Di seguito tutti gli interventi pubblicati sul sito, in ordine cronologico.
"METAFISICA La scienza prima cioè la scienza che ha come proprio
oggetto l'oggetto comune di tutte le altre e come proprio principio un
principio che condiziona la validità di tutti gli altri."
Nicola Abbagnano Dizionario di Filosofia
Con la sua polemica contro il relativismo, Ratzinger non ha scoperto
nulla di nuovo. La disputa metafisica ha sempre fatto parte della
propaganda politica, diventando persino un genere popolare.
Mussolini, ad esempio, amava disputare di metafisica nei propri
interventi, anche se, a differenza di Ratzinger, egli prediligeva
proprio il relativismo. Così scriveva Mussolini sul "Popolo
d'Italia" del 23 novembre 1921:
"Se relativismo e mobilismo universale si equivalgono, noi fascisti che
abbiamo sempre manifestato la nostra spregiudicata strafottenza davanti
ai nominalismi sui quali s'inchiodano - come pipistrelli alle travi - i
bigotti degli altri partiti; noi che abbiamo avuto il coraggio di
mandare in frantumi tutte le categorie politiche tradizionali e di
dirci a volta a volta: aristocratici e democratici, rivoluzionari e
reazionari, pacifisti ed antipacifisti - noi siamo i relativisti per
eccellenza e la nostra azione si richiama direttamente ai più
attuali movimenti dello spirito europeo."
Mussolini rivendicava anche il ruolo di antidogmatico. Alla riunione
della direzione del Partito Socialista Italiano, riunitasi il 20
ottobre 1914, Mussolini propose questo ordine del giorno:
"La direzione del Partito socialista italiano, pur riaffermando la sua
opposizione di principio alla guerra, ritiene per vario ordine di
ragioni prospettate in questi giorni sull' 'Avanti' che la formula
della neutralità assoluta sia divenuta troppo impegnativa e
dogmatica davanti ad una situazione internazionale sempre più
complessa ed irta d'incognite preoccupanti. Si riserva perciò di
determinare e coordinare nell'eventualità di una guerra l'azione
futura del Partito a seconda degli avvenimenti."
Così, mentre i socialisti "dogmatici" gli domandavano chi gli
pagasse il suo nuovo giornale, il "Popolo d'Italia", Mussolini, invece
di rispondere, si atteggiava ad eretico incompreso e perseguitato.
È quindi un po' ingenua la posizione di chi ritenga che, nella
disputa tra verità assoluta e relativismo, quest'ultimo
rappresenti una premessa di tolleranza e di comprensione reciproca.
Nelle dispute metafisiche, il Potere tiene ben saldi in pugno ambedue i corni del dilemma.
Ratzinger interpreta un ruolo, un gioco delle parti: condannando il
relativismo, simultaneamente lo legittima come contraltare culturale,
ma non è il caso di cascarci.
Non è un gioco di parole, ma un dato di fatto, che il Potere
tenda a ridiventare assoluto utilizzando anche il relativismo nella sua
propaganda.
Locke e Montesquieu avevano teorizzato e sostenuto la pratica di
moderare il Potere attraverso un sistema di contrappesi, procedure e
garanzie. Karl Shmitt ha però dimostrato che il Potere
può ridiventare assoluto semplicemente invocando lo stato di
eccezionalità. Lo Stato di Diritto e le sue regole, possono
essere liquidati non nel principio, ma transitoriamente, in nome
dell'emergenza, un'emergenza che però può diventare
permanente, come avviene attualmente con l'emergenza/terrorismo.
Un'emergenza permanente è un "nonsense", cosi come lo è
la "guerra umanitaria", d'altro canto i "nonsense" rappresentano un
elemento essenziale nella propaganda del Potere per legittimarsi.
Mussolini ha dimostrato che nella guerra come nella politica - e i due
termini sono pressoché sinonimi -, la confusione è
un'arma; un'arma che si può combinare con la violenza,
potenziandone le condizioni e gli effetti.
Mussolini proponeva ai socialisti di rimanere contro la guerra nel
principio, ma di relativizzare quel principio, aderendo alla guerra
caso per caso "davanti ad una situazione internazionale sempre
più complessa ed irta d'incognite"; la complessità
può esser vista anch'essa come un'emergenza e, come tale,
può giustificare l'eccezione, che diviene la nuova regola.
Lo stesso espediente viene adoperato oggi nel movimento anarchico, dove
non ci viene proposta un'adesione all'elettoralismo tout court, ma
soltanto di andare a votare "stavolta", cioè praticamente ogni
volta.
Visto che l'emergenza giustifica di fatto qualsiasi deroga dai
princìpi, oggi Locke e Montesquieu dovrebbero ammettere che il
vero contrappeso - la vera garanzia - contro il Potere, è
costituito proprio dal sospetto verso le emergenze e dalla
demistificazione dei "nonsense" propagandistici su cui vengono fondate.
