Di seguito tutti gli interventi pubblicati sul sito, in ordine cronologico.
I notiziari ufficiali hanno conferito una particolare evidenza alla telefonata del cancelliere tedesco Angela Merkel al papa, una evidenza che, a quanto pare, è stata imposta dalla stessa Merkel, in modo da ribadire platealmente quanto già si sapeva, e cioè che Ratzinger non è altro che un dipendente del governo tedesco.
È chiaro che il messaggio della Merkel viene rivolto agli esponenti del sionismo che hanno condotto in questi giorni l’attacco mediatico contro Ratzinger, prendendo a pretesto alcune dichiarazioni sul cosiddetto “Olocausto” da parte di un vescovo lefebvriano, e costringendo il mondo cattolico ad un ennesimo atto di sottomissione. È altrettanto chiaro che, in questi ricatti del sionismo, la questione del genocidio ebraico avvenuto nel corso della seconda guerra mondiale svolge, ancora una volta, soltanto il ruolo di un pretesto per mirare ad altro.
L’informazione in grado di rivelare il vero contenzioso in atto viene omessa dai media, anche se da tempo trapelano notizie sul fatto che le agenzie sioniste rivendicano la proprietà di notevoli quantità di beni immobili che si trovano in Polonia ed Ungheria, in quanto si sostiene che in passato sarebbero appartenuti ad Ebrei uccisi durante il genocidio. Attualmente Polonia ed Ungheria sono oggetto di una vera e propria colonizzazione da parte di gruppi sionisti, e sul territorio di quei Paesi si segnala da tempo addirittura la presenza di soldati israeliani armati a guardia delle proprietà già acquisite. Ormai il sionismo sta già preparando il suo ritorno in Europa, dato che Israele è entrato in un declino irreversibile, che le ultime sconfitte riportate dall’esercito israeliano in Libano e a Gaza non hanno fatto altro che confermare. Il crollo del valore degli immobili in Israele costringe gli affari a fuggire dal Paese, come del resto stanno già facendo tutti i cittadini che finanziariamente se lo possono permettere.
Il saccheggio massiccio dei patrimoni immobiliari pubblici costituisce un processo di proporzioni mondiali, ed in ogni Paese si escogitano espedienti e pretesti diversi per giustificare queste privatizzazioni. In Italia la fantasia privatizzatrice del ministro Tremonti si è manifestata, tra l’altro, con la legge 133/2009, in cui venivano passati a fondazioni private i patrimoni immobiliari delle Università e di parte del Demanio dello Stato. Nell’Europa Orientale invece la privatizzazione dei patrimoni pubblici viene spacciata come restituzione agli antichi proprietari che erano stati spossessati dai regimi del socialismo reale.
L’Ungheria e la Polonia sono Paesi cattolici, in cui in questi anni la Chiesa Cattolica si è data da fare per recuperare - e magari ampliare - il patrimonio immobiliare che deteneva prima dell’avvento dei regimi del socialismo reale. Prima dell’industrializzazione condotta dai regimi filo-sovietici, Ungheria e Polonia erano Paesi essenzialmente semifeudali, ad economia quasi esclusivamente agricola ed estrattiva, in gran parte controllata da proprietari esteri, ma anche da una Chiesa Cattolica padrona, che costituiva all’interno il maggiore soggetto economico e finanziario.
In parole povere, qui si tratta di spartirsi Polonia ed Ungheria: la Chiesa Cattolica avrebbe voluto fare, come sempre, la parte del leone, e può vantare a riguardo antichi titoli di proprietà su quelli che una volta erano terreni agricoli e che oggi costituiscono preziosi terreni edificati o edificabili. I sionisti - che hanno dietro anche il capitale americano - fanno sapere però che non sono d’accordo, e che intendono partecipare all’affare presentando anch’essi antichi “documenti” di proprietà.
Nel linguaggio cifrato dell’affarismo, il negazionismo che Ratzinger deve condannare riguarda quindi il non voler ammettere che molte delle proprietà oggi oggetto di disputa sarebbero appartenute in passato ad Ebrei. Da un punto di vista storico, è altamente improbabile che in quei Paesi gli Ebrei disponessero davvero di ingenti proprietà, in quanto si trattava di una comunità povera e, in particolare in Polonia, soggetta ad un gran numero di limitazioni giuridiche, anche per quel che riguardava il diritto di proprietà; ma si sa che quando si tratta di affari, la verità è peggio che irrilevante: è oltraggiosa.
Nello stesso linguaggio cifrato, la Merkel ha voluto far sapere ai sionisti che per questa spartizione l’interlocutore vero è il governo tedesco e non il Vaticano. È già dai tempi di Woytila che la Chiesa Cattolica si è riconvertita a strumento del colonialismo tedesco nell’Europa Orientale, ma con l’aggravarsi della crisi finanziaria vaticana, il governo tedesco ha potuto addirittura acquistare in blocco il trono di Pietro ed insediarci un suo agente. La Merkel ha fatto capire che è disposta a trattare ed a riconoscere un ruolo ai sionisti nella spartizione dei patrimoni pubblici ed, in generale, nella colonizzazione di Polonia e Ungheria; ma ha tenuto anche a precisare che per questa trattativa la vera controparte è lei e non il fantoccio Ratzinger.
