Matteo Salvini, da ministro degli Interni, fa una politica estera in proprio senza però rendersi conto che in tal modo indebolisce il governo di cui fa parte e, di conseguenza, se stesso. Salvini è riuscito comunque ad incontrare il suo idolo, il primo ministro ungherese
Viktor Orban, che costituisce anche uno specchio delle sue ambiguità. Allevato da giovane alla corte del suo attuale nemico, George Soros, Orban sa benissimo che i muri sono solo spettacolo e palliativo e che i capitali sono il vero motore che muove tutto e che andrebbe fermato.
Orban qualche mese fa ha avviato una
legislazione anti-ONG che prometteva sfracelli grazie ad un serio controllo sui flussi di capitale dall’estero. Il tutto si è poi annacquato in provvedimenti propagandistici presentati come uno stop a Soros, focalizzato come l’unico problema ed offerto come simbolo agli umori antisemiti che sono tradizionali in Ungheria.
Con un’altra giravolta, Orban si è blindato dal pericolo di essere individuato come antisemita lanciandosi in un appoggio sperticato ad Israele, rifiutandosi persino di incontrare l’Autorità Nazionale Palestinese quando è andato in visita a Gerusalemme. Netanyahu ha
ricambiato il favore con gli interessi.
Orban riesce a dissimulare egregiamente le sue contraddizioni grazie al gioco delle parti tra politiscorretto e politicorretto, visto che gli attacchi che gli arrivano sono altrettanto ambigui e tali da rafforzarlo agli occhi della sua opinione pubblica. Anche Salvini ogni qual volta si trova con l’acqua alla gola ha uno stellone politicorretto che gli manda qualche aiutino insperato che lo rilancia agli occhi dei suoi fan: una sortita della Boldrini o meglio ancora, l’inchiesta di qualche Procura.
Uno degli avversari di Salvini, papa Bergoglio, riceve invece dal suo caro politicorretto solo dispiaceri. Bergoglio aveva ritrovato un po’ di smalto grazie all’attacco scomposto mossogli da un nunzio apostolico negli USA. Le ambiguità delle accuse avevano dato modo ai difensori del papa di reiterare il messaggio che narra di un Bergoglio instancabilmente impegnato nella lotta alla piaga della pedofilia nella Chiesa Cattolica. A pochi giorni di distanza gli è arrivata invece una bordata più insidiosa dal Procuratore della Pennsylvania, che ha accusato senza mezzi termini il Vaticano di aver costruito un
sistema di coperture dei casi di pedofilia.
Per comprendere la gravità della situazione per Bergoglio, occorre ricostruire il contesto. Quaranta anni fa uno scandalo-pedofilia che colpisse così duramente e lungamente la Chiesa sarebbe stato del tutto impensabile, poiché il cattolicesimo costituiva la punta di diamante dell’Occidente per attaccare i regimi comunisti dell’Est Europa. L’elezione di papa Wojtyla e la sua
spedizione in Polonia colpirono al cuore il punto più debole dello schieramento del socialismo reale. A quell’epoca i media non avrebbero mai osato indebolire il fronte tirando in ballo scandali di pedofilia, eppure molti casi di pedofilia di cui tanto si parla oggi datano proprio a quel periodo.
Era prevedibile, scontato, che dopo le vittime, vere e presunte, del comunismo ci sarebbero state le vittime della fine del comunismo, la liquidazione delle finzioni che ormai non servivano più: la “socialdemocrazia europea” e, appunto la Chiesa Cattolica, diventata a tutti gli effetti una preda.
Poco più di venti anni fa, a partire dagli Stati Uniti, è scoppiata la serie degli scandali per pedofilia con l’annesso business. La Diocesi di Boston ha sborsato già ottanta milioni di dollari per
risarcimenti a vittime della pedofilia. Chiaramente la gran parte del malloppo è andata non alle vittime. bensì agli studi legali che hanno promosso e finanziato le “class action”.
Si comprende quindi il senso della sortita del Procuratore della Pennsylvania: se il Vaticano sapeva ed era connivente, allora è lo stesso Vaticano che può essere chiamato in giudizio a risarcire le vittime della pedofilia. Se il Massachusetts si è per ora accontentato di ottanta milioni di dollari. la Pennsylvania mira a ben altre cifre. Per il Vaticano potrebbe trattarsi di esborsi miliardari e, in questa prospettiva, è facile profetizzare che innumerevoli ex alunni di scuole cattoliche ricorderanno improvvisamente di aver subito abusi da ecclesiastici.
L’impegno spasmodico della Chiesa nella guerra fredda non ha avuto motivazioni del tutto disinteressate, basti pensare alla questione della
restituzione dei patrimoni immobiliari confiscati dai regimi comunisti. Ad esempio, nel 1997 il Vaticano ha firmato a riguardo un accordo col governo ungherese. Prima dell’arrivo dei Russi nel ’45 quasi mezza Ungheria apparteneva alle Curie ed agli ordini religiosi, perciò si può comprendere l’entità delle cifre in ballo.
Secondo stime sicuramente per difetto, il
patrimonio immobiliare su scala planetaria della Chiesa Cattolica ammonterebbe al valore di duemila miliardi di dollari. Da troppo tempo questa stima sta rimbalzando sui media di tutto il mondo, il che costituisce un brutto segnale per la Chiesa.
Dai preti quindi c’è parecchio da spremere ed in questi venti anni si è appena cominciato. Non è da escludere che nei prossimi anni la Chiesa Cattolica debba subire un salasso del suo patrimonio immobiliare che farà impallidire quello avviato dai Principi tedeschi all’inizio del XVI secolo grazie al lobbying di Martin Lutero.
Accreditatosi come papa del politicorretto, Bergoglio rischia di venir fatto fuori proprio con l’arma del politicorretto. La Conferenza Episcopale Italiana si è fatta carico dell’accoglienza dei migranti della nave “Diciotti” in modo da prevenire le accuse di incoerenza che già si stavano preparando e coalizzando. Ma il politicorretto è una religione molto più esigente del cattolicesimo e quindi Bergoglio continua a trovarsi in ogni momento sotto un occhiuto esame per ogni gesto e parola fuori posto. Per difendersi il papa dovrebbe riferirsi alle crude cifre del business di cui è oggi bersaglio, ma ciò sarebbe inaccettabile in base alle ipocrisie dell’uditorio che ha sinora coltivato.