Di seguito gli interventi pubblicati in questa sezione, in ordine cronologico.
L'attuale Presidente iraniano Ahmadinejad è paragonabile ad Hitler? Sì, ma in un senso diverso da quello che la propaganda ufficiale cerca di far passare. Vediamo le rispettive situazioni storiche e confrontiamole.
Nel 1920 si svolse la Conferenza di Sanremo, in cui i Paesi vincitori della prima guerra mondiale dovevano spartirsi le spoglie dell'Impero Ottomano. Queste spoglie furono divise tra Francia e Gran Bretagna, ma fu il Primo Ministro britannico, David Lloyd George, a dirigere davvero la Conferenza. Una delle decisioni che questo Primo Ministro riuscì ad imporre, riguardò il riconoscimento ufficiale del movimento sionista, a cui venne corrisposto il diritto ad un insediamento, una "homeland", in Palestina. Gli insediamenti ebraici in Palestina erano cominciati già alla fine dell'800, ma solo nel 1920 il sionismo ottenne questo riconoscimento internazionale. È interessante la motivazione che Lloyde George ne fornì. Nelle memorie del Presidente del Consiglio italiano dell'epoca, Francesco Saverio Nitti, si rivela che Lloyd George presentò pubblicamente questa concessione al sionismo come un premio per il contributo che, secondo lui, gli Ebrei avrebbero dato alla sconfitta della Germania nella prima guerra mondiale. Questa affermazione non poggiava su nessun dato di fatto, anzi sui campi di battaglia il maggior numero di Ebrei era morto combattendo proprio nelle file tedesche ed austro-ungariche. D'altra parte questa affermazione del Primo Ministro britannico spiega come sia stato possibile ad Hitler sostenere nel suo "Mein Kampf" che gli Ebrei, e non la Gran Bretagna, erano il vero nemico della Germania. Secondo Hitler i Tedeschi dovevano riconoscere negli Inglesi il loro modello ed il loro alleato, e rivolgersi invece contro Ebrei e Russi.
Il governo britannico aveva agito senza malafede? È difficile crederlo, se si considera che nello stesso anno, il 1920, in cui Lloyd George gettava gli Ebrei in pasto al nazionalismo tedesco, il più autorevole quotidiano del mondo, il "Times" di Londra, pubblicava un articolo in cui si avallava l'autenticità dei "Protocolli dei Sette Savi di Sion", la cosiddetta "prova" di un complotto internazionale ebraico.
Ahmadinejad si trova oggi in una situazione simile a quella di Hitler. Anche lui deve far credere al suo popolo che il nemico non sono gli Stati Uniti - con cui sta collaborando per l'occupazione dell'Iraq -, ma la "lobby ebraica e sionista" che oggi, secondo la propaganda dominante, dirigerebbe la politica estera statunitense. Del resto risulta ufficialmente che Ahmadinejad ha cominciato a collaborare con gli Stati Uniti molto prima dell'occupazione dell'Iraq, addirittura all'epoca dello scandalo Iran-Contras.
Oggi in Iraq si è quasi alla guerra civile fra musulmani sciiti e musulmani sunniti, ma non risulta neanche un appello di Ahmadinejad all'unità islamica contro l'occupante statunitense. Il fondatore della Repubblica Islamica dell'Iran, l'ayatollah Khomeini - di cui Ahmadinejad pretenderebbe di essere l'erede -, dava tutt'altre indicazioni, chiamava gli Stati Uniti il "Grande Satana" e, quando parlava degli Ebrei, si riferiva sempre a loro con l'espressione islamica ortodossa di "divina religione ebraica".
La preoccupazione del Presidente iraniano è invece quella di negare che ci sia stato un genocidio degli Ebrei da parte dei nazisti (definito oggi, retoricamente, "Olocausto"), perché da questo genocidio deriverebbe la legittimità dello Stato di Israele. Ahmadinejad fa così due affermazioni false in un colpo solo.
