della cospirazione ebraica oppure a causa della contaminazione culturale ebraica, se l’ebreo ormai è dappertutto, sopra gli Stati e dentro gli Stati, allora c’è poco da fare, rassegniamoci. Alla fine scopriamo che Meloni e soci risultano coerenti anche su questo punto, in quanto hanno un alibi di ferro, anzi una giustificazione per ogni loro opportunismo. Si può quindi accusare la finanza ebraica ed, al tempo stesso, vantarsi della “fiducia dei mercati”. L’antisemitismo è innocuo sul piano teorico e quindi conformista sul piano pratico, perciò per l’establishment è il nemico perfetto.
Il politicamente corretto ci rappresenta l’antisemita come uno che vive un odio furioso che lo consuma; invece è il contrario, è contento e sereno: se il cosiddetto “ebreo” (in senso stretto o in senso lato) è in condizione di debolezza lo si fa fuori, ma se il cosiddetto “ebreo” è in posizione di forza, allora ci si inchina. Per questo motivo, in omaggio ai rapporti di forza, dopo la seconda guerra mondiale le camicie nere sono diventate camicie a stelle e strisce, ed hanno anche collaborato con ex partigiani nell’organizzazione Gladio.
C’è ancora chi idealizza la destra e crede che abbia dei valori assoluti e dei saldi principi, per quanto aberranti e retrivi. Un valore, un principio, uno solo, quello sì, c’è. Sono piovute le critiche sulla Sorella d’Italia per aver lasciato smembrare la sacra Nazione con l’autonomia “differenziata”. Proprio in questi giorni ricorre il cinquantesimo anniversario della morte di Julius Evola, il famoso filosofo della destra. Marcello Veneziani lo ha ricordato accennando al suo pensiero, ed ha saltabeccato sul concetto evoliano di “uomo differenziato” senza soffermarcisi più di tanto e senza notare che qualche giorno fa era stata approvata l’autonomia “differenziata”. Chi ha voluto caratterizzare questa forma di autonomia regionale con il termine “differenziata” non ha scelto la parola a caso; l’ha pescata dal repertorio del filosofo e del cantore della disuguaglianza. Memore di quella guida morale, la Meloni non si è fossilizzata sul concetto di nazione ma ha scelto la disuguaglianza. Come molte altre leggi l’autonomia differenziata non crea affatto un ordinamento, bensì provoca destabilizzazione per determinare occasioni di abuso; è una delle tante leggi specificamente criminogene. Solo nella fiaba liberale la legge implica la legalità.
 
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FEDERALISTI ANARCHICI:
il gruppo ed il relativo bollettino di collegamento nazionale si é formato a Napoli nel 1978, nell'ambito di una esperienza anarco-sindacalista.
Successivamente si é evoluto nel senso di gruppo di discussione in una linea di demistificazione ideologica.
Aderisce alla Federazione Anarchica Italiana dal 1984.


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