Di seguito tutti gli interventi pubblicati sul sito, in ordine cronologico.
Nell’attuale vicenda della Bielorussia si sta riproponendo il consueto schema del politicamente corretto, che vede il Sacro Occidente chiamato al suo dovere di soccorrere i popoli bisognosi contro i tiranni di turno. L’assioma da cui discende questo scenario è che il Sacro Occidente, pur con i suoi difetti, è comunque il migliore dei mondi possibili, l’unico in cui le libertà personali sono garantite.
Peccato che, analizzando caso per caso, questa convinzione non regga. A distanza di mesi, e ancora una volta, il regime francese di Macron ha stroncato le manifestazioni dei “gilet gialli” appellandosi alle misure sanitarie contro il Covid, che impediscono gli assembramenti e quindi le manifestazioni. In Bielorussia il “dittatore” Lukascenko non fa altrettanto, rimane anzi coerente con la sua scelta di non avallare l’emergenza pandemica. I nostri media plaudono alle masse che scendono in piazza contro Lukashenko, senza preoccuparsi che gli assembramenti possano determinare contagi come in Francia. Un virus che colpisce a corrente alternata ed a seconda delle convenienze politiche.
Cos’è quindi che fa la differenza tra il Sacro Occidente e i regimi da esso esclusi per indegnità? La differenza è la potenza mediatica, cioè la potenza finanziaria e militare che consente di egemonizzare la comunicazione e creare i “mostri” da additare all’opinione pubblica. Il punto è che la tematica dei diritti dell’uomo e della persona è stata concepita in epoche nelle quali certi divari di forze non si potevano neppure immaginare. Alla fine il rapporto sottostante del politicamente corretto si risolve nel culto della forza.
In un articolo pubblicato dieci anni fa da Romano Prodi su “Il Messaggero”, si trova un tipico esempio di questa attitudine feticistica nei confronti della forza. Dopo aver celebrato la potenza tedesca, Prodi lamentava che da parte della Germania vi era troppa riluttanza nel farsi carico della sua missione di guidare l’Europa in quanto Paese più forte, concludendo che in futuro la Germania si sarebbe pentita di non aver adempiuto al suo naturale ruolo di leadership; una rinuncia che l’avrebbe sottratta ad un destino di grandezza. Insomma, con il suo atteggiamento adulatorio, Prodi si esibiva in una vera e propria istigazione all’imperialismo. La retorica della solidarietà europea in questo messaggio è un po’ lo specchietto per le allodole, in quanto il problema non è il deflazionismo tedesco, che alle oligarchie italiche è sempre andato benissimo, quanto il fatto che la Germania non proceda ad una formalizzazione della sua leadership con un’integrazione politica, più o meno camuffata, dei Paesi subordinati.
In questi dieci anni l’Italia ha proseguito sulla strada già indicata da Prodi, diventando una sorta di anima nera del neoimperialismo tedesco sull'Europa Occidentale. Con l’emergenza Covid, inventata nel Nord Italia, la Germania è stata “tirata” a formalizzare il suo ruolo dominante attraverso il Recovery Fund, cosa che ha alimentato le preoccupazioni statunitensi.
La costruzione europea è stata una creatura statunitense, una propaggine della NATO da schierare contro l’Unione Sovietica. Lo stesso euro è stato voluto dagli USA, poiché la deflazione/stagnazione innescata dalla moneta unica avrebbe ostacolato il commercio della Russia proprio nel momento del suo passaggio al capitalismo. Negli anni ‘90 gli USA hanno anche favorito un sub-imperialismo tedesco sull’Europa dell’Est esclusivamente in funzione antirussa. Gli Usa vedono perciò di cattivo occhio i gasdotti tra Germania e Russia, sia perché vorrebbero vendere all’Europa il proprio petrolio di scisto, sia perché temono che gli affari con la Russia allentino l’ostilità europea nei suoi confronti. Ciò che inoltre gli USA non possono assolutamente tollerare è un imperialismo tedesco sull’Europa occidentale, temendo che in prospettiva la Germania potrebbe acquisire un peso tale da insidiare la loro supremazia.
