Di seguito tutti gli interventi pubblicati sul sito, in ordine cronologico.
Un’associazione di consumatori ha denunciato il Presidente del Consiglio Renzi all’Antitrust per pubblicità “occulta” nei confronti della Apple. L’aggettivo “occulta” deve essere stato molto frustrante per Renzi, il quale in questi ultimi due anni aveva fatto davvero di tutto per farsi notare mentre esibiva spudoratamente i suoi gadget di marca Apple.
L’esibizionismo non trova purtroppo i dovuti riconoscimenti, perciò i media ufficiali si ostinano a catalogare come materiale per complottisti la carnevalata romana della “Trilateral Commission” del mese scorso. Il termine “complottismo” è diventato ormai in mano ai media un fattore di disturbo costante della comunicazione e del pensiero, un modo per aggirare sistematicamente le evidenze. Per molti commentatori le frequentazioni para-“trilateraliste” del dirigente Cinque Stelle Luigi Di Maio costituirebbero uno scandalo a causa del passato complottista del movimento: tu che individuavi nella Trilateral una centrale della cospirazione sovranazionale, ora vai a cena con i suoi esponenti. Sembrerebbe di capire che per un non complottista una frequentazione di tal genere non sarebbe disdicevole. In realtà per qualsiasi politico, complottismo o meno, risulterebbe screditante frequentare grandi banchieri e dirigenti di multinazionali, poiché ciò inevitabilmente offre un’immagine di servilismo verso i potenti; e si dice “servilismo” per non adoperare l’espressione icastica che sarebbe più adatta a definire comportamenti del genere. In questo caso si tratta di un’evidenza tale che persino la stampa amica è costretta a riferire con un po’ di ironia sulla gita dei renziani nella tana dei potenti.
Giustificare certe frequentazioni con la scusa di voler acquisire informazioni su ciò che pensano i potenti, appare puerile dato che se quelli pensassero qualcosa non lo verrebbero certo a dire a te; inoltre i potenti possono permettersi il lusso di non pensare poiché fanno riferimento sempre agli stessi schemi: vittimismo di fronte alle presunte pretese dei poveri, e conseguente direttiva agli Stati di tagliare salari, pensioni e sanità per incrementare l’assistenzialismo per i ricchi, poiché solo da questi potrebbe derivare la salvezza del mondo. Sociologi ed economisti possono poi incaricarsi di conferire a queste banalità una veste pseudo-scientifica ma la sostanza non cambia.
La beata irresponsabilità del potere ha trovato nello sviluppo tecnologico vertiginoso degli ultimi sessanta anni un supporto ed un incentivo. Molti si chiedono come mai, a fronte di tanta disponibilità di nuove tecnologie, oggi la maggioranza delle persone stia peggio. In realtà quell’assurdità finanziaria e contabile costituita dai titoli derivati era impensabile prima delle meraviglie dell’informatica, che consentono calcoli astrusi in frazioni di secondo. Lo sviluppo delle comunicazioni rende inoltre superfluo quel ceto medio più o meno istruito che faceva da raccordo e collante sociale; perciò l’istruzione pubblica può essere liquidata, magari introducendo anche il rating degli insegnanti, che non è un nuovo modello di gestione del personale ma pura destabilizzazione.
La tecnologia può sostituire la civiltà e le istituzioni se chi la controlla ha come esclusiva finalità la propria ricchezza ed il proprio potere senza doversi preoccupare delle conseguenze. Le “opposizioni” possono fare la loro parte idealizzando il potere e attribuendogli una vocazione progettuale che in effetti non ha; semmai, come dimostra la famosa “lezione di management” all’università LUISS dell’AD di ENEL, Francesco Starace, ci si trova di fronte a semplici criminali comuni. La distruzione ed il saccheggio di aziende storiche viene venduta come “cambiamento”.
La potenza mediatica può intanto incaricarsi di costruire i miti negativi da offrire in pasto all’opinione pubblica, figure di “tafferuglisti” professionisti, i “pendolari della violenza”, che spaziano dagli Expo alla Val di Susa con l’unico scopo di creare caos, mentre dal canto suo il potere destabilizzante e irresponsabile può spacciarsi come un “ordine”, per quanto ingiusto ed elitario.
