Di seguito gli interventi pubblicati in questa sezione, in ordine cronologico.
Le circostanze dell'assassinio di Benazir Bhutto hanno immediatamente
determinato scetticismo e sospetti. L'eccesso di zelo della
comunicazione ufficiale nel cercare di fare a tutti i costi confusione
sull'attentato, ha messo in evidenza il dato che sono proprio gli
operatori dell'informazione asservita quelli che nutrono i maggiori
sospetti circa le attitudini criminali del padrone statunitense. Il
giorno dell'attentato le agenzie di stampa si limitavano a dare la
notizia che vi era stata una rivendicazione attribuita ad Al Qaeda, ma
il giorno dopo tutti i maggiori quotidiani titolavano in prima pagina
che la Bhutto era stata uccisa da Al Qaeda.
Questa ansia di coprire si è manifestata anche sulla questione
delle modalità dell'assassinio: prima attentato kamikaze, poi
cecchino. Nonostante le smentite che sono circolate, il primo di
gennaio l'agenzia Ansa adottava la formula della Bhutto uccisa con un
attentato suicida, dando il tutto per scontato.
Gli opinionisti si sono poi arrampicati sugli specchi per
dimostrare che questo assassinio rischia di gettare nel caos tutto il
Medio Oriente, e che le armi atomiche di cui il Pakistan disporrebbe
rischiano di finire nelle mani dei soliti fondamentalisti islamici. Gli
stessi opinionisti che irridono le congetture dei cosiddetti
complottisti, poi non esitano a ricorrere a trame romanzesche: Al
Qaeda, la novella Spectre, uccide la Bhutto per arrivare ad
impadronirsi delle atomiche pakistane, il tutto ovviamente per
minacciare l'odiato "Occidente".
L'effetto suggestivo di questi scenari apocalittici rischia di
condizionare anche le analisi di coloro che cercano ogni giorno di
affrontare la questione della criminalità dei governi e delle
multinazionali. Alcuni si sono domandati quale sia oggi la vera
strategia del governo statunitense e cosa esso abbia da guadagnare da
una catastrofe mediorientale.
In realtà il colonialismo commerciale e l'affarismo criminale
non si ispirano a strategie, ma agiscono in base a schemi. Il governo
statunitense pensa ed opera come agenzia delle multinazionali,
perciò, dato che il governo pakistano ha firmato contratti con
la Cina, invece che con le multinazionali americane, per la costruzione
di oleodotti e gasdotti, allora bisogna tenere sotto pressione il
governo pakistano. È chiaro che Bush non ha mai pensato di
sostituire Musharraf con la Bhutto, ma ha sacrificato quest'ultima per
ricattare il primo. Da oggi Musharraf sarà ogni giorno
costretto a dimostrare di non essere condizionato dai "fondamentalisti
islamici", e l'unico modo per dimostrarlo sarà quello di firmare
contratti con le compagnie commerciali americane. Dopo il primo
contratto firmato, la stampa internazionale sarebbe pronta a presentare
Musharraf come un baluardo della democrazia e della lotta al terrorismo.
L'affarismo si maschera poi con giustificazioni che sono sempre le
stesse: la libertà e la sicurezza. Quando anche queste
giustificazioni crollano sotto l'evidenza dei fatti, gli Stati Uniti
hanno sempre pronta la giustificazione di riserva, che non gli ha mai
fatto cilecca: l' "ops!".
Nel 1998 il presidente Clinton ordinò il bombardamento
missilistico di una fabbrica farmaceutica in Sudan, con il pretesto che
producesse armi chimiche. Quando l'evidenza delle prove ha
dimostrato che si trattava effettivamente e solo di una fabbrica di
farmaci, il governo statunitense si limitò ad un: e vabbè
ci siamo sbagliati, e che sarà mai?
Sta di fatto che il Sudan nel 1998 aveva raggiunto la quasi
autosufficienza nella produzione di farmaci, mentre oggi dipende
nuovamente dalle multinazionali americane, e questa dipendenza
continuerà, poiché ormai più nessuno pensa di
investire in impianti farmaceutici in Sudan, dato che si sa già
che verranno bombardati.
Il colonialismo commerciale anglosassone ha sempre vissuto giorno per
giorno, avvalendosi della posizione di impunità garantitagli
dall'isolamento geografico. È uno sbaglio perciò
attribuire le azioni del governo statunitense all'ascesa dei cosiddetti
"Neocons". Negli ultimi anni si è riflettuto molto
sull'origine trotskista dei "Neocons", e lo storico Franco Cardini ha
individuato proprio in questa matrice ideologica la tendenza allo
sperimentalismo di questi presunti ideologi, la loro volontà di
trasformare la società in un laboratorio per crearvi una nuova
realtà.
Le tesi di Cardini, per quanto eleganti e argomentate, non tengono
conto del fatto che Trotsky non era neppure nato e già gli Stati
Uniti facevano le stesse cose, giustificandole allo stesso modo.
L'invasione del Canada del 1812 fu operata per impadronirsi della zona
degli animali da pelliccia, ma venne motivata con il pretesto che
i "crudeli selvaggi indiani" si infiltravano dal confine canadese
per seminare il terrore negli Stati Uniti. Ebbene, "crudeli selvaggi
indiani" è un'espressione contenuta nella Dichiarazione
d'Indipendenza degli Stati Uniti del 1776, redatta da Thomas Jefferson.
Usare pretesti di libertà e sicurezza per giustificare
operazioni affaristico/criminali ha come modello la tecnica
pubblicitaria di Jefferson e non i funambolismi ideologici di
Trotsky. Il fatto poi che molti "Neocons" abbiano dei trascorsi
da "gauchiste" non indica di per sé che questi fossero realmente
di quell'idea, poiché è normale che dei professionisti
della disinformazione da giovani si facciano le ossa anche lavorando da
infiltrati, come dimostra la storia di Paolo Mieli, Gad Lerner o
Giuliano Ferrara.
3 gennaio 2008
|