Il paradosso è che l’oligarchia tedesca non ha né l’intenzione, né la capacità, di liberarsi dalla tutela USA, ma si trova oggettivamente a svolgere sempre più un ruolo neo-imperiale in Europa occidentale per la struttura stessa dell’Unione Europea e dei suoi vincoli. L’Italia è l’unico Paese che avrebbe la forza sufficiente, non per spezzare, ma per allentare quei vincoli. Non solo non lo fa ma addirittura esibisce un filogermanesimo teorico e pratico, nella convinzione che l’Italia da sola non possa fare nulla. Ciò che gli oligarchi italiani pensano di “non poter fare da soli”, è probabilmente il tenere a bada in eterno le proprie classi subordinate; perciò l’autosubordinazione e l’autocolonialismo nei confronti del dominus germanico sono visti come l’unico modo per garantirsi un potente alleato contro la propria stessa popolazione.
Più l’Italia procede sulla strada della deflazione (e il lockdown è stato un’accelerazione spaventevole in quel senso), più la Germania si trova a svolgere un ruolo egemone, anche al di là delle sue intenzioni e, sicuramente, anche delle sue forze. Il paradosso insito nel culto italiano della potenza tedesca è infatti che la Germania è molto meno forte di quanto si creda o si voglia credere. L’economia tedesca, a causa della sua deflazione salariale, è infatti troppo indirizzata alle esportazioni per non risultare vulnerabile.
Tutte le gerarchie, comprese quelle internazionali, comportano un certo livello di destabilizzazione. Di solito la conflittualità è direzionata dall’alto verso il basso. La conflittualità dal basso è invece più rara. Dal basso però può provenire anche un tipo di destabilizzazione provocata dal servilismo, cioè dal servo che suggestiona il padrone con le sue adulazioni. Con il loro acritico culto della leadership tedesca, gli oligarchi italiani stanno trascinando la Germania su un piano imperialistico che essa non è in grado di sostenere, cioè al classico passo più lungo della gamba. Diventato ideologia, cioè falsa coscienza, il culto della forza può determinare esiti che contraddicono clamorosamente le premesse.
L’apparato mediatico si era attivato per liquidare la manifestazione berlinese del 29 agosto scorso contro il lockdown e il “distanziamento sociale” nei termini del politicamente corretto, cioè come un’adunata di “negazionisti”, complottisti, terrapiattisti e nazisti. Ciò in sé non costituirebbe un dato molto rilevante, poiché solo in base ad una visione ingenua si potrebbe pensare alla possibilità di un potere disposto a confrontarsi col dissenso in termini aperti.
In realtà tutti i poteri, anche i micropoteri più informali e insignificanti, possono ammettere il dissenso solo in astratto, salvo poi ricorrere alla ridicolizzazione ed alla criminalizzazione non appena si esercita in concreto. Non esistono poteri buoni e neanche poteri mezzo-cattivi; la pericolosità di un potere è data dalla potenza materiale in termini militari, finanziari e mediatici che è in grado di esprimere. Ogni emergenza diventa una cordata di affari e dietro all’emergenza-Covid si è formata una coalizione di interessi che va dalle multinazionali finanziarie sino a quelle farmaceutiche e del digitale. Siamo quindi di fronte ad una notevole “potenza di fuoco” che è in grado di spaventare le masse molto più del Covid; tanto che molti ormai ostentano la loro mascherina anche fuori dagli orari di obbligo, solo per allontanare da sé qualsiasi sospetto di essere dei “negazionisti”.
L’aspetto curioso nel tentativo mediatico di esorcizzare il dissenso nei canoni consolidati del politicamente corretto, è che evidentemente non ci si aspettava che gli organizzatori della manifestazione berlinese fossero in grado di contrapporre ai media addirittura un’icona del politicamente corretto, cioè Robert Kennedy Junior, il figlio del senatore assassinato a Los Angeles nel 1968.
