Di seguito gli interventi pubblicati in questa sezione, in ordine cronologico.
Il nuovo presidente della Corte Costituzionale, Mario Rosario Morelli, ha dichiarato in un’intervista che non ci sono “diritti tiranni”, cioè che non esistono diritti prioritari rispetto ad altri, quindi spetta alla legislazione ed alla giurisprudenza contemperarli ed equilibrarli in base alle esigenze, ed alle emergenze, del momento. Ciò vuol dire che è possibile limitare i più elementari diritti di libertà per garantire il diritto alla salute. Si tratta di un modo elegante per dire che il cittadino è sottoposto ad una discrezionalità assoluta da parte di chi è preposto a tutelare la sua salute.
Se non c’è una gerarchia dei diritti, l’esito scontato è una gerarchia tra le persone, una gerarchia tra i tutori e i tutelati. Ma chi ci tutela poi dai tutori?
Se un potere non si fa scrupolo di smantellare la sanità pubblica e poi d’improvviso si accora tanto per la nostra salute, al punto di impedirci di circolare e imporci la mascherina, non è questione di semplice incoerenza, c’è proprio qualcosa che non torna. Ci hanno raccontato che il potere diventa totalitario per colpa dei dittatori brutti e delle ideologie cattive, ma scopriamo adesso che ogni potere ha una vocazione totalitaria ed è pronto a trattare il cittadino da minorenne non appena abbia a disposizione i mezzi tecnici e i pretesti per farlo. Due anni fa si paventava l’avvento di un nuovo fascismo, oggi si riscopre che la cara vecchia democrazia possiede il suo bravo risvolto fascista da esibire all’occorrenza.
Il discredito gettato per decenni sulle ideologie tradizionali ha aperto la strada ad una nuova ideologia che si richiamasse a valori inoppugnabili. Quale valore è più indiscutibile della salute? Chi mai può preferire l’essere malato all’essere sano?
Ecco allora che i finanziamenti del filantro-capitalismo si sono indirizzati verso le istituzioni sanitarie. Sull’OMS-WHO si sono riversati una tale quantità di finanziamenti privati da aver stabilmente e largamente superato i finanziamenti pubblici. Se si considera che i maggiori contributori pubblici dell’OMS-WHO sono dei pagatori storicamente morosi come gli USA (da molto prima di Trump) e il Regno Unito, si comprende che sono ormai interessi privati ad orientare la “tutela” della salute pubblica e soprattutto il suo uso ideologico.
È l’entità dell’ingerenza finanziaria privata a conferire alla salute uno status ideologico privilegiato, in grado di giustificare tutto e il contrario di tutto. Il denaro possiede un potere illusionistico: si crede di seguire un valore, un principio o un diritto, mentre invece si sta seguendo il denaro che gli sta dietro. Non è la salute ad essere il vero valore di riferimento, bensì è la congrega dei miliardari che dicono di averla presa a cuore: sono loro, i miliardari, il faro che orienta la navigazione delle coscienze, di quelle dei semplici cittadini, ma anche di quelle dei politici e dei giudici costituzionali. Se i miliardari dovessero cambiare la destinazione dei loro finanziamenti, allora della salute non si preoccuperebbe più nessuno.
Ora il culto dei miliardari ha un nuovo santo: Jeff Bezos, il padrone di Amazon, la multinazionale che ha fatto i maggiori profitti in epoca di Covid. Anche Bezos, come già Steve Jobs, vanta una leggenda personale di fortune iniziate in umili garage. Il denaro è la fonte delle leggende ma anche della credibilità. Il denaro non è una semplice categoria economica, è la gerarchia sociale fondamentale.
