Di seguito tutti gli interventi pubblicati sul sito, in ordine cronologico.
Cos’avranno provato i no-vax quando l’anestesista Mario Riccio ha minacciato di non curarli? Probabilmente lo stesso dispiacere che proveresti se il dottor Hannibal Lecter non ti invitasse a pranzo con lui. Circola un aneddoto sull’infanzia di Mario Riccio: “Mamma, mamma, voglio ammazzarli tutti!”. “Allora studia Medicina, figlio mio”.
Al di là dell’aneddotica, più o meno apocrifa, certe dichiarazioni non fanno altro che alimentare la sfiducia in un sistema sanitario già screditato. La sensazione è che criteri terapeutici selettivi siano già in uso, non solo tra vaccinati e non vaccinati, ma anche tra ricchi e poveri, come dimostra la storia dei monoclonali riservati ai VIP. Il sentimento comune va ormai ben oltre le consuete recriminazioni sui tagli alla Sanità, in quanto c’è la percezione che i protocolli terapeutici non siano stabiliti dalla “Scienza” ma dal governo, dietro la foglia di fico di comitati tecnico-scientifici nominati dallo stesso governo. Infatti già si constata una diffusa tendenza a sottrarsi all’ospedalizzazione, e non per inseguire “terapie alternative e naturali”, bensì per curarsi da soli con quegli antibiotici e quel cortisone che sino a due anni fa i medici di base somministravano a fiumi. La corsa a procurarsi l’azitromicina, un farmaco screditato dall’AIFA come cura del Covid, rappresenta un indizio del fatto che gran parte della pubblica opinione crede più ai protocolli terapeutici di qualche anno fa che a quelli attuali. Accade così che in un mese cruciale per le malattie infettive come gennaio, le terapie intensive non raggiungano neppure il tasso del 20% di occupazione. Ciò non impedisce comunque di perpetuare l’emergenza e di riavviare il gioco delle Regioni a colori.
Il dettaglio strano è che le sortite mediatiche di Riccio abbiano trovato la sponda e l’avallo di un personaggio di solito prudente e aduso a tutte le risorse dell’ipocrisia come Pierluigi Bersani. Lo stress emergenziale comincia a far avvertire i suoi effetti anche nei soggetti che lo gestiscono.
Il nervosismo di Bersani è comprensibile, visto che il suo pupillo, Roberto Speranza, si trova sulla graticola, resa incandescente dalla massa delle sue menzogne e dei suoi abusi che vengono sempre più allo scoperto. Di qui a poco tempo Speranza potrebbe essere chiamato a svolgere il ruolo del capro espiatorio unico per i delitti suoi, ma anche per quelli dei presidenti delle Regioni leghisti, che, dopo aver soffiato sul fuoco dell’emergenza Covid, sarebbero capaci di spacciarsi per pure e innocenti vittime del mostro. Nel marzo prossimo potrebbe venire a mancare il terreno sotto i piedi all’intero edificio dell’emergenza Covid.
Ci si può fare tutte le sghignazzate che si vuole sugli innamoramenti di certa “sinistra antagonista” nei confronti del lockdown e poi del vaccino, accolti come antidoto non solo dal Covid ma soprattutto dal fascismo e persino dall’individualismo thatcheriano. Certe derive non sono solo l’effetto di perversioni ideologiche, bensì di uno stato di suggestione tale che solo una bolla finanziaria può aver provocato. Magari il denaro non riesce a comprarti, ma a suggestionarti sì. Sarà un caso che il Covid continua a colpire con particolare virulenza la Zona Euro, mentre è più indulgente con Paesi che l’euro non ce l’hanno?
