Di seguito gli interventi pubblicati in questa sezione, in ordine cronologico.
Alcuni eccessi critici nei confronti del governo greco in conseguenza del suo ultimo accordo con l'Unione Europea, hanno determinato degli effetti comunicativi piuttosto paradossali. Condannare troppo Syriza per il suo cedimento, significa infatti assolvere indirettamente l'UE, il Fondo Monetario Internazionale e la NATO, come se l'uscita dall'euro fosse solo una questione di buone intenzioni, di coerenza o dell'adozione della teoria monetaria "giusta". In realtà nessuna teoria monetaria ti spiega come difenderti dalle minacce di morte o dalle prospettive di un colpo di Stato camuffato da "rivoluzione colorata".
Non si può poi fare a meno di notare la solitudine del governo greco in tutte le recenti vicissitudini. Non c'è dubbio che Tsipras si attendesse un po' più di solidarietà da parte del governo russo. Dei commentatori particolarmente estimatori di Putin hanno però visto nella sua rinuncia ad approfittare delle difficoltà della UE un atteggiamento di lungimiranza politica. In effetti Putin nella circostanza ha spinto la sua lungimiranza da qui ad un milione di anni, quando di tutto quello che accade ora non fregherà più niente a nessuno.
Quando c'erano di mezzo basi militari da difendere, come a Tartus in Siria o in Crimea, la Russia ha fatto qualcosa, ma in quel caso a spingere sono state le forze armate russe, e non si è intravista alcuna strategia da parte di Putin. L'attuale presidente russo è certamente un tipo "tosto", capace di sfidare le minacce di eliminazione fisica, ed abbastanza competente in fatto di sicurezza da scegliersi ed addestrarsi da solo le proprie guardie del corpo. Ciò lo pone nelle condizioni di mediare tra Gazprom e le forze armate, ma non lo rende un leader politico. Putin pensa prima da ricco e poi da russo, e quindi oggi la sua priorità è di tornare a fare affari con l'UE ottenendo il ritiro delle sanzioni economiche.
Il recente accordo tra USA ed Iran sul nucleare, non costituisce una buona notizia per la Russia. Il ritorno del clepto-clero al potere in Iran indica che anche lì si dà una priorità agli affari e, di conseguenza, c'è il rischio concreto di una deriva iraniana in senso filo-occidentale. Ciò determinerebbe un maggiore isolamento per la Russia ed una crescente minaccia per i suoi confini. L'opinionismo di destra, in base al consueto gioco delle parti mediatico, ha spacciato l'accordo USA-Iran come un ennesimo esempio del "troppobuonismo" occidentale e dell'ingenuo "pacifismo" di Obama e Kerry. Ma il fumo mediatico del finto dibattito tra destra e "sinistra" può incantare l'opinione pubblica occidentale, mentre gli esperti russi di strategia si saranno resi conto che il senso dell'accordo è che gli USA considerano la Russia come il bersaglio principale. Un Putin davvero lungimirante avrebbe quindi appoggiato più esplicitamente l'Iran negli anni scorsi e non avrebbe acconsentito alla liquidazione politica di Ahmadinejad, che non era un granché, ma quantomeno non era coinvolto più di tanto nell'affarismo del clero sciita.
Se la Russia non fa politica, non ci si può sorprendere che non ci riesca la Grecia, oggi costretta ad annaspare alla giornata. Nei giorni scorsi si è assistito alla barzelletta di un FMI che criticava "da sinistra" l'accordo UE-Grecia, perciò il governo greco è andato a bussare alla porta del
"poliziotto buono" chiedendo un altro prestito, con tutti gli ulteriori guai che ciò comporterà.
Vi sono stati anche commentatori che in questi mesi si sono apertamente schierati a sostegno del governo greco. Il più noto a livello internazionale è l'economista americano Paul Krugman, da sempre contrario all'euro. Anche la comunicazione di Krugman non è però esente da ambiguità. Si può facilmente dimostrare che l'euro, dal punto di vista di qualsiasi dottrina economico-monetaria, costituisce una mera stupidaggine, ma la stupidità può spiegare molte cose, non tutto.
