Di seguito tutti gli interventi pubblicati sul sito, in ordine cronologico.
L’opposizione parlamentare del PD cerca di trasformare le brutte figure del governo Conte in proprie fortune, rischiando soltanto di essere percepita dall’opinione pubblica come sicario dell’Unione Europea. Intanto il dibattito precongressuale del PD langue e molti esponenti di spicco ne prendono persino le distanze. Uno degli interventi più apprezzati continua ad essere il “manifesto” dell’ex ministro dello Sviluppo Economico, Carlo Calenda, che risale a vari mesi fa. Un manifesto apprezzato non per le proposte, ma per le sue premesse che sembrano mettere finalmente in discussione il quadro rassicurante sinora offerto sulle sorti della cosiddetta “globalizzazione”.
Le posizioni di Calenda sono state considerate di “sinistra” per il fatto che assumono il punto di vista dei “vinti”, degli “sconfitti” della globalizzazione. In effetti Calenda sembra parafrasare l’introduzione de “I Malavoglia”, nella quale Giovanni Verga dichiarava di voler narrare le vicende dei “vinti” nella lotta per la vita. Verga proponeva un darwinismo visto dall’ottica dei perdenti, ma ciò non faceva di lui un rivoluzionario e neppure un uomo di sinistra. Verga rivendicava anzi il suo conservatorismo politico in una famosa lettera a Cesare Lombroso. Verga è stato spesso adottato come riferimento dalla narrativa di sinistra, ma si è trattato appunto di un malinteso poiché è stata percepita come potenzialmente di sinistra quella che era soltanto una posizione di “destra umanitaria”.
Contrariamente ai pregiudizi culturali della sinistra, è esistita ed esiste anche una destra umanitaria e compassionevole. È esistito persino un fascismo umanitario, la scuola di Mistica Fascista, con il suo “decalogo” , nel quale si rivendicava una sorta di primato etico della propria buona coscienza in funzione del soccorso agli “umili”. La Mistica Fascista potrebbe benissimo essere adottata (e forse lo è già) come retroterra ideologico dello squadrismo umanitario delle ONG e anche dell’imperialismo umanitario.
La destra umanitaria e compassionevole rimane però una destra, poiché descrive un mondo in cui le gerarchie sociali sono anche gerarchie antropologiche; gerarchie dettate ovviamente dalla natura. Razzismo ed umanitarismo possono andare quindi perfettamente d’accordo. Bisogna considerare anche che il razzismo è trasversale alle cosiddette “etnie” ed il classismo dei ceti privilegiati comporta sempre il percepire i poveri come una razza inferiore. Molti che si credono di sinistra, fanno parte in realtà di questo tipo di destra del razzismo “soft” e, probabilmente, è anche il caso di Calenda.
Il fascino esercitato dalle argomentazioni di Calenda è dovuto al fatto che sembrano riferirsi al buonsenso, parlando infatti di un “diritto alla paura” da parte di coloro che sono spaventati da un universo competitivo in cui le possibilità di vittoria sono riservate a pochi. Qui riemergono ancora i ricordi liceali di Calenda: la “ideologia dell’ostrica” dei ceti poveri che tendono a rimanere attaccati alla propria condizione, un tema trattato da Verga nel suo racconto “Fantasticheria” (probabilmente Calenda ha portato Verga all’Esame di Maturità). Il punto è che Verga al di là della commiserazione non andava, mentre Calenda, oltre a spremere la lacrimuccia, dice che vorrebbe allestire una protezione sociale per gli sconfitti e per gli spaventati. Sennonché il suo “manifesto” ribadisce la necessità di contenere deficit e debito. E le risorse per il welfare dove le si prendono? Dalle tasse?
Si è visto che tassare i ricchi non è possibile, perché tanto non si fanno trovare emigrando verso i paradisi fiscali. Insistere sulla politica delle piccole patrimoniali sul ceto medio (IMU, ecc.), comporta il rischio di un'ulteriore radicalizzazione a destra dei ceti medi; ed allora altro che razzismo “soft”. Ammesso che poi si riuscisse a raggranellare un avanzo di bilancio, niente garantisce che lo si usi davvero per il welfare per i poveri e non per il welfare per i ricchi. Il problema è che trovare le risorse per i poveri implica innumerevoli difficoltà e condizioni, ed è quando si tratta di soccorrere i ricchi che i soldi invece si trovano sempre. Del resto Calenda ne sa qualcosa, vista la pioggia di miliardi a favore delle imprese che ha comportato il suo piano Industria 4.0, senza che poi se ne vedessero neppure lontanamente gli effetti sul tanto agognato "sviluppo". (3)
Non ci può essere nessuna sinistra senza un certo grado di demistificazione delle gerarchie sociali e quindi anche delle pretese di riferire all’ordine naturale quelle gerarchie. La retorica darwiniana delle oligarchie, la “selettiva lotta per la vita”, copre in effetti una quotidianità molto più misera, fatta soprattutto di assistenzialismo per ricchi. L’epos darwiniano infatti non è scevro di vittimismo, di lamento dei ricchi che invocano (e puntualmente ottengono) protezione sociale.
Calenda afferma che nei prossimi anni occorrerà rilanciare il ruolo dello Stato nell’economia. A ben vedere questo ruolo economico del cosiddetto “Stato” già c’è e va esclusivamente in una direzione: assistere i ricchi, appunto. In un tweet il cialtrone Trump ci fa sapere che ha sostituito il segretario alla Difesa con l’attuale vicesegretario. Il suo nome è irrilevante, mentre è notevole il fatto che egli provenga dalla Boeing, cioè un’industria che è tra i principali fornitori delle forze armate statunitensi. Un trascurabile caso di “conflitto di interessi” (in realtà di protezione pubblica di interessi privati) e di porta girevole tra privato e pubblico.
