Di seguito gli interventi pubblicati in questa sezione, in ordine cronologico.
Il presidente francese Hollande, andato in Mali per appropriarsi di gas ed uranio, si è trovato a scoprirvi anche l'acqua calda, e cioè che la destabilizzazione dell'Africa sahariana e sub-sahariana è oggi finanziata dall'emiro del Qatar, Al Thani.
Si tratta dello stesso emiro con cui la Francia si è alleata per destabilizzare la Siria. Le notizie sul ruolo del denaro di Al Thani nelle spinte secessioniste in Mali circolavano da mesi, eppure Hollande riceveva ugualmente Al Thani a Parigi nell'agosto del 2012 per decidere del destino di Assad. L'incontro fu suggellato da un comunicato comune che sanciva l'unità d'intenti dei due "alleati".
Ciò che può apparire privo di logica, acquista invece senso in un'ottica colonialistica, nella quale non vi sono obiettivi strategici da raggiungere, ma soltanto una convergenza di lobby affaristiche verso la destabilizzazione. Il business delle bombe si incrocia con il business delle materie prime. Quando la guerra civile etnica da strisciante diventa aperta, allora gli apparati statali si dissolvono, e le multinazionali possono gestirsi in proprio i giacimenti, senza dover rendere conto alle autorità locali, che sono ridotte a semplici simulacri. Più di un osservatore ha notato che la presenza massiccia di truppe francesi in Mali rischia di esporre a destabilizzazione tutta l'area, compresa l'Algeria. I confini infatti sono puramente teorici e gli sconfinamenti, veri o presunti, della guerriglia possono giustificare tutto; come ha dimostrato la guerra in Afghanistan, nella quale la gran parte dei bombardamenti USA è stata effettuata sul territorio di un "alleato", cioè il Pakistan.
C'è una corrente d'opinione di "antimperialisti sì, ma non troppo", che sottolinea in ogni circostanza che all'ingerenza coloniale non può essere attribuita ogni volta l'intera responsabilità delle guerre locali, motivabili anche con annose situazioni interne di conflitto e di sopruso. In realtà è troppo facile dimostrare che i buoni non esistono e che l'umanità fa schifo più o meno ovunque. Il punto è che gli odi etnici possono rimanere latenti indefinitamente, sin quando non arrivano i soldi per armare e pagare i più facinorosi. Se affluiscono grandi quantità di denaro per destabilizzare un Paese, la lista dei sospetti finanziatori non è poi così nutrita, visto che oggi sono in pochi ad avere parecchi liquidi disponibili. Non solo nell'Afghanistan degli anni '80, ma persino nella guerra della ex Jugoslavia degli anni '90, i soldi dell'Arabia Saudita e del Qatar furono determinanti. Per premio di quell'impegno finanziario, le due petro-monarchie ottennero un accordo di integrazione militare con la NATO, ancora vigente.
Al Thani, nonostante tutto, continua a ricevere complessivamente un trattamento più che di favore dagli organi d'informazione occidentali, e non mancano i depistaggi. Molti giornali ancora insistono sulla storiella degli ex mercenari Tuareg di Gheddafi, fuggiti in Mali portandosi le armi degli arsenali libici. Secondo questa versione, gli stessi Tuareg si sarebbero inopinatamente convertiti all'Islam integralistico ed avrebbero attuato la secessione del Nord del Mali per instaurarvi una repubblica islamica. Questa storia non fa altro che usare gli argomenti di molti di coloro che erano contrari alla guerra in Libia, e che paventavano le conseguenze dell'eliminazione di un punto di riferimento come Gheddafi. Una guerra sbagliata del passato servirebbe adesso a giustificare un'altra guerra nel presente, resasi necessaria per riparare ai guai della prima. La propaganda a favore della guerra può usare qualsiasi pretesto, compresa questa mezza riabilitazione postuma di Gheddafi.
