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PER GIUSTIFICARE L’ERRORE CI VUOLE L’ORRORE
Di comidad (del 02/11/2023 @ 00:05:15, in Commentario 2023, linkato 7852 volte)
Le motivazioni con cui il Tribunale di Sorveglianza ha respinto la revoca del regime del 41 bis ad Alfredo Cospito potrebbero essere accolte in un manuale di psichiatria come esempio del modo di “ragionare” (o sragionare) di un disadattato, di una persona incapace di misurarsi in modo equilibrato con le difficoltà e le contrarietà dell’esistenza. Al Tribunale infatti non si era chiesto di dire perché non gli piace Cospito e non se lo vuole sposare, ma il motivo per cui non sarebbe gestibile come detenuto in via ordinaria. Il Tribunale di Sorveglianza contesta una presunta incoerenza alla Direzione Nazionale Antimafia e Antiterrorismo, in quanto essa richiede la revoca del 41 bis a Cospito nonostante riconosca che è “socialmente pericoloso” e che sarebbe una “figura di spicco”. Allora secondo il Tribunale di Sorveglianza chi sarebbe l’ideale di detenuto a regime ordinario? Una Madre Teresa di Calcutta in incognito?
Al di là delle sue arrampicate sugli specchi, si può comprendere il vero motivo del risentimento del Tribunale di Sorveglianza verso Alfredo Cospito. Prima che questi iniziasse il suo sciopero della fame nessuno sapeva che buco nero fosse il regime carcerario del 41 bis. Ai forcaioli lo si era venduto come un sistema di detenzione afflittivo e restrittivo per capi di organizzazioni criminali, cioè persone che dispongono di tali e tanti mezzi materiali da poter dirigere il crimine anche dal carcere. Era una visione puerile, dato che Stato e mafia sono soltanto sigle, mentre il potere concreto è trasversale al legale ed all’illegale, così come al pubblico ed al privato; ma lo spot del 41 bis esercitava comunque il suo pathos come epopea della lotta ai mafiosi. Grazie a Cospito la narrativa antimafia è crollata e si è invece scoperto che il 41 bis è applicato ad una pletora di detenuti (tra i settecento e gli ottocento?), molti dei quali non hanno niente a che vedere col crimine organizzato; e si è constatato anche che il regime di isolamento non è affatto trasparente, bensì soggetto a scelte arbitrarie, al punto che possono essere organizzati e favoriti “incontri” tra capi di organizzazioni criminali. Grazie a due sprovveduti sgherri della finta premier Meloni, abbiamo saputo anche che questi incontri possono essere oggetto di intercettazioni. A che scopo? Alcuni contestano al regime restrittivo ed afflittivo del 41 bis di essere una forma di tortura. Certo, ma qui si va oltre la tortura, si è alla manipolazione dei detenuti. La manfrina mediatica ha puntato molto sul dilemma di stabilire se la rivelazione di quelle intercettazioni rappresentasse o meno una violazione del segreto d’ufficio. La domanda più importante però era un’altra, e cioè capire se quell’incontro durante l’ora d’aria tra Cospito ed alcuni boss fosse stato organizzato con uno scopo. Da come sono andate le cose pare proprio che sia considerato lecito provocare un detenuto sperando che commetta reati.
Ci sono stati poi dei comunicati stampa da parte di rappresentanti della polizia penitenziaria che risultavano di un “candore” (o di un realismo) sconcertante. Ciò che viene descritto (ed anche lamentato) dalla polizia penitenziaria è infatti l’uso del tipico paradigma emergenzialista, cioè si è favorita la disfunzionalità del regime carcerario ordinario in modo da favorire la dilatazione del regime straordinario del 41 bis. Più c’è emergenza e più si ottiene potere, si possono saltare le procedure, non si deve rendere conto di nulla. L’emergenza ha anche un effetto retroattivo di assoluzione per tutte le menzogne che si sono dette. Non c’è da sorprendersi se per il potere l’emergenza è diventata una droga. L’emergenza continua diventa normalità, perciò occorre assumerne dosi sempre maggiori, bisogna sempre rilanciare evocando catastrofi incombenti e nemici micidiali quanto mostruosi.