Per circa una settimana i programmi tv sono stati agitati da dibattiti sullo stupro di Guidonia e sul presunto tentativo di linciaggio dei presunti colpevoli da parte di una presunta folla. Nell’epoca del “dominio delle immagini” ci si accorge che, in realtà, l’immagine è dominata dalla parola che ne fornisce l’interpretazione e ne deforma il senso. Nei video circolati in questi giorni - e che è possibile ancora reperire su internet -, infatti manca proprio la “folla”.
Il cosiddetto tentativo di assalto alla caserma dei carabinieri che detenevano i presunti stupratori romeni, è stato operato da un numero di persone che risulta persino inferiore a quello dei rappresentanti delle sedicenti forze dell’ordine. Dalle immagini non risulta neppure che i carabinieri abbiano fermato o, almeno, identificato gli “assaltatori”, cosa che non sarebbe stata difficile, dato che i soggetti in campo non erano nemmeno una ventina.
Insomma, tutto fa pensare ad un falso, ad una messinscena che servisse a fornire l’impressione di una condizione di esasperazione della “gente”. Le riprese erano infatti effettuate a campi cortissimi, con una tecnica che i registi adoperano quando vogliono dare l’illusione della presenza di masse che non ci sono; solo che questo espediente avrebbe potuto funzionare per qualche secondo di video, ma dopo un minuto già può essere scoperto.
Queste “folle infuriate” si esibiscono spesso sui giornali e nelle televisioni. Una folla del genere comparve anche durante il colpo di Stato che determinò la caduta del regime craxiano: la “folla” lanciò contro Craxi delle monetine, ed anche allora, mentre le parole degli speaker ufficiali descrivevano una folla, le immagini non riuscivano a riprendere più di una decina di individui. Anche in quel caso, il comportamento troppo remissivo delle “forze dell’ordine” doveva far pensare a qualcosa di preordinato e concordato. Poco tempo prima, un altro colpo di Stato, in Romania, era stato condito da una analoga coreografia popolare, e, in una ripresa televisiva, si era visto - o si era creduto di vedere - il “dittatore” Ceausescu contestato dalla folla.
A Napoli le “sommosse popolari spontanee” hanno di recente colpito dei campi di nomadi o di immigrati africani, e sempre a Napoli l’arresto di pregiudicati in vari quartieri è invariabilmente accompagnato da un presunto tumulto degli abitanti contro le presunte forze dell’ordine, che trovano così un ottimo alibi mediatico per giustificare la loro “impotenza” - o connivenza - verso la criminalità organizzata.
In democrazia c’è da aspettarsi che i gruppi di potere attuino le loro manovre nascondendosi dietro la “gente”, la “volontà popolare” o la “rabbia popolare”, ma quello che è strano è che lo stesso schema propagandistico sia stato attuato dal potere aristocratico in epoche lontane; perciò ci si è narrata molte volte la fiaba secondo cui un leader popolare sarebbe stato eliminato da quello stesso popolo che egli pretendeva di liberare.
È il caso di Cola di Rienzo a Roma, ed anche di Etienne Marcel a Parigi tutti e due nel XIV secolo; e, ancora, di Masaniello a Napoli nel XVII secolo, e di Carlo Pisacane a Sapri nel XIX secolo.
Nel XIV secolo, a Firenze, la rivolta degli operai specializzati nota come “Tumulto dei Ciompi” fu sì repressa da un esercito mercenario, ma non prima che gli oligarchi facessero diffondere la voce che fossero i ceti operai più umili ad auspicare quella repressione. A riferire della fine ingloriosa di questi antichi tentativi rivoluzionari, furono i cronisti dell’epoca, da considerare sicuramente attendibili quanto i giornalisti attuali.
Lo schema propagandistico ha attraversato indenne i secoli, dato che persino di Che Guevara, notoriamente eliminato dalla CIA, si riuscì comunque a dire che a determinarne la cattura erano state le spiate dei contadini che intendeva liberare.
Se i gruppi affaristici al potere intendono cambiare o inasprire la loro politica verso l’immigrazione, o contro un certo settore di immigrati, non hanno da fare altro che scatenare una “spontanea” sommossa popolare che costituisca il comodo paravento per decisioni già programmate. In tutto ciò che riguarda l’immigrazione, l’illusione di spontaneità risulta dominante. Secondo la fiaba ufficiale, gli immigrati arrivano qui per loro spontanea volontà, mentre lo Stato si fa guidare a riguardo dagli umori spontanei della gente. L’illusione viene sistematicamente coltivata dai media, sebbene ormai si sappia che le quote di immigrazione vengono decise dai trattati commerciali internazionali, quote che determinano persino la percentuale di clandestini, la cui presenza illegale viene pianificata come strumento di ricatto utile a tenere il più basso possibile il costo medio del lavoro.
Fra gli immigrati sono i Romeni ad essere oggi maggiormente sotto tiro, proprio perché il loro status giuridico di comunitari non li espone al disagio della clandestinità, quindi vanno tenuti sotto pressione con altri tipi di ricatto, come quelli del pericolo per l’ordine pubblico e della esasperazione della “gente”.
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