Di seguito tutti gli interventi pubblicati sul sito, in ordine cronologico.
Qualcuno ha notato che l'emergenza-immigrati rappresenta una boccata d'ossigeno mediatico per Renzi, il quale può finalmente collocarsi dalla parte "giusta", di quello che fa la morale agli altri e si atteggia con indignazione di fronte alla demagogia irresponsabile della Lega ed al miope egoismo dei partner dell'Unione Europea. Il roleplay tra "accoglitori" e "respingitori" accentra l'attenzione sulla questione di alcune migliaia di immigrati, ma fa perdere di vista il fatto che gli ingressi clandestini con i barconi costituiscono una quota minima del problema, e bisognerebbe andare ad indagare sui moli militari dei porti, specialmente quelli controllati dalla NATO e dagli USA.
La questione dei migranti fa dimenticare anche che lo stesso Renzi è riuscito nell'incredibile impresa di farsi dichiarare un blocco degli scrutini (per quanto simbolico, in base a ciò che consente l'attuale normativa anti-sciopero) persino da sindacati super-collaborazionisti come la CISL e la UIL. Renzi si è trovato così di fronte alla più grossa mobilitazione del personale della Scuola degli ultimi cinquanta anni.
Nelle attese la mobilitazione degli opinionisti ufficiali contro gli insegnanti avrebbe dovuto sortire dei risultati nei confronti di una categoria che rappresenta la maggiore consumatrice di stampa quotidiana; ma, a quanto pare, l'avvento di Renzi ha determinato un distacco tra il PD e la sua base sociale più fedele. Il gruppo dirigente del PD non si è minimamente preoccupato del fatto che, lasciando insultare la propria base elettorale dagli opinionisti, delegittimava anche se stesso. Nelle prossime elezioni i software del Viminale potranno forse ovviare all'emorragia di voti, ma è chiaro che si è aperta una fase di destabilizzazione del quadro politico dagli esiti ancora incerti.
Intanto Renzi annuncia di prendersi una quindicina giorni per ripensarci, o solo per attendere la fine delle attività scolastiche, dato che forse anche lui è rimasto a quando a luglio le scuole erano chiuse. La sconfitta degli opinionisti poi è stata dissimulata dai media, che hanno adottato la tattica della minimizzazione e del silenzio sul successo del blocco degli scrutini.
Martedì scorso il governo è stato anche battuto in commissione al senato sul parere di costituzionalità sulla pseudo-riforma della Scuola, ciò con il voto determinante di Mario Mauro, ex ministro della difesa del governo Letta. Probabilmente Mauro ha voluto così ricambiare il dispetto che gli aveva fatto Renzi facendo cadere il governo Letta. Ma, dato che lo stesso Mauro è un noto
amico di Finmeccanica e degli F-35, Renzi avrà altri argomenti per dire che si sente perseguitato dai "poteri forti".
Il luogo comune che ricorre spesso in questo periodo riguarda il Renzi espressione dei "poteri forti". Il tema fu rilanciato dal segretario della CGIL Camusso nell'autunno scorso, ma, curiosamente, poco più di un mese dopo che lo stesso Renzi si era invece dichiarato
vittima e perseguitato degli stessi "poteri forti" (come del resto aveva già fatto Monti ancor prima di lui).
L'espressione "poteri forti" è in effetti abbastanza generica per consentire qualsiasi conclusione e digressione. Non sarebbe infatti neppure concepibile un governo espressione di "poteri deboli", in quanto la "rappresentanza democratica" viene a sua volta orientata dai potentati che detengono strumenti di persuasione e ricatto. Si tratta quindi di individuare i poteri di cui si parla, e di non rimanere sul vago.
Ciò che è davvero notevole nei governi degli ultimi anni è la loro supina dipendenza dal giudizio degli organismi sovranazionali. Uno degli organismi sovranazionali più citati dai media è l'OCSE, l'Organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo Economico (l'acronimo inglese è OECD). Anzi, esiste una sorta di narrazione mediatica ricorrente sull'OCSE che ha riguardato tutti gli ultimi governi, da quelli del Buffone di Arcore, a quelli di Monti, Letta e dello stesso Renzi.
La narrazione inizia con una "buona novella", cioè che il governo ha "incassato" l'apprezzamento dell'OCSE sui suoi piani di "riforme strutturali". Poi c'è la
doccia fredda, infatti l'OCSE "gela" gli ottimismi del governo di turno con una stima al ribasso sul PIL. La stessa OCSE conclude sempre la sua catena di dichiarazioni con un ulteriore incitamento al governo a portare avanti le sue "riforme strutturali", che sono poi sempre le stesse, quelle che si stanno portando avanti ininterrottamente da oltre un ventennio.
