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"La condanna morale della violenza è sempre imposta in modo ambiguo, tale da suggerire che l'immoralità della violenza costituisca una garanzia della sua assoluta necessità pratica."

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Di seguito gli interventi pubblicati in questa sezione, in ordine cronologico.

Di comidad (del 21/03/2024 @ 00:07:54, in Commentario 2024, linkato 7091 volte)
Mai fidarsi di quegli esseri orribili che sono i “putiniani”, infatti te li ritrovi sempre a sostenere la NATO e le sue guerre; come è successo alla principessa e decana dei putiniani europei, la “sovranista” Marine Le Pen. La putiniana non solo si è astenuta in parlamento per non ostacolare l’ennesimo invio di armi di Macron a Kiev, ma ha persino avallato la fiaba/spot sull’eroico popolo ucraino che avrebbe fermato la Russia. In realtà le tre linee difensive le ha costruite la Russia e non l’Ucraina, ed è Kiev, insieme con la NATO e l’UE, a dichiarare che l’obbiettivo non è “fermare Putin”, bensì riconquistare i territori perduti; territori peraltro popolati da civili russofoni che vengono bombardati dall’esercito ucraino.
Qualcuno potrebbe pensare che Marine Le Pen si sia “melonizzata”, mentre invece le sue prese per i fondelli sono sempre state evidenti; come quando proponeva di far uscire la Francia non dalla NATO ma solo dal suo comando, per segnalare così la propria indipendenza. Oltre a produrre queste barzellette, Marine Le Pen è sempre stata una sostenitrice acritica delle spese militari, senza mai fare domande sul modello di difesa per cui sarebbero dovute servire; perciò si lasciava campo libero agli affari delle lobby delle armi.
Anche in Italia i media “progressisti”, come “il Post”, cercano di propinarci la narrativa pubblicitaria secondo cui più spese militari si tradurrebbero automaticamente in maggiore capacità militare, quindi il problema starebbe nei pacifisti che si oppongono all’acquisto di armi. Questa formula è funzionale soltanto alla cleptocrazia militare, cioè alla produzione ed all’acquisto di armi da vetrina, inutili per le vere guerre, come i caccia F-35; cioè armi non solo costosissime, ma anche talmente fragili da aver bisogno di continue e dispendiose manutenzioni. Le “minacce” di Trump agli europei di non difenderli se non spendono di più per le armi sono quindi musica per la cleptocrazia nostrana, che peraltro aveva già deciso di aumentare la spesa militare.

Secondo i media il principe dei putiniani d’Occidente sarebbe proprio Donald Trump. Come spiegare allora che Trump nel 2017 ha cominciato a inviare armi all’Ucraina per attaccare il Donbass? La narrativa mainstream ci svela l’arcano: Trump è un putiniano talmente subdolo da cercare di allontanare i sospetti da sé inviando armi ai nemici della Russia. Sempre nel 2017 Trump non ha mai posto il veto ai pacchetti di sanzioni contro la Russia approvati dal Congresso; e ci narrano che non poteva fare altro, visto che doveva fabbricarsi un alibi contro le accuse di aver vinto le elezioni grazie a Putin. Il trucco retorico dei media è banale ma efficace; consiste nell’allestire pretestuosi processi alle intenzioni per distrarre dai dati di fatto. In tal modo si è creato un Trump mitico eroe da fumetti ad uso del pubblico suggestionabile di entrambe le sponde politiche: per i politicorretti Trump sarebbe una specie di pericoloso demonio annidato nel cuore dell’Occidente; mentre per i sovranisti è diventato una speranza di riscatto dal globalismo militar-finanziario.
Secondo osservatori realisti della situazione americana, le tante montature giudiziarie di cui è bersaglio Trump non sono dovute al fatto che egli rappresenti davvero un’alternativa di linea politica, bensì solo ai timori personali dei Clinton e dei Biden, che sono famiglie di gangster con all’attivo una sfilza di frodi fiscali e di ruberie, perciò sono preoccupatissime di finire in carcere se perdessero il potere. Grazie ai suoi consulenti di Goldman Sachs, nel 2017 Trump aveva già adottato la strategia vincente per contrastare tutta quella corruzione. Come? Legalizzandola, cioè tagliando le ultime tasse alle corporation ed abolendo i residui controlli sulla finanza.
La propaganda dei giornali Neocon come “il Foglio” però fa di tutto per alimentare e perpetuare il mito del Trump antisistema, per cui ci si racconta che Trump nel suo animo sarebbe addirittura un antisionista, subdolo ovviamente. Talmente perfido che, appena arrivato alla presidenza grazie agli undici milioni di voti dei sionisti evangelici, Trump ha fatto esattamente ciò che voleva la lobby sionista, cioè ha annullato l’accordo sul nucleare firmato da Obama con l’Iran.
L’odio di Trump per Israele è stato ancora più palese quando ha voluto umiliare il Mossad. Visto che in tanti anni gli agenti segreti israeliani non erano mai riusciti ad eliminare il generale Soleimani, e neppure ad avvicinarcisi, allora ci ha pensato Trump ad assassinarlo nel 2020, ingannando il governo iracheno e fregandosene delle garanzie diplomatiche che il generale iraniano aveva per la sua visita ufficiale a Bagdad. Ma la perfidia antisionista di Trump è andata persino oltre. Ha avuto infatti la faccia tosta di presentare un piano di soluzione del conflitto israelo-palestinese tutto a favore di Israele, e che prevedeva il passaggio dell’intera città di Gerusalemme, compresa la spianata delle moschee, sotto la sovranità israeliana, ed inoltre il mantenimento di tutti gli insediamenti coloniali israeliani in Cisgiordania. Come contentino ai palestinesi, Trump gli prometteva nientemeno che un treno ad alta velocità per collegare i loro territori (quali territori?); ed anche trenta miliardi, ovviamente non stanziati dal governo degli Stati Uniti, ma da racimolare con una colletta in giro per il mondo. Per dissimulare il suo antisionismo, Trump non solo non dava niente ai palestinesi, ma li sfotteva pure. Molti sono convinti che nel prossimo mandato un Trump maturato e scaltrito dall’esperienza farà sicuramente di meglio; quindi per mascherare il suo putinismo ed il suo antisionismo, si metterà direttamente a bombardare la Russia e l’Iran.
 
