Di seguito tutti gli interventi pubblicati sul sito, in ordine cronologico.
Come era prevedibile, la questione dei danni ambientali causata dalla base statunitense del MUOS (Mobile Users Object System) di Niscemi, si è avvitata in quel consueto stillicidio di perizie di segno opposto e di sentenze in parte rimangiate. Il movimento di opposizione al MUOS si ritrova quindi invischiato in quel rituale roleplay, per il quale a chi cerca di prospettare seriamente questioni tecniche si replica con un tipo di comunicazione irresponsabile; perciò non solo qualunque rischio viene aprioristicamente escluso, ma poco ci manca che il MUOS venga presentato come una fonte dell'eterna giovinezza.
Criticare i movimenti non ha senso, poiché i loro limiti non sono soggettivi, ma oggettivi; non dipendono cioè da carenze di chi ne fa parte, ma dalla natura stessa dei movimenti. Sin dalla loro formazione i movimenti si delineano in base a "valori condivisi", come la salute o la legalità costituzionale. Solo che questi "valori condivisi" non sono affatto condivisi dal governo e dai media. Anche la "democrazia" si riduce al diritto di manifestare, il che, concretamente, comporta solo il diritto di farsi manganellare dalla polizia, con l'obbligatorio strascico di condanne per resistenza all'arresto (quando colpisce corpi solidi, il manganello incontra resistenza).
D'altra parte la comunicazione irresponsabile del potere, pur nel suo intento di ridicolizzare e banalizzare, talvolta finisce involontariamente per riportare le questioni al nodo cruciale, che è quello dell'imperialismo e del colonialismo.
Un "reportage" (si fa per dire) del quotidiano "La Stampa" dello scorso anno dall'isola di Ohau dell'arcipelago delle Hawaii ci mostra infatti la popolazione locale tranquilla ed entusiasta del fatto di convivere con l'impianto gemello del MUOS di Niscemi.
Sennonché le Hawaii fanno parte degli Stati Uniti in seguito ad
un violento processo di conquista coloniale che durò dal 1876 al 1898, con tanto di colpo di Stato, anche con l'intervento dei Marines, ai danni della monarchia locale. Il confronto con le Hawaii non è quindi per la Sicilia tanto rassicurante, poiché quelle isole del Pacifico videro la propria popolazione in gran parte sterminata e soppiantata dall'arrivo di coloni americani.
Dei quattro MUOS operanti al mondo, due non si trovano negli Stati Uniti, uno a Niscemi in Sicilia e l'altro a Kojarena in Australia. Ed anche l'Australia non ha dei precedenti molto rassicuranti. Nel 1975 il governo australiano del laburista Gough Whitlam pretese di veder chiaro nelle operazioni di spionaggio satellitare della base USA-CIA di Pine Gap. Whitlam però ottenne solo di farsi destituire da un colpo di Stato organizzato dalla CIA e dal servizio segreto britannico MI6.
L'atto formale di destituzione del Primo Ministro Whitlam fu compiuto dal Governatore Generale, il rappresentante della Corona britannica in Australia. Si scoprì così che l'Australia non è un Paese indipendente, ma tuttora una colonia britannica. Si scoprì anche cosa succede a chi cerca di opporsi alle basi USA. In queste settimane si sta festeggiando il record di regno della regina Elisabetta II, ed è un peccato che, tra le benemerenze della regina, non si ricordi anche quel colpo di Stato del 1975.
L'impianto MUOS di Niscemi non può esibire neppure la esile foglia di fico giuridica dell'Alleanza Atlantica, poiché gli USA se lo gestiscono da soli e non vogliono "alleati" tra i piedi. La fiducia che viene pretesa è totale e incondizionata. Ciò ci riconduce al nucleo arcaico del colonialismo, nel quale il popolo conquistatore diventava non solo la casta dominante nei confronti dei popoli conquistati, ma anche la loro divinità.
In questi mesi di recrudescenza dell'emergenza profughi, il Sacro Occidente ha scoperto di avere un altro nemico (o un altro alibi): gli "scafisti". Lo "scafismo" rappresenta una categoria ancora incerta, ma non c'è dubbio che, con il tempo, la narrazione mediatica si arricchirà di connotazioni e di sfumature inquietanti che renderanno il nuovo nemico più familiare e riconoscibile da parte dell'opinione pubblica. Potrebbe venirne fuori un bell'ibrido mostruoso, magari un cocktail di jihadismo e mafia russa.
A questa pubblica opinione addestrata al wrestling opinionistico dei talk-show, viene offerta intanto una vasta gamma di eroi mediatici con i quali schierarsi, da una Merkel in versione umanitaria, ai "cattivi" Salvini ed Orban. Il
giornalista "contor-sionista" Furio Colombo si schiera senza esitazioni con la cancelliera Merkel, che costituirebbe, secondo lui, l'ultimo barlume della politica estera europea. In realtà per parlare propriamente di politica estera non bastano i confronti con la commissaria europea Mogherini, al paragone della quale qualunque figura rischia di giganteggiare. Occorrerebbe qualche passetto in più.
