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"La distruzione di ogni potere politico è il primo dovere del proletariato. Ogni organizzazione di un potere politico cosiddetto provvisorio e rivoluzionario per portare questa distruzione non può essere che un inganno ulteriore e sarebbe per il proletariato altrettanto pericoloso quanto tutti i governi esistenti oggi."

Congresso Antiautoritario Internazionale di Saint Imier, 1872
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Di seguito gli interventi pubblicati in questa sezione, in ordine cronologico.

Di comidad (del 05/11/2009 @ 01:32:16, in Commentario 2009, linkato 1605 volte)
La vicenda della candidatura di Massimo D’Alema a ministro degli Esteri dell’Unione Europea è stata interpretata da alcuni come un raro episodio di fair play istituzionale, poiché è stato proprio il governo Berlusconi a presentarla ufficialmente. Per lo stesso motivo, altri commentatori, fra cui Marco Pannella, hanno invece qualificato l’episodio come l’ennesima dimostrazione della complicità fra i due principali esponenti della maggioranza e della “opposizione”. Se Pannella non avesse, come al suo solito, condito la sua narrazione di dettagli assurdi e ridicoli - come la convergenza di D’Alema e Berlusconi per neutralizzare la minaccia per loro rappresentata nientemeno che da Emma Bonino -, il suo discorso avrebbe rischiato persino di apparire verosimile e credibile.
In realtà, se è vero che la litigiosità scomposta che caratterizza il confronto tra governo e “opposizione” copre ogni tipo di traffico inconfessabile e di patto scellerato, è però altrettanto vero che in questo specifico caso la antica complicità fra D’Alema e Berlusconi non c’entra proprio nulla, dato che in sede europea funzionano logiche di cooptazione in cui i governi ufficiali sono chiamati solo ad eseguire e non a scegliere.
Un commento realistico sulla presenza di D’Alema fra i candidati per la carica di ministro degli Esteri della UE, ha invece riguardato i suoi precedenti relativi al ruolo da lui svolto nel 1999 da Presidente del Consiglio italiano nella guerra di aggressione della NATO contro la Serbia per impadronirsi del Kosovo. Visto che il Trattato di Lisbona configura una Europa militarmente aggressiva, che vuole ritornare a forme di colonialismo diretto, allora certe facce di esponenti della ex-sinistra possono tornare utili nelle tecniche di confusione mentale tipiche della psico-guerra.
Se D’Alema verrà effettivamente chiamato a fare da prestanome e prestafirme per le aggressioni della UE, non sarà perciò dipeso dal volere del governo di un Paese come l’Italia, che nella gerarchia affaristico-criminale dell’Europa è collocabile ad uno dei gradini più bassi. La stessa Europa non è altro che una finzione propagandistica, ed il colonialismo europeo sarà in effetti la riedizione di un colonialismo molto più antico ed esperto.
Nelle gerarchie criminali, il capo è colui che riscuote la tangente, e non certo chi la paga. In base a questo criterio oggettivo, ne consegue che il vero boss dell’Unione Europea è oggi costituito dalla Banca d’Inghilterra, la quale possiede circa il 14% della Banca Centrale Europea - e quindi dell’Euro - senza peraltro adottare l’Euro come propria moneta. Le ovvie conseguenze di questa situazione di privilegio, costituiscono una di quelle segrete evidenze su cui i media ufficiali tacciono rigorosamente.
Attualmente ogni Paese europeo deve indebitarsi con la BCE per avere gli Euro di cui ha bisogno per la propria circolazione monetaria. Per ogni euro che l’Italia prende a prestito dalla BCE, un 14% è dovuto quindi alla Banca d’Inghilterra, la quale riscuote però questa percentuale senza che ne risulti alcuna reciprocità con le altre banche centrali che possiedono la BCE. La Gran Bretagna, se ha bisogno di moneta, non deve infatti rivolgersi alla BCE, ma emette la propria moneta, cioè la vecchia sterlina. Dalla sua presenza nella BCE, la Banca d’Inghilterra ricava quindi una rendita netta e senza contropartite, per la quale il termine di “tangente” rischia di risultare persino troppo benevolo, poiché le tangenti di solito si versano in cambio di favori.
La quota di maggioranza relativa nella BCE è detenuta dalla Bundesbank tedesca, cosa che ha fatto giustamente dire che l’Euro non è altro che il marco sotto pseudonimo. Sta di fatto, però, che anche la Germania, sebbene ricavi dall’Euro il massimo dei vantaggi, risulta in definitiva anch’essa nella posizione di tributaria coloniale della Banca d’Inghilterra. Se poi si tiene conto del fatto che sia la Federal Reserve statunitense che la Banca d’Inghilterra appartengono alle stesse cosche bancarie private - tra cui primeggiano i soliti Rothschild e Goldman Sachs - lo scenario colonialistico anglo-americano che sta dietro la facciata dell’Unione Europea risulta alla fine sin troppo chiaro.
L’Inghilterra si giova di una sorta di omertà storiografica, la quale, seppure talvolta ammetta gli aspetti criminali del colonialismo britannico in Asia e Africa, non si sofferma però sugli aspetti oscuri della sua storia interna. Ad esempio, la morte misteriosa dell’ex Primo Ministro britannico Neville Chamberlain - colui che aveva firmato nel 1938 il Patto di Monaco - , una morte avvenuta improvvisamente nel novembre del 1940, costituisce un episodio rimosso dagli storici con assoluta disinvoltura. Se invece un personaggio del suo calibro fosse scomparso in quel modo strano in qualsiasi altro Paese - che non fosse, ovviamente, gli Stati Uniti -, allora gli storici si sarebbero posti mille domande ed avrebbero avanzato mille sospetti.
È grazie ad una ferrea omertà di questo genere che oggi nessuno mostra di accorgersi della colonizzazione britannica dell’Europa.
 
