Di seguito gli interventi pubblicati in questa sezione, in ordine cronologico.
La campagna politica e mediatica a livello mondiale che imperversa da anni contro Mugabe, presidente dello Zimbabwe, si fa notare per l’assoluta mancanza, anche su internet, di voci disposte a interrogarsi sui motivi di tanto accanimento.
Che l’attuale governo dello Zimbabwe sia ladro e sanguinario, non c’è alcun dubbio - altrimenti non sarebbe un governo -, ma ciò non ha mai costituito di per sé un motivo per essere messi alla gogna mediatica. Ciò che invece rende uno scandalo intollerabile l’esistenza di un governo, è il fatto che non abbia rispettato i diritti umani delle multinazionali.
Mugabe ha imposto infatti una legge che costringe le multinazionali che vogliono operare in Zimbabwe a costituire società miste, in cui la maggioranza sia di proprietà di cittadini dello stesso Zimbabwe. Sono indignati anche molti giornalisti di sinistra, i quali ci fanno sapere che Mugabe assegna queste proprietà a suoi amici e parenti; un atto veramente inaudito che pare non avvenga in nessuna altra parte del mondo.
Questi sono i crimini contro l’umanità che hanno giustificato anni di durissime sanzioni economiche da parte del cosiddetto Occidente contro lo Zimbabwe, negandogli macchinari, pezzi di ricambio e persino medicinali.
Giornalisti imparziali ci hanno fatto sapere in passato che il popolo dello Zimbabwe ovviamente era felicissimo di queste sanzioni, ed anzi che ne invocava l’inasprimento pur di essere liberato da Mugabe. Quando Mugabe attribuisce almeno parte delle difficoltà economiche che sta attraversando il suo Paese alle sanzioni, allora gli imparziali giornalisti commentano che egli sta prendendo le sanzioni a pretesto per fare la vittima.
Imparziali agenzie dell’ONU ci informano ora che gli acquedotti dello Zimbabwe sono fatiscenti e che si sta verificando un’emergenza sanitaria con casi di colera; una emergenza sanitaria che va interamente attribuita alla cattiveria di Mugabe, e con la quale le sanzioni non hanno avuto nulla a che vedere.
In realtà, questa emergenza sanitaria non è poi stata neppure accertata in base a dati di prima mano, ma le agenzie dell’ONU ne hanno presunta l’esistenza grazie a stime sugli effetti a lungo termine delle sanzioni occidentali sulla popolazione della Zimbabwe; quelle stesse sanzioni che erano solo un pretesto per il vittimismo di Mugabe.
Ma cos’è che assicura l’imparzialità dell’ONU in questa vicenda? La prova dell’imparzialità dell’ONU starebbe nel fatto che gli Stati Uniti e i commentatori filo-americani insultano l’ONU.
È lo stesso schema propagandistico per il quale l’indipendenza dei magistrati è garantita dal “fatto” che Berlusconi li chiami pazzi o toghe rosse, o li accusi di tentare colpi di Stato. Quindi gli slogan di Berlusconi diventano il “fatto” che fa scomparire i veri fatti, e cioè che lo stesso Berlusconi ha potuto prendere il potere nel 1994, e riprenderlo quest’anno, in seguito a due colpi di Stato giudiziari, il primo contro Craxi ed il secondo contro Prodi; due colpi di Stato nei quali i magistrati non saranno stati i mandanti, ma almeno i sicari sicuramente.
Quando l’aedo delle virtù dei magistrati, il giornalista Marco Travaglio, parla di “scomparsa dei fatti” non accenna mai a questi specifici fatti in cui sono coinvolti proprio i suoi eroici magistrati. Ad ulteriore esempio: oggi sono ancora una volta i magistrati a condurre l’attacco contro l’ultima roccaforte del centro-sinistra, le amministrazioni locali; e questo attacco avviene tra gli auspici e le lodi dei due quotidiani che Berlusconi insulta di più: “La Repubblica” e il “Corriere della Sera”, a dimostrazione del fatto che l’essere tanto insultati costituisce un marchio di servitù e non di indipendenza.