Ora non è neppure chiaro se Hollande - illudendosi forse di essere un novello Gary Cooper nel film "Beau Geste" - vada in Mali a combattere i Tuareg, o Ansar Eddine, oppure qualcun altro. Sulla stessa vicenda degli ostaggi in Algeria, il governo francese non è stato in grado di fornire uno straccio di versione ufficiale, e neppure ha sentito il bisogno di esigere ulteriori chiarimenti dal governo algerino. Vige un clima mediatico del "tutto fa brodo", purché crei l'impressione di un'emergenza-terrorismo e legittimi l'invio di truppe e cacciabombardieri.
Hollande è andato ad incastrarsi in un'avventura militare costosa, che rischia di renderlo sempre più dipendente dagli "aiuti" degli "alleati" della NATO e, forse, dello stesso Qatar. Lo Stato francese è già in crisi finanziaria, e proprio adesso va ad aprire una voragine di spesa pubblica che lo renderà sempre più vulnerabile e ricattabile. L'ipotesi non è affatto astratta, visto che ormai la Francia è nel mirino delle agenzie di rating come Moody's o di settimanali come The Economist.
L'Italia mussoliniana si sottopose ad un vero e proprio tour de force di aspirazioni coloniali, svenandosi finanziariamente nella guerra d'Etiopia, ed anche nella guerra di Spagna per conquistare le Isole Baleari, salvo poi accorgersi di non essere in grado di tenerle. A causa di questo stress, l'Italia andò incontro al disastro che la consegnò nelle grinfie del colonialismo statunitense. Ma i fascismi rappresentarono proprio la risposta velleitaria ed auto-razzista di nazioni tenute ai margini del banchetto coloniale, egemonizzato invece dalle sedicenti liberaldemocrazie occidentali, cioè Gran Bretagna, USA e Francia.
La liberaldemocrazia è un personaggio fiabesco, al cui confronto persino Biancaneve potrebbe rivendicare i contorni del crudo realismo. Il vero sistema politico del sedicente Occidente, ed il suo autentico connotato ideologico, sono rappresentati dal colonialismo. Anche all'interno del cosiddetto Occidente, le relazioni tra gli Stati sono di tipo coloniale; e l'Europa, tuttora colonialista, si trova anche ad essere colonizzata ed inquadrata gerarchicamente in quella struttura imperiale che è la NATO.
Continua l'effetto sorpresa di un Hollande che si dimostra sempre meno socialista e sempre più guerrafondaio. Ora il presidente francese si è ridotto a fare il vigilante per gli interessi della Total e di altre multinazionali in Mali ed in Somalia. [1]
Il suo pretesto/casus belli del momento è la crociata contro i jihadisti locali; cosa che ha suscitato più di qualche perplessità dato che invece in Siria i jihadisti sembrano andargli più che a genio quando combattono Assad. In un'Italia in piena ubriacatura elettoralistica, potrebbe essere utile riflettere sulle sorti dei programmi elettorali una volta che i candidati siano stati eletti.
L'elettoralismo risulta così euforizzante perché è una forma di pornografia, attiene cioè al desiderio puro, magari con quella dose di squallore che serve a conferire un alone di realismo alla rappresentazione. Ma i desideri, i programmi e le promesse elettorali non sono la realtà, che è invece scandita dalle emergenze. L'emergenza determina un fatto compiuto che azzera ogni impegno precedente, ed a cui ogni altra istanza va sacrificata, come ad un Moloc. Carl Schmitt diceva che è sovrano chi può decidere sullo stato di eccezione. Ma nella democrazia occidentale vige uno stato di emergenza cronica, cioè uno stato di eccezione permanente, l'eccezione diventa la regola. Se il vero sovrano è chi può dichiarare lo stato di emergenza, chi è oggi il sovrano? Chi è in grado di creare le emergenze?
