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"Per la propaganda del Dominio, nulla può giustificare il terrorismo; in compenso la lotta al terrorismo può giustificare tutto."

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Di seguito tutti gli interventi pubblicati sul sito, in ordine cronologico.

Di comidad (del 22/06/2023 @ 00:16:50, in Commentario 2023, linkato 8406 volte)
Come è noto, il casus belli dell’ingresso degli USA nella guerra del Vietnam, fu il famoso “incidente del Golfo del Tonchino”. Con tale espressione ci si riferisce ad una serie di episodi segnalati dalla US Navy e datati tra il 2 ed il 4 agosto del 1964. A distanza di pochi anni l’intera ricostruzione dell’accaduto si sgonfiò; in particolare si accertò che non vi era stato alcun attacco da parte nord-vietnamita contro le navi statunitensi. L’aspetto interessante della vicenda non sta tanto nello stabilire se l’incidente fu “cercato” o meno dagli USA, quanto invece nel rilevare come un “non evento” possa assumere le caratteristiche di una narrazione enfatica con effetti reali, come quelli di mobilitare un’intera opinione pubblica a favore della guerra.
A distanza di soli tre anni dal presunto “incidente del Golfo del Tonchino”, alla US Navy toccò invece di subire un attacco vero. Fu il più grave e sanguinoso attacco mai verificatosi dalla fine della seconda guerra mondiale ad un’unità navale statunitense, con trentaquattro morti ed oltre un centinaio di feriti nell’equipaggio della USS Liberty, una nave con compiti di rilevamento elettronico. Non si trattò neppure di un singolo attacco, ma di ben tre bombardamenti, due dei quali furono effettuati da aerei caccia, con l’uso persino di napalm; mentre il terzo bombardamento fu operato da unità navali, con l’uso anche di siluri. L’attacco avvenne tra i giorni 8 e 9 giugno 1967, e fu effettuato da aerei e da navi israeliane, nel corso di quella che venne chiamata “Guerra dei Sei Giorni”; anche se quella cronologia dovrebbe essere anch’essa oggetto di un riesame storico.
Il governo israeliano presentò le sue scuse per l’accaduto, motivandolo con l’errore di aver confuso la USS Liberty per una nave da guerra egiziana. Il comandante della USS Liberty fu decorato con medaglia d’onore del Congresso per il comportamento eroico tenuto sotto quello che fu definito “fuoco amico”, sebbene le testimonianze dei superstiti non avallassero affatto questa versione edulcorata. Secondo ricostruzioni successive, si è accertata la responsabilità diretta del governo israeliano nell’ordinare l’attacco; e addirittura che l’allora segretario alla Difesa USA, Robert McNamara, impedì a dei caccia della portaerei Saratoga di soccorrere la USS Liberty. Nonostante l’importanza dell’onorificenza concessa, questa venne consegnata all’interessato un po’ alla chetichella; infatti il caso dell’USS Liberty è stato ritenuto talmente imbarazzante da rimanere occultato per anni. La cosiddetta “Guerra dei Sei Giorni” era stata la più grande operazione-simpatia mai lanciata a favore di Israele, con risultati mirabolanti; e non era quindi il caso di rovinare l’immagine di Israele con la notizia di quei trentaquattro morti ammazzati e di quel centinaio di feriti.

Certi attacchi proditori ed efferati si addicevano di più agli Arabi; ed infatti si può immaginare come avrebbero reagito gli USA se il cosiddetto “errore” l’avessero commesso gli Egiziani. La cappa mediatica sulla cosiddetta “Guerra dei Sei Giorni” risultò ferrea, e la santificazione di Israele non ne rappresentava neppure l’aspetto principale, che invece consisteva nel modo di descrivere il “nemico” arabo, ed in particolare egiziano. L’immagine del nemico ricalcava lo schema di criminalizzazione-ridicolizzazione ancora oggi applicato con la Russia, per cui l’Egitto e i suoi alleati ci venivano rappresentati come prepotenti e feroci, ma al tempo stesso velleitari, inetti e incapaci. Sta di fatto che nel corso della guerra del 1967, numerosi prigionieri egiziani furono uccisi dall’esercito israeliano, in spregio alla mitica Convenzione di Ginevra. Ciò secondo la testimonianza di vari ufficiali israeliani, tra cui il generale in pensione Arye Biro, che si è giustificato dicendo di non aver avuto scelta. Magari i prigionieri egiziani pretendevano di essere alloggiati e sfamati a spese sue. Anche di questi crimini di guerra, qui da noi non abbiamo saputo nulla, sebbene le notizie a riguardo ormai risalgano agli anni ’90 e siano state diffuse proprio da storici israeliani. In Israele, come anche negli USA, si è diffuso un dissenso trasversale contro l’eccezionalismo, la mitologia del popolo superiore, con la quale le oligarchie piegano le classi subalterne a politiche imperialistiche contrarie ai loro interessi. Se non fosse stato per l’opera critica degli storici israeliani, in Italia staremmo ancora a raccontarci la barzelletta secondo cui i profughi palestinesi se ne erano andati mica perché bersaglio di stragi, bensì di propria volontà, per puro puntiglio; e quindi erano colpevoli della propria condizione di profughi, in base al principio del “chi va via, perde il posto all’osteria”.