Di comidad (del 14/03/2024 @ 00:08:23, in Commentario 2024, linkato 7024 volte)
La locuzione “ha stato Putin” è diventata popolare, addirittura proverbiale, e indica il vezzo occidentalista di ritrovarsi un colpevole già pronto per l’uso, in modo da coprire le proprie responsabilità. Sarà difficile però spiegare la quasi unanime adesione del parlamento italiano alla missione navale “Aspides” nel Mar Rosso con un “ha stato Biden”, cioè nascondendosi dietro la consueta denuncia della servile fedeltà italica all’alleato americano. Una linea politica può non essere nelle condizioni di prevalere, ma deve comunque reggere sul piano comunicativo, cioè non smentirsi da sola. Se dico che sono contro ogni imperialismo compreso il nostro, e quindi anche contro le velleità dei nostri oligarchi di ritagliarsi uno spazio sub-imperialista all’ombra della potenza dominante, allora c’è un senso. Se invece faccio appello all’interesse nazionale, mi riferisco ad un’astrazione fumosa che viene screditata dal fatto stesso che gli oligarchi di un paese ritengono di avere altri interessi da seguire.
Se la critica non ha una logica, poi te la dovrai rimangiare nella pratica. Nel dicembre scorso Giuseppe Conte aveva accusato il governo Meloni di “turbo-atlantismo” per la decisione di inviare una fregata nel Mar Rosso, ed infatti ora i 5 Stelle si allineano al mantra ufficiale della “missione difensiva”. In realtà prima di infilarci da soli in questo conflitto, non solo non ci minacciava o filava nessuno, ma c’era anche la possibilità di accampare ogni genere di pretesto o intoppo “tecnico” per sottrarsi all’escalation militare. Il problema sta nell’eterno costume dell’oligarchia dell’Italietta: si cercano sponde estere e “vincoli esterni” da utilizzare come alibi; in tal modo la propria avarizia e le proprie vendette sociali le si possono spacciare come “europeismo”, mentre le proprie pulsioni colonialiste e sub-imperialiste le si possono nobilitare come “atlantismo”; invece è tutto “cosa nostra”.
La nostrana cleptocrazia militare ha il suo interesse all’escalation e quindi nessuna intenzione di sottrarsi. Il ministro della Difesa, e lobbista di Leonardo Finmeccanica, Guido Crosetto, ci ha raccontato che mandare la nave “Caio Duilio” a combattere i cartaginesi nel Mar Rosso gli dà doppia soddisfazione, perché è come far guerra anche a Cina e Russia. Il ministro arriva poi al sodo dicendo che la missione “Aspides” richiede “fondi aggiuntivi”. Nessuno ne aveva dubitato. Pare che siano in arrivo anche fondi europei, visto che la missione ha il crisma dell’UE, perciò l’affare promette bene. Peccato che il governo Meloni si sia dimenticato di distribuire una fettina della torta agli umili, cioè un’indennità di rischio ai marinai impegnati nella missione, come era invece avvenuto in analoghi casi precedenti. Ci saranno però sicuramente proteste dei militari e l’ingiustizia verrà sanata, altrimenti il prossimo drone che passa da quelle parti faranno finta di non vederlo.

