Di seguito gli interventi pubblicati in questa sezione, in ordine cronologico.
L'Expo di Milano pare stia diventando l'esposizione delle figuracce di Renzi. Alla perenne ricerca di "sponde" in campo internazionale, Renzi incassa un diniego dopo l'altro, spesso con l'aggiunta di umilianti prese per i fondelli. Il primo ministro britannico Cameron non solo ha dichiarato che nessun immigrato metterà piede nel Regno Unito, ma ha anche conferito a Renzi lo status dell'incapace, offrendogli assistenza navale e di "intelligence". Renzi, che si è posto di sua iniziativa nell'imbarazzante posizione del postulante, è costretto ad incassare il calcio nel sedere, ed a ringraziare pure.
Sembrano distanti secoli i titoli dei giornali dell'ottobre scorso, quando Cameron faceva eco alle polemiche di Renzi contro i diktat della Commissione Europea. I media nostrani plaudivano alla presunta intesa tra governo italiano e governo britannico, ma senza spiegare che il Regno Unito in Europa ha sempre fatto il proprio comodo e, se a Cameron è riconosciuto il privilegio di ignorare la Commissione Europea, non altrettanto è mai stato concesso a Paesi minori come l'Italia.
Ancora più lontano appare l'asse di Renzi con il presidente francese Hollande, un asse che i media celebravano trionfalmente nel marzo dell'anno scorso. L'identità di vedute fra i due "statisti" si stagliava luminosa a rischiarare il cammino europeo dell'Italia, alla vigilia della tappa tedesca e dell'incontro con la cancelliera Merkel, la quale invece scaricò su Renzi la solita valanga di dinieghi.
Un "asse" non è mai stato negato a nessuno da Hollande, il quale, nel suo stile apparentemente dimesso, si è dimostrato un grande dispensatore di chiacchiere. A suo tempo anche Mario Monti beneficiò di questa carità pelosa di Hollande, e nel 2012 i media cantarono la nascita di un asse tra la Francia e l'Italia sulla questione dell'euro. Che fine abbiano poi fatto queste intese così ferree, nessuno ce l'ha spiegato, ma basterebbe rovistare in qualche cassonetto.
Tanto per cambiare, anche Hollande ha colto l'occasione dell'Expo per esporre a Renzi i suoi dinieghi sulla questione dell'immigrazione. La settimana scorsa il ministro degli Interni Alfano dava per acquisita l'intesa europea sulle quote di immigrati e, secondo lui, c'era da mettersi d'accordo solo sui numeri finali. Detto da Alfano c'era proprio da crederci. Hollande infatti ha dichiarato che le quote sono insensate. Col piglio dello stratega, Hollande ha annunciato che i problemi si risolvono alla radice, e cioè nei teatri di guerra in Siria e Libia. Visto che il casino in Siria l'ha combinato lui, ed in Libia il suo predecessore Sarkozy, c'è proprio da dormire sonni tranquilli.
In base al criterio del "mal comune, mezzo gaudio", le esibizioni penose di Cameron e Hollande avrebbero dovuto disappannare l'immagine di Renzi, ma l'attuale disastro della politica estera italiana ha spinto alcuni a considerare i tempi del ministro Frattini come una sorta di paradiso perduto. In realtà ciò che fa testo è la continuità tra il governo Renzi ed i suoi predecessori, che avevano già viste sequestrate la politica estera e la politica economica dagli organismi sovranazionali.