La sorpresa è stata del tutto fuori luogo, dato che oggi il liberalismo/occidentalismo, nella moderna versione del politicorretto, rappresenta l’ideologia unica e dominante, tanto che neppure le opposizioni vi sfuggono. Nei canoni del politicorretto rientra anche il fatto che Robert Kennedy Jr. sia un miliardario, come Soros e Trump, poiché i miliardari che “vanno incontro al popolo” sono i nuovi “santi” della religione politicorretta. Oggi il loro miliardario di riferimento non ce l’hanno solo i globalisti e i “sovranisti” ma anche gli oppositori che vorrebbero non farsi ingabbiare in quella fittizia dicotomia.
I media hanno cercato di correre ai ripari in modo un po’ goffo, presentando Robert Jr. come lo scemo di famiglia. Risulta però davvero poco realistico che un Kennedy, cioè un esponente dell’oligarchia statunitense (per quanto in standby), potesse partire per parlare dal palco di Berlino senza delle garanzie sulla qualità e quantità del pubblico che avrebbe dovuto trovarsi davanti e, soprattutto, senza delle coperture all’interno dell’establishment statunitense. Del resto il fatto che le autorità tedesche siano state costrette a smentirsi ed a concedere la manifestazione, indica che qualcosa nei rapporti di forza si è modificato. Il politicorretto prevede infatti la possibilità di schierarsi dalla parte del più debole, ma soltanto nel caso che il debole abbia già uno molto forte alle spalle.
Con vibrante oratoria in tipico stile kennediano, Robert Jr ha detto al suo pubblico ciò che questo voleva ascoltare, dandogli anche in pasto i soggetti più sputtanati nella vicenda Covid per i loro sfacciati conflitti di interessi: Bill Gates, Anthony Fauci e Big Pharma. Robert Jr. ha detto però anche ciò che interessava a lui ed all’establishment USA, quando ha fatto riferimento al discorso pronunciato da suo zio John a Berlino il 26 giugno del 1963. Il senso di quel discorso del ’63, rivolto ai Russi ma anche ai Tedeschi, era piuttosto chiaro. Dire “sono un cittadino di Berlino”, per bocca di un presidente USA, significava: qua ci stiamo e qua rimaniamo. Il senso delle parole di Robert Jr., rivolte al governo tedesco, non era molto diverso. Magari quel senso è sfuggito a coloro che erano in piazza a Berlino ed ai media, ma sicuramente non è risultato oscuro ai veri destinatari.
L’emergenza Covid è partita dalla Regione Lombardia, con lo scopo evidente di accelerare l’integrazione del Nord Italia nell’orbita tedesco-bavarese. A colpi di insulti e fatti compiuti i biogolpisti della Regione Lombardia hanno forzato la mano al governo Conte, che sino a febbraio era apparso molto riluttante a proclamare il lockdown, anche se successivamente ci ha preso fin troppo gusto.
Le oligarchie del Nord Italia, eredi storiche dei vecchi “austriacanti” dell’800, sono infatti le prime vessillifere del colonialismo tedesco, con lo scopo di creare un’aggregazione delle Regioni “ricche” dell’Europa. Non era difficile prevedere che l’istituzione dell’Eusalp, la macroregione alpina a guida bavarese e che integra il Nord Italia, avrebbe sortito effetti destabilizzanti.
A proposito di destabilizzazione, anche il Recovery Fund, i cui effetti di “aiuto” sono praticamente nulli, va in realtà nella direzione della crescente dipendenza dalla Germania, alla quale, nella fiaba ufficiale, spetterebbe la missione di salvare l’Italia dal disastro economico dovuto al lockdown. L’emergenza Covid è stata quindi un episodio di guerra imperialistica “a bassa intensità”, attuata cioè con strumenti di boicottaggio economico e di guerra psicologica.
Tramite Robert Kennedy Jr. l’oligarchia statunitense ha lanciato però un monito per “raffreddare” le velleità neo-imperialistiche della Germania e dei suoi zelanti alleati del Nord Italia, che devono sempre ricordarsi di chi comanda davvero in Europa. Non a caso l’emergenza Covid è sempre più sotto tutela della NATO, che ha già irreggimentato le strutture sanitarie italiane per ciò che riguarda i test diagnostici.
Ringraziamo Mario C. “Passatempo” e Cassandre per le segnalazioni.
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