Di seguito gli interventi pubblicati in questa sezione, in ordine cronologico.
Le reazioni dei governi cosiddetti occidentali alla vittoria del partito del presidente Putin alle elezioni del parlamento russo, hanno assunto dei toni involontariamente umoristici. Il presidente Bush non si è complimentato con Putin a causa del sospetto di brogli che grava sulle elezioni russe, mentre le autorità europee hanno lamentato l'eccesso di copertura mediatica di cui si è avvantaggiato il partito al governo.
Insomma, non si è capito se le oligarchie "occidentali" rimproverino Putin di fare le stesse cose che fanno loro, oppure se la prendano con lui perché sta confezionando la messinscena della democrazia meglio di loro.
Si può immaginare inoltre cosa sarebbe accaduto se Putin avesse perso le elezioni: ci sarebbe stato un boato di soddisfazione dei media analogo a quello verificatosi per la contemporanea sconfitta di Chavez al suo referendum sulle modifiche alla costituzione venezuelana. Anche di Chavez, se avesse invece vinto, si sarebbe detto che aveva fatto ricorso a brogli.
Nell'uno e nell'altro caso, tanta ostilità della stampa "occidentale" è dovuta alla frustrazione degli interessi affaristici delle multinazionali anglo-americane.
Da quando la British Petroleum è stata estromessa dal business del gas russo, la propaganda britannica ha imbastito nei confronti di Putin una serie di provocazioni piuttosto puerili, come quella del presunto assassinio del dissidente russo con il polonio radioattivo. Condizionati dagli interessi britannici, anche i media italiani fanno la morale a Putin e lo esortano a ritrasformare la Russia in colonia come ai tempi di Eltsin. Si tratta però di una posizione irrealistica, che persevera negli errori di valutazione già commessi a suo tempo dal presidente USA Clinton.
Negli anni '90 le multinazionali petrolifere si illusero di aver trovato in Russia il loro nuovo Eden coloniale, ma era chiaro già allora che se il KGB consentiva a Eltsin di firmare contratti a condizioni così sfavorevoli, lo faceva solo per il tempo necessario ad acquisire il know-how e le relazioni utili per poi poter procedere in proprio. Anzi, l'oligarchia russa ha oggi la potenza finanziaria sufficiente per poter fare del colonialismo commerciale in proprio, non solo nei confronti degli Stati dell'ex impero sovietico, ma anche nei confronti della stessa Europa occidentale.
L'unico governante europeo a complimentarsi con Putin è stato Sarkozy, e il fatto ha, come al solito, alimentato le illusioni di alcuni commentatori circa l'attivismo e l'autonomia dell'attuale presidente francese. In realtà Sarkozy fa l'amico di Putin per lo stesso motivo per cui ama Bush. La compagnia petrolifera francese, la Total, è stata associata da Bush allo sfruttamento del petrolio iracheno, mentre Putin ha concesso alla stessa Total alcuni contratti di fornitura di gas russo.
Il punto è che quando la politica di un governo coincide con gli affari, il contraente più debole diventa automaticamente una colonia; ed oscillare tra la subordinazione a due colonialismi, non fa una politica di indipendenza nazionale.
La Francia e l'Europa attuali sono un po' in una condizione simile alla Cina dell'800, che era soprattutto una colonia britannica, ma che subiva incursioni coloniali anche da parte di altre potenze, come gli USA, il Giappone, la Germania e persino l'Italia. Oggi l'Europa rimane soprattutto una colonia commerciale degli Stati Uniti, ma si espone ormai anche al colonialismo russo.
Durante la prima guerra mondiale, Georges Clemenceau sintetizzò efficacemente con uno dei suoi crudeli aforismi la schizofrenia della politica francese dell'ultimo secolo: i Francesi offrirebbero subito la loro vita alla Patria, ma mai i loro soldi. Questa schizofrenia è oggi incarnata da Sarkozy che blatera ancora di una Francia grande potenza, ma poi ne smantella le basi, a cominciare dall'apparato dello Stato. Sarkozy è oggi ritratto dalla stampa padronale come il San Giorgio che si batte contro il drago dei "privilegi delle categorie", il che, tradotto dal codice della propaganda, vuol dire che si propone di sostituire nella pubblica amministrazione il lavoro stabile con lavoro precario o schiavistico. L'oligarchia francese ha trovato nella precarizzazione e nella schiavizzazione un business che in prospettiva è colossale. D'altra parte, nel momento in cui va a toccare le basi del proprio stesso establishment, l'oligarchia francese non può essere più sicura che un domani non sia scalzata nella gestione di quel business da altre oligarchie imposte dai colonialisti.
