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"Le decisioni del Congresso Generale saranno obbligatorie solo per le federazioni che le accettano."

Congresso Antiautoritario Internazionale di Ginevra, 1873
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LA GERMANIA VENDE UN MODELLO CHE NON HA
Di comidad (del 29/09/2016 @ 03:06:55, in Commentario 2016, linkato 1765 volte)
La multinazionale mediatica “Bloomberg” ha diffuso nei giorni scorsi una dichiarazione di Angela Merkel, secondo la quale il governo tedesco non penserebbe ad aiuti di Stato per soccorrere “Deutsche Bank, che, come è noto, ha aggiunto ai suoi guai finanziari anche la multa di quattordici miliardi di dollari inflittale dal governo federale USA. La dichiarazione è stata accolta con ovvi sarcasmi, visto che non ha alcun senso prospettare un “bail in” per il caso Deutsche Bank, in quanto anche una spoliazione completa di azionisti, obbligazionisti e correntisti rappresenterebbe una goccia nel mare del dissesto finanziario della maggiore banca tedesca. La voragine di Deutsche Bank è di tale entità che non avrebbe senso pensare neppure ad un aiuto di Stato, bensì occorrerebbe qualche accordo internazionale per gestire la riconversione dell’infinita massa di titoli tossici che albergano nei conti della banca. Anche la sortita dei vertici di Deutsche Bank, che hanno fatto da sponda alla Merkel dichiarando a loro volta di non aver intenzione di chiedere aiuti statali, rientra quindi nella pura retorica.
Sebbene prive di senso, le dichiarazioni della Merkel e di Deutsche Bank svolgeranno ugualmente una funzione nella comunicazione da talk-show, come riprova esclusivamente retorica del rigorismo tedesco. In Italia l’informazione riguardante la Germania è una delle più censurate e manipolate, e tende ad accreditare l’immagine, in positivo o in negativo, del colosso economico-finanziario dal quale dipenderebbero le nostre sorti. Anche Renzi, nella sua ultima performance di Bratislava si è attenuto a questo copione, concentrando la polemica nei confronti dell’ottusità e dell’egoismo del governo tedesco.

La vera questione è in realtà molto diversa, dato che non si comprende quali sarebbero le armi di ricatto in mano alla Merkel nei confronti dell’Italia. La Germania non è nostra creditrice e, come Paese che esporta la gran del suo PIL, la stessa Germania avrebbe tutto da perdere in una guerra commerciale di dazi. Persino la Commissione Europea ha un potere contrattuale piuttosto relativo nei confronti dell’Italia, poiché non potrebbe far altro che deferirla alla Corte di Giustizia in vista di eventuali multe.
Se c’è invece uno che oggi ci tiene per le palle è un italiano, un certo Mario Draghi, presidente della Banca Centrale Europea e garante/compratore del nostro debito pubblico. Lo stesso Draghi si fa pagare dall’Italia questa garanzia con “riforme strutturali”, cioè con austerità. Quindi se oggi l’Italia ha una controparte è Draghi e non la Merkel. Si paventava anche che la Corte Suprema tedesca bocciasse la politica di “quantitative easing” e di bassi tassi di interesse di Draghi, ritenendola incompatibile con il proprio ordinamento costituzionale, ma così non è stato, anzi la sentenza della Corte è stata pienamente favorevole all’attuale linea della BCE.
Il “colosso economico” tedesco ha basato tutta la sua concezione esistenziale sul surplus commerciale, ma negli anni ‘90 non riusciva a raggiungere quell’obiettivo, anzi era in disavanzo della bilancia commerciale; c’è riuscito solo grazie al trucco dell’euro, mantenuto in vita dai “quantitative easing” di un italiano, Draghi, il quale lavora per conto della NATO.

La questione tedesca rimane comunque centrale, poiché l’effettivo ruolo di questo Paese rimane oscuro, avvolto da mitologie ed omissioni informative. Ci si vende un “modello tedesco” che non esiste, un illusionismo che regge solo a patto di non metterlo sotto osservazione.
La stessa biografia della Merkel costituisce infatti un gigantesco buco nero. Tra l’altro non si chiama neppure Merkel ma Kasner, e avrebbe acquisito il cognome attuale da un misterioso primo marito da cui avrebbe divorziato. La “Merkel” sarebbe figlia di un pastore protestante e nata ad Amburgo, in Germania Ovest, nel 1954, in piena guerra fredda; ma la sua famiglia si sarebbe trasferita nell’Europa dell’Est (una fuga all’incontrario), con il pretesto ufficiale di evangelizzare i comunisti (sic!). Laureata in fisica, la “Merkel” avrebbe fatto parte della Gioventù Comunista e sarebbe entrata nel primo governo della DDR successivo alla caduta del Muro di Berlino, per poi farsi notare e adottare dal cancelliere Kohl.
Le cose non vanno meglio neanche per la biografia dell’attuale ministro dell’Economia Wolfgang Schaeuble, che, da ministro degli Interni, alla fine degli anni ‘80 fu il gestore della riunificazione tedesca insieme con il massimo dirigente di Deutsche Bank, Alfred Herrhausen. Questi fu ucciso in un attentato nel novembre del 1989, ma meno di un anno dopo anche Schaeuble rimase vittima di un attentato che lo ridusse su una sedia rotelle per il resto dei suoi giorni. Le indagini sull’assassinio di Herrhausen seguirono dapprima la solita pista della RAF, ma non portarono a nulla, mentre lo sparatore di Schaeuble fu classificato sbrigativamente come “pazzo”. Non siamo mica a Casal di Principe ma in un contesto di “purezza ariana” (pardon, di “etica protestante”, ma il senso è quello), perciò il fatto che i due organizzatori del grande banchetto finanziario costituito dal saccheggio delle banche e delle industrie della DDR siano incorsi in attentati a pochi mesi l’uno dall’altro, fu considerato una pura coincidenza, tanto da non ritenerla neppure degna di nota.
Un domani magari uno storico serio (ma esistono?) riuscirà forse a spiegarci il mistero della Germania, un Paese classificato come ricco e potente ma che tra l’800 ed il ‘900 ha visto partire dal proprio territorio più emigranti di qualsiasi altro Paese europeo; tanto che oggi i cittadini americani di origine tedesca sono quarantasei milioni, la prima etnia degli USA con il 18% del totale della popolazione, quindi più degli Irlandesi americani che sono trentatré milioni, e quasi il doppio rispetto agli anglo-americani, che sono appena venticinque milioni, ed il triplo degli italo-americani che non arrivano al 6% del totale.
Nell’attesa di queste spiegazioni, intanto in Italia ci si potrebbe accontentare di non farsi più prendere per i fondelli dal nostro conterraneo Mario Draghi.
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FEDERALISTI ANARCHICI:
il gruppo ed il relativo bollettino di collegamento nazionale si é formato a Napoli nel 1978, nell'ambito di una esperienza anarco-sindacalista.
Successivamente si é evoluto nel senso di gruppo di discussione in una linea di demistificazione ideologica.
Aderisce alla Federazione Anarchica Italiana dal 1984.


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