"
"La distruzione di ogni potere politico è il primo dovere del proletariato. Ogni organizzazione di un potere politico cosiddetto provvisorio e rivoluzionario per portare questa distruzione non può essere che un inganno ulteriore e sarebbe per il proletariato altrettanto pericoloso quanto tutti i governi esistenti oggi."

Congresso Antiautoritario Internazionale di Saint Imier, 1872
"
 
\\ Home Page : Archivio : Commentario 2009 (inverti l'ordine)
Di seguito gli interventi pubblicati in questa sezione, in ordine cronologico.

Di comidad (del 07/05/2009 @ 00:30:43, in Commentario 2009, linkato 1790 volte)
L’acquisizione della Chrysler da parte della FIAT è stata celebrata con toni trionfali non solo dalla stampa di proprietà della stessa FIAT, ma da tutti i media italiani, compreso il quotidiano “il Manifesto”.
Tutti avvolti nel tricolore, i politici e i giornalisti hanno ammirato estatici e plaudenti l’incredibile miracolo: la FIAT ancora cinque mesi fa sembrava un paziente in coma, mantenuto in vita solo dalla macchina dei sussidi statali, ed ora invece il comatoso non solo risorge, ma va persino a conquistare l’America.
Il miracolo è davvero incredibile, e infatti non è mai avvenuto. Il paziente si è alzato, ma non si è strappato le flebo di denaro pubblico che lo tengono in vita, anzi deve i suoi passi proprio a quelle continue trasfusioni.
La FIAT è la stessa di cinque mesi fa, di trenta anni fa, di un secolo fa, cioè mantenuta in vita dai finanziamenti statali. Con questi cento anni di finanziamenti statali alla FIAT, non solo la FIAT avrebbe potuto essere nazionalizzata un centinaio di volte, ma addirittura altre cento FIAT avrebbero potuto essere create, ovviamente se il denaro pubblico non fosse stato oggetto di sistematica privatizzazione.
L’Amministratore delegato della FIAT, Sergio Marchionne, sbarca in America grazie ai soldi del contribuente italiano, e lascia in America i soldi del contribuente italiano: questo è il dettaglio concreto che la disinformazione ufficiale si è lasciata sfuggire. Del resto, questo sbarco per Marchionne è un po’ un ritorno a casa, dato che è mezzo canadese e, con tutta probabilità, anche agente della CIA.
Da parte dell’opinione pubblica, qualche accenno preoccupato non è mancato. Ma non sarà un modo per gli Stati Uniti di mettere loro un piede in Italia? E il know-how della FIAT non rischia di passare all’industria USA?
In realtà gli Stati Uniti non solo già hanno un piede in Italia, ma addirittura ne hanno centoquattordici, cioè le centoquattordici basi americane e NATO disseminate sul territorio italiano. Circa la metà di queste basi sono centri affaristico-criminali delle Corporation USA, e luoghi in cui merci di tutto il mondo affluiscono per essere smistate senza controlli e dazi doganali, quindi in barba al fisco italiano.
L’altra metà sono dei “semplici” centri di ascolto, con antenne radar ed ogni altro mezzo di intercettazione, ad onta di ogni patetica legge contro le intercettazioni. In Italia non c’è comunicazione che non venga intercettata attraverso le basi americane e NATO, perciò in Italia lo spionaggio industriale a vantaggio delle multinazionali statunitensi già avviene sistematicamente e in modo capillare.
È evidente perciò che l’interesse statunitense non è per la FIAT in quanto tale, ma per il collettore di denaro pubblico che essa rappresenta; ed è grave che giornali come “il Manifesto” o “Liberazione” non siano andati immediatamente e direttamente al sodo, ponendo la domanda più urgente: che fine faranno ora i finanziamenti statali alla FIAT? Non è pertinente l’osservazione secondo cui la spesa pubblica italiana è poca cosa se comparata ai bilanci palesi e occulti delle multinazionali statunitensi, poiché il colonialismo è fondato proprio sui piccoli furti che finanziano quelli grandi; allo stesso modo in cui scippando la pensione sociale alle vecchiette è possibile reperire i fondi necessari ad allestire le grandi rapine. Si tratta di un paragone e non di una metafora, poiché effettivamente gran parte del business che ha dato vita all’esplosione del fenomeno delle agenzie finanziarie, si fonda appunto sui prestiti garantiti dal prelievo automatico sulle pensioni.
Alla fine degli anni ‘70, attraverso la Legge sulla Riconversione industriale, il governo Andreotti di Unità Nazionale - sostenuto anche dal Partito Comunista - poté erogare alla FIAT sessantamila miliardi, con i quali l’azienda finanziò i licenziamenti a Mirafiori nel 1980; licenziamenti che la FIAT non si sarebbe potuta permettere se i suoi proventi fossero dipesi esclusivamente dalla produzione.
Oggi, con ammirevole senso di equità e solidarietà internazionale, il denaro pubblico italiano viene chiamato a finanziare i licenziamenti alla Chrysler, i cui sindacati hanno accettato decurtazioni di paga in cambio di garanzie cartacee; ciò a conferma che, anche in fatto di sindacati, tutto il mondo è paese.
 