Le multinazionali non spendono un soldo per migliorare la propria immagine pubblica, poiché è ovvio che nessuno prenderebbe sul serio un tale sforzo. Le multinazionali invece spendono moltissimo per creare un'immagine del mondo funzionale ai loro interessi. A questo serve il lobbying, sia palese che occulto.
Il lobbying infatti invade e permea tutta la società e tutte le istituzioni: parlamentari, militari, di "intelligence", di comunicazione e informazione, sino alle ONG per i diritti umani. Una manina alle velleità guerrafondaie di Total e Hollande è arrivata infatti anche da Amnesty International, che il 15 maggio ha pubblicato un rapporto sulle violazioni dei diritti umani in Mali. L'ONG denunciava le milizie islamiche presenti nel Nord del Paese, come il gruppo di Ansar Eddine, per le conversioni forzate all'Islam ed il reclutamento di bambini-soldato. L'ONG Amnesty International è sovvenzionata dalla rete Open Society Foundations del finanziere George Soros. [2]
Anche la rivista "Jeune Afrique" ha dato il suo contributo, riportando la notizia secondo cui vi sarebbero state manifestazioni violente a Gao, nel Nord del Mali, contro i divieti imposti dalle milizie islamiche sul fumo per strada e sul guardare la TV. Niente di meglio per consentire ad Hollande di presentarsi come un liberatore.
Le bustarelle riguardano l'infanzia della corruzione, mentre la modernità è costituita dal più che legale "revolving door", che può consentire a parlamentari, giornalisti, militari ed agenti segreti di pensionarsi per andare ad occupare posti nelle multinazionali, oppure di piazzarvi loro parenti; come è capitato, ad esempio, al figlio dell'ex governatore della Campania, Bassolino, oggi dirigente della banca svizzera UBS.
Un'opinione pubblica che non potrebbe mai credere alla bontà delle intenzioni della Total o della Chevron, o di Jp Morgan e di Goldman Sachs, potrà invece attribuire credito alle varie emergenze: lo spread nell'Unione Europea, la questione dei diritti umani e dei massacri in Siria, la minaccia dell'integralismo islamico in Mali e Somalia, o alle stragi di cristiani da parte di musulmani in Nigeria. L'estensione del denaro elettronico conferirebbe un potere assoluto alle multinazionali bancarie, ed ecco sorgere un'emergenza-evasione fiscale che riesce a far passare il denaro elettronico addirittura come una misura di "sinistra".
L'India è sempre più coinvolta in un aspro contenzioso con la multinazionale agricola Monsanto, responsabile di migliaia di suicidi fra i contadini indiani; ed ora, casualmente, la stessa India si trova descritta dai media mondiali come un covo di violentatori. All'ordine del giorno non ci sono i crimini di Monsanto, ma l'emergenza-stupri in India. [3]
Per le multinazionali si tratta di replicare il modello Congo, sia il Congo Kinshasa che il Congo Brazzaville, in cui non esiste più per la colonizzazione un problema di controparti locali con cui misurarsi. In molti Paesi africani oggi le multinazionali non sono più semplicemente uno Stato nello Stato, ma costituiscono lo Stato vero e proprio, dato che le istituzioni locali sono dissolte dalla guerra civile permanente. Ed è questo il tipo di posizione di dominio assoluto che la Total può vantare sia nell'ex Congo belga che nell'ex (?) Congo francese. [4]
Ovviamente anche una partita truccata come il colonialismo non è ogni volta una passeggiata, dato che c'è pur sempre la competizione fra colonialisti, con gli annessi colpi bassi e pugnali nella schiena. Il povero Hollande si è infatti auto-condannato ad una figuraccia con il suo blitz in Somalia allorché ha accettato la "collaborazione dell'alleato" Obama. [5]
Ormai il conflitto in Mali coinvolge direttamente anche l'Italia, che per il momento fornirà solo "supporto logistico" alle truppe francesi, salvo poi farsi invischiare maggiormente in futuro; quindi anche il nostro Paese si candida a prendere bidoni dai cari "alleati". [6]
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