Di seguito gli interventi pubblicati in questa sezione, in ordine cronologico.
Per evitarsi la pena di commentare il magro risultato elettorale, e per far capire a tutti quali siano i veri padroni a cui deve rispondere, un Renzi in versione NATO lunedì scorso è volato in Afghanistan, ad arringare i soldati italiani. Senza risparmiarci il ridicolo di indossare la tuta mimetica, dall'alto della sua scienza politica, Renzi ha spiegato ai giovani militari che in un mondo globale la sicurezza interna ai vari Paesi dipende dalle loro scelte internazionali. Parole sante. Parole tanto più significative se pronunciate in un Paese, l'Afghanistan, che dal 2002 segna ogni anno un nuovo record di produzione dell'oppio. Proprio quell'oppio che, trasformato in eroina, inonda l'Europa.
La destabilizzazione dell'Afghanistan da parte della NATO ha quindi comportato i suoi riflessi destabilizzanti all'interno dei Paesi della NATO. Si potrebbe iniziare a questo punto la solita litania sugli "errori dell'Occidente", se non ci si ricordasse che la destabilizzazione costituisce un business. Che la NATO non abbia nulla a che vedere con la produzione ed il traffico di oppio, può essere infatti sostenuto solo contro ogni evidenza, e ciò fa parte di quei "segreti" noti a tutti, ma troppo osceni per essere pronunciati, poiché rimetterebbero in discussione tutta la visione del mondo comunemente accettata.
Il problema è che, se per alcuni la destabilizzazione internazionale costituisce un business, per altri è una spesa. La destabilizzazione infatti è a carico del contribuente, che deve finanziare crescenti spese militari, che a loro volta vanno a favorire ed organizzare il contrabbando che fiorisce all'ombra delle basi militari e del segreto militare. Non si tratta solo di contrabbando di oppio, ma anche di armi, sigarette, petrolio e di ogni altro genere di merce. Il contribuente così non finanzia solo la destabilizzazione, ma anche la colossale evasione fiscale che il contrabbando comporta da parte delle multinazionali, le quali trovano nella NATO una confortevole e dissimulata "location" per il loro lobbismo.
Può apparire un paradosso che degli Stati finanzino la frode fiscale, ma lo Stato non esiste. Lo Stato è in parte un'astrazione giuridica ed in parte una superstizione, mentre ciò che esiste realmente è il potere di lobby e di cosche che agiscono in nome di queste astrazioni e superstizioni.
Le spese militari non riguardano soltanto l'acquisto di nuove armi, come i famigerati F35, ma anche le spese logistiche del personale e delle basi. La spesa militare effettiva è molto maggiore di quella dichiarata ufficialmente, poiché viene dissimulata in più capitoli di spesa, ed è anche a carico delle Regioni. In coincidenza con i record della produzione e del traffico di oppio, anche la spesa militare italiana registra sempre nuovi record.
Ma tutto ciò è ancora nulla, dato che il contribuente dovrà affrontare sempre maggiori costi per la destabilizzazione della Libia operata nel 2011, che comporta non solo contrabbando di petrolio, ma anche contrabbando di esseri umani. I media pongono l'accento sul micidiale traffico operato con i barconi e sulle stragi che esso comporta, ma quel traffico potrebbe costituire solo un diversivo rispetto a forme di immigrazione illegale organizzate sotto il paravento del segreto militare. Nel 2011 si è potuto riscontrare come gran parte della sinistra sia vulnerabile al mito razzistico e colonialistico del "fardello dell'Uomo Bianco" elaborato dallo scrittore inglese Rudyard Kipling. Si è assistito così allo spettacolo di una "sinistra interventista", convinta che esistano "popoli minorenni", assolutamente bisognosi del soccorso del sedicente Occidente, cioè della NATO. Si è visto poi con quali risultati.
Renzi aveva promesso un decreto per l'intervento militare italiano in Libia per il marzo scorso, poi i tempi sono slittati. Si attende l'autorizzazione dell'ONU, che l'aveva a sua volta promessa venti giorni fa. Questa improvvisa timidezza pare sia dovuta all'atteggiamento russo, molto meno malleabile che nel 2011, dato che al Cremlino hanno cominciato a comprendere che l'obiettivo finale di tutta questa destabilizzazione è l'accerchiamento commerciale e militare della Russia, in vista di un suo smembramento in stile Jugoslavia.