L'Unione Europea è tutta una colonia USA, ed è nel suo complesso sottoposta alla disciplina della NATO e del Fondo Monetario Internazionale; ma anche tra le varie colonie vige una gerarchia. Vi sono colonie di serie A e colonie di serie B, perciò in Europa vi sono ancora Paesi che beneficiano di certi privilegi, come Germania, Regno Unito e Francia, mentre per l'Italia il termine "Europa" evoca solo vincoli e bidoni. Contrariamente a ciò che pretende il tipico assioma-alibi dei reazionari, la gerarchizzazione non si identifica affatto con l'ordine. Stabilire e ribadire le gerarchie comporta infatti un'incessante competizione, anche tra servi, quindi una destabilizzazione permanente, in un crescendo di agguati e sgambetti reciproci, in cui ovviamente sono i più deboli a subire di più e di peggio. Il fatto di aderire alla NATO ed alla UE non assicura per niente all'Italia la continuità e la stabilità delle relazioni internazionali, ma solo l'esporsi ad ingerenze e sopraffazioni.
Rispetto al passato, lo sfrenato velleitarismo renziano ha soltanto posto ancora più in evidenza la condizione di emarginazione e di soggezione internazionale dell'Italia, che non trova più "sponde" negli altri Paesi, e neppure le proprie sponde le appartengono più. La stupidità di Renzi appare però sempre meno come un prodotto naturale, tanto che sorge il sospetto che l'attuale Presidente del Consiglio sia un cretino creato in laboratorio, ad uso delle lobby multinazionali.
L'ultima notizia è infatti che la presidenza del residuo istituto bancario nelle mani del governo, la Cassa Depositi e Prestiti, è stata affidata ad una mezza figura, tale Claudio Costamagna, che non può vantare altra distinzione nel suo curriculum se non l'aver lavorato per Goldman Sachs. Il presidente in carica sino alla settimana scorsa, Bassanini, è stato spinto a dimettersi con la promessa di un incarico governativo "prestigioso", cioè il ruolo di "consulente" di Renzi. Tacitato Bassanini con uno stipendio d'oro per un posto fittizio, il governo non ha ritenuto di fornire alcuna spiegazione decente per l'avvicendamento, che si configura come una mera operazione di lobbying.
Sino all'anno scorso Matteo Renzi sosteneva in Europa la parte del Pierino che stuzzicava l'arroganza della Commissione Europea. Nei giorni cruciali della trattativa tra la "Troika" ed il governo greco, si è scoperto invece che il ruolo di Renzi nei confronti delle burocrazie sovranazionali è stato quello che, con espressione anglosassone, viene definito dello "yes-man", cioè di un servile esecutore di direttive.
Renzi beneficia in patria dei tipici privilegi del fantoccio coloniale, tra cui quell'alone di "irresistibilità", l'apparente capacità di paralizzare gli avversari; una "qualità" che molto difficilmente un leader prodotto da sole lobby interne può vantare. I conflitti puramente interni sono di solito senza esclusione di colpi, mentre solo i poteri sovranazionali sono in grado di incutere quel terrore che produce l'effetto di paralizzare tutte le possibili fronde. Nella vicenda greca l'Italia aveva a disposizione un oggettivo ruolo di mediazione, un ruolo che in prospettiva avrebbe potuto utilizzare anche a proprio vantaggio. A questo possibile ruolo invece Renzi ha completamente rinunciato; ed è questa rinuncia il pegno che ha pagato perché gli si conceda di fare la parte del padreterno in Italia.
Nella conferenza stampa congiunta di ieri, Renzi non solo si è posto nella posa dello scolaretto lecchino nei confronti della maestra Merkel, ma ha persino fatto ricorso ad una squallida demagogia in cui l'attuale Grecia allo stremo è stata descritta come un Paese di incalliti gaudenti. Nei giorni scorsi anche il ministro dell'Economia Padoan ha esibito uno sfrenato zelo accusatorio nei confronti del governo greco, etichettato come unico responsabile del fallimento della trattativa. Per non smentire del tutto la retorica della "crescita" da lui condotta per tutto lo scorso anno, Padoan avrebbe potuto quantomeno fingere di fare un po' di "cerchiobottismo". Si potrebbe pensare che il timore di urtare le suscettibilità dei potenti sia stato troppo forte. Ma Padoan non si è limitato a mentire circa le responsabilità del governo greco, in quanto ha mentito soprattutto sull'identificazione delle parti in causa, come se davvero la partita si giocasse tra Unione Europea e Grecia, o come dicono i media ufficiali, tra Bruxelles e Atene.