6 dicembre 2007
I "colloqui al vertice" avviati da Walter Veltroni hanno inaugurato l'ennesima "stagione delle riforme istituzionali". Tutto ciò va inquadrato nella situazione di subordinazione coloniale in cui l'Italia si trova.
È tipico del colonialismo camuffare le sue aggressioni mirate ad obiettivi affaristici come se fossero invece degli scontri di modelli politico-sociali o di civiltà, perciò ogni resistenza al colonialismo stesso viene etichettata come "antistorica", come un rifiuto del progresso e della modernizzazione. Ciò spesso può determinare nei popoli colonizzati una falsa coscienza, che sposta i termini della questione dalla difesa nei confronti dell'aggressione coloniale in sé, ad un'ansia di adeguamento ai modelli astratti con cui il colonizzatore giustifica la sua aggressione.
È quello che sta avvenendo oggi nel dibattito politico italiano. Un Paese espropriato del suo territorio da basi militari straniere che sono centri di contrabbando ed evasione fiscale, un Paese che non può più battere moneta e difendere le sue esportazioni, un Paese a cui viene impedito dalle multinazionali di avere una sua politica energetica ed una sua ricerca tecnologica, cosa fa?
Un Paese espropriato sposta la sua attenzione su riforme costituzionali, leggi elettorali e nuovi aggregati partitici, in modo da diventare sempre più simile ai modelli del Paese colonizzatore.
La falsa coscienza svolge anche un ruolo di "protezione" nei confronti di un'opinione pubblica che si sentirebbe smarrita di fronte alla gravità dei problemi. L'avventura afgana costituisce da questo punto di vista un esempio sconcertante: il governo italiano deve sostenere spese crescenti per far parte di una missione della NATO, il cui effetto è che l'Italia viene oggi inondata da eroina derivata dall'oppio di cui la NATO cura la coltivazione in Afghanistan, oppio che poi la stessa NATO smista in Europa grazie ai privilegi di extraterritorialità delle sue basi. Ogni Paese colonizzato deve infatti sostenere un prelievo fiscale sempre più oppressivo in modo da poter finanziare non servizi, ma imprese affaristiche che lucrano ai danni dello stesso Paese colonizzato.
Anche le ribellioni e le critiche al sistema di dominio sono condizionate dalla falsa coscienza, perciò alla fine risultano sempre drasticamente al di sotto della reale entità dei problemi. Ciò è stato evidente con il V-Day, i cui bersagli non erano la NATO e l'Unione Europea, ma i "politici".
Gran parte dell'opinione pubblica è davvero convinta che i nostri guai derivino dal fatto che l'Italia non sia ancora una "vera democrazia" come gli Stati Uniti, e quindi chiede ai nostri politici di adeguarsi a quel modello, il che è esattamente quello che i politici si sforzano di fare, omettendo però di avvertirci che il ceto politico statunitense non è affatto "vicino alla gente", ma è il più corrotto e privilegiato del mondo.
D'altro canto anche questi politici - che una volta venivano chiamati i "lacchè" del colonialismo - vivono una loro falsa coscienza, che li conduce ad imitare i modelli imposti dal colonialismo con un sincero entusiasmo e con un autentico senso di identificazione. Veltroni è davvero convinto di condurci ad una sorta di Terra Promessa, in cui spera di realizzare non l'interesse dei cittadini, ma la sua personale ambizione, che è quella di essere accolto finalmente alla corte dei dominatori come se fosse uno di loro. Ma Veltroni, e quelli come lui, si illudono, come già successe a suo tempo a Craxi.
La falsa coscienza dei lacchè del colonialismo consiste appunto nel sottovalutare il razzismo dei colonizzatori. Le oligarchie dominanti vivono infatti anch'esse una propria falsa coscienza, che consiste nel vedersi non come gruppi criminali e affaristici favoriti dalle circostanze, bensì come una vera razza eletta che avrebbe il diritto di dominare il mondo. Nella loro presunta élite esclusiva, non ammetterebbero mai esponenti di razze inferiori, neppure in funzione subordinata.
29 novembre 2007
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