Oggi sta passando il mantra secondo cui il conflitto in Ucraina sarebbe esclusivamente di marca USA e a danno di un’Europa inetta e servile, che si piega agli interessi del suo padrone d’oltre Atlantico. Ma ogni tanto è anche utile ascoltare l’altra campana. In un’intervista del 2016 Barack Obama faceva delle dichiarazioni che, anche prese con le molle, risultano comunque interessanti sul modo in cui i governi europei riescono a veicolare il proprio colonialismo usando l’alibi atlantico. Obama sosteneva di aver commesso un errore lasciandosi coinvolgere nell’aggressione della NATO alla Libia del 2011. Obama riconosceva altresì che Hillary Clinton (suo segretario di Stato dell’epoca), era, come sempre, assetata di sangue. Ma il vero bidone Obama lo aveva rimediato dal presidente francese Sarkozy e dal primo ministro britannico Cameron, che gli avevano fatto credere di poter sostenere il peso dell’impresa militare, che invece andò completamente a carico degli USA. Dopo pochi giorni il “guerriero” Cameron era addirittura passato ad altri impegni, facendo il parassita persino più di Sarkozy (probabilmente avevano entrambi finito le munizioni). Per inciso, va ricordato che, dopo le prime titubanze del Buffone di Arcore, anche l’adesione italica alla guerra fu compatta e trasversale. L’unico dissenziente (almeno a chiacchiere) fu l’allora sottosegretario alla Difesa Crosetto, forse perché non coinvolto abbastanza nello “stanziamento dei fondi”.
Obama ha il suo bravo curriculum di assassino seriale grazie alla fama della “Kill List” da lui messa in opera; inoltre ha acquisito un record personale come mercante d’armi, quindi come “pacifista” non è attendibile; anche se a riguardo è ancor meno attendibile il cialtrone Trump, visto che è stato lui, non Obama, ad avviare il trasferimento di armi all’Ucraina. Il senso del discorso di Obama però è abbastanza chiaro: qui negli USA non siamo tutti guerrafondai fino all’autolesionismo; ma purtroppo i “falchi” di casa nostra trovano sempre la sponda dei “cari alleati europei”, che, col loro subdolo servilismo, sanno manipolarci. Lo stesso Obama si vantava di essere riuscito a sottrarsi all’impegno di un’aggressione diretta alla Siria del 2013, sebbene apparisse ormai incastrato dall’asse tra Regno Unito, Francia, Qatar ed Arabia Saudita; gli stessi paesi che nel 2011 avevano avviato la destabilizzazione della Libia ed il conseguente conflitto. Un dettaglio interessante, e non sottolineato nell’intervista, è che quella crisi del 2013 fu causata da un attacco chimico attribuito ad Assad, e successivamente rivelatosi un “false flag”.
A proposito di “false flag”, è strano che gli Stati Uniti abbiano come mito fondatore della loro nazione proprio un poco onorevole “false flag”, cioè il famoso episodio del “Tea Party” del 1773, quando nel porto di Boston dei coloni americani, travestiti da indiani Mohawk, attaccarono una nave della Compagnia delle Indie gettandone il carico in mare. L’iconografia successiva ha rappresentato i coloni come travestiti da indiani della prateria, come se si trattasse di un semplice camuffamento. In realtà i Mohawk erano originari dell’area che attualmente va dallo Stato di New York al Canada, erano formalmente alleati della Corona inglese, ed inoltre erano dediti al commercio di pesce e pellicce, quindi la loro presenza nel porto di Boston era del tutto abituale; perciò il travestimento da indiani Mohawk comportava un preciso intento di scaricare su altri la responsabilità dell’attentato. Ancora più strano è che in questi giochi in cui gli americani sono storicamente così bravi, cioè lo scaricabarile ed il parassitismo, si facciano ogni tanto battere dagli europei.
 
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FEDERALISTI ANARCHICI:
il gruppo ed il relativo bollettino di collegamento nazionale si é formato a Napoli nel 1978, nell'ambito di una esperienza anarco-sindacalista.
Successivamente si é evoluto nel senso di gruppo di discussione in una linea di demistificazione ideologica.
Aderisce alla Federazione Anarchica Italiana dal 1984.


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