Alle scuole medie ci hanno spiegato che, a differenza della favola, la fiaba non è vincolata ad un significato preciso, ma è un racconto che sviluppa liberamente delle suggestioni e delle situazioni. Eppure anche nelle fiabe si è costretti ad un minimo di coerenza narrativa. Se a svegliare Biancaneve, invece del Principe Azzurro, arriva Buffalo Bill, anche un bimbo capisce che qualcosa non torna. La fiaba europea non ha obbedito neppure a questa minima coerenza narrativa, dato che l'attore principale della "Troika" e della trattativa con la Grecia è stato un'istituzione che con la UE non c'entra nulla, cioè il Fondo Monetario Internazionale. Dato che Padoan proviene proprio dal Fondo Monetario Internazionale, si capisce nella circostanza il suo preciso interesse a mentire.
Durante la trattativa, l'amministrazione USA ha recitato ufficialmente il ruolo dell'osservatore accorato, ma imparziale. Non solo però il FMI ha sede a Washington (e non a Bruxelles!), ma gli USA ne sono persino il componente principale, quello con diritto di veto. Quindi Buffalo Bill c'era, ma nessun commentatore ha ritenuto di dare rilievo al fatto.
Si è detto che viviamo nella società dell'immagine, ma non viviamo neppure propriamente in una società della parola, in quanto la presenza/ingerenza del FMI è sempre stata riferita, senza però che venisse scalfita la credibilità della fiaba europea. Si potrebbe dire perciò che viviamo in una società del commento, in una società dell'opinione. Ciò che non viene indicato e commentato dagli opinionisti ufficiali, semplicemente non esiste. In tal modo gran parte dell'opinione pubblica si è fatta l'idea che la questione in ballo fosse la permanenza o meno della Grecia nella zona Euro, quando ciò invece non era e non poteva essere oggetto di trattativa.
La Grecia è indebitata sino al collo, ma non si tratta del debito pubblico che contraeva sino al 2010, bensì di un mega-debito con il FMI. A tenere per il collo la Grecia non sono gli investitori nel suo debito pubblico, e neppure l'Unione Europea, ma il FMI; ed in questi giorni è in scadenza un'altra rata del debito greco con il FMI. Agli inizi di giugno, il direttore generale del FMI, Christine Lagarde ha posto la questione del pagamento di questa rata con un'aggressività da creditore privato, mentre lo stesso FMI vanterebbe addirittura lo status giuridico di agenzia ONU. Ciò va a tutto vantaggio della credibilità dell'ONU.
I media ufficiali danno per scontato il nesso consequenziale tra l'insolvenza della Grecia nei confronti del FMI e la sua uscita dall'euro, e addirittura dall'Unione Europea. A diffondere questa falsificazione tutti i media si sono affaccendati, ed in zelo propagandistico si è distinta la ex creatura di Corradino Mineo, RaiNews24, che è riuscita nell'impresa di far rimpiangere il TG4 di Emilio Fede.
Ma questo nesso tra insolvenza nei confronti del FMI ed uscita dall''euro, dal punto di vista giuridico non esiste, come il governo greco ha del resto rilevato, annunciando un ricorso alla Corte di Giustizia dell'Unione Europea, che ha sede in Lussemburgo. Ma, se è per questo, non esistevano neppure le premesse giuridiche della cosiddetta "Troika", cioè del fatto che la gestione della crisi UE sia stata affidata, oltre che alla Commissione ed alla Banca Centrale Europea, anche ad un organo esterno come il FMI.
Se la Grecia uscisse dall'euro e dall'UE, farebbe un favore a se stessa. Ma non può farlo da un giorno all'altro, senza una strategia; e non per motivi strettamente finanziari. La Grecia infatti è nella NATO; anzi, la NATO è insediata in Grecia.
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