Di comidad (del 29/10/2009 @ 01:35:44, in Commentario 2009, linkato 1409 volte)
Le Poste Italiane sono entrate nel mirino dell’Antitrust per violazione della concorrenza, a causa della denuncia della multinazionale olandese TNT, che lamenta un “abuso di posizione dominante”. In sostanza le Poste Italiane sono accusate semplicemente di poter offrire prezzi più bassi avvalendosi di una secolare rete di infrastrutture. In parole povere, una multinazionale contesta alle Poste Italiane la colpa di esistere, rendendo per ciò stesso la vita difficile alle multinazionali che vogliano invadere l’Italia.
In realtà, anche una multinazionale può avvalersi della posizione di vantaggio che deriva dal fatto di essere una multinazionale, e quindi di poter praticare politiche di dumping in grado di mettere fuori gioco i concorrenti in un Paese, usando a questo scopo i profitti acquisiti in un altro Paese, dove invece abbia raggiunto una posizione di forza.
Le regole della concorrenza quindi non valgono per le multinazionali, poiché nessuna Antitrust può indagare - ammesso che voglia farlo - sui bilanci e sulla gestione delle varie associate estere di una multinazionale. In definitiva, le Antitrust costituiscono oggettivamente delle agenzie al servizio delle multinazionali. Dato che l’Antitrust italiana è una creatura di Giuliano Amato, al termine “oggettivamente”, si potrebbe tranquillamente aggiungere quello di “soggettivamente”.
La decisione dell’Antitrust è attesa per la fine del prossimo anno, e le conseguenze per le Poste Italiane potrebbero andare oltre la solita multa, in quanto si profila un pericolo di smembramento, in vista di una privatizzazione vera e propria; dato che oggi le Poste costituiscono sì una SPA, ma in cui la maggioranza assoluta delle azioni è nelle mani dello Stato, che ne trae un notevole introito. Non è da escludere che, come è già capitato con l’ENI, anche le Poste Italiane mettano in atto operazioni improprie di dissuasione nei confronti degli aspiranti privatizzatori (leggi: bustarelle). In mancanza di un’opposizione politica alle privatizzazioni, l’unica opposizione alla corruzione è infatti costituita da una corruzione di segno opposto. Il problema è che le norme europee non consentono affatto che ci si possa opporre ufficialmente alle privatizzazioni, perciò il dibattito politico ufficiale costituisce una mera finzione, in cui i partiti fanno passare per proprie posizioni e propri programmi quelle che, in effetti, sono delle direttive della Commissione Europea.
È ovvio che le direttive valgono solo per i Paesi in subordine, come l’Italia, mentre il trio dominante - Germania, Gran Bretagna e Francia - delle direttive se ne può infischiare. La Francia non solo ha impedito all’Enel di acquisire l’azienda elettrica francese EDF, ma, in spregio alle regole di Maastricht, ha attuato la fusione tra EDF e Gaz de France, una fusione messa su al momento, proprio per bloccare l’Enel. Nello stesso periodo, in Italia, il ministro Bersani - ora segretario del PD - metteva invece in programma lo smembramento dell’Enel.
Quando il Trattato di Lisbona sarà divenuto operativo, potrebbero saltare anche i residui ostacoli che sinora hanno impedito alle multinazionali anglo-americane, tedesche e francesi l’assalto alle ultime grandi casseforti che sono rimaste all’economia italiana: le Poste, l’ENI, l’Enel, la Finmeccanica (di cui lo Stato è l’azionista di maggioranza relativa), e l’INPS.
Le regole del Trattato di Maastricht non si sono rivelate sufficienti per privatizzare a tappeto, ma la dittatura affaristico-criminale configurata dalle regole del Trattato di Lisbona sembra congegnata apposta per far saltare l’argine giuridico determinato involontariamente in Italia dal sistema delle SPA, che ha impedito sinora l’accesso alle multinazionali straniere a causa del criterio della congruità, per il quale un’eventuale vendita ai privati dovrebbe avvenire all’effettivo valore delle azioni.
Le privatizzazioni vere e proprie, però, non sono mai avvenute tramite vendite, e neanche tramite svendite, ma attraverso furti; e neppure furti semplici, ma furti continuati, dato che lo Stato non si è limitato a regalare le aziende, ma poi ha anche assistito finanziariamente il ladro a privatizzazione avvenuta. Il povero contribuente, ignaro, viene persuaso dai suoi giornalisti preferiti, di destra o di “sinistra”, che la spesa pubblica serva a sostenere i servizi pubblici - che invece incidono in parte minima -, e persino le pensioni, che, al contrario, sono interamente pagate dal sistema contributivo. La spesa pubblica si riversa perciò nelle tasche dei privati, che spesso sono aziende multinazionali straniere.
Ma la sete di pubblico denaro coinvolge anche il padronato italiano, infatti la presidente di Confindustria, Marcegaglia, oltre ai soldi veri, ora pretende dal governo anche i soldi facili, perciò sollecita un’altra ondata di privatizzazioni nei servizi pubblici.
Quindi non c’è un potere privato da una parte ed un potere dello Stato dall’altra, ma c’è uno Stato che privatizza, e inoltre finanzia, sussidia e vezzeggia i privati; in effetti è un assistenzialismo per i ricchi.
Nel famoso monologo di Giorgio Gaber “Qualcuno era comunista”, si elencavano i vari motivi per cui una volta ci si dichiarava comunisti. Tra questi motivi però ne mancava uno. Qualcuno infatti continua ad essere comunista perché non se la sente di pagare, sia da contribuente che da utente, i costi delle privatizzazioni.
 
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FEDERALISTI ANARCHICI:
il gruppo ed il relativo bollettino di collegamento nazionale si é formato a Napoli nel 1978, nell'ambito di una esperienza anarco-sindacalista.
Successivamente si é evoluto nel senso di gruppo di discussione in una linea di demistificazione ideologica.
Aderisce alla Federazione Anarchica Italiana dal 1984.


17/05/2024 @ 05:01:54
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