I potenti della “Trilateral” si riuniscono per discutere seriamente delle sorti del mondo, pubblicano documenti seriosi sul loro sito ufficiale, magari complottano: questa è la fiaba che ci si vuole propinare. Si ha l’impressione invece che le parate di potenti abbiano proprio lo scopo principale di sollecitare nelle classi dirigenti locali quei comportamenti che La Boétie definiva “servitù volontaria”. Anche la servitù volontaria non va però sopravvalutata nella sua importanza, poiché, se i potenti sono tutti da un parte, allora il servilismo si concentra nei loro confronti; ma se vi fossero altri potenti da compiacere, allora il servilismo potrebbe distribuire le sue prestazioni ed equilibrare il tutto.
Si è detto che l’ultima riunione della Trilateral avesse come argomento proprio il modo di contrastare il potente emergente oggi considerato il maggiore avversario del Sacro Occidente, cioè Putin. A parte il fatto che l’iniziativa internazionale di Putin non è certo effetto di velleità personali ma della diminuzione del peso di Gazprom a vantaggio dell’esercito (che in Russia è un vero soggetto politico), c’è proprio da figurarselo uno come Rockefeller a cercare di contrastare un marpione come Putin. I ricconi di nascita non sanno neppure abbottonarsi i pantaloni da soli e quindi devono appaltare il lavoro sporco ai veri praticoni del potere sul campo, quelle persone di origini più umili che compongono i servizi segreti, i tanti Gianni De Gennaro che trascinano quotidianamente la carretta.
Lo stesso George Soros, il principale nemico della Russia, non nasce miliardario, ma componente di una famiglia ungherese di collaborazionisti del nazismo; poi da giovane venne arruolato dalla CIA e, per suo conto, diventò finanziere e provocatore internazionale, con una fasulla identità ebraica ad oscurare il passato nazista. L’umiltà delle origini non implica necessariamente solidarietà con la propria classe, ed anche qui il servilismo c’entra solo in parte, poiché solo in base ad un umanesimo astratto e sdolcinato si può pensare che il potere per il potere non costituisca per molti il principale scopo della vita. Se si volesse sapere cosa rischia davvero Putin, è nell’ambito dei servizi segreti che bisognerebbe indagare, ma lì non ci trovi certo la Boschi o Di Maio.
Il Presidente del Consiglio Renzi ha lanciato i comitati per il sì al prossimo referendum costituzionale, e lo ha fatto con i consueti toni irritanti che contraddistinguono la sua comunicazione. Renzi ha fatto appello all’Italia che dice sì contro l’Italia che dice sempre no, citando così il Buffone di Arcore del 2009, il quale celebrava il “partito dell’amore” contro quello dell’odio.
I toni irritanti fanno però parte della distrazione rispetto alla vera questione in campo, che riguarda i quasi quaranta anni di delegittimazione della Costituzione vigente che hanno fatto sì che succedesse praticamente di tutto. Nel 2011 vi è stato persino l’intervento in una guerra, deciso dal Presidente della Repubblica e fatto ratificare a posteriori dal parlamento. Chi vede nel bicameralismo una garanzia, deve chiedersi come sia stato possibile che, nonostante la doppia lettura, sia passato quel nonsenso giuridico che è il pareggio di bilancio inserito nella carta costituzionale. Si può essere certi che, in caso di conferma referendaria della riforma costituzionale imposta dal governo Renzi, anche il nuovo assetto andrà incontro alle stesse vicende di forzatura e aggiramento, poiché vi sarà sempre pronta un’emergenza a giustificarlo.
Il primo grande esperimento emergenziale in Europa fu l’austerità imposta nell’autunno del 1973 in base ad un inesistente blocco delle forniture di petrolio da parte dei Paesi arabi, i quali in realtà non avevano mai smesso di vendere il proprio petrolio, semmai ne avevano aumentato il prezzo concordemente con le multinazionali del settore. Il senso di quell’operazione fu di far digerire all’opinione pubblica il clima dell’emergenza e di saggiarne la credulità.