La morale della favola è abbastanza banale. Parlare semplicemente di “propaganda bellica” è piuttosto riduttivo, poiché l’informazione stessa è un’arma di guerra. Si può essere chiamati ad indignarsi per eventi mai accaduti, mentre vengono celati fatti clamorosi, anche se segnati dalla presenza di numerose vittime. Questa alternanza di “inventa e nascondi” si inquadra nella gerarchizzazione antropologica tra popoli superiori e popoli inferiori; e l’acritica credulità è dovuta proprio al senso di superiorità occidentalista, che illude di poter accedere alle sfere superiori del sapere per il fatto stesso di far parte di questo mondo moralmente ed intellettualmente privilegiato. A chiunque tocca prima o poi di rendersi conto che lo Stato e la legge sono alibi mitologici per potentati arbitrari e trasversali al legale ed all’illegale, al pubblico ed al privato; ma questo purtroppo è soltanto il primo livello del problema, dato che questi poteri sono intrecci caotici di spinte lobbistiche, che li portano a strafare e sbracare. Non esiste perciò nessuna linearità strategica o razionale con la quale confrontarsi.
Si ricorderà quando i cosiddetti no-vax venivano chiamati “ignoranti”. Si trattava sicuramente di ignoranza, ma nel senso del rendersi conto che le informazioni a propria disposizione sono un po’ troppo limitate o provenienti da fonti in conflitto di interessi; mentre l’ignoranza assoluta è quella di chi presume di sapere in base ad un imbonimento pubblicitario che, insieme con la merce, ti vende senso di superiorità intellettuale e morale. Non per nulla i “boh!-vax” erano molto più odiati dei no-vax. Il riferimento ai sieri spacciati per vaccini, non è casuale, dato che non esistono solo guerre tra nazioni, ma anche guerre di classe e guerre inter-capitalistiche; e questi vari tipi di guerre spesso si intrecciano e si confondono. Con le mostruosità del lockdown, del green pass e dell’ossimoro dell’obbligo al consenso vaccinale, l’oligarchia dell’Italietta non si è limitata a fare gli interessi delle multinazionali farmaceutiche e del digitale, ma ha anche creduto di ascendere di status internazionale, esibendo davanti al mondo la propria capacità di controllo sociale.
Si sta parlando molto degli effetti della guerra tra Russia e NATO in territorio ucraino riguardo alle forniture e al prezzo del gas metano. D’altra parte c’è da osservare che, contestualmente alla criminalizzazione della Russia, vi è stata anche una criminalizzazione del metano. Negli ultimi anni infatti i mitici “studi scientifici” hanno accertato, come al solito “senza ombra di dubbio”, che il metano è il principale gas-serra, quindi responsabile diretto del riscaldamento climatico. Il metano era stato lanciato negli anni ’80 come il grande business dell’energia pulita ed a basso costo; adesso scopriamo invece che il metano non è il bravo ragazzo che credevamo, ed è stato collocato nell’elenco dei “vilain”. Anche se ci sono gradazioni pure nella cattiveria; il metano norvegese non è tanto cattivo, magari un po’ tonto come Stoltenberg; mentre quello russo è malvagio come Putin.
Anni prima dell’inizio della guerra, la priorità della Commissione Europea non era quella di liberarci dal carbone, ma proprio dal metano, colpevole probabilmente di essere ancora più abbondante ed economico del carbone. Occorre anche ricordare che il Cancelliere Scholz aveva rinunciato a rendere operativo il gasdotto North Stream 2 prima che iniziasse l’invasione dell’Ucraina. Guerra o non guerra, la deindustrializzazione dell’Europa era già stata annunciata e preparata, dato che il business delle energie alternative per ora è un fenomeno fatto soprattutto di bolle finanziarie, e non presenta un corrispettivo produttivo tale da compensare il mancato impiego dei combustibili fossili. Nulla ci assicura che tutta la narrativa sulle energie green e sullo status di superiorità morale che conferiscono, corrispondano ad intendimenti effettivi e ad investimenti nell’economia reale tali da sostituire il fossile. Il dato certo riguarda solo il maggiore prelievo sul reddito delle classi subalterne a causa dell’aumento delle tariffe energetiche.