L'OCSE è un'emanazione del Fondo Monetario Internazionale, e infatti le "riforme strutturali" sono ispirate al sempiterno slogan del "siete vissuti al di sopra dei vostri mezzi"; uno slogan applicato dal FMI in ogni epoca ed in ogni situazione dal 1945, anno in cui è stato fondato. Qualsiasi garanzia salariale e sociale viene considerata un lusso che non ci si può più permettere, ed oggi la giustificazione addotta riguarda le esigenze dell'economia globalizzata; ma i pretesti possono cambiare. Le "riforme strutturali" consistono quindi in un quadro di destabilizzazione sociale permanente, ovviamente ad esclusivo danno dei lavoratori e del ceto medio, mentre vengono fatti salvi l'assistenzialismo per ricchi ed il welfare per banchieri.
Il Trattato di Maastricht del 1992 ha recepito in pieno questa filosofia della destabilizzazione sociale di marca FMI-OCSE. Il ceto politico italiano che firmò il Trattato di Maastricht (i vari Craxi, Andreotti, Forlani, ecc.) si illuse di essere stato investito dai poteri sovranazionali per gestire la colonizzazione dell'Italia, e invece di lì a pochi mesi quel ceto politico fu travolto. Quindi non ci sono investiture stabili e la destabilizzazione colpisce anche i ceti pseudo-dirigenti locali. Magari i nostri politici vengono invitati alle riunioni dell'Aspen Institute, della Commissione Trilateral, del Gruppo Bilderberg, e con questo vien fatto loro credere di essere stati ammessi definitivamente nel giro del potere che conta, ma è una presa per i fondelli. Probabilmente anche l'attuale segretario generale dell'OCSE, il messicano Gurrìa, è soltanto una di quelle mezze figure messe lì a fare da prestanome e portavoce, perciò, quando i nostri governanti parlano con lui, trovano la stessa possibilità di interlocuzione che si ha con un distributore automatico.
Si configura così un gioco al gatto col topo, o forse un gioco al massacro, in cui dapprima l'OCSE santifica i vari Tremonti, Monti, Letta e Renzi, e poi li schioda dal piedistallo su cui li ha collocati, riscontrando ogni volta che l'Italia è ancora in recessione, perciò le "riforme strutturali" vengono considerate ancora tutte da fare. Anche Renzi, due settimane prima della sua sparata vittimistica del settembre scorso sulla persecuzione dei "poteri forti" ai suoi danni, si era beccato
una "gufata" dall'OCSE, che aveva pubblicato stime disastrose sulle prospettive economiche dell'Italia. La sua delusione deve essere stata enorme, dato che ha fotocopiato tutte le sue "riforme" dai protocolli dell'OCSE.
Il cosiddetto "potere forte" sovranazionale quindi esprime e ispira un assetto di governo, ma al tempo stesso lo pone sulla graticola, mettendo in atto meccanismi di stritolamento e superamento, in quel perenne quadro di destabilizzazione sociale e istituzionale determinato dal dominio coloniale. Paradossalmente il ciclico vittimismo dei governi, che si sentono perseguitati proprio dai "poteri forti" che li hanno messi lì, appare, una volta tanto, fondato.
Per evitarsi la pena di commentare il magro risultato elettorale, e per far capire a tutti quali siano i veri padroni a cui deve rispondere, un Renzi in versione NATO lunedì scorso è volato in Afghanistan, ad arringare i soldati italiani. Senza risparmiarci il ridicolo di indossare la tuta mimetica, dall'alto della sua scienza politica, Renzi ha spiegato ai giovani militari che in un mondo globale la sicurezza interna ai vari Paesi dipende dalle loro scelte internazionali. Parole sante. Parole tanto più significative se pronunciate in un Paese, l'Afghanistan, che dal 2002 segna ogni anno un nuovo
record di produzione dell'oppio. Proprio quell'oppio che, trasformato in eroina, inonda l'Europa.
La destabilizzazione dell'Afghanistan da parte della NATO ha quindi comportato i suoi riflessi destabilizzanti all'interno dei Paesi della NATO. Si potrebbe iniziare a questo punto la solita litania sugli "errori dell'Occidente", se non ci si ricordasse che la destabilizzazione costituisce un business. Che la NATO non abbia nulla a che vedere con la produzione ed il traffico di oppio, può essere infatti sostenuto solo contro ogni evidenza, e ciò fa parte di quei "segreti" noti a tutti, ma troppo osceni per essere pronunciati, poiché rimetterebbero in discussione tutta la visione del mondo comunemente accettata.