Col senno di poi molti hanno ironizzato sul fatto che negli anni ‘70 in Italia vi fosse un fervore di estremismo rivoluzionario alla sinistra del Partito Comunista, come se davvero si stesse alla vigilia di una rivoluzione. In realtà in quel periodo il PCI era universalmente accreditato dal clamore mediatico di essere prossimo ad ereditare il potere in Italia. Formazioni politiche come Potere Operaio, Lotta Continua, e le stesse Brigate Rosse, cercavano perciò una loro nicchia concorrenziale alla sinistra del PCI, magari per farsi cooptare dal gruppo dirigente dello stesso PCI. Ciò che allora non si sapeva è che stava agendo una lobby mondiale della deflazione, con il suo epicentro nel Fondo Monetario Internazionale; una lobby che aveva infiltrato i gruppi dirigenti della sinistra e dei sindacati e che avrebbe subordinato lo sviluppo industriale alla finanziarizzazione di tutti i rapporti economici e sociali. Si tratta della lobby che domina ancora oggi e che ha imposto prima il Sistema Monetario Europeo e poi l’euro, cioè una stabilizzazione forzata del valore della moneta, e quindi dei crediti, da scontare con una continua svalutazione dei salari. Alla fine degli anni ‘70 la lobby deflazionistica impose il Sistema monetario Europeo come presunta risposta all’emergenza della crisi finanziaria, quella stessa crisi finanziaria provocata dalla lobby. Si deve quindi riscontrare una coerenza del “toninegrismo” nel momento in cui esso si schiera a favore dell’Unione Europea e dell’euro, poiché rimane quella sua linea di inseguire il potere emergente per collocarsi alla sua sinistra.
Che il modello emergenziale fosse alla base dell’Unione Europea, fu confermato dallo stesso Romano Prodi all’atto dell’ingresso dell’Italia nell’euro, con parole che anticiparono il senso di ciò che avrebbe detto a sua volta Mario Monti più di dieci anni dopo. Prodi affermò che le contraddizioni della moneta unica avrebbero presto creato le condizioni di una grave crisi; una crisi che però sarebbe stata l’occasione per poter procedere nel processo di unificazione europea. Il modello europeo si è basato sulla crisi, sul ricatto dello stato di necessità. L’Unione Europea si è sempre presentata come la terapia obbligata per i mali che essa stessa aveva scatenato.
Si insiste molto da parte di alcuni critici dell’Unione Europea sul carattere antidemocratico della stessa, sul fatto che personaggi come Draghi o Juncker si impongano ai governi nazionali senza aver avuto alcuna legittimazione elettorale. A queste critiche, gli apologeti dell’Unione Europea hanno reagito facendo l’apologia delle virtù dell’oligarchia, e in questo sforzo propagandistico sono stati impiegati personaggi prestigiosi come Eugenio Scalfari e Lorenzo Jovanotti.
Ma anche in questo caso occorre stare attenti alle distrazioni ed anche alle operazioni di pubbliche relazioni, per quanto sordide, come il gruppo Bilderberg o la Trilateral, alle quali vengono appunto invitati “oligarchi” del calibro di Jovanotti o del cinquestellino Luigi Di Maio. In questi casi si tratta semplicemente di illudere certi personaggi di mezza tacca di aver avuto accesso alle stanze del potere.
Si può infatti discutere sul fatto che la democrazia sia mai davvero esistita, se non sia sempre stata invece una forma di oligarchia dissimulata da un apparato di pubbliche relazioni. Anche Enrico Mattei, il fondatore dell’ENI, non era stato eletto da nessuno e si imponeva ai Presidenti del Consiglio della sua epoca; inoltre il nucleo fondamentale dell’ENI, l’AGIP, fondata durante il regime fascista, fu preservata da Mattei con un colpo di mano contro il governo che aveva deciso di liquidarla.
Il modello costituzionale europeo non è però soltanto oligarchico, infatti fa della crisi e dell’emergenza cronica il suo fondamento di legittimazione, anzi di ricatto. Crisi economica e finanziaria, terrorismo, immigrazione, e chi più ne ha più ne metta. Il modello europeo è una farmacologia politica e sopravvive solo perché drogato di continue emergenze. Anche Draghi si droga, dato che egli deborda dai poteri istituzionali della Banca Centrale Europea e detta l’agenda ai governi, tutto questo in nome dell’emergenza-euro. L’euro è una moneta intrinsecamente emergenziale, non consente normalità. Che questo stato di eccezione permanente sia auspicato e calcolato dai trattati europei, è dimostrato dal fatto che essi prevedano l’immunità giudiziaria per tutti gli alti burocrati europei, da quelli della Banca Centrale Europea a quelli del Meccanismo Europeo di Stabilità. Questo status di immunità legale era riservato ai monarchi prima della Rivoluzione Francese, e ci voleva il “sogno europeo” per riportarlo in auge. E quale droga può mai essere efficace più dell’impunità? Come la lotta al terrorismo, anche l’euro può giustificare tutto. Non esistono poteri buoni, in compenso ce ne sono di pessimi.
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