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Di comidad (del 15/06/2023 @ 00:25:52, in Commentario 2023, linkato 8496 volte)
Sono state prospettate molte nuove carriere per Mario Draghi, prima al vertice della NATO, poi alla guida della Banca Mondiale, la sorella (molto minore) del Fondo Monetario Internazionale; ma nessuna di queste promesse è andata in porto. In compenso si continua a riempirlo di premi, tanto che a Draghi sta forse venendo il sospetto che lo prendano per i fondelli. Il ridicolo rischia di debordare, poiché in certe occasioni si è costretti a pronunciare “storici discorsi”. Si sono sprecati i sarcasmi a proposito delle doti da ideologo messe in mostra da Mario Draghi all’atto di riscuotere quell’ennesimo premio negli USA; e non poteva essere altrimenti, vista la goffaggine con la quale il banchiere ha interpretato la parte. In particolare, in parecchi hanno notato che Draghi ha commesso il tipico errore retorico di chi, per rafforzare le proprie affermazioni, finisce per ammettere la propria debolezza. Dichiarare che gli USA e l’UE non hanno altra alternativa che appoggiare l’Ucraina sino alla vittoria, poiché persino un “pareggio” ringalluzzirebbe gli “autocrati”, vuol dire attribuire a questa guerra un carattere “esistenziale” per il Sacro Occidente; altro che “guerra esistenziale” per la Russia. Insomma: o si vince o si muore; e, se tanto mi dà tanto, nel caso che le cose si mettessero male per Kiev, bisognerebbe prepararsi a mandare in soccorso le truppe della NATO. Sarebbe interessante ed eccitante per il patrio orgoglio italico se il Battaglione San Marco, reduce dall’eroico blitz contro i migranti, sbarcasse a Mariupol per confrontarsi con le sanguinarie truppe cecene.
D’altra parte occorre tener presente che Draghi è un lobbista, perciò quello che dice non attiene all’analisi politica o strategica, o all’ideologia, bensì esclusivamente alla comunicazione pubblicitaria, che è fatta di “verità” assolute quanto effimere; verità che hanno la scadenza come una latta di pomodoro. Queste verità assolute sono accessori di una merce, e durano esattamente quanto il consumo di quella merce. Era meno di due anni fa, allorché Draghi ci ammoniva che non vaccinarsi equivaleva a morire, oppure a contagiare un altro ed a farlo morire. A distanza di meno di due anni abbiamo riscontrato non solo che i vaccinati morivano sia di Covid, sia di altri effetti collaterali, ma anche che erano stati venduti come vaccini dei sieri che, in base a quanto ufficialmente dichiarato dalle stesse aziende farmaceutiche, non promettevano alcuna immunità dal contagio.
In queste dichiarazioni, rivelatesi poi false, Draghi era stato supportato anche da personaggi molto più autorevoli di lui; infatti abbiamo ascoltato il Presidente della Repubblica affermare che i non vaccinati non potevano invocare la libertà, poiché essi limitavano la libertà degli altri, contagiandoli. Ma qui si tratta di comunicazione pubblicitaria, perciò l’iperbole, il richiamo alla catastrofe che solo il consumo di una certa merce può scongiurare, fanno parte di quel tipo di messaggio. Lo schema comunicativo iperbolico e catastrofistico fu efficacemente illustrato in una canzone del 1969, che descriveva appunto l’aggressiva radicalità del messaggio pubblicitario: “Se non vuoi farti la faccia a fette, tu devi usare queste lamette”. Lo stesso registro comunicativo iperbolico e catastrofistico, lo abbiamo visto applicato da Draghi e da Mattarella: se non ti vaccini, muori e ammazzi pure gli altri; quindi il no-vax è un suicida ed un assassino. Peggio dei terroristi kamikaze di Al Qaeda.
La verità pubblicitaria non è falsificabile proprio perché è consumistica, è a tempo determinato, dato che è funzionale a venderti quel prodotto. Appellarsi alla logica o anche alla memoria, non ha alcun senso, poiché ciò che dicevano Draghi e Mattarella due anni fa, non ha più importanza, è caduto in prescrizione, per cui la gran parte della pubblica opinione non si pone neppure il problema di essere stata ingannata o meno. Ciò che faceva vendere sieri, era vero; ciò che non li faceva vendere, era falso. Il lobbista ha la coscienza tranquilla, perché perseguiva la sua propria verità, connessa a quella transazione commerciale ed a quel movimento di denaro. Hegel avrebbe forse detto che il denaro e la vendita hanno “inverato” le dichiarazioni di Draghi e Mattarella.

