Di seguito tutti gli interventi pubblicati sul sito, in ordine cronologico.
Il potenziale mistificatorio dell’elettoralismo non rimane mai inutilizzato ed infatti nelle cronache delle consultazioni per la formazione del governo si continua a parlare di “vincitori” delle elezioni. In realtà nelle ultime elezioni vi sono dei sicuri sconfitti ma non dei veri vincitori; anzi, la portata di questa mancata vittoria è resa più grave proprio dalla rotta degli avversari.
Per queste elezioni la Corte Costituzionale aveva allestito un broglio elettorale preventivo, violando l’aritmetica con l’abbassamento del 10% della soglia per raggiungere la maggioranza. L’unico concorrente diretto dei 5 Stelle per spartirsi le spoglie del PD avrebbe dovuto essere LeU, che però si è messo preventivamente fuori gioco adottando le icone di Grasso e della Boldrini, cioè di due colonne portanti prima del regime monarchico di Napolitano e poi del regime renziano. Pur in queste condizioni ottimali, la soglia del 40% per Di Maio è rimasta un miraggio.
Ma il vero disastro elettorale riguarda il cosiddetto centrodestra, che era l’unica vera coalizione in campo e quindi non avrebbe dovuto incontrare eccessive difficoltà a varcare una soglia così bassa. Il punto è che la destra non ha affascinato l’opinione pubblica proprio con quello che appariva come il cavallo vincente a tutti e tre i partiti della coalizione, cioè la questione migratoria. I terribili fatti di Macerata sono stati strumentalizzati senza alcun pudore. Lo psichiatra forense Alessandro Meluzzi si è messo a denunciare la minaccia della “mafia nigeriana”, cercando di accreditarsi come il Roberto Saviano della destra (ammesso e non concesso che Saviano sia di sinistra). Si è arrivati alla cialtroneria più smaccata chiedendo anche per Meluzzi una scorta, in previsione di eventuali minacce da parte della mafia nigeriana. Nell’operazione propagandistica è rimasto coinvolto anche l’esponente di Fratelli d’Italia Guido Crosetto, che di solito passa per una persona seria.
Ancora una volta si è dimostrato che il vero antidoto al delirio xenofobo non è l’animabellismo degli “accoglienti” ma la prudenza di chi teme le avventure: con la barbarie delle cacce al migrante clandestino, con il velleitarismo dei respingimenti e dei rimpatri forzati si sa come si comincia e si sa benissimo dove si va a finire. Tanto più che rendere il clandestino sempre più clandestino, ottiene il sicuro effetto di renderlo sempre più ricattabile, quindi più appetibile per un mercato del lavoro al ribasso.
E ancora una volta la vituperata “Gggente che non capisce” ha dimostrato che sarebbe stata disponibile ad un messaggio meno superficiale. La fiaba dei migranti che scappano dalla miseria e intanto spendono cifre per traversare il Sahara ed il Mediterraneo non regge più. Anche il mantra “aiutiamoli a casa loro” si scontra con l’evidenza della macchina mostruosa delle ONG e del “non profit” che ha invaso e destabilizzato l’Africa.
Se il messaggio sulla questione migratoria si fosse concentrato sul ruolo subdolo delle ONG nel sistema mondiale della finanziarizzazione, invece che sui rituali macabri della mafia nigeriana, forse la “Gggente” si sarebbe sentita meno presa in giro. Il massacro economico e sociale determinato in Nigeria dalla pratica del microcredito non è più un’informazione ristretta agli ambiti scientifici, ma ha raggiunto anche un quotidiano come “The Guardian”. Ormai è evidente che il microcredito non aggiunge imprese all’economia di un Paese, ma crea imprese specializzate nella concorrenza al ribasso che mettono fuori mercato le imprese che c’erano prima. Alla fine le nuove imprese soccombono ed il risultato è da un lato la desertificazione industriale e dall’altro lato l’indebitamento di massa.
Esistono mega-multinazionali “non profit” del microcredito come l’americana Kiva che ancora cercano di spacciare la loro attività di forzata inclusione finanziaria delle masse povere per un soccorso umanitario. Dopo tanti anni dovrebbero essersi accorti che si ottiene l’effetto contrario. In realtà lo si sa benissimo: il microcredito è il business del millennio, poiché, a fronte di un rischio basso e costi bassissimi, consente di sfruttare finanziariamente la immensa platea dei poveri del mondo, da irretire nel circuito bancario con le esche avvelenate dei microprestiti.
Il risvolto più inquietante dell’indebitamento di massa in Nigeria è il recupero crediti, un business che coinvolge illegalmente anche i poliziotti e che costituisce una nuova fonte di occasioni per il crimine organizzato. Il terrore del recupero crediti costituisce per molti la spinta concreta alla migrazione, poiché, in alternativa alla persecuzione a vita in patria, si presenta l’opzione di ottenere un nuovo prestito per pagarsi il viaggio con la falsa speranza di ripagare i debiti.