Krugman come spiega che nei suoi primi otto anni relativamente tranquilli l'euro non sia mai riuscito a diventare una valuta di riserva? Come mai ogni Paese europeo ha dovuto continuare a procurarsi dollari per comprare merci dalla Cina o petrolio dall'Arabia Saudita? Possibile che l'euro non costituisse una valuta credibile per transazioni a livello mondiale? Forse Krugman si è dimenticato che esistono cose che si chiamano colonialismo e imperialismo?
Il punto è che le scelte monetarie sono spesso atti di guerra e addirittura armi da guerra; di quel tipo di guerra detto "a bassa intensità", anche se gli effetti sono comunque devastanti. Qualcuno si ricorderà della moneta di occupazione americana in Italia, le famose am-lire che dal 1943 distrussero le finanze italiane. Per comprendere la gravità della portata di quella scelta statunitense, occorre considerare che persino i nazisti si astennero dall'imporre una moneta di occupazione alla Francia e al Nord Italia, nonostante che la Repubblica di Salò fosse qualcosa di meno di uno Stato fantoccio, ciò per esplicita ammissione dello stesso Mussolini.
Se l'euro fosse considerato per quello che è, cioè una moneta di occupazione, forse i termini del problema risulterebbero più chiari. Come strumento di occupazione coloniale, l'euro potrebbe risultare obsoleto e superato di qui a poco, ma la guerra imperialistica continuerà comunque con nuovi strumenti. Von Clausewitz diceva che la guerra è la prosecuzione della politica con altri mezzi, ma una politica che non riconosce di trovarsi in stato di guerra, non è più politica, ma vuota messinscena.
La conseguenza è che la politica estera può essere privatizzata a vantaggio del lobbismo multinazionale. Durante una sua visita a Bruxelles nel giugno scorso, il fondatore di Microsoft, Bill Gates, è stato ricevuto in pompa magna dalla Commissione Europea e dal suo presidente Juncker. La fondazione privata di Bill Gates è stata trattata con più riguardo di uno Stato, ed ha potuto aprire tutto un tavolo di
collaborazioni con l'UE per "aiuti" all'Africa.
Certamente la legge consente a Bill Gates di fare ciò che vuole, ma un organismo pubblico (?) come la Commissione Europea non dovrebbe prescindere dalla questione del conflitto di interessi, e cioè dei nessi esistenti tra i pacchetti azionari posseduti da Gates in varie multinazionali - come, ad esempio, Monsanto -, e le sue iniziative "umanitarie" nel campo della Scuola, dell'alimentazione e del denaro digitale. Alla ricchezza è quindi riconosciuto ufficialmente lo status di un carisma messianico che le consente di sottrarsi al giudizio umano e di scavalcare le procedure istituzionali. Non ci sono più leader politici, ma in compenso ci sono miliardari-messia.
In questi giorni gli spettatori (pardon, i cittadini) italiani hanno potuto assistere ad ulteriori prove tecniche di Mat-teocrazia, cioè ad un'operazione di auto-divinizzazione analoga a quella condotta dal Buffone di Arcore alla vigilia delle elezioni del 2008. Anche Renzi è infatti entrato nel ruolo del padreterno che può adottarsi il suo Abramo. Invece che dal salottino di Bruno Vespa, Renzi ha lanciato il nuovo "patto" con gli Italiani, da Facebook: un Nuovo Testamento, stavolta su materia fiscale.