Di comidad (del 30/04/2009 @ 00:49:36, in Commentario 2009, linkato 2192 volte)
È difficile stabilire se l’ennesima emergenza sanitaria proclamata dall’Organizzazione Mondiale della Sanità sia reale, o risponda ancora una volta agli interessi affaristici del colonialismo farmaceutico. Che l’origine della presunta epidemia di influenza suina sia localizzata in Messico, corrisponde all’immagine che ormai i media impongono di questo Paese, senza peraltro ricollegarsi alle cause di ciò che vi accade.
A furia di lotte al narcotraffico, il Messico è ridotto effettivamente allo stato di Paese collassato. Mentre i narcotrafficanti imperversano, la "Giustizia" non riesce a fermarli; se vengono arrestati, non riescono ad essere giudicati e quindi tornano in libertà.
Un commentatore radiofonico, pensando di essere originale, ha detto: “Sembra Napoli”. Un altro affermava: “Per gli USA è come essere confinanti con la Colombia”. Il paragone è fondato, se si considera che anche il territorio colombiano risulta sotto il controllo coloniale statunitense, ovviamente in base allo stesso pretesto della lotta al narcotraffico.
Così, mentre a Città del Messico sei milioni - proprio sei - di persone sono senza acqua potabile e il caos del colonialismo trionfa, lungo i tremila chilometri di confine tra Messico e USA passa di tutto, o meglio, la droga passa dal Messico agli USA, mentre le armi per i Narcos passano dagli USA al Messico. I lavoratori sottopagati hanno la possibilità di andare a farsi sfruttare dai padroni USA con regolare permesso, e i meno fortunati devono cercare di passare il confine da clandestini, cercando di evitare i fuoristrada dei liberi cittadini che, armati di tutto punto e con le facce da baywatch, vanno a caccia di disgraziati da impallinare; roba da far crepare d'invidia i rondaioli nostrani.
L’ultima invasione statunitense del Messico risale al 1917, ed allora la giustificazione ufficiale fu di dare la caccia ai terroristi di Pancho Villa. I crimini di guerra statunitensi - nei quali si distinse un giovane ufficiale che sarebbe poi divenuto il famoso generale Mac Arthur - non bastarono ad avere la meglio, ed alla fine non solo Villa non fu preso, ma l’esercito USA dovette incassare alcune sconfitte. Nei decenni successivi gli Stati Uniti seguirono invece una strada meno rischiosa e più proficua, quella degli accordi per la lotta al narcotraffico, ed oggi l’agenzia federale antidroga, la DEA, costituisce di fatto un’agenzia coloniale, incaricata di reclutare e formare i quadri politici e militari del Messico Agli accordi per la lotta al narcotraffico, sono poi seguiti i trattati commerciali, con la costituzione di zone franche interne al Messico, che vengono gestite ed amministrate direttamente dalle multinazionali.
I Messicani costituiscono ormai, ufficialmente, un popolo minorenne , accompagnato per mano dallo Zio Sam, il quale però, per tramite dei suoi organi d’informazione, non fa altro che lamentarsi di come il bimbo suo “protetto” deluda costantemente le aspettative.
Criminalizzazione ed infantilizzazione sono quindi le vere facce del razzismo e i principali strumenti della colonizzazione. Le conferenze ONU contro il razzismo - di cui l’ultima si è tenuta a Ginevra - si muovono invece in base ad una visione del razzismo che può essere troppo facilmente strumentalizzata e rovesciata dai colonialisti.
Visto che la prima conferenza contro il razzismo era riuscita comunque ad approvare una dichiarazione di condanna per i massacri perpetrati da Israele, ecco che miracolosamente a Ginevra compare il mitico Ahmadinejad che spiattella il suo solito attacco ad Israele. Ahmadinejad dice anche cose verissime, ma, come al solito, la sua interpretazione si va ad appuntare sul diversivo costituito dalla storia del popolo ebraico e delle sue sofferenze, di cui la fondazione dello Stato di Israele sarebbe il risarcimento.
Scatta perciò il consueto giuoco delle parti: tutti i rappresentanti dei paesi ricchi - e, guarda caso, democratici - abbandonano la conferenza per protesta contro l'antisemitismo di Ahmadinejad; e anche quando la conferenza elimina tutti i riferimenti a Israele voluti dall'Iran, gli “occidentali” rifiutano di firmare alcunché contro il razzismo, perché la sola presenza dell'iraniano li avrebbe turbati.
In realtà, la questione ebraica, e persino quella della legittimità di Israele, consentono al sedicente “Occidente” di nascondersi dietro lo spauracchio dell’antisemitismo, ed allontanano dal vero problema, che riguarda il razzismo antipalestinese praticato dallo stesso “Occidente”. In un film che ha costituito un vero e proprio paradigma per la propaganda razzista contro l’Islam in generale e i Palestinesi in particolare - “Attacco al Potere” (titolo originale: “The Siege”, 1998), con protagonista Denzel Washington -, il personaggio del palestinese non è soltanto un terrorista, ma è anche, e soprattutto, un infantile e un piagnucoloso.
Nel 1948 i Palestinesi furono considerati indegni di tenersi la loro terra perché, invece di costituire anche loro il proprio Stato, avrebbero preferito andarsene per dispetto, nella vana speranza che Israele venisse travolto dagli Stati arabi. Questo falso storico ha retto per decenni, finché alcuni storici israeliani hanno dimostrato che in effetti i Palestinesi furono costretti ad andarsene a causa di vere e proprie pratiche di genocidio da parte degli Israeliani.
Dal 1967 in poi, i Palestinesi non sono stati considerati dal sedicente Occidente dei possibili interlocutori in quanto terroristi. Prima l’isolamento ha colpito l’OLP di Arafat, oggi ha come bersaglio Hamas, ma comunque vi è sempre un pretesto per infantilizzare e criminalizzare e, quindi, per colonizzare.
Ciò che rende astratte e facilmente aggirabili le conferenze contro il razzismo, consiste proprio nel fatto che oggi quasi nessuno predica la superiorità o inferiorità razziale in modo aperto e diretto. Il razzismo e il colonialismo passano invece attraverso un discorso propagandistico ammantato di “oggettività” che infantilizza e criminalizza interi popoli rappresentando le loro miserie e le loro deviazioni, senza minimamente accennare al ruolo del colonialismo. In questo senso, occorre cominciare a diffidare non solo della “informazione” di intrattenimento e di palese abbrutimento (alla Bruno Vespa), ma anche della “informazione d’assalto” alla Santoro, alla Gabanelli o alla Saviano.
 