Non è di per sé sbagliato affermare che il voto a 5 Stelle e Lega abbia avuto un carattere anti-establishment. Il problema è che un establishment è tale perché dispone anche di una potenza ideologica e quindi condiziona persino le opposizioni. Oggi l’establishment è la finanza e infatti la finanziarizzazione ha assunto il ruolo di senso comune.
Come proposta “alternativa” all’idea del cosiddetto “reddito di cittadinanza” lanciata dai 5 Stelle, la Lega ha parlato di un “prestito d’onore” ai disoccupati, da restituire “comodamente” in venti anni. Si tratta di un’ulteriore spinta all’indebitamento delle masse ed alla finanziarizzazione dei rapporti sociali, cioè la sostituzione dei salari con i prestiti. All’inizio il debito sarebbe nei confronti dello Stato, ma nulla impedisce che un domani un governo in difficoltà finanziarie venda i propri crediti ad agenzie finanziarie private.
“Reddito di cittadinanza” in realtà è uno slogan ingannevole, poiché, per come è stata formulata la proposta dai 5 Stelle, si tratterebbe di un sussidio di disoccupazione un po’ allargato. La proposta economica più “sostanziosa” dei 5 Stelle rimane perciò il microcredito alle piccole imprese. Microcrediti a microimprese che, in quanto strutturalmente sottofinanziate, potrebbero farsi solo concorrenza al ribasso, con ovvi effetti negativi non solo sulla quantità e qualità dell’occupazione ma anche sul tessuto industriale preesistente.
“Prestiti d’onore”, “microcredito alle piccole imprese” e magari anche “microcredito ai poveri”: il tutto “suona bene” ad un orecchio non sospettoso. Il “suonabenismo” costituisce appunto il segnale di un controllo ideologico delle coscienze.
Uno dei luoghi comuni sulla finanza è che alimenti se stessa con pura ricchezza virtuale senza preoccuparsi della ricchezza materiale: l’economia di carta contro l’economia reale. Se si analizza meglio ci si accorge però che lo scopo della finanza è comunque di appropriarsi di ricchezza materiale. I poveri ne hanno poca ciascuno ma miliardi di poveri fanno comunque un bel patrimonio da saccheggiare.
La “società dei consumi” è diventata un mito passatista che si rivela mirato all’indebitamento di massa. I “consumi” diventano esche per l’indebitamento. Il business del prodotto più pubblicizzato, l’automobile, attualmente non consiste più nella vendita in sé della vettura, bensì nel contratto finanziario che assume l’acquirente all’atto della vendita. Gli interessi che gravano su questi contratti finanziari possono pesare dal 6% al 10%. Il consumatore diventa quindi un debitore.
Anche tutte le “riforme” della Scuola degli ultimi venticinque anni hanno mirato a sostituire alla formazione in funzione produttiva una formazione in funzione finanziaria, cioè a trasformare i giovani da lavoratori salariati/stipendiati in futuri disoccupati/precari che possano fare da “target” per le offerte di prestiti. Attraverso i contorcimenti dell’attuale terminologia didattica, oggi la parola “debito” suona alle orecchie degli studenti come qualcosa di innocuo.
La farsa della cosiddetta “alternanza Scuola-lavoro” non ha in sé alcuna funzione formativa, ma solo di delegittimazione dell’istituzione scolastica, oltre che di far piovere fondi statali sulle imprese. A ciò si aggiunga la cosiddetta “educazione finanziaria” , cioè la pubblicità in ambito scolastico di prodotti finanziari da parte delle banche. Si tratta di un’operazione di puro lobbying bancario, per di più interamente a carico del contribuente, poiché le banche sono pagate dallo Stato per andare nelle scuole a pubblicizzarvi i propri prodotti finanziari.
Per favorire una psicologia da futuro indebitato si fa respirare allo studente un clima di irresponsabilità e di impunità; il tutto alimentato da campagne mediatiche che istigano studenti e genitori alle violenze contro i docenti (come se questi non fossero già i peggiori carnefici di se stessi).
L’attuale giovane generazione italiana costituisce un target interessante per la finanza poiché, a causa della denatalità, oggi pochi giovani vanno ad ereditare i beni delle più affollate generazioni che li hanno preceduti. In Italia la piccola proprietà immobiliare costituisce un fenomeno che riguarda non solo il ceto medio ma anche una parte dei ceti popolari.
Molti ragazzi possono quindi ereditare dai nonni piccoli immobili, preziosi, titoli. Esattamente ciò che può servire a ripianare in parte i debiti incautamente contratti. La beffa sta nel fatto che si faccia tanta retorica sulle giovani generazioni che portano il peso del debito pubblico e poi si cerchi di fare di tutto per indebitare i giovani a livello privato.
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