Gli schemi della propaganda sono elementari, ricorrenti e ripetitivi, eppure la loro efficacia non conosce smagliature o pause, tanto che essi creano una realtà virtuale che non necessita di ulteriori supporti e procede per auto-dimostrazione. Qualunque dubbio sul mito negativo di Mugabe verrebbe automaticamente seppellito da indignati commentatori sotto una massa di “notizie” a sostegno di questo mito negativo, come se le notizie fossero realtà in sé, che si formano da sole, galleggiano nell’aria e pervengono a destinazione senza la mediazione di un sistema delle comunicazioni di massa. Gli interessi affaristici che sovrintendono a questo sistema divengono irrilevanti, come se appunto le notizie avessero vita propria.
Un recente best-seller di Foss Clive, “Tiranni”, porta in copertina un’immagine del dittatore dell’Uganda, Idi Amin Dada; solo che non si tratta del vero Idi Amin, ma dell’attore Forrest Whitaker che lo interpreta nel film “L’Ultimo Re di Scozia”, una interpretazione per la quale gli è stato assegnato l’Oscar.
Conosciamo infatti le nefandezze dei tiranni grazie alla mediazione di film di successo e di servizi giornalistici che li riguardano; perciò ci sembra di aver visto realmente delle cose solo perché abbiamo assistito alla fiction che le ha ricostruite. Nonostante che le false immagini della guerra tra Russia e Georgia, confezionate dalla agenzia Reuters, siano state smascherate, questo precedente non fa testo, perciò si continua a fidarsi di ciò che non è stato ancora smascherato.
Mugabe ha ormai superato gli ottanta anni, quindi potrebbe togliersi di torno persino prima che una invasione o una “rivoluzione colorata” lo facciano fuori e riportino la democrazia in Zimbabwe. Si può essere certi però che per i media i suoi crimini continueranno anche dopo la sua morte, perché i guasti della tirannia di Mugabe potranno essere invocati per giustificare la miseria e la guerra civile che seguiranno, come al solito, il trionfo della democrazia.
Le multinazionali sono stanche di quei negri ingrati che, invece di fare disciplinatamente i presidenti-fantoccio, pretendono di fare i propri affari, senza accontentarsi delle briciole che potrebbero lasciar cadere dalla tavola i loro padroni bianchi; perciò in Africa le multinazionali stanno tornando al colonialismo diretto. Il Congo “liberato” costituisce il nuovo modello da imporre: un governo centrale che comanda appena nel suo quartiere di residenza, bande armate che si disputano il territorio con le armi vendutegli dalle multinazionali (in Africa è questo il consumismo imposto dagli “Occidentali”), intere regioni che divengono feudi delle compagnie multinazionali, che saccheggiano risorse senza rendere conto a nessuno.
L’importante, però, è che cada il dittatore: ciò basterà a placare le inquiete coscienze della sinistra “occidentale”.
Presentata dai media euro-americani come l’11 settembre indiano, la strage di Mumbai si è rivelata immediatamente qualcosa di diverso, poiché la prima reazione verificatasi in India è stata proprio quella che sarebbe più ovvia in casi del genere, cioè esigere ed ottenere le dimissioni dei responsabili della sicurezza, a partire dal grado più alto. Nessun commentatore “occidentale” ha fatto sinora notare che ciò non era accaduto in occasione del vero 11 settembre, quando la debacle della sicurezza statunitense fu seguita da un’ondata di promozioni e di aumenti di stipendio per tutti i più alti responsabili del disastro.
La democrazia indiana si è rivelata quindi ancora immatura e lontana dagli standard più elevati delle grandi democrazie “occidentali”, in quanto il governo indiano è stato incapace di trarre profitto politico dall’accaduto, dato che il fatto ha generato in India una autentica preoccupazione, e non quel pretestuoso e compiaciuto allarmismo che caratterizza il comportamento dei governi e dei media “occidentali” in circostanze analoghe.