Gli scettici hanno ovviamente osservato l'assurdità di "patti" di riduzione fiscale a fronte di un persistente Patto di Stabilità Finanziaria con i Comuni, ed in presenza di una crisi finanziaria europea di cui non si intravede l'esito. Ma, in tal modo, gli scettici sono entrati esattamente nel roleplay che gli "spin doctor" di Renzi avevano allestito. Renzi può così, ancora una volta, proporsi come l'uomo del "fare", della fiducia e dell'ottimismo, circondato dai "gufi" che gli remano contro. Renzi si appella a quella parte dell'opinione pubblica che Ivano Fossati chiamava le "casalinghe sempre d'accordo", cioè coloro che vedono come una colpa ogni atteggiamento di sospetto e diffidenza verso i potenti.
In effetti la vera obiezione nei confronti di Renzi riguarda non tanto la sostanza, quanto il metodo. Se si ritiene che vi siano le condizioni e l'opportunità per diminuire il carico fiscale, lo si fa e basta. La formula "se accetti le riforme, ti abbasso le tasse", non solo fa il paio con il "se sei promosso, ti compro la bicicletta", non comporta soltanto un'infantilizzazione dell'uditorio, ma determina addirittura una vera e propria uscita dalla concezione rappresentativa del potere, per configurare una sorta di alleanza tra il capo e il popolo. Una concezione del potere che sarebbe stata considerata barbarica ed arcaica persino nel medioevo. Il carattere buffonesco di certe rappresentazioni non è un loro limite, poiché la stupidità serve a veicolare ed a far sembrare innocui degli atti che comportano invece un vero e proprio colpo di Stato strisciante.
E ciò non avviene solo in Italia. Gli atteggiamenti ridanciani e confidenziali, da amiconi al bar, che esibiscono i capi di governo negli incontri ufficiali, configurano un potere che aggira il principio di rappresentanza dei popoli, restituendo l'immagine di una cerchia oligarchica, esclusiva ed autoreferenziale.
In termini tecnici, tutto ciò si chiama guerra psicologica. L'artificiosità e la pretestuosità delle rappresentazioni di un finto dibattito politico sono quindi funzionali ad un contesto coloniale, nel quale l'aggressore deve confondere le idee all'aggredito. Sul campo di battaglia la confusione è un'arma, anzi, una delle armi principali. Ad esempio: la categoria politico-mediatica di "populismi" consente di inserire in un unico calderone indistinto istanze diverse ed addirittura opposte, come Syriza e Alba Dorata.
Il discredito in cui si è gettato il governo di Syriza in Grecia pare abbia rilanciato l'immagine della
formazione neofascista di Alba Dorata. Come tutti i gruppi fascisti, Alba Dorata risponde ad un codice di comportamento abbastanza preciso. Ci si sceglie un bel nome rassicurante, da villaggio turistico, ed ai giornali ufficiali si rilasciano interviste cariche di buonsenso e di proposte ragionevoli: un pianificato ritorno alla dracma e accordi finanziari e commerciali con la Russia.
Allo stesso tempo si scatena la
violenza interna contro bersagli deboli che non hanno nulla a che fare con i nemici dichiarati. Dici che ce l'hai con gli usurai, però ammazzi i rapper. Ti proclami nazionalista, ma poi crei scontri usando l'esaltazione del nazismo come provocazione. Un po' strano, visto che quando Mussolini si era impantanato, aveva provveduto proprio Hitler a massacrare i Greci. Tanto vale allora inneggiare alla Merkel.
Tutto il meccanismo delle provocazioni e delle violenze viene inoltre messo in atto beneficiando di
comportamenti dilatori e iper-garantistici da parte di una magistratura in altri casi ben più sbrigativa. Al leader di Alba Dorata, Michaloliakos, è stata concesso giusto quel po' di galera per prendersi la patente di eroe e di perseguitato, esattamente come fecero con Hitler nel 1923.
Mentre ai media ufficiali i neofascisti riservano il volto pacato, alle testate affini di altri Paesi Michaloliakos può rilasciare invece i proclami del fascismo più tipicamente farneticatorio, con richiami ai miti del lontano passato, e persino all'Impero Romano. Ma il vero piatto forte di questa
comunicazione per iniziati è sempre l'anticomunismo. La motivazione addotta per questo anticomunismo esibisce una logica davvero stringente: Syriza infatti è composto da ex (sic!) comunisti, che si sarebbero già messi d'accordo con il capitalismo mondiale. Si riconosce da un lato che oggi il comunismo come soggetto politico non esiste più, ma si spinge ugualmente sull'anticomunismo preventivo.