Seguire i soldi non garantisce di trovare la verità ma serve quantomeno a non fuggire dalla realtà. Ci si sarebbe dovuto chiedere come sia stato possibile che dei governi, pur di alimentare l’emergenza sanitaria, nel 2020 rinunciassero con tanta disinvoltura ad un 10% del PIL ed al relativo gettito fiscale. La notizia che è mancata sulle prime pagine dei giornali e dei telegiornali nel marzo del 2020 è che la Banca Centrale Europea aveva avviato il PEPP, il piano straordinario di acquisti di titoli pubblici e privati per l’emergenza pandemica: subito 750 miliardi nel 2020 e addirittura 1850 miliardi nel 2021. Il PEPP è un Quantitative Easing all’ennesima potenza. Si tratta di debiti contratti con la BCE, che ha creato denaro dal nulla, perciò i governi confidano che rimangano pura materia contabile e di non restituirli mai. Nell’epoca del Quantitative Easing cambia la psicologia dei governi che, potendo fare a meno dei proventi del fisco, agiscono come se potessero fare a meno dell’economia e persino del popolo, ridotto a cavia per esperimenti sociali. Solo in tempi di Quantitative Easing poteva affermarsi la frase demenziale “la salute è più importante dell’economia”, come se l’economia non fosse la strategia di sopravvivenza degli esseri umani.
L’emergenza ha coinciso quindi con una pioggia di liquidità monetaria che ha consentito al nostro governo non solo di ovviare alla caduta del gettito fiscale ma anche di pagarsi una politica di potenza. Mentre i media favoleggiavano sul micragnoso Recovery Fund della Commissione Europea, era in realtà il PEPP della BCE a reggere la baracca ed a gonfiare i sogni di grandezza dell’oligarchia nostrana.
Dall’alto del suo razzistico disprezzo verso il suo stesso popolo, l’oligarchia italiana ha speso i soldi del PEPP contro ogni logica di benessere sociale ed esclusivamente in una prospettiva di potenza. Non ci si sorprenderà del fatto che l’Italietta tra il 2020 e il 2021 ha registrato il maggiore aumento della sua storia non della spesa sanitaria, bensì delle spese militari: oltre il 20%, per ogni genere di armamenti. Lo stesso Green Pass non è altro che un progetto di militarizzazione sociale, a partire dalla materia fiscale ma anche per ogni aspetto della vita. A marzo però il PEPP si concluderà e bisognerà vedere se gli altri Paesi europei saranno disposti a continuare ad alimentare le aspirazioni di grandeur dell’Italietta, oppure se prevarranno le spinte per il commissariamento.
La lobby farmaceutica non aveva certo bisogno dell’obbligo vaccinale, poiché quel 10% della popolazione negatosi al sacro siero è ampiamente compensato dal susseguirsi delle dosi di richiamo, che si avviano a diventare trimestrali. Anzi, con l’obbligo vaccinale si rischia di scoperchiare una voragine di potenziali contenziosi giudiziari. Non che ci sia da farsi illusioni sulla magistratura, Corte Costituzionale compresa.
La normativa varata dal governo è talmente ambigua da non prevedere una procedura chiara per adempiere specificamente all’obbligo, con la prospettiva di ritrovarsi davanti il caro vecchio “consenso informato” da sottoscrivere. Ancora una volta si tratterebbe di estorsione di consenso e non di un obbligo giuridicamente inequivocabile. Non contento di aver stracciato ciò che rimaneva della Costituzione (del resto ci aveva già provveduto il governo Conte bis), il governo Draghi ha fatto strame della nozione stessa di legislazione, riconfermando che lo Stato, il pubblico e il privato sono astrazioni pseudo-giuridiche che coprono altre gerarchie sociali, cioè lobby e cosche d’affari.
Ad aver bisogno di questa finzione di obbligo vaccinale era invece la lobby digital/finanziaria. Affidando ufficialmente all’Agenzia delle Entrate la caccia ai renitenti al sacro siero e la relativa sanzione amministrativa pecuniaria, di fatto la gestione del Green Pass viene trasferita al Ministero dell’Economia e delle Finanze, che d’ora in poi avrà in ostaggio i conti correnti dei contribuenti, potendo impedire loro persino l’accesso alle banche. In realtà il Green Pass è stato sin dall’inizio sotto la gestione del Ministero dell’Economia, che lo controlla attraverso la SOGEI, la società di gestione dei servizi informatici di proprietà del Tesoro, ma col decreto 1/2022 si è legalizzato a posteriori questo abuso.
