Di seguito tutti gli interventi pubblicati sul sito, in ordine cronologico.
Il fatto che il governo, che ha imposto una sedicente riforma federalistica della Costituzione, sia anche lo stesso governo che ha allestito l'aggressione coloniale in Val di Susa, non costituisce una semplice coincidenza o un'ironia del caso. C'è sempre un preciso nesso consequenziale tra la realtà e la sua rappresentazione mistificata dall'ideologia dominante.
Il federalismo è una forma di unione in cui si precisano preventivamente le regole e le garanzie reciproche. Il federalismo vero è quindi un rapporto sociale comprendente tutti gli aspetti della convivenza, e non è necessariamente da ricondurre - e ridurre - alla categoria di territorio.
Il finto federalismo pubblicizzato in questi ultimi anni, punta invece sul mito dell'autogoverno locale, riducendo tutte le persone a delle identità locali e particolaristiche, cioè a componenti di un territorio, come i servitori della gleba di medievale e feudale memoria. In altre parole, la condizione di inferiorità e sudditanza viene fatta vivere con un fittizio senso di orgoglio di appartenenza.
Nel frattempo il potere centrale si assume l'onere del punto di vista generale contro la frammentazione delle ottiche locali. Nel caso della Val di Susa, il governo e i suoi manganelli pretendevano di rappresentare il "progresso" contro le resistenze localistiche.
D'altra parte, la propaganda ufficiale ha ottenuto il suo effetto, e infatti, in queste settimane, non sono mancate le solite ambiguità persino fra coloro che pur dichiaravano di sostenere la lotta degli abitanti della Val di Susa.
Mentre si affermava di comprendere le ragioni degli abitanti della Val di Susa, gli si rimproverava contemporaneamente di saper dire solo dei no e di non farsi carico delle esigenze del progresso tecnologico. Nella mente di molti sedicenti oppositori, le astrazioni purtroppo soffocano le alternative concrete e la credulità nei confronti della propaganda ufficiale viene da loro rivendicata come un distintivo di libero pensatore.
In realtà il "progresso" è solo un'utile astrazione e non una parte in causa, e tantomeno un giudice.
Oggi in Val di Susa il problema concreto è lo stesso di più di quaranta anni fa nel Vajont: chi controllerà i controllori?
Comidad, 15 dicembre 2005
Le notizie di questi giorni sui sequestri di persona organizzati in tutto il mondo dalla CIA, hanno posto l'attenzione su aspetti che rischiano di essere fuorvianti. Ad esempio: che il governo Berlusconi fosse informato o meno del sequestro dell'imam Abu Omar sul territorio italiano da parte della CIA, è una questione che non può trovare soluzione. Nessun governo può essere ufficialmente informato di un atto illegale che dovrà compiersi sul suo territorio, tantopiù se questo atto richiedesse la sua complicità. L'informativa tramite servizi segreti, per sua caratteristica, non lascia tracce, è quindi anch'essa di incerta valutazione.
In altre parole: il fatto che Berlusconi sia un mentitore patologico, non implica automaticamente che menta anche in questo caso e, soprattutto, che le sue eventuali menzogne abbiano un qualche rilievo.
Il vero punto della questione è che operazioni come quella che ha riguardato Abu Omar, non rientrano in un ambito di lotta, per quanto spregiudicata, al terrorismo, ma nel quadro di una strategia di depistaggio e intossicazione propagandistica. L'unico elemento certo della vicenda è infatti che Abu Omar non ha rivelato nulla sotto tortura alle autorità egiziane a cui era stato consegnato dalla CIA, probabilmente perché non aveva nulla da rivelare.
Anche l'altro episodio venuto alla luce in questi giorni (il sequestro "per errore" da parte della CIA del cittadino canadese di origine siriana), mette in evidenza che queste operazioni hanno lo scopo di fornire l'immagine pubblica di una CIA, magari arruffona e priva di scrupoli, ma comunque impegnata a dar la caccia ai terroristi. Non a caso, si riaffaccia da Internet il fantasma di Bin Laden, ad ammonire sulla attualità dell'emergenza/terrorismo islamico. È come se da tutto l'accavallarsi di notizie di questi giorni, la CIA ricavasse un alibi, invece che capi d'accusa a suo carico.
Il messaggio propagandistico che questa ondata di "notizie" sta lanciando all'opinione pubblica mondiale, è quindi che la lotta al terrorismo non può esser fatta con i guanti bianchi e che richiede un sacrificio i termini di diritti civili e anche di vite innocenti. È esattamente ciò di cui il Dominio vuole convincerci da sempre, cioè che ognuno deve rendersi sacrificabile al "bene comune", o presunto tale.
È persino probabile che oggi la CIA non sia più il vero servizio segreto operativo degli Stati Uniti, ma che costituisca un'organizzazione che svolge soprattutto funzioni di propaganda e intossicazione dell'informazione. Per questo motivo la CIA può permettersi, come in questi giorni, un alto grado di esposizione mediatica che serve a coprire le vere operazioni segrete - cioè attentati e stragi da attribuire ai "kamikaze islamici" -, compiute da altre agenzie con compiti operativi.
Comidad, 8 dicembre 2005
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