Ancora una volta, qui non occorre entrare in dispute metafisiche, non
si tratta di smascherare il nonsenso in nome del razionalismo o del
primato della ragione, bensì semplicemente di contrastare gli
abusi perpetrati all'ombra del nonsenso propagandistico, ovviamente se
li si vuole contrastare.
Il "se" non ha un carattere polemico, ma si riferisce ad un abito
ideologico ben preciso: si può essere oppositori - e persino
anarchici - nel principio, ma sostenere le ragioni del Potere caso per
caso; tutto ciò senza mai sentirsi in contraddizione, anzi,
vedendo in ogni obiezione a riguardo una sorta di aggressione.
Il problema non è di esprimersi sulla validità della
metafisica come scienza, e neppure di sostenere che la metafisica sia
un prodotto del Potere, ma soltanto di mettere in evidenza l'uso che il
Potere ne fa.
Uno dei miti della scienza politica è che il potere politico sia
basato su un forte principio fondante: la sovranità; sia che si
tratti della sovranità del monarca per grazia di Dio o della
sovranità popolare. Ma questa è appunto la metafisica del
Potere, mentre l'esperienza ci indica che il Potere procede per
giustificazioni occasionali ed a posteriori del fatto compiuto.
Se si prende uno dei più famosi - e meno letti per intero -
documenti della Storia, la Dichiarazione d'indipendenza degli Stati
Uniti d'America del 1776, ci si accorge di questa pretestuosità
ed occasionalità di motivazioni, sebbene avvolte in un abile
velo propagandistico creato dalla penna di Thomas Jefferson.
Anzitutto, la Dichiarazione è un plagio, ricalca la
Dichiarazione d'Indipendenza delle Province Unite Olandesi del 1581.
Non ci sarebbe nulla di male se la situazione fosse stata analoga, ma,
in effetti, gli Olandesi si separavano dal re di Spagna, non dalla loro
Madre Patria, perciò per loro la tirannia del re poteva
costituire il motivo per rompere il patto che li legava. Non
così per i coloni americani, i quali, per giustificare il fatto
compiuto, dovettero far ricorso alla situazione di eccezionalità
creata dalle angherie del re d'Inghilterra, ritratto come un criminale,
e dal terrorismo di quelli che chiamano i "crudeli selvaggi indiani".
Quindi, ad analizzarla nella sua interezza, senza fermarsi alle
suggestive frasi iniziali, la Dichiarazione redatta da Jefferson si
rivela per quello che è: un efficace saggio di emergenzialismo e
di criminalizzazione degli avversari, applicati a legittimare il fatto
compiuto.
L'emergenzialismo ha un andamento tossicologico, richiede dosi sempre
più massicce per funzionare, come una droga. La propaganda
statunitense non si limita ad applicare la ricetta dell'emergenza e
della criminalizzazione degli avversari solo alla politica estera, ma
anche all'interno.
Attualmente, i cosiddetti "Neocons" statunitensi sono soliti dipingere
i loro avversari democratici come una minaccia per la sopravvivenza
della Nazione. Clinton è stato dipinto come un imbelle
pacifista, che avrebbe messo a rischio la sicurezza nazionale; eppure,
in base alle tonnellate di bombe sganciate ed alle condanne a morte
avallate, Clinton è sicuramente fra gli uomini di Stato
più sanguinari della Storia.
Spesso in Italia ci si lamenta del fatto che maggioranza ed opposizione
si delegittimano e criminalizzano reciprocamente, e si indicano come
modello positivo le democrazie più mature. Ma è proprio
la democrazia/modello - gli Stati Uniti - ad imporre alla comunicazione
politica questo tono esasperato. Ciò è dovuto al fatto
che la legittimazione di una parte politica avviene soltanto in base
alla delegittimazione della controparte. La legittimità,
cioè, è un vuoto che viene riempito unicamente con
riferimenti negativi.
Quando si è cercato di sostanziare meglio il concetto di
legittimità, i risultati sono stati anche più disastrosi.
Norberto Bobbio ha fatto riferimento al "consenso della maggioranza",
il che è una pura tautologia: affermare che il Potere si fonda
sul consenso, equivale a dire semplicemente che il Potere esiste,
poiché è funzione prioritaria del Potere estorcere
consenso.
Alla metafisica del Potere corrisponde oggi anche un anarchismo
metafisico. La tendenza oggi egemonica nel movimento anarchico - gli
anarco-occidentalisti - lavora in funzione del concetto di
sovranità, proponendo in alternativa una sovranità
individuale, oppure una sovranità che cerca la sua
legittimità nel riferimento al territorio. L' "autogoverno
territoriale" è l'ultimo prodotto di questa ricerca metafisica,
anche se ripropone temi già avanzati una decina di anni fa con
il cosiddetto municipalismo libertario.