La recente missione del ministro degli Esteri Gentiloni in Russia ed i suoi colloqui con il suo omologo russo, Lavrov, hanno generato i soliti comunicati né carne né pesce. Significa però qualcosa il fatto che Gentiloni abbia trovato il modo di vantarsi della posizione italiana, improntata sì alla fermezza nei confronti della Russia, ma anche al dialogo. Gentiloni è riuscito ad ottenere anche la promessa di una visita di Putin all'Expo di Milano, in base alla regola aurea che una nota di ridicolo non deve mai mancare in queste solenni occasioni internazionali.
Gentiloni però non ha mancato di lamentarsi per la "Black List" di indesiderabili stilata dal governo russo. La destabilizzazione non passa solo per gli eserciti, ma anche per lo spionaggio e la provocazione, mirati ad organizzare "rivoluzioni colorate". Circolano molti politici ambigui, che sono in effetti alle dipendenze dei servizi segreti NATO, ed il fatto di pubblicarne i nomi serve appunto a "bruciarli".
Nella lista nera di Putin vi è anche una donna di origine italiana, ora naturalizzata svedese, la signora Anna Maria Corazza, che ha preso anche il cognome del marito, l'ex primo ministro svedese Bildt. La storia d'amore fra i due è cominciata nei Balcani, nel corso della guerra. Probabilmente la signora era lì per conto della NATO, ed il consorzio con un politico svedese risulta del tutto coerente. La Svezia infatti non è più un Paese neutrale, ma è coordinato con la NATO in base ad un accordo di partenariato.
Porre veti all'ingresso sul proprio territorio a certi personaggi costituisce un mezzo di difesa molto più economico ed efficace che investire in nuove armi. Un irrigidimento della Russia potrebbe costituire anche una buona notizia per il contribuente, poiché porrebbe un freno all'attuale ondata di destabilizzazione internazionale di marca "occidentale", che va dall'Ucraina, alla Siria, alla Libia, all'Afghanistan.
L'immagine del Renzi "dittatore" sembra l'ovvio coronamento della collana di "successi" che egli ha riscosso negli ultimi mesi, dal Jobs Act all'Italicum, sino all'approvazione alla Camera della "riforma" della Scuola. Un'opposizione che dipingeva Renzi come ciarlatano e cialtrone, sembra oggi ricredersi e cominciare finalmente a prendere sul serio il personaggio; e affibbiargli l'epiteto di "dittatore" costituisce implicitamente un modo di celebrarne l'immagine.
In realtà Renzi rimane quel piccolo cialtrone che era sembrato sin dall'inizio, e l'effetto ottico dell'ingigantirsi della sua immagine è solo il risultato di una serie di errori comunicativi delle stesse opposizioni. Renzi è solo il Buffone di Turno, mentre da più di venti anni la vera dittatura è quella delle organizzazioni sovranazionali come il Fondo Monetario Internazionale e la NATO. Tutti i governi-fantoccio che si sono succeduti in Italia in questi anni hanno mostrato una linea di continuità nelle proprie azioni. I trattati internazionali sono una forma di guerra a bassa intensità che distrugge l'indipendenza di un Paese e lo asservisce agli interessi del lobbying multinazionale.
Non si era affatto aspettato Renzi per distruggere l'istruzione pubblica, ci avevano già pensato i ministri Berlinguer e Gelmini. L'ultima pseudo-riforma si muove sulla stessa linea della destabilizzazione e del caos, con norme che vanno oltre il limite del ridicolo volontario. Si attribuisce al preside la facoltà di assumere a sua discrezione, ma poi gli si vieta di assumere personale a lui legato da rapporti di parentela e di coniugio. Il divieto è facilmente aggirabile con l'espediente dello scambio di favori tra presidi, ma con quel divieto si è anche ammesso che gli abusi sono impliciti nella norma. Il pasticcio giuridico arriva al paradosso di costituire una discriminazione verso i parenti dei presidi, esclusi per principio anche se in possesso dei titoli necessari. Qualcuno ha ironizzato sul fatto che non si sia vietato di assumere le amanti, ed in effetti la norma si presta, più che a favoritismi parentali, a vere e proprie forme di prossenetismo a favore delle gerarchie ministeriali, che sono le vere padrone dei presidi, oggi vincolati alle singole scuole da contratti triennali.