Il problema è che, se per alcuni la destabilizzazione internazionale costituisce un business, per altri è una spesa. La destabilizzazione infatti è a carico del contribuente, che deve finanziare crescenti spese militari, che a loro volta vanno a favorire ed organizzare il contrabbando che fiorisce all'ombra delle basi militari e del segreto militare. Non si tratta solo di contrabbando di oppio, ma anche di armi, sigarette, petrolio e di ogni altro genere di merce. Il contribuente così non finanzia solo la destabilizzazione, ma anche la colossale evasione fiscale che il contrabbando comporta da parte delle multinazionali, le quali trovano nella NATO una confortevole e dissimulata "location" per il loro lobbismo.
Può apparire un paradosso che degli Stati finanzino la frode fiscale, ma lo Stato non esiste. Lo Stato è in parte un'astrazione giuridica ed in parte una superstizione, mentre ciò che esiste realmente è il potere di lobby e di cosche che agiscono in nome di queste astrazioni e superstizioni.
Le spese militari non riguardano soltanto l'acquisto di nuove armi, come i famigerati F35, ma anche le spese logistiche del personale e delle basi. La spesa militare effettiva è molto maggiore di quella dichiarata ufficialmente, poiché viene dissimulata in più capitoli di spesa, ed è anche a carico delle Regioni. In coincidenza con i record della produzione e del traffico di oppio, anche
la spesa militare italiana registra sempre nuovi record.
Ma tutto ciò è ancora nulla, dato che il contribuente dovrà affrontare sempre maggiori costi per la destabilizzazione della Libia operata nel 2011, che comporta non solo contrabbando di petrolio, ma anche contrabbando di esseri umani. I media pongono l'accento sul micidiale traffico operato con i barconi e sulle stragi che esso comporta, ma quel traffico potrebbe costituire solo un diversivo rispetto a forme di immigrazione illegale organizzate sotto il paravento del segreto militare. Nel 2011 si è potuto riscontrare come gran parte della sinistra sia vulnerabile al mito razzistico e colonialistico del "fardello dell'Uomo Bianco" elaborato dallo scrittore inglese Rudyard Kipling. Si è assistito così allo spettacolo di una "sinistra interventista", convinta che esistano "popoli minorenni", assolutamente bisognosi del soccorso del sedicente Occidente, cioè della NATO. Si è visto poi con quali risultati.
Renzi aveva promesso un decreto per l'intervento militare italiano in Libia per il marzo scorso, poi i tempi sono slittati. Si attende l'autorizzazione dell'ONU, che l'aveva a sua volta promessa venti giorni fa. Questa improvvisa timidezza pare sia dovuta all'atteggiamento russo, molto meno malleabile che nel 2011, dato che al Cremlino hanno cominciato a comprendere che l'obiettivo finale di tutta questa destabilizzazione è l'accerchiamento commerciale e militare della Russia, in vista di un suo smembramento in stile Jugoslavia.
La recente missione del ministro degli Esteri Gentiloni in Russia ed i suoi colloqui con il suo omologo russo, Lavrov, hanno generato i soliti comunicati né carne né pesce. Significa però qualcosa il fatto che Gentiloni abbia trovato il modo di vantarsi della posizione italiana, improntata sì alla fermezza nei confronti della Russia, ma anche al dialogo. Gentiloni è riuscito ad ottenere anche la promessa di
una visita di Putin all'Expo di Milano, in base alla regola aurea che una nota di ridicolo non deve mai mancare in queste solenni occasioni internazionali.
Gentiloni però non ha mancato di lamentarsi per la
"Black List" di indesiderabili stilata dal governo russo. La destabilizzazione non passa solo per gli eserciti, ma anche per lo spionaggio e la provocazione, mirati ad organizzare "rivoluzioni colorate". Circolano molti politici ambigui, che sono in effetti alle dipendenze dei servizi segreti NATO, ed il fatto di pubblicarne i nomi serve appunto a "bruciarli".
Nella lista nera di Putin vi è anche una donna di origine italiana, ora naturalizzata svedese, la signora Anna Maria Corazza, che ha preso anche il cognome del marito, l'ex primo ministro svedese Bildt. La storia d'amore fra i due è cominciata nei Balcani, nel corso della guerra. Probabilmente la signora era lì per conto della NATO, ed il consorzio con un politico svedese risulta del tutto coerente. La Svezia infatti non è più un Paese neutrale, ma è coordinato con la NATO in base ad un accordo di partenariato.
Porre veti all'ingresso sul proprio territorio a certi personaggi costituisce un mezzo di difesa molto più economico ed efficace che investire in nuove armi. Un irrigidimento della Russia potrebbe costituire anche una buona notizia per il contribuente, poiché porrebbe un freno all'attuale ondata di destabilizzazione internazionale di marca "occidentale", che va dall'Ucraina, alla Siria, alla Libia, all'Afghanistan.