Chi ragiona in termini metafisici, non concepisce che altri possano non
fare altrettanto, perciò ogni critica viene interpretata, e
fraintesa, come se si trattasse di una scomunica, piuttosto che di un
tentativo di ricondurre la discussione ad un terreno meno vago.
L'anarchismo non necessita di richiamarsi ad un principio fondante,
perciò quando si parla di princìpi anarchici ci si
dovrebbe riferire a degli strumenti.
Ad esempio, il comunismo non ha bisogno di riferirsi ad un primato
della collettività sul singolo e, tantomeno, ad un ruolo
salvifico e dirigente della classe operaia, anzi tali concezioni
determinano soltanto un disturbo della comprensione e dell'azione. I
grandi mezzi di produzione sono sempre creati ed alimentati dalla spesa
pubblica, perciò la proprietà privata di questi mezzi
costituisce una mistificazione sociale. Persino le ristrutturazioni e i
licenziamenti sono possibili solo grazie alle sovvenzioni dello Stato.
Non a caso, durante la rivoluzione russa gli anarchici si opposero
sempre alla collettivizzazione forzata dell'agricoltura, proposta da
Trotsky e dapprima respinta e poi attuata da Stalin. La rivolta di
Kronstadt, soffocata da Trotsky, aveva ben chiaro che laddove non vi
siano grandi mezzi di produzione, il comunismo è una forzatura,
perciò vanno cercate forme di mediazione tra il comunismo
industriale ed altre forme produttive.
Anche l'ateismo anarchico, non va inteso come un "Credo"
sull'inesistenza di Dio, ma si basa sull'osservazione che, a livello
sociale, Dio non è altro che la giustificazione mitologica di
gerarchie fra esseri umani.
Non è neppure necessario identificare l'anarchismo con la
libertà, ma si può individuarlo in una concreta prassi
antidiscriminatoria che smaschera ed ostacola tutti i rituali di
esclusione.
In altri termini, l'anarchismo metafisico inibisce la funzione
demistificatoria dell'anarchismo, non consentendo non soltanto una
rivoluzione sociale, ma neppure di porre dei limiti alle prevaricazioni
del Potere.
Comidad, gennaio 2006
Il ritorno mediatico di Osama Bin Laden di qualche giorno fa ha lasciato uno strascico di commenti giornalistici, per stabilire se questa sua sortita debba essere catalogata come un segno di forza oppure di debolezza. Questa discussione è già di per sé dimostrativa del fatto che l'effetto terrorizzante dell'icona di Bin Laden è pressoché inesistente, tanto da rendere fondato il sospetto che l'uso propagandistico di questa icona da parte degli Stati Uniti rientri in una generale visione colonialistica dei rapporti internazionali.
Bin Laden è un'icona razzistica, una sorta di simbolo di impurità razziale. Femmineo e mellifluo, ma barbuto, mezzo bianco e mezzo scuro, Bin Laden svolge il ruolo di suscitare non terrore, ma orrore, nel pubblico occidentale. Egli è l'ibrido ribelle che non vuole ammettere il giusto diritto del dominatore bianco.
Quando si parla di razzismo, si va oltre la semplice propaganda, si affronta uno dei miti costitutivi delle oligarchie e delle gerarchie sociali. Quindi il razzismo non si applica soltanto alle diversità razziali esistenti; il razzismo cerca, crea ed inventa queste diversità. Il razzismo americano, ad esempio, non è nato soltanto in funzione della sottomissione della gente di colore, ma anche per organizzare e giustificare la discriminazione fra gli stessi bianchi.
Uno dei Padri Fondatori degli Stati Uniti, Benjamin Franklin, per sostenere che gli anglosassoni fossero "il nucleo principale del popolo bianco", del "popolo puramente bianco" ("purely white people"), affermava che "Spagnoli, italiani, francesi, russi e svedesi generalmente tendono a essere di colore vagamente scuro" (Benjamin Franklin, Writings, Library of America, New York 1987, p.374). Se Franklin non esitava a scorgere tendenze negroidi persino negli svedesi, è evidente che il suo obiettivo era di formalizzare una gerarchia anche tra i popoli occidentali.
L'icona di Bin Laden è un inquietante messaggio subliminale che la propaganda statunitense lancia per fomentare non solo il razzismo, ma anche l'autorazzismo, degli occidentali.
Il problema è che non si è mai abbastanza bianchi. Lo zelo fanatico di alcuni filoamericani - da Oriana Fallaci a Giuliano Ferrara - non è dovuto soltanto ai vantaggi materiali che ne ricevono, ma al desiderio di riscattarsi dalla condizione di mezzi bianchi che la mitologia statunitense gli ha assegnato.
Comidad, 25 gennaio 2006
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