Pagine: 1 2 3 4 5 6 7 8 9 10 11 12 13 14 15 16 17 18 19 20 21 22 23 24 25 26 27

Cerca per parola chiave
 

Titolo
Aforismi (5)
Bollettino (7)
Commentario 2005 (25)
Commentario 2006 (52)
Commentario 2007 (53)
Commentario 2008 (53)
Commentario 2009 (53)
Commentario 2010 (52)
Commentario 2011 (52)
Commentario 2012 (52)
Commentario 2013 (53)
Commentario 2014 (54)
Commentario 2015 (52)
Commentario 2016 (52)
Commentario 2017 (52)
Commentario 2018 (52)
Commentario 2019 (52)
Commentario 2020 (54)
Commentario 2021 (52)
Commentario 2022 (53)
Commentario 2023 (53)
Commentario 2024 (46)
Commenti Flash (62)
Documenti (30)
Emergenze Morali (1)
Falso Movimento (11)
Fenêtre Francophone (6)
Finestra anglofona (1)
In evidenza (33)
Links (1)
Manuale del piccolo colonialista (19)
Riceviamo e pubblichiamo (1)
Storia (9)
Testi di riferimento (9)



Titolo
Icone (13)


Titolo
FEDERALISTI ANARCHICI:
il gruppo ed il relativo bollettino di collegamento nazionale si é formato a Napoli nel 1978, nell'ambito di una esperienza anarco-sindacalista.
Successivamente si é evoluto nel senso di gruppo di discussione in una linea di demistificazione ideologica.
Aderisce alla Federazione Anarchica Italiana dal 1984.


21/11/2024 @ 13:58:26
script eseguito in 29 ms