In rete sono circolati i video dell’arresto di Luca Dolce, che si è visto circondare da una banda di energumeni mascherati come teppisti. Secondo la narrativa mediatica, il motivo per cui Dolce ha ricevuto addirittura l’attenzione dei NOCS è che egli sarebbe venuto in contatto con Cospito, con il suo fluido magnetico e malefico. Si è visto che all’interno della magistratura c’è pure chi si rende conto che gli eccessi narrativi e vendicativi messi in atto nel caso Cospito hanno sortito effetti controproducenti, la famosa “eterogenesi dei fini”. La vendetta è una tecnica manipolatoria efficacissima, che consente al potere di girare, rigirare e raggirare l’opinione pubblica a piacimento; ma ciò vale pure nelle relazioni umane più quotidiane: è come se le persone vendicative avessero un quadro di controllo già incorporato, per cui basta schiacciare quel bottone per direzionarle dove si vuole.
Nella nostra cara Italietta pacioccona il potere si esercita da tempo immemorabile suscitando ed attizzando un clima di regolamento di conti. Il fascismo rappresenta il caso da manuale di questo modello di vendetta sociale; ma anche il colpo di Stato pseudo-giudiziario del 1992, con la conseguente orgia delle privatizzazioni, fu messo in scena come una vendetta contro i partiti. La psicopandemia è stata tutta una caccia all’uomo, con varie prede: prima i runner, poi quelli che festeggiavano tra le mura domestiche, ma soprattutto i “negazionisti” ed i disertori no-vax. A proposito di “doppio standard”, c’è da sorridere per il fatto che in un paese in cui l’istigazione alla guerra civile è uno sport nazionale, si finga di scandalizzarsi per certe frasi di Cospito. Una volta però che il potere ha messo in moto certi meccanismi manipolatori, rimane a sua volta vincolato e condizionato dal clima vendicativo che si è innescato. Se si cerca di fermarsi o di fare marcia indietro si rischia di ritrovarsi scavalcati a causa della competizione interna alle oligarchie.
Il meccanismo emergenzialista appare perciò inarrestabile, non dipende dalla volontà dei singoli ma dagli automatismi di un sistema drogato. Sono costretti a perseguitare Cospito perché è l’unico modo di assolvere se stessi. Sono finiti i bei tempi in cui per farsi assolvere dai propri peccati bastava confessarsi e comunicarsi. Nella religione del politicamente corretto per farsi assolvere non bastano un paternostro ed una avemaria; per il politicorretto solo l’orrore altrui può cancellare i nostri errori. Nella religione del politicorretto l’effetto assolutorio non è solo retroattivo ma anche preventivo, lava persino i crimini futuri. Così avviene nel politicamente corretto questa sorta di transustanziazione: gli errori degli oppressi sono sempre crimini, mentre i crimini dei potenti sono errori; anzi, ancora meglio, diventano semplici “contraddizioni”. Il concetto è stato formulato espressamente dallo scrittore David Grossman: nessuno deve permettersi di paragonare gli errori di Israele con gli orrori di Hamas. Solo la presenza di un mostro inumano, di un male assoluto, permette al potere di dimostrare la propria umanità. Per questo bisogna disumanizzare il nemico e fabbricare sempre nuovi mostri. Paradossalmente l’umanesimo non è affatto umanitario: dato che gli esseri umani non corrispondono per niente all’ideale umano, risulta sempre molto agevole trovare il pretesto per sterminarli. Come erano patetici quei cattolici che chiedevano il nostro pane quotidiano. Nella religione del politicamente corretto bisogna invece pregare così: dacci oggi il nostro Hitler quotidiano.