Il genocidio c'è stato, e Lloyd George ne aveva fornito il movente alla Germania; inoltre la vera data di nascita di Israele non è il 1948 - anno in cui l'ONU stabilì una suddivisione territoriale della Palestina -, ma il 1920, anno in cui il sionismo ottenne il suo status internazionale, quindi più di vent'anni prima del genocidio nazista; ciò sebbene la "homeland" ebraica non avesse ancora un territorio stabilito (del resto il territorio che l'ONU ha poi delimitato nel 1948, non è neppure quello realmente occupato oggi da Israele).
Oggi Bush si serve degli Ebrei come diversivo, così come a suo tempo se ne era servito Lloyd George. Ahmadinejad è a sua volta un personaggio ambiguo, così come lo sono stati Hitler e Mussolini: un falso oppositore ed un vero collaboratore del colonialismo angloamericano.
Comidad, 15 giugno 2006
Durante il suo discorso ad Auschwitz, Ratzinger ha parlato del "silenzio di Dio" durante il genocidio. In questi giorni la stampa legata al sionismo gli ha rinfacciato che il vero silenzio fu nella circostanza quello della Chiesa Cattolica. In effetti, almeno ogni due anni, appare sugli scaffali delle librerie un nuovo testo che documenta le reticenze e le complicità di Pio XII nei confronti della "soluzione finale" voluta dai nazisti.
Eppure il silenzio di Pio XII non fu l'unico significativo. Gli Alleati anglo-americani, nel corso della seconda guerra mondiale, sapevano ma finsero di non sapere, né fecero nulla per ostacolare il genocidio: non bombardarono le ferrovie che conducevano i deportati, non aprirono un nuovo fronte nei Balcani che avrebbe accelerato la fine della guerra ed anche la liberazione dei campi di concentramento; così Auschwitz, alla fine, fu liberata dal cattivissimo dittatore Stalin e non dalle "Grandi Democrazie Occidentali". Nel frattempo la multinazionale statunitense IBM collaborava con i nazisti alla individuazione anagrafica ed alla schedatura di Ebrei e Rom, scovandoli anche fra coloro che avevano solo alcuni antenati della razza sbagliata.
In più c'è da sottolineare che il genocidio fu di fatto annunciato prima ancora di essere perpetrato, poiché se si additano pubblicamente alcune razze come un'infezione, la soluzione non può essere che una sterilizzazione di massa o un eliminazione di massa (e dato che il programma di sterilizzazione fu avviato solo per i malati di mente...).
Insomma tutti sapevano, e per tempo.
In questo contesto, il silenzio più sconcertante fu proprio quello del sionismo. Perché i dirigenti sionisti - che avevano già una loro base internazionalmente legittimata in Palestina dal 1920 - tacquero?
Possibile che preferissero anteporre gli interessi della nascita di un vero e proprio Stato ebraico, all'interesse della salvezza fisica dello stesso popolo ebraico?
Questa ipotesi è stata fatta anche da sionisti, ma non ha senso, perché non si vede in cosa la denuncia del genocidio in atto avrebbe potuto danneggiare il sionismo stesso. Il fatto è che questo episodio, insieme ad altri, pone un dubbio radicale sull'autenticità del fenomeno sionista e sulla sua reale autonomia politica. È difficile credere che se i dirigenti sionisti avessero potuto agire di propria iniziativa, non avrebbero fatto nulla contro il genocidio. Se non l'hanno fatto, è segno che non agivano di propria iniziativa, cioè che erano, già allora, alle dipendenze di qualcun altro e, infatti, nel corso della seconda guerra mondiale i sionisti combatterono con una loro brigata nelle file britanniche.