In base alle incongruenze della narrazione giornalistica, il Presidente del Consiglio Conte avrebbe finalmente dimostrato una statura di leader politico proprio nella circostanza in cui è riuscito ad imporre a Salvini e Di Maio il cedimento ai diktat della Commissione Europea. Da questa narrazione deriverebbe il curioso ossimoro secondo cui si rivela una statura di leader allorché ci si calano le brache. Un tortuoso percorso ideologico dal sovranismo al calabrachesimo.
Quando Conte aveva dichiarato di voler essere “l’avvocato degli Italiani”, in molti avevano commentato ricordando che durante le cause le peggiori fregature le si prendono di solito dal proprio avvocato. Forse però anche questo richiamo realistico nel caso di Conte può costituire una forzatura. Probabilmente Conte riteneva sinceramente che fosse il caso di prendere tempo, poiché l’esito delle prossime elezioni europee potrebbe portare alla formazione di una Commissione meno ostile. Conte deve anche aver considerato che incappare in una procedura di infrazione in questo momento, avrebbe fornito al Presidente Mattarella un pretesto per qualche colpo di mano istituzionale, mettendo in evidenza la debolezza di un governo che non ha dietro di sé né le burocrazie ministeriali, né le forze armate, né la Banca d’Italia.
Il problema è che il fattore tempo non gioca necessariamente a favore dei “sovranisti”. Lo stesso cedimento dell’Italia potrebbe sortire un effetto depressivo sulla attuale ondata nazionalistica e far riprendere fiato ai partiti “mondialisti”. Ma persino se le cose andassero nel verso più favorevole ai “sovranisti”, persino se l’euro e l’Unione Europea si squagliassero l’anno prossimo sotto il peso delle loro assurdità, rimarrebbe pur sempre la NATO ad imporre la sottomissione. Il pressing statunitense ha infatti imposto al governo Conte di ignorare le lamentele delle imprese italiane e di accodarsi al rinnovo delle sanzioni economiche alla Russia in nome della lotta alla fittizia minaccia-Putin. Il vero motivo delle sanzioni economiche alla Russia ed all’Iran è che agli USA serve assolutamente un aumento dei prezzi del petrolio e del gas per rendere commercialmente competitivi i loro idrocarburi ricavati dalla costosa frantumazione delle rocce di scisto. Ora sembrerebbe quasi che i “sovranisti” si siano svegliati una mattina ed abbiano scoperto improvvisamente che in Italia vi sono oltre cento basi militari statunitensi dopo settantatré anni dalla fine della guerra.
Tirando le somme, il governo Conte si sta rivelando come un governo Gentiloni bis, cioè un governo allineato che però (per ora) tiene a bada la follia palingenetica delle micidiali “riforme strutturali”. La domanda ovvia a questo punto è perché mai questa politica di basso profilo, senza avventure in un senso o nell’altro, non potesse continuare a farla un governo del PD. Perché la ex sinistra si è lasciata coinvolgere nel delirio palingenetico ed espiatorio dei “salvatori dell’Italia”, Monti prima e Renzi poi?
Nelle aspirazioni preelettorali persino l’ipotetico governo PD-Forza Italia avrebbe dovuto essere presieduto non dal “bassoprofilista” Gentiloni ma dall’ennesimo “salvatore della patria” in pectore: Cottarelli. Quello stesso Cottarelli che poi Mattarella ha cercato di riciclare alla guida di un governo pseudo-tecnico.
Si potrebbe supporre che nella ex sinistra permanga un bisogno di utopia: tramontata l’utopia rivoluzionaria (o riformista) del socialismo, ci si è lasciati incantare dall’utopia reazionaria delle riforme strutturali. Si tratterebbe di una risposta suggestiva ma molto parziale e fuorviante.
Il problema principale riguarda la vulnerabilità della ex sinistra nei confronti della narrazione mainstream sempre all’insegna del catastrofismo-emergenzialismo. La fiaba del debito pubblico come una bomba ad orologeria (una bomba creata e innescata dal presunto “aver vissuto al di sopra dei propri mezzi”) ha conquistato l’immaginario della ex-sinistra e quindi la sua attesa del salvatore/redentore diventa consequenziale.
In effetti l’unico punto di forza ideologico dei “sovranisti” non è affatto il “sovranismo”, semmai lo scetticismo di molti di loro (non di tutti) nei confronti di alcune delle fiabe emergenziali, a partire dalla più gotica e “dark”, quella sul debito pubblico. Per il resto il “sovranismo” ha il grave torto di riproporre la questione del potere nei termini della tradizionale domanda: chi deve essere il sovrano?
A seconda delle preferenze si può rispondere che deve essere sovrana la nazione, o la “comunità internazionale” (cioè il Paese e le lobby che la guidano), oppure l’individuo. Si rimane però sempre nell’ambito della metafisica del potere.
La realtà è che il potere non possiede un “sottostante”, cioè un intrinseco nucleo di legittimità. La forza bruta si autogiustifica sempre e solo in base all’artificio di finte “emergenze” che richiedono ed esigono il suo intervento salvifico rispetto alle colpe passate che avrebbero condotto al disastro. E poi un sistema drogato di emergenzialismo esige che ci siano sempre nuovi Hitler, nuovi nemici dell’Umanità, contro i quali mobilitarsi. Le tattiche del potere perciò sono quelle di un banale psicopatico: destabilizzare, allarmare, denigrare, colpevolizzare.
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