L'equivoca figura del preside tenutario distrae però dalla vera trappola del DDL, quell'articolo 21 - ora diventato articolo 22 - che attribuisce al governo la delega per ulteriori decreti applicativi sulla Scuola nei prossimi mesi. Il vero cambiamento atteso è l'attribuzione dell'ultimo anno delle superiori all'Università, in vista della creazione di College all'americana che si occupino della preparazione pre-universitaria, erogata a pagamento o a credito. Gli intoppi dell'edilizia universitaria hanno determinato una dilazione dei tempi; ma, quando i Campus come quello di Bologna saranno pronti, si verrà messi di fronte al fatto compiuto. Allo stesso modo non si era aspettato Renzi per eliminare i diritti del lavoro, dato che aveva già provveduto il ministro Sacconi, così come l'articolo 18 era già stato svuotato dalla Fornero. L'Italicum è un broglio elettorale legalizzato; ma la totale indifferenza che Renzi sta mostrando per la tradizionale base elettorale del PD (insegnanti in primis), dimostra che, quanto a brogli, l'Italicum e tutte le altre leggi elettorali passate, presenti e future, sono l'ultimo dei problemi.
Ciò che fa ora Renzi si pone quindi nella stessa linea del lobbying multinazionale insediato nelle organizzazioni sovranazionali; e sono quelle organizzazioni, non le minacce di Renzi, a terrorizzare i dissenzienti interni al PD. I meccanismi dell'opposizione sono troppo spesso improntati ad una sorta di roleplay, che comporta l'obbligo di vestire i panni dell'anima bella a beneficio dei media. Iniziative di mobilitazione che in sé sarebbero assolutamente valide, vengono però accompagnate da messaggi che sembrano evocare ogni volta la difesa dell'ultima trincea di una democrazia che in effetti non esiste più, semmai è esistita. Il disastro comunicativo è duplice, poiché si può essere facilmente incasellati nel ruolo dei "conservatori" dalla propaganda ufficiale, ed inoltre si perpetuano l'equivoco e l'illusione della possibilità di una lotta politica interna ad un Paese sovrano.
In realtà in fatto di "cessione di sovranità" non vi sono mezze misure possibili: cedere una parte della sovranità comporta perderla tutta, cioè si diventa una colonia. Si tratta di una cosa chiamata imperialismo, il grande sconosciuto o dimenticato. Anche negli anni '70, quando si parlava di imperialismo, si pensava al Vietnam o, al più, al Cile, ma ci si dimenticava di Piazza Fontana.
La Siria costituisce un ulteriore banco di prova di questo meccanismo ferreo dei rapporti internazionali. Il regime siriano ha concesso agli Usa l'ingresso nel proprio territorio per combattere l'ISIS. Un anno e mezzo fa, prima dell'arrivo degli USA in Siria, Assad sembrava prossimo a vincere la sua guerra contro le milizie islamiche, ma ora i media ci fanno sapere che, "nonostante" i bombardamenti statunitensi, nell'ultimo anno lo Stato Islamico è diventato più forte che mai. Non mancano le solite finte recriminazioni di rito sulle "responsabilità dell'Occidente", che alla fine sarebbe, come sempre, colpevole di essere stato "troppo buono", cioè di aver bombardato troppo poco e troppo tardi.
Obama ci fa la solita figura della mezza tacca (del resto lo pagano per questo), ma oggi è il regime di Assad ad essere in bilico. Alla fine dell'anno scorso Obama dichiarava che Assad se ne doveva andare. All'inizio di quest'anno Obama e Hollande sembravano aver cambiato idea, e dicevano che la cacciata di Assad non era più una priorità. Ora USA e Turchia fanno sapere invece che daranno un appoggio militare all'opposizione siriana non legata all'ISIS (ma quale sarebbe poi?). Con questa dichiarazione USA e Turchia ammettono indirettamente che le opposizioni "democratiche" e filo-occidentali ad Assad hanno proseguito la loro guerra al regime siriano anche in presenza del pericolo ISIS, perciò o sono state alleate dello stesso ISIS, o sono la stessa cosa.
Alla fine la finta guerra contro l'ISIS si è rivelata una vera guerra contro Assad, ed i "nonostante" si rivelano come pura mistificazione. L'ISIS avanza perché gli Stati Uniti hanno sottratto al regime di Assad il controllo dei cieli. Ancora una volta si conferma che non si può cedere "una parte" di sovranità, perciò in questi casi l'atteggiamento di chiusura paranoica, stile Corea del Nord, si dimostra più efficace.
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