In molti hanno notato che da semplice malattia, il Covid ha assunto una dimensione religiosa e apocalittica. Il Covid è infatti visto da molti come la vendetta della Natura per le offese arrecatele dall’Uomo. Il Covid ha avuto i suoi profeti, non a caso dei miliardari come Bill Gates e come i Rockefeller. Contro le pandemie, Bill Gates ha adottato una metafora bellica, insegnandoci che le guerre tradizionali saranno soppiantate dalle guerre ai virus. Il Covid è il Nemico, l’Anticristo, contro il quale anche il nostro presidente Mattarella richiama tutti a riscoprire le ragioni dell’unità.
Ma il Covid può anche interpretare la parte del nuovo Messia che ci colma di aspettative salvifiche e palingenetiche. Sarà il Covid a liberarci dai debiti? Secondo le narrazioni mediatiche vigenti, il crollo del PIL e l’esplosione del debito pubblico in seguito all’emergenza Covid, costringeranno le autorità monetarie a decisioni drastiche che condurranno ad un reset dei debiti pubblici a livello mondiale. Persino la micragnosa Unione Europea ha imboccato la via del ravvedimento. O almeno queste sono le promesse e le illusioni che vengono sparse a piene mani in questi giorni.
Masse sterminate di lavoratori, sia dipendenti sia autonomi, sono davanti a un baratro, ma anche in questo caso non ci si fanno mancare le aspettative salvifiche. Si parla già della possibilità di un reddito di base da distribuire a tappeto ai più poveri. L'esperienza dimostra però che l'unico assistenzialismo che funziona è quello a favore dei ricchi.
Dove vai se il miliardario non ce l’hai? Non vi stanno bene Rockefeller, Bill Gates e Soros? Allora potete rivolgere le vostre speranze a Trump oppure a Bob Kennedy Jr. Basta che sia un miliardario, altrimenti non sarebbe credibile.
Gran parte del ceto medio sta comprendendo di essere il vero bersaglio dell’emergenza Covid e dei lockdown. Lo stesso ceto medio però non riesce ancora a ritagliarsi una propria autonomia ideologica e continua a subire il fascino del miliardario, perciò ha riposto le proprie speranze nel cialtrone Trump, così come in passato le aveva riposte nel Buffone di Arcore.
Ringraziamo Mario C. “Passatempo” e Claudio Mazzolani per la collaborazione.
In certi film di fantascienza si narra della catastrofe incombente per l’arrivo di un gigantesco meteorite o di un asteroide in rotta di collisione con la Terra; ma (guarda la fortunata combinazione) è stato appena inventato un missile, o qualche altro congegno, in grado di scongiurare il disastro. Nella vicenda della pandemia di Covid il film si è un po’ ripetuto. Non sarebbe stato possibile infatti affrontare i lockdown, e continuare a proporli ancora adesso, senza lo “smart working”, senza le videoconferenze, senza la didattica a distanza e, soprattutto, senza la diffusione a tappeto dello smartphone, che data da appena una decina d’anni. Prima della digitalizzazione diffusa, sarebbe stato impossibile, e impensabile, tenere in quarantena intere nazioni.
Una domanda allora può sorgere spontanea, cioè se si possa invertire il rapporto causa-effetto, ovvero quanto abbia inciso la rivoluzione delle forze produttive innescata dalla digitalizzazione nella scelta dei modi di fronteggiare la pandemia. Epidemie e pandemie ci sono, ci sono state e ci saranno; la questione è come gestirle.
La scienza non forniva risposte univoche a riguardo: c’erano medici che proponevano una gestione ordinaria della pandemia Covid ed altri che invece premevano per una gestione straordinaria ed emergenziale. I secondi per la verità apparivano un po’ in contraddizione con il loro status di “scienziati”, poiché negavano i progressi della scienza medica e dell’igiene pubblica di questi ultimi secoli, per proporre invece una soluzione medievale come la quarantena. La digitalizzazione ha quindi sortito un effetto regressivo, riciclando forme di irrazionalismo che sembravano definitivamente alle nostre spalle. La narrativa sulla nascita della nuova pandemia si è colorata così di immagini apocalittiche ed anche di iconografie gotiche, come quella dei mercati rionali della Cina, caratterizzati dalla losca promiscuità di uomini e pipistrelli.