C’è ancora chi crede di vivere ai tempi di Abelardo e di Tommaso d’Aquino, e quindi si ostina ad inseguire criteri di razionalità del tutto obsoleti. Alcuni hanno trovato differenze tra le frasi di Mattarella nel discorso per il 2 giugno e le recenti dichiarazioni di Draghi, poiché il primo, mentre santificava l’invio di armi a Kiev, almeno parlava di una possibile “pace”. In realtà anche Draghi ha detto che una “pace duratura” è legata ad una sconfitta della Russia. Siamo lì: la pace te la dà solo la continuazione della guerra; ed in questa apparente contraddizione c’è una suprema verità, che devi saper cogliere. Un dettaglio curioso: nel riportare il discorso di Mattarella, il sito Open lo definiva spregiativamente “inquilino del Quirinale”; tanto valeva chiamarlo l’Inquirinale. Meno male che è stato Open a fare la bravata, perché se l’avesse detto un pacifista, un’accusa di vilipendio, o magari pure di terrorismo, non gliela levava nessuno.
Draghi oggi ci vende una guerra esistenziale e valoriale per il Sacro Occidente, ma domani potrebbe venderci qualcos’altro. Del resto di guerre esistenziali il Sacro Occidente ne ha avviate tante, salvo poi riporle frettolosamente nel cassetto; sebbene si trattasse di asimmetriche operazioni coloniali, non di vere guerre. La NATO non è strutturata per il combattimento contro forze armate di una certa consistenza, e nemmeno per reggere gravi perdite in uomini e mezzi; perciò, se c’è il rischio di un’escalation, questo riguarda molto di più il possibile uso di armi nucleari che l’invio di truppe occidentali. Insomma, la guerra per procura non è stata una scelta, bensì l’unica via materialmente praticabile per la NATO. La cronologia degli eventi ha il suo rilievo: la decisione di allargare la NATO all’Ucraina, tenendola però in sala d’attesa a tempo indefinito, fu presa al vertice di Bucarest del 2008, e fu presentata come un compromesso. Sta di fatto che per quattordici anni, dal 2008 al 2022, la NATO è entrata in Ucraina con basi ed armamenti, e pure con operazioni di cambio di regime, senza che però la stessa Ucraina ottenesse la protezione derivante dallo status di membro NATO.
Al Battaglione San Marco possono quindi tirare un sospiro di sollievo. Come ci si è dimenticati delle dichiarazioni di Draghi sui vaccini, così ci si dimenticherà delle sue dichiarazioni sull’Ucraina, poiché ci saranno a disposizione altre verità assolute da consumare. Più importante di ciò che Draghi ha detto, è quello che non ha detto, e cioè come l’edificio NATO-UE pensi di sopravvivere all’attuale crollo dell’economia tedesca, dovuto ad un suicidio energetico annunciato mentre l’invasione dell’Ucraina non era ancora avvenuta. L’inizio dell’invasione è del 24 febbraio del 2022. Due giorni prima, il 22 febbraio, il cancelliere tedesco Scholtz aveva sospeso la messa in opera del gasdotto North Stream 2, presentandola come avvio di una serie di altre sanzioni economiche contro la Russia.
La NATO però non pensa strategicamente ma agisce in automatico come una cordata d’affari, cioè in termini di movimento di capitali e di profitti delle multinazionali delle armi; tra le quali la nostra Leonardo ex-Finmeccanica, i cui profitti sono lievitati a dismisura nell’ultimo anno. Il CEO di Leonardo, Alessandro Profumo, nel mentre celebrava il successo, ha dovuto subire anche un avviso di garanzia da parte della Procura di Napoli, per presunte tangenti in una vendita di aerei e navi alla Colombia. Per Profumo sarà una seccatura, ma queste finte inchieste giudiziarie fanno purtroppo parte del rituale autocelebrativo dell’establishment, della pantomima del controllo che non controlla proprio niente, ovviamente quando ci sono di mezzo i potenti; come si sta constatando anche nell’inchiesta della Procura di Bergamo per la gestione Covid. Il denaro crea le sue bolle di verità, e qualche piccola bolla giudiziaria serve da contorno, e come esca per i gonzi forcaioli che ancora ci cascano.
Ci si faccia bastare le bolle di verità, poiché il denaro non può permettersi di essere dialogante. Il denaro è “inverante”, crea verità assolute; e, dato che quelle verità sono effimere e a scadenza, non può consentirsi neanche di essere paziente e tollerante nei confronti di chi gli fa perdere tempo prezioso per gli affari.
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FEDERALISTI ANARCHICI:
il gruppo ed il relativo bollettino di collegamento nazionale si é formato a Napoli nel 1978, nell'ambito di una esperienza anarco-sindacalista.
Successivamente si é evoluto nel senso di gruppo di discussione in una linea di demistificazione ideologica.
Aderisce alla Federazione Anarchica Italiana dal 1984.


21/11/2024 @ 13:40:01
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