Un vero nazionalismo non potrebbe permettersi eccessi di anticomunismo neanche in astratto, poiché una difesa dal colonialismo comporta la necessità di una nazionalizzazione dell'economia. Quel che ha passato e sta passando il Venezuela per aver cercato di difendere la propria indipendenza nazionale, costituisce un paradigma valido anche per i Paesi europei che volessero sfuggire alla sudditanza FMI-NATO.
Il punto è che i fascismi non sono nazionalismi, ma costituiscono un espediente coloniale per occupare preventivamente la nicchia politica del nazionalismo. Si crea un finto nazionalismo per impedirne uno vero.
Allo stesso modo, per evitare un'autentica demistificazione del dominio sovranazionale della finanza, se ne fornisce una versione fuorviante. Anche il nazismo si fondò su un "sillogismo" di questo tipo: siamo sotto il dominio mondiale dell'usura e molti banchieri sono ebrei; ergo: sterminiamo i sarti ed i rosticceri ebrei.
I media ufficiali paventano il pericolo fascista in Europa, ma non sottolineano i
comportamenti paradossali dei governi "democratici", come quello danese, che nel 2011 ha sospeso il Trattato di Schengen in materia di immigrazione, e ciò in base alla trattativa con una formazione minoritaria di estrema destra. Nel giugno scorso i neofascisti danesi hanno riscosso un successo elettorale, ma quasi nessuno oggi lo collega al fatto che il governo danese quattro anni fa ha legittimato ed inserito a forza il fascismo nel gioco politico.
Attribuire un carattere di autenticità e spontaneità ai movimenti fascisti non è un riconoscimento da poco; anzi, è esattamente tutto ciò che gli serve. Che alcuni Paesi rispondano alla crisi con la fascistizzazione, ed altri no, configura già un quadro di separazione razziale tra popoli inferiori e popoli superiori. Si tratta di una legittimazione del colonialismo mondialista chiamato a disciplinare le intemperanze nazionalistiche. Si tratta del solito luogo comune storiografico secondo cui la crisi economica degli anni '30 ha colpito sia in Germania che negli USA, ma in Germania ha generato la barbarie fascista e negli USA invece la solidarietà del New Deal.
In America Latina circola questa battuta. Perché a Washington non ci sono mai colpi di Stato? Perché a Washington non c'è l'ambasciata americana. Allo stesso modo si potrebbe pensare che la psicoguerra coloniale cerchi di indebolire le resistenze nazionali con degli pseudo-nazionalismi che rivolgano l'aggressività verso l'interno. Il "Mein Kampf" di Adolf Hitler è infatti tutto un inno al colonialismo anglosassone ed al segregazionismo statunitense. L'industriale Henry Ford, ideologo dell'antisemitismo, era considerato da Hitler come un maestro ed un eroe, e fu insignito della massima onorificenza nazista. La multinazionale Ford fu determinante nel consentire il riarmo tedesco, ed inoltre anche multinazionali statunitensi come Standard Oil e General Motors (e persino Coca Cola) si dimostrarono sempre sollecite nell'aiutare il regime hitleriano, anche a guerra in corso.
In una recente
intervista a "l'Espresso" Romano Prodi ha dichiarato che la sua nomina a presidente della Commissione Europea fu dovuta alle pressioni di Tony Blair. Sempre secondo Prodi, la preminenza del Regno Unito nell'Unione Europea è dovuta al fatto che lo stesso Regno Unito costituisce il referente degli USA in Europa. Con molta disinvoltura, Prodi ha delegittimato la sua intera carriera politica, riconoscendo che l'UE è una colonia USA.