Il sionismo è nato quindi come strumento del colonialismo britannico, che poteva così anche presentarsi come mediatore dei conflitti fra Arabi ed Ebrei. A far saltare questo gioco fu ancora una volta Stalin, il quale nel dopoguerra favorì l'emigrazione degli Ebrei dall'Europa Orientale, soprattutto dalla Polonia, modificando bruscamente gli equilibri demografici ed i rapporti di forza. In tal modo Stalin coglieva due risultati in un colpo solo: compiaceva l'antisemitismo dei Paesi dell'Europa Orientale e metteva in difficoltà la Gran Bretagna. Tolta la parentesi Breznev, la politica estera russa si è spesso basata sulla tattica di dare all'avversario tanta corda da impiccarsi. Ancora di recente, uno dei provvedimenti di Gorbaciov fu quello di assecondare la puramente propagandistica richiesta statunitense di consentire l'emigrazione degli Ebrei russi in Israele.
Tra il 1947 ed il 1948, l'alleato ufficiale del sionismo sembrava essere proprio l'Unione Sovietica - che fu anche la prima a riconoscere lo Stato di Israele -, tanto che ciò determinò negli Stati Uniti una vera e propria psicosi antisemita che culminò in episodi clamorosi come la cacciata di Charlie Chaplin e il processo ai coniugi Rosemberg, tutti considerati spie sovietiche. In generale l'immagine che prevaleva allora negli Stati Uniti a proposito dell'Ebreo, se non era quella del comunista, era quella del criminale organizzato o del degenerato sessuale, come si vide nell'assurda vicenda giudiziaria e nell'esecuzione capitale di Caryl Chessman.
Nel conflitto del 1956 per il Canale di Suez nazionalizzato da Nasser, Israele era ancora fedele alleato della Gran Bretagna contro l'Egitto, eppure gli Stati Uniti non si fidavano dello Stato ebraico e lo trattarono come un nemico. È curioso il modo in cui viene riportato questo ultimo episodio nel sito sionista "Informazione corretta"(sic!): gli israeliani avrebbero acconsentito a ritirarsi dai territori egiziani che avevano occupato fidandosi delle garanzie americane. Oggi tutta la propaganda sionista deve cercare di aggiustare la Storia in funzione dell'identificazione tra Stati Uniti e Israele che si è verificata solo dal 1967 in poi, dopo la Guerra dei Sei Giorni. È da quella data che il sionismo, da strumento che era, diviene un semplice fantoccio.
Nell'ottobre del 2003, nella Striscia di Gaza, una bomba telecomandata faceva saltare un'automobile con tre agenti della CIA a bordo: un vero attentato di controinformazione che rivelava sino a che punto fosse giunta la penetrazione statunitense in quell'area, ufficialmente ancora sotto il controllo israeliano.
È un fatto che dopo la "alleanza" con gli Stati Uniti, Israele non solo non sia stato più in grado di vincere una guerra, ma addirittura sia diventato oggetto di una diffidenza crescente. Eppure le stragi perpetrate dai sionisti nei confronti dei Palestinesi del 1947/48 furono molto più gravi di quelle di adesso e molti degli stessi storici ufficiali israeliani hanno ammesso che è un falso grossolano la tesi propagandistica secondo cui le popolazioni arabe avrebbero lasciato volontariamente la Palestina in segno di rifiuto della suddivisione territoriale operata dall'ONU nel 1947.
Alla crescente dipendenza economica e militare di Israele nei confronti degli Stati Uniti, corrisponde oggi una altrettanto crescente arroganza propagandistica del sionismo, che di recente è giunto a plaudire alla trasformazione del "negazionismo dell'Olocausto" in reato d'opinione ed all'ipotesi di un attacco nucleare "preventivo" all'Iran. Tutto ciò crea un 'opinione pubblica, in parte ancora latente, pronta a far esplodere la sua insofferenza antiebraica.
Il punto è che il sionismo - ammesso che sia mai esistito come tale - è divenuto pseudosionismo, un'entità incerta che ormai suscita dissenso in numerose personalità del mondo ebraico, per le quali lo stesso pseudosionismo ha elaborato lo slogan liquidatorio di "ebrei che odiano se stessi".
Comidad, 22 giugno 2006
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