In tutta la rappresentazione della guerra allo "scafismo", la Merkel può permettersi di recitare la parte del personaggio nobile, mentre a Renzi si riserva il ruolo del deficiente, poiché è ovvio che non si può dare la caccia agli scafisti senza mettere a rischio la vita dei profughi. Ma la Germania non sta nel Mediterraneo a ridosso delle coste africane, e non è neppure un Paese di frontiera come l'Ungheria e la Serbia. La geografia consente oggi alla Merkel di far bella figura, prendendosi comodamente anche un milione di profughi siriani, che potranno essere degli ottimi lavoratori sottopagati, dato che la Siria ha sempre speso molto in istruzione e qualificazione professionale.
Anche senza fare della dietrologia, ma attenendosi rigorosamente alle notizie di fonte ufficiale, si comprende immediatamente che qualcosa non torna in questa "emergenza" profughi. Un problema come l'immigrazione di massa potrebbe anche non avere soluzioni, ma la buona fede dei governi europei può essere comunque misurata in base alla loro volontà di circoscrivere il problema e di ricondurlo a numeri più gestibili. Ed è proprio questa volontà che manca. Semmai si può scorgere la volontà contraria. Se si va a scorrere infatti l'infinita lista ufficiale dei Paesi sottoposti a sanzioni da parte dell'Unione Europea, alla
lettera elle si scopre che ad essere oggetto di un rigoroso embargo sulle armi c'è ancora la Libia del governo "laico" di Tobruk in guerra con le milizie jihadiste.
In base alle notizie di stampa si scopre anche che le milizie jihadiste beneficiano invece di regolari forniture di armi da parte della Turchia. E, sino a prova contraria, la Turchia fa parte della NATO. La questione delle forniture di armi alle milizie jihadiste non solo ha determinato tensioni tra il governo di Tobruk e la Turchia, ma comporta una situazione di
scontro diplomatico tra la stessa Turchia ed il governo egiziano di Al-Sisi, che pure dall'UE viene indicato come un punto di riferimento irrinunciabile per la lotta al terrorismo.
Se l'UE volesse dimostrare di fare appena sul serio nella lotta alla partenza di barconi dalle coste libiche, le basterebbe togliere l'embargo al governo di Tobruk e muovere una protesta diplomatica presso il governo di Ankara. Ma, con tutta probabilità, le direttive della NATO sono ben diverse.
Sta di fatto che a gestire tutta l'operazione mediatica del bimbo siriano morto sulla spiaggia è stata proprio la stampa turca, quindi la versione ufficiale che è stata imposta sull'emergenza profughi viene confezionata dal governo di un Paese NATO non aderente alla UE; ed il governo turco è coinvolto nell'appoggio sia ai jihadisti della Libia che a quelli della Siria. Allora, di che cavolo parla Furio Colombo?
Ma c'è anche di peggio, come i cannoneggiamenti ed i bombardamenti aerei che gli Israeliani riservano alle truppe di Assad ogni volta che queste cercano di stanare le milizie jihadiste dal
confine del Golan. Non si tratta proprio di milizie dell'ISIS, ma comunque di un'organizzazione affine, Al Nusra. Non risulta però che nessuna obiezione sia mai stata mossa a riguardo ad Israele; anzi, all'Expo di Milano Renzi ha celebrato l'unità di intenti che esisterebbe con Netanyahu sulla presunta lotta al terrorismo.
Se Assad è per L'UE ancora il principale nemico, quale alternativa si offre a milioni di Siriani in fuga dal Califfato, se non l'emigrazione di massa? Non è che qui si tratta di eliminare con una sorta di genocidio migratorio proprio il popolo siriano, visto che costituisce il principale ostacolo per Israele e per gli USA?
Una volta questa tragedia migratoria sarebbe stata definita aggressione imperialistica; anche perché vi era più lucidità rispetto al fatto che l'imperialismo non è affatto un ordine mondiale, ma una destabilizzazione permanente. Oggi anche le più ardite opposizioni si fermano quasi sempre alla locuzione di "responsabilità dell'Occidente", una nozione abbastanza generica ed ambigua da poterla interpretare nel senso che gli USA e la NATO hanno sbagliato a non bombardare di più. Il presidente francese Hollande si adegua a questa interpretazione delle "responsabilità dell'Occidente", ed ha annunciato
voli di ricognizione sulla Siria in vista di bombardamenti contro l'ISIS. Poi, tanto per chiarire le cose, lo stesso Hollande ha dichiarato che il suo principale obiettivo rimane la cacciata di Assad. Parole che, anche se non fossero seguite dai fatti, costituiscono già di per se stesse un incentivo alla migrazione.