Di seguito tutti gli interventi pubblicati sul sito, in ordine cronologico.
L’indagine per corruzione che sta colpendo il sottosegretario leghista Armando Siri, presenta vari aspetti problematici. Siri sarebbe indagato per aver ricevuto una promessa di denaro in cambio di una norma da inserire in una legge. Ma si può parlare di “corruzione” in un caso nel quale lo scambio consiste nel fare una cosa in sé lecita, come modificare una legge?
Per parlare di corruzione occorrerebbe non solo un passaggio di denaro ma un atto illecito “comprato” da quel denaro. È corruzione allorché si trucca una gara di appalto; oppure si ha addirittura concussione o estorsione quando si sblocca, in cambio di denaro, un atto dovuto che era stato dolosamente bloccato proprio per indurre al pagamento.
Il caso di Siri può rientrare invece nel lobbying. È la circostanza della promessa di denaro a creare l’aura di corruzione: se la promessa avesse riguardato un posto di dirigente o consulente in un’azienda, il fatto sarebbe rientrato tranquillamente in quel fenomeno della “porta girevole” tra incarichi pubblici e privati; un costume consolidato che sinora non ha mai comportato implicazioni penali, sebbene siano noti i casi di ex ministri - ed anche di ex presidenti di Commissione Europea - che si sono visti aprire carriere luminose in multinazionali bancarie.
La Lega ha già ricevuto specifiche e
circostanziate accuse di lobbying. Il quotidiano “la Repubblica” ha contestato a Matteo Salvini una compromissione con la lobby delle armi nella vicenda della nuova legge sulla legittima difesa. In Italia “armi” significa un settore industriale che copre quasi l’1% del PIL e che riguarda soprattutto le regioni ad alta concentrazione di voto leghista. In questo caso non c’è neppure bisogno di pensare a passaggi di denaro o favori, in quanto si tratta di un allettante bacino elettorale.
La ricostruzione del quotidiano “la Repubblica” ha una sua oggettiva plausibilità ma lascia comunque aperto un interrogativo. Perché “la Repubblica” pensa al lobbying quando è coinvolto un settore industriale nostrano e non quando si tratti di interessi finanziari sovranazionali? Perché sarebbe lecito parlare di lobbying quando si tratti di fabbrichette di armi, mentre sarebbe “complottismo” parlare di lobbying quando ci si riferisce a quella prassi deflazionistica che favorisce la grande finanza? La risposta è ovvia: il quotidiano “la Repubblica” non può ammettere l’esistenza di una lobby della deflazione senza coinvolgere automaticamente se stesso, a causa del suo moralismo/catastrofismo sulle sorti del debito pubblico italiano; un allarmismo che oggettivamente crea il clima adatto per giustificare, se non per determinare, le politiche restrittive di bilancio e quindi la deflazione.
Il problema è stabilire quale istituzione possa essere ritenuta immune dal lobbying. Non la politica, non le istituzioni sovranazionali, non i media. Forse la magistratura?
Quest’anno c’è stata una sentenza della Corte di Cassazione che ha provocato una certa discussione. Secondo la Corte
la corresponsabilità di un pedone nell’investimento che lo ha coinvolto implica una limitazione nel risarcimento. La sentenza ha lasciato perplessi alcuni commentatori poiché se è vero che anche il pedone può avere le sue responsabilità, è però soprattutto vero che “si nasce” pedoni, che il pedone ha diritti naturali che l’automobilista non può accampare e che ogni riferimento a “responsabilità” del pedone comporta una diminuzione delle garanzie dello stesso.
Ad essere oggettivamente favorita da una sentenza del genere non è una generica “lobby degli automobilisti”, bensì una concreta lobby delle compagnie assicurative, che così potranno risparmiare sui risarcimenti ai pedoni investiti. Un pedone che non abbia il buongusto di farsi investire alla presenza di testimoni pronti a collaborare, rischia di entrare in una “zona grigia” in cui dovrà vedersela con studi legali agguerriti che potranno facilmente alludere a sue responsabilità, con l’effetto di un minore risarcimento. La stessa sentenza sfavorevole al pedone investito, comporta inoltre di per sé un effetto di dissuasione su altre vittime della strada che intendessero accedere alle vie legali per far valere i propri interessi contro le compagnie assicurative.
In un caso del genere vi è stato lobbying? Non lo si può affermare, ma come si farebbe ad escluderlo? In base ad una sacralità della magistratura?
I profeti della legalità alla Piercamillo Davigo, noto esponente togato del Consiglio Superiore della Magistratura, si concentrano sul
fenomeno della corruzione poiché si tratta di un tema “pacifico”, che è facile da definire ed anche da denunciare. È un tema che conferisce alla magistratura un ruolo di primato e di tutela morale, oltre che legale, sull’intera società. In tal modo la magistratura diventa di fatto il primo potere.
In nome della questione morale, negli anni ‘70 la sedicente “sinistra” è passata armi e bagagli dall’operaiolatria alla magistratolatria. Il processo di mutazione ideologica della “sinistra” si è compiuto sostituendo l’internazionalismo proletario con il mondialismo della finanza. Non a caso è la Banca Mondiale a condurre la
campagna contro la corruzione, che viene individuata dalla stessa Banca Mondiale come una delle cause principali della povertà e del sottosviluppo.
In realtà non è credibile che la Banca Mondiale voglia davvero combattere la povertà, semmai intende combattere contro i poveri. Un capitalismo senza povertà e senza disoccupazione sarebbe inimmaginabile, in quanto salterebbero tutte le gerarchie sociali. Se non ci fossero povertà e disoccupazione, il lavoratore non sarebbe più ricattabile.
Non esistono neppure riscontri scientifici sia al presunto nesso di causalità tra corruzione e sottosviluppo, sia al luogo comune secondo il quale alcuni Paesi sarebbero più corrotti degli altri; perciò tutte le graduatorie ufficiali a riguardo risultano del tutto arbitrarie. Se si volesse adottare il parametro oggettivo della lievitazione dei costi delle opere pubbliche, ci si accorgerebbe che anche
la “virtuosa” Germania vede regolarmente i costi gonfiarsi a dismisura, come ha rilevato persino il settimanale mainstream “Der Spiegel”.
Se la corruzione costituisce un’ottima esca per l’opinione pubblica grazie alla sua facile definizione, ìl lobbying si avvale invece di una sua sfuggente extra-legalità che lo rende più occulto, subdolo, pervasivo ed anche più distruttivo per le basi della convivenza civile. In queste condizioni ogni potere diventa sospetto, poiché non si sa mai quali interessi stia davvero servendo.