Sino all'anno scorso Matteo Renzi sosteneva in Europa la parte del Pierino che stuzzicava l'arroganza della Commissione Europea. Nei giorni cruciali della trattativa tra la "Troika" ed il governo greco, si è scoperto invece che il ruolo di Renzi nei confronti delle burocrazie sovranazionali è stato quello che, con espressione anglosassone, viene definito dello "yes-man", cioè di un servile esecutore di direttive.
Renzi beneficia in patria dei tipici privilegi del fantoccio coloniale, tra cui quell'alone di "irresistibilità", l'apparente capacità di paralizzare gli avversari; una "qualità" che molto difficilmente un leader prodotto da sole lobby interne può vantare. I conflitti puramente interni sono di solito senza esclusione di colpi, mentre solo i poteri sovranazionali sono in grado di incutere quel terrore che produce l'effetto di paralizzare tutte le possibili fronde. Nella vicenda greca l'Italia aveva a disposizione un oggettivo ruolo di mediazione, un ruolo che in prospettiva avrebbe potuto utilizzare anche a proprio vantaggio. A questo possibile ruolo invece Renzi ha completamente rinunciato; ed è questa rinuncia il pegno che ha pagato perché gli si conceda di fare la parte del padreterno in Italia.
Nella conferenza stampa congiunta di ieri, Renzi non solo si è posto nella posa dello scolaretto lecchino nei confronti della maestra Merkel, ma ha persino fatto ricorso ad una squallida demagogia in cui l'attuale Grecia allo stremo è stata descritta come un Paese di incalliti gaudenti. Nei giorni scorsi anche il ministro dell'Economia Padoan ha esibito uno sfrenato
zelo accusatorio nei confronti del governo greco, etichettato come unico responsabile del fallimento della trattativa. Per non smentire del tutto la retorica della "crescita" da lui condotta per tutto lo scorso anno, Padoan avrebbe potuto quantomeno fingere di fare un po' di "cerchiobottismo". Si potrebbe pensare che il timore di urtare le suscettibilità dei potenti sia stato troppo forte. Ma Padoan non si è limitato a mentire circa le responsabilità del governo greco, in quanto ha mentito soprattutto sull'identificazione delle parti in causa, come se davvero la partita si giocasse tra Unione Europea e Grecia, o come dicono i media ufficiali, tra Bruxelles e Atene.
Alle scuole medie ci hanno spiegato che, a differenza della favola, la fiaba non è vincolata ad un significato preciso, ma è un racconto che sviluppa liberamente delle suggestioni e delle situazioni. Eppure anche nelle fiabe si è costretti ad un minimo di coerenza narrativa. Se a svegliare Biancaneve, invece del Principe Azzurro, arriva Buffalo Bill, anche un bimbo capisce che qualcosa non torna. La fiaba europea non ha obbedito neppure a questa minima coerenza narrativa, dato che l'attore principale della "Troika" e della trattativa con la Grecia è stato un'istituzione che con la UE non c'entra nulla, cioè il Fondo Monetario Internazionale. Dato che Padoan proviene proprio dal Fondo Monetario Internazionale, si capisce nella circostanza il suo preciso interesse a mentire.
Durante la trattativa, l'amministrazione USA ha recitato ufficialmente il ruolo dell'osservatore accorato, ma imparziale. Non solo però il FMI ha sede a Washington (e non a Bruxelles!), ma gli USA ne sono persino il componente principale, quello con diritto di veto. Quindi Buffalo Bill c'era, ma nessun commentatore ha ritenuto di dare rilievo al fatto.
Si è detto che viviamo nella società dell'immagine, ma non viviamo neppure propriamente in una società della parola, in quanto la presenza/ingerenza del FMI è sempre stata riferita, senza però che venisse scalfita la credibilità della fiaba europea. Si potrebbe dire perciò che viviamo in una società del commento, in una società dell'opinione. Ciò che non viene indicato e commentato dagli opinionisti ufficiali, semplicemente non esiste. In tal modo gran parte dell'opinione pubblica si è fatta l'idea che la questione in ballo fosse la permanenza o meno della Grecia nella zona Euro, quando ciò invece non era e non poteva essere oggetto di trattativa.
La Grecia è indebitata sino al collo, ma non si tratta del debito pubblico che contraeva sino al 2010, bensì di un mega-debito con il FMI. A tenere per il collo la Grecia non sono gli investitori nel suo debito pubblico, e neppure l'Unione Europea, ma il FMI; ed in questi giorni è in scadenza un'altra rata del debito greco con il FMI. Agli inizi di giugno, il direttore generale del FMI, Christine Lagarde ha posto la questione del pagamento di questa rata con
un'aggressività da creditore privato, mentre lo stesso FMI vanterebbe addirittura lo status giuridico di agenzia ONU. Ciò va a tutto vantaggio della credibilità dell'ONU.
I media ufficiali danno per scontato il nesso consequenziale tra l'insolvenza della Grecia nei confronti del FMI e la sua uscita dall'euro, e addirittura dall'Unione Europea. A diffondere questa falsificazione tutti i media si sono affaccendati, ed in zelo propagandistico si è distinta la ex creatura di Corradino Mineo, RaiNews24, che è riuscita nell'impresa di far rimpiangere il TG4 di Emilio Fede.
Ma questo nesso tra insolvenza nei confronti del FMI ed uscita dall''euro, dal punto di vista giuridico non esiste, come il governo greco ha del resto rilevato, annunciando un
ricorso alla Corte di Giustizia dell'Unione Europea, che ha sede in Lussemburgo. Ma, se è per questo, non esistevano neppure le premesse giuridiche della cosiddetta "Troika", cioè del fatto che la gestione della crisi UE sia stata affidata, oltre che alla Commissione ed alla Banca Centrale Europea, anche ad un organo esterno come il FMI.
Se la Grecia uscisse dall'euro e dall'UE, farebbe un favore a se stessa. Ma non può farlo da un giorno all'altro, senza una strategia; e non per motivi strettamente finanziari. La Grecia infatti è nella NATO; anzi, la NATO è insediata in Grecia.