I media hanno dato ovviamente molto più spazio e credito ai medici emergenzialisti ed alle loro suggestioni irrazionali. In Italia anche la politica ben presto si è accodata alla cordata dell’emergenza: prima le Regioni del Nord che hanno trovato un mezzo per rafforzare le loro istanze autonomiste/separatiste; e poi persino una Regione del Sud con un presidente particolarmente affetto da protagonismo. Il governo Conte bis, dapprima recalcitrante a proclamare il lockdown, poi si è gettato nell’impresa con entusiasmo crescente, incurante del crollo del PIL e della prospettiva di milioni di nuovi disoccupati.
Inizialmente isolata nella scelta avventurosa del lockdown, la bistrattata Italietta si è vista poi imitare da altri Paesi. Il fatto è che la digitalizzazione ha creato le condizioni per produrre una nuova arma per la guerra ibrida e a bassa intensità, utile sia per la guerra imperialistica, sia per la guerra di classe: il lockdown, appunto. Il primo ad utilizzare la nuova arma è stato il governo cinese, che se ne è servito per sedare la rivolta di Hong Kong; poi sono arrivati i separatisti del Nord Italia e il presidente francese Macron, che ha potuto così stroncare le proteste dei gilet gialli.
Figure un po’sordide, come quella di Bill Gates, lobbista sia dei vaccini sia del denaro digitale, hanno alimentato il sospetto che la pandemia sia stata il risultato di una pianificazione a vantaggio delle multinazionali farmaceutiche e del digitale. L’attività di mestatore di Bill Gates però potrebbe essere a sua volta inquadrata non come causa, bensì come effetto di uno spostamento dei rapporti di forza interni al capitalismo in favore del digitale.
Una multinazionale del digitale come Amazon ha visto crescere a dismisura i suoi profitti nell’epoca della pandemia. Lo spostamento massiccio di capitali di Borsa verso Amazon datava però a prima della pandemia, causando una crescita esponenziale del valore delle sue azioni. Questa concentrazione dei movimenti di capitale verso le multinazionali del digitale ha determinato un interesse diffuso degli investitori ad accelerare la digitalizzazione, per cui le coscienze degli operatori dei media e dei politici si sono adeguate ai nuovi rapporti di forza interni al capitale; quindi una quarantena di massa è diventata un’opzione praticabile, accettabile e immediatamente applicabile in funzione dei conflitti imperialistici e di classe, in base alla complementarietà e sinergia di guerra e business.
Non solo i capitali si muovono verso il digitale, ma anche i movimenti di capitale sono stati digitalizzati. I primi sistemi automatizzati di Borsa sono stati installati negli anni ’80. Nei decenni successivi i sistemi sono diventati sempre più rapidi e sofisticati. Attualmente gli investimenti azionari sono diretti e indirizzati da algoritmi che riproducono e anticipano le normali reazioni degli operatori di Borsa. Gli algoritmi vengono elaborati in base a criteri di psicologia comportamentale, prevedendo che gli investitori non agiscano razionalmente, bensì di riflesso, come i cani degli esperimenti di Ivan Pavlov. È davvero rassicurante constatare che la digitalizzazione abbia incorporato l’irrazionalità umana.
Nel medioevo l’invenzione della lettera di cambio consentì un’accelerazione dei movimenti di capitale, ponendo le basi della nascita e dell’affermazione della finanza moderna. Una lettera di cambio però viaggiava pur sempre alla velocità di un essere umano, mentre oggi la velocità di pensiero e di azione di un essere umano è surclassata di milioni di volte dalla velocità dei movimenti di capitale digitalizzati.
Mentre il primo lockdown è stato un rito collettivo di sottomissione, la prospettiva di un secondo lockdown sta già provocando una conflittualità sociale che coinvolge i soggetti condannati all’emarginazione ed alla disperazione. Viene da chiedersi se anche la repressione verrà digitalizzata.
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