Prima di essere congedato, il cialtrone Trump ha reso un ultimo servigio alla causa del politicamente corretto, di cui è sempre stato un involontario strumento, regalando l’ennesima “vittoria” alla democrazia americana. Alcuni commentatori hanno finto di domandarsi quale possa essere il danno per l’immagine degli USA in seguito all’invasione delle aule del Congresso da parte dei supporter di Trump.
In realtà chi è al vertice della gerarchia internazionale può permettersi il lusso di sbracare senza problemi di sorta, poiché ci sarà sempre un esercito di aedi pronti a rivoltare la narrazione dei fatti ed a trasformare le figuracce in trionfi. Sorte opposta spetta invece a chi sta al fondo della gerarchia, poiché, se anche tenesse un comportamento irreprensibile, non sfuggirebbe in ogni caso alle critiche ed alle condanne; anzi la sua stessa irreprensibilità verrebbe ritenuta un comportamento sospetto, tipico di chi abbia qualcosa di losco da nascondere. Mentre i fattacci di Washington erano ancora in corso e non si sapeva ancora con precisione cosa stesse accadendo (in effetti non lo si sa neppure adesso), già il
coro mediatico degli irriducibili cantori della democrazia americana si era messo all’opera.
Si è anche finto di discutere per stabilire se l’invasione del Campidoglio USA debba considerarsi un tentativo di colpo di Stato o un’insurrezione, come se non ci fosse stato lo strano comportamento della polizia a trasformare una manifestazione, per quanto scomposta, in un happening eversivo. Si è detto che la scarsa protezione assicurata al Congresso fosse una conseguenza della sacralità di quel luogo-simbolo, per cui le anime belle non si attendevano la profanazione del tempio della democrazia. In realtà i “templi della democrazia” rappresentano l’estrema periferia del potere, perciò si può anche consentire alle folle inferocite di prenderli a bersaglio. In questa circostanza, peraltro, anche le folle inferocite hanno adottato simboli sacri della “democrazia” USA; infatti uno dei manifestanti era travestito da indiano, come i rivoltosi del Tea Party di Boston del 1773, l’episodio che, secondo la narrazione ufficiale, diede avvio alla guerra d’indipendenza americana.
La marginalità dei parlamenti è dovuta al fatto che da molti decenni queste istituzioni non tengono più realmente in mano i cordoni della borsa. Nell’ultimo decennio questa marginalizzazione delle istituzioni politiche si è ulteriormente accentuata. In epoca di “quantitative easing” le banche centrali creano denaro dal nulla e indirizzano enormi flussi di capitale direttamente verso la finanza. Inoltre agenzie governative come il Pentagono o la NSA possono letteralmente “creare” il valore azionario delle aziende, non solo attraverso gli appalti pubblici, ma anche commercializzando le tecnologie inventate in ambito militare, oppure utilizzando informazioni riservate. Il trattamento brutalmente repressivo inflitto ai manifestanti di un movimento come
Occupy Wall Street, che, pur con tutti i suoi limiti, andava comunque ad infastidire un centro nevralgico del potere, dimostra invece quale sia la vera reazione allorché l’establishment si senta effettivamente minacciato.
Sino a dieci anni fa l’astio dell’opinione pubblica americana era orientato contro i “banksters”, i criminali legalizzati della finanza. Tramite il clima di suggestione collettiva innescato dal “mostro” Trump, il pathos si è invece nuovamente spostato verso la contrapposizione fittizia tra democratici e repubblicani. L’oggetto del contendere in questi quattro anni è diventato così la questione della salvezza personale del Cialtrone contro le trame dei suoi avversari, perciò la gratificazione dei “trumpiani” è consistita nel fare dispetto alla “sinistra” facendo il tifo per il loro idolo. In Italia avremmo dovuto immediatamente riconoscere il copione già sperimentato all’epoca del Buffone di Arcore. Nel finale del film di Nanni Moretti
“Il Caimano” i supporter del Buffone, istigati dal Buffone stesso, scatenavano addirittura una rivolta violenta contro i giudici che volevano rimuoverlo; un fatto che in Italia non è mai avvenuto. Gli Americani però sanno apprezzare le buone trovate di sceneggiatura ed hanno plagiato l’idea della rivolta a Nanni Moretti, che dovrebbe almeno farsi pagare il copyright. Ma tutta la vicenda della presidenza Trump è un remake; persino l’accusa di brogli fu una trovata del Buffone di Arcore, che se ne servì per giustificare la sua sconfitta elettorale contro Prodi nel 2006.
Si è detto che l’elezione di Trump abbia dimostrato l’impotenza dei media nell’orientare l’opinione pubblica. La realtà è l’esatto contrario: è stata la demonizzazione sistematica da parte dei media politicorretti a creare il mito del “mostro” Trump e ad alimentare la suggestione collettiva, anche a scapito di ogni evidenza contraria. Spacciato dai media come il “populista” avversario dell’establishment, Trump ha concretizzato questa sua presunta “ostilità” abbassando le tasse alle corporation (quindi anche a se stesso); ciò in cambio di vaghe promesse di tornare a casa. Si può immaginare come si siano mortificati i ricchi per l’insulto di questa ulteriore elemosina che gli è stata elargita.
La democrazia e i suoi simboli rientrano nei parametri del falso movimento, e configurano un apparato di pubbliche relazioni nel quale consentire alle masse di sfogarsi girando a vuoto, salvo poi riportarle all’ovile. Omero nell’Iliade ci aveva già spiegato a cosa serva la “democrazia”, cioè a ribadire le gerarchie sociali attraverso ingannevoli rituali. Agamennone interpella le truppe degli Achei per conoscere la loro opinione sul rimanere o meno a proseguire l’assedio di Troia, allora Tersite esorta tutti a correre alle navi per andarsene e, a quel punto, Ulisse lo riempie di botte. La democrazia è farti una domanda per poi non ascoltarne la tua risposta. Si finge momentaneamente di darti importanza solo per farti ripiombare bruscamente nella tua condizione di inferiorità. Del resto, anche nelle consuete relazioni umane, questo è uno schema comportamentale molto frequente per “mettere sotto” gli altri. Quando il manipolatore è un improvvisato, gli si può sempre dire: fatti una domanda, datti una risposta e non rompere. Quando invece i manipolatori hanno a disposizione i media, occorre misurarsi con tutti i meccanismi di suggestione ed autosuggestione che si mettono in moto. Purtroppo il potere non è un corpo estraneo o un “mostro alieno” come i Rettiliani di David Icke, bensì una di quelle attitudini manipolatorie “troppo umane”, da cui bisogna imparare a difendersi.
Una volta si diceva “panem et circenses”. Oggi di “panem” se ne distribuisce sempre di meno, mentre nell’arena dei “circenses” gli spettatori vengono indotti ad esibirsi direttamente nello spettacolo, facendo anche la parte dei gladiatori. Per le oligarchie attuali, sempre più avare, significa un doppio risparmio.
Lo psicodramma messo in scena a Washington ha aumentato lo stato confusionale dell’opinione pubblica, che ora viene indotta a credere che l’anti-establishment si identifichi con la destra. Chi è di sinistra, per opporsi alla destra, si sente in dovere di schierarsi con l’establishment, che però è di destra. In tal modo la destra occupa sia l’establishment, sia l’anti-establishment. La sinistra viene così irreggimentata ed annichilita e, a fare tutte le parti in commedia, è sempre la destra.