La sanzione di soli cento euro è congegnata per favorire la “trasgressione” e, nel contempo, per scoraggiare costose impugnazioni. Il governo spera che non tutti capiscano che la sanzione è comunque una trappola e comporta l’ammissione di una sorta di reato. Dato che ciò che si fa chiamare Stato è un’associazione a delinquere con molti tentacoli, non è da escludere che qualche Procura possa individuare nella renitenza al vaccino qualche risvolto penale o che lo stesso governo vari qualche norma retroattiva. Ormai ci aspettiamo di tutto; anzi, sarà da ridere quando i “costituzionalisti” alla Zagrebelsky ci spiegheranno che non esiste alcun diritto dei cittadini a conoscere preventivamente le norme in base alle quali regolarsi. Sarà dura invocare la dignità umana nel momento in cui i “costituzionalisti” dimostrano di essere i primi a rinunciarci.
La scarsa entità della sanzione ha anche un effetto di distrazione sull’opinione pubblica soggiogata dalla vaccinolatria; un’opinione pubblica che può trovare occasione di indignarsi e di invocare provvedimenti forcaioli, facendosi sfuggire il nocciolo del problema, cioè la possibilità per l’Agenzia delle Entrate di usare il lasciapassare come strumento di ricatto verso chiunque. Del resto lo squallore è la principale arma di distrazione di massa, un modo per abbassare drasticamente il livello della discussione e non far trapelare i dettagli più importanti. Nella sua ultima conferenza stampa Draghi ha persino esagerato nel battere sul tasto dello squallore, tanto che la sua immagine pubblica è allo sfacelo.
Anche se l’attuale potere continua a contare su una base di opinione pubblica, ciò non vuol dire che abbia una vera base sociale, ed è questa la sua differenza con i fascismi del ‘900, che invece offrivano al ceto medio un ascensore sociale. Al contrario, oggi il ceto medio tende sempre più a sprofondare insieme con la classe lavoratrice. Non reggono quindi i paragoni del Green Pass nostrano col sistema del credito sociale cinese, al di là delle pur evidenti affinità sul piano del controllo informatico. In Cina infatti la stretta sulla disciplina sociale si accompagna ad una crescita diffusa del reddito e ad un allargamento del ceto medio. Forse per questo motivo la rivista “Focus” ci tiene a far sapere che il credito sociale cinese non piace al mondo occidentale. Sicuramente in Italia a riguardo facciamo di meglio, perché qui l’obbiettivo è di controllare senza distribuire reddito.
L’accumulo di potere e risorse in poche mani alimenta anche i conflitti interni alle oligarchie. Nei prossimi giorni l’elezione del supermonarca da parte del parlamento sarà un’occasione per capire in quali direzioni potrebbe andare la conflittualità interna all’establishment italiano. L’altra incognita riguarda la percezione all’estero del crescente attivismo dell’oligarchia nostrana, che sta inseguendo chiaramente il primato nella corsa alla digitalizzazione del controllo sociale. Non che all’estero gliene freghi qualcosa delle umiliazioni che stanno subendo gli Italiani; non tutti però sono così smemorati da non ricordarsi che quanto più l’Italietta maltratta il proprio popolo, tanto più diventa pericolosa per gli altri Paesi. L’autorazzismo italico infatti non è l’opposto del nazionalismo, bensì rappresenta storicamente la forma specifica della prassi di grandeur nazionale e imperialistica dell’Italietta. L’oligarchia nostrana si esalta nelle sue ambizioni di proiezione internazionale, potendo vantare la dominazione su di un popolo/cavia, da denigrare ed avvilire per essere usato come carne da macello in sperimentazioni politiche e sociali.
Ringraziamo Mario C. “Passatempo” per la collaborazione.
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