Nonostante la facilità con cui i componenti del commando si sono infiltrati in città, e nonostante che molti più terroristi di quanti le forze di sicurezza indiane abbiano voluto ammettere siano poi riusciti a fuggire, resta il fatto che l’incompetenza non sia stata usata stavolta dal governo indiano come alibi ed auto-giustificazione onnicomprensiva, e nemmeno come pretesto per limitare le libertà dei cittadini; e ciò dà adito al ragionevole sospetto che in questo caso non si sia trattato del solito auto-attentato marca-11 settembre.
I più impegnati a trarre vantaggio dall’attentato sono apparsi invece gli Stati Uniti e le loro multinazionali, che hanno approfittato per estorcere altre concessioni al Pakistan in merito ai contratti sulla costruzione degli oleodotti in quel Paese, e ciò indirizza doverosamente i sospetti verso gli stessi Stati Uniti.
Oggi il Pakistan appare politicamente isolato e quindi ricattabile, mentre l’India sembra avviarsi verso il totale allineamento con le posizioni statunitensi, quindi, se l’organizzatore della strage è effettivamente il governo USA, si può dire che i suoi obiettivi affaristici a breve e medio termine si siano realizzati. Comunque, anche se l’organizzatore della strage non si trovasse negli Stati Uniti, rimarrebbe la constatazione della loro disinvolta dimestichezza nel profittare del terrorismo e maneggiarne a piacimento gli effetti.
È vero che tutti i governi usano il terrorismo per i loro obiettivi sia interni che internazionali, ma non tutti i governi possono disporre del retroterra ideologico e propagandistico adeguato per gestire al meglio tale strumento di potere. Nel cosiddetto Occidente, la guerra al terrorismo non costituisce altro che la continuità con la guerra fredda, che fu una efficace invenzione delle centrali di guerra psicologica del Pentagono e della CIA. Tale invenzione consentiva al governo statunitense di mantenere in una situazione di pace tutti i vantaggi in termini di controllo sociale, economico ed informativo che si riscontrano in periodo di guerra. L’irreggimentazione dei media attraverso la continua evocazione del nemico sempre alle porte, il discredito lanciato su qualsiasi dissenso, presentato come cedimento o collaborazione con quello stesso nemico, costituiscono tecniche collaudate che sono confluite nella attuale “guerra al terrorismo”, che giustifica ogni ingerenza negli affari interni sia dei Paesi nemici che di quelli “alleati”; considerando che, per il colonialismo, “nemico” o “alleato” sono in pratica la stessa cosa, poiché si tratta comunque di bersagli da intimidire, demoralizzare e, in definitiva, annientare sia sul piano economico che sociale.
Lo scrittore Gore Vidal ha fatto notare il carattere assurdamente utopico dell’obiettivo di un mondo senza alcuna forma di terrorismo; ma, in effetti, è proprio questo mito estremo di educazionismo globale a costituire il salto di qualità della guerra al terrorismo rispetto alla guerra fredda, quando bastava non essere comunisti per trovarsi in regola. Oggi il fatto di non essere terroristi non esime dalla complicità morale con esso: ogni deviazione dal retto comportamento e dal retto pensiero può configurare qualcosa che favorisce il terrorismo.
È la possibilità per i governi di criminalizzare indiscriminatamente la propria popolazione, nel suo complesso oppure settore per settore e categoria per categoria. Non a caso il ministro Brunetta, mentre lancia la sua guerra agli statali fannulloni, fa immediatamente sapere di essere stato minacciato dalle Brigate Rosse.
Qui si è potuta verificare l’arretratezza della democrazia indiana rispetto al modello “occidentale”. Anche in India, come in “Occidente”, la democrazia è solo il paravento per oligarchie costituite sempre dalle stesse famiglie, ma queste oligarchie indiane non sono ancora riuscite a liberarsi dalla vecchia retorica democratica, secondo cui è il governo ad essere responsabile verso i cittadini. Al contrario, oggi in “Occidente” sono i cittadini ad essere costretti ad uno sforzo incessante per rendersi degni dei loro